CAPITOLO 1
TEORIE DELLE COMUNICAZIONI DI MASSA
La storia delle teorie sui mass media viene generalmente ricostruita a cicli o
per compresenza. La ricostruzione “a cicli”1 si basa sull'assunto di una evoluzione
lineare e di un progresso cumulativo, quella “per compresenza”2 si concentra invece
sugli intrecci e sulle contaminazioni fra le diverse teorie nella loro evoluzione
parallela.
Per orientarsi nella storia della ricerca mediologica risulta utile fare riferimento
alle tre fasi storiche individuate da Noelle-Neumann nella sua ricostruzione a cicli.
La prima fase delle ricerche sulle comunicazioni di massa inizia negli anni
Venti. Le scienze sociali si trovano ad affrontare l'avvento dei mass media nelle sue
varie forme: propaganda politica, pubblicità commerciale e industria culturale. Grazie
principalmente alla teoria ipodermica cresce esponenzialmente il timore per gli effetti
dei media, visti come onnipotenti ed in grado di influenzare una massa indifesa di
ricevitori.
Nella seconda fase, dagli anni Quaranta agli anni Settanta, il potere dei media
viene fortemente ridimensionato e si parla di “effetti limitati”. Viene individuato un
complesso di fattori che si frappone tra comunicazione ed effetti diretti sul pubblico.
Il destinatario del messaggio assume un ruolo attivo nel paradigma della
comunicazione: non più esemplare di una massa indistinta, gli vengono riconosciute
caratteristiche peculiari che lo predispongono o meno all'accoglimento di messaggi.
Come vedremo un ruolo fondamentale è svolto dai “meccanismi della selettività”.
La terza fase inizia negli anni Settanta. L'inefficacia sul breve periodo dei
media in termini di effetti potenti lascia il posto alla considerazione di significative
influenze sul lungo periodo. Si indagano gli “effetti cognitivi o cumulativi”, costanti
e duraturi nel tempo. Appaiono sulla scena più modelli di effetti forti come la “spirale
1 La ricostruzione a cicli di maggiore successo si deve a Noelle-Neumann (1973)
2 Wolf e Bentivegna prediligono la ricostruzione per compresenza, qui ripresa principalmente dal testo: Bentivegna
Sara, Teorie delle comunicazioni di massa, V ed. 2007 (I ed. 2003), Roma-Bari, Laterza
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del silenzio”, la “teoria del knowledge-gap” o quella della “coltivazione”. Le ricerche
ampliano il loro raggio d’azione, si indagano i fenomeni collettivi e i modelli
culturali offerti dai media, la formazione dell'opinione pubblica e il potere dei media
di diffondere e affermare ideologie. Alla ricerca sui mass media vengono accostate
tematiche provenienti dalla teoria sociologica generale e dalla sociologia della
conoscenza, in riferimento a temi specifici quali la socializzazione e la costruzione
sociale della realtà.
Secondo Wolf la storia delle ricerche sulle comunicazioni di massa ci insegna
che i problemi relativi ai mass media richiedono un approccio sistematico e articolato
e vanno analizzati all'interno del più grande sistema sociale nel quale sono inseriti. La
difficoltà più evidente sorta nei dibattiti sulla materia è rappresentata dal problema di
stabilire la natura dei rapporti tra mezzi di comunicazione di massa e società nel suo
complesso. Tale difficoltà è riscontrabile soprattutto al principio, quando gli studi o si
concentrarono sugli aspetti pratici della ricerca, trascurando di indagare a fondo tali
rapporti, o li assunsero genericamente all'interno di “teorie cospirative”. Per Wolf la
storia della ricerca sulle comunicazioni di massa è segnata dall'oscillazione tra un
atteggiamento che vede i media come fonte di forte e pericolosa influenza sociale, ed
un atteggiamento che, ricostruendo la complessità del contesto entro cui agiscono i
media, ne depotenzia gli effetti3.
3 Wolf Mauro, Gli effetti sociali dei media, X ed. 2003 (I ed. 1992), Milano, Bompiani, dall'introduzione
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1.1 Il paradigma critico, società di massa e teoria dell'ago ipodermico
Il concetto di “società di massa” ha origini lontane e presenta nel corso della
storia correnti di pensiero eterogenee. Con la sola eccezione di letture progressiste
ispirate al marxismo nelle riflessioni di studiosi ed intellettuali di inizio secolo
prevale la concezione di una “massa” dispersa e disorganizzata, strumento
manovrabile dalle “élite”, caratterizzate invece da compattezza ed omogeneità.
Le caratteristiche della “società di massa”, condivise e comuni alla maggior
parte degli approcci della ricerca sui mass media, sono state sintetizzate da Gili:
1. la massa è costituita da un aggregato omogeneo di individui, distaccati,
spazialmente separati e con scarse possibilità di interazione
2. i membri sono atomizzati e non distinguibili pur provenendo da ambienti
eterogenei e da diverse classi sociali
3. all'interno di questa società vi è un accresciuto potere di grandi organizzazioni
e istituzioni centrali
4. tali istituti sono coinvolti in un processo di concentrazione e sono controllati
da ristrette élite
5. il tessuto sociale si indebolisce e gli individui divengono tendenzialmente
sempre più isolati. Rispetto l’influenza esercitata dai mass media la
vulnerabilità del pubblico è crescente4
Da questa concezione della società di massa si sviluppa il “paradigma critico”,
secondo il quale i media rappresentano uno strumento che permette la legittimazione
culturale del potere (indipendentemente dalla sua organizzazione in forma totalitaria
o democratica)5. Non si parla ancora di veri e propri “effetti dei media” ma più spesso
di conseguenze dovute non tanto ai contenuti dei messaggi ma alla innovazione stessa
portata dalle comunicazioni di massa nella società. Mancini e Marini indicano gli
4 Gili Guido, Industria culturale, cultura di massa e mass media, saggio contenuto in Mancini Paolo – Marini
Rolando (curatori), Le comunicazioni di Massa - teorie, contenuti, effetti, 2006, Bari, Carocci
5 Nel corso dell’evoluzione della storia dei mass media il paradigma critico non viene mai totalmente abbandonato,
ma rappresenta sempre un modello a cui riferirsi o dal quale prendere le distanze
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elementi che caratterizzano il paradigma critico:
1. simbiosi tra potere politico, economico e culturale-comunicativo
2. i media sono strumento di creazione di consenso verso il sistema sociale
costituito perché funzionali al mantenimento dello status quo
3. i media hanno una penetrazione psicologica occulta, i loro messaggi si
insinuano nell'individuo senza che egli ne sia consapevole (teoria ago
ipodermico)
4. le subculture presenti nella società prima dell'avvento dei mass media non
rappresentano più una risorsa cognitiva indispensabile per l'individuo o per i
gruppi sociali e quindi si disgregano6
La “teoria ipodermica”, o bullet theory (teoria del proiettile magico), o più
raramente “teoria della cinghia di trasmissione”, nasce nel periodo compreso tra le
due guerre mondiali e rappresenta la prima reazione che la diffusione dei mass media
provoca nella comunità scientifica. L’assunto fondamentale è la connessione diretta
tra esposizione ai messaggi e comportamento. In sintesi: ogni persona raggiunta dalla
propaganda è influenzabile.
I caratteri principali della teoria sono così sintetizzabili:
1. i messaggi veicolati dai media sono in grado di introdursi all'interno degli
individui come un “ago ipodermico”, il loro effetto persuasivo è potente
2. gli individui non sono in possesso di strumenti cognitivi per difendersi di
fronte allo strapotere dei media
3. tutti i riceventi accolgono il messaggio nella stessa maniera
La “teoria dell’ago ipodermico” rappresenta un approccio globale ai media e
risponde in maniera semplice all'interrogativo su quale effetto essi abbiano in una
6 Mancini Paolo – Marini Rolando (curatori), Le comunicazioni di Massa - teorie, contenuti, effetti, 2006, Bari,
Carocci, dall'introduzione
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società di massa, indifferentemente dal medium utilizzato. Questa ipotesi ha
ciclicamente acquistato rilevanza nella storia della ricerca mass-mediatica,soprattutto
quando si è voluto porre l'accento sull'intento “manipolatorio” delle comunicazioni di
massa.
Questo primo modello si caratterizza per un marcato disinteresse circa le
capacità interpretative dei riceventi ed una semplificazione estrema del rapporto
comunicativo che viene ridotto ad un mero meccanismo di “stimolo-risposta”. Una
revisione di questa teoria si deve al modello di Lasswell, elaborato negli anni Trenta e
proposto alla comunità scientifica nel 1948:
Un modo appropriato per descrivere un atto di comunicazione è rispondere alle
seguenti domande:
chi -> il mittente
dice cosa -> il messaggio
a chi -> il pubblico
con quale effetto -> gli effetti
Lasswell individua alcune premesse sul processo di comunicazione:
la comunicazione è intenzionale e cerca di ottenere un certo effetto
i processi sono asimmetrici, un emittente attivo produce lo stimolo per una
massa passiva di destinatari
i ruoli dei comunicatori e destinatari sono indipendenti dai rapporti sociali
Il contributo di Lasswell ha permesso l'individuazione dei diversi soggetti
coinvolti e dei diversi momenti o fasi all'interno del processo comunicativo,
permettendo l’organizzazione del campo di ricerca in quattro aree d'indagine distinte:
l'emittenza, lo studio del messaggio, il pubblico e gli effetti.
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1.2 Approccio psicologico-sperimentale, manipolazione e persuasione
Nel periodo compreso tra la seconda guerra mondiale agli anni Sessanta la
ricerca sulle comunicazioni di massa passa attraverso una fase caotica di studi
psicologico- sperimentali composta da una miriade di microricerche specifiche.
Queste indagini, rispetto alla teoria dell'ago ipodermico, mirano ad una diversa
valutazione quantitativa degli effetti dei media e si occupano principalmente di
persuasione7.
Un notevole impulso, in termini di risorse finanziare a sostegno dei ricercatori,
si deve all'impegno bellico statunitense: il comando delle forze armate nordamericane
attraverso i progetti dell'Information and Education Division curava iniziative
propagandistiche con lo scopo di innalzare il morale delle truppe in campo e
rispondere alla potente macchina propagandistica nazista. Nella maggioranza dei casi
si trattava di indagini che consideravano un singolo messaggio ed i suoi effetti a
brevissimo termine. A guerra conclusa questo tipo di ricerche trovarono nuova linfa
vitale grazie ad agenzie, a investitori pubblicitari ed ai media stessi che, vivendo di
pubblicità, erano estremamente interessati a dimostrarne scientificamente l'efficacia
sugli spettatori8.
Nelle ricerche di mercato, nella propaganda e nelle indagini sullo stato
dell'opinione pubblica viene enfatizzato il ruolo del singolo soggetto destinatario
della comunicazione in qualità di elettore, cittadino o consumatore. Oggetto di studio
privilegiato all’interno delle analisi sulle “campagne di persuasione” sono gli studi su
due effetti: il cambiamento di opinione e gli atteggiamenti a breve termine dopo
l'esposizione ad un messaggio.
Secondo Bauer i risultati di tali indagini, pur essendosi sviluppate attorno al
paradigma di ricerca della teoria dell'ago ipodermico, ne indicarono le profonde
contraddizioni:
7 Wolf Mauro, op.cit, p.12
8 Cheli Enrico, Gli effetti psicosociali dei media: persuasione, coltivazione, emozione, formazione dell'identità, saggio
contenuto in Mancini Paolo – Marini Rolando (curatori), Le comunicazioni di Massa - teorie, contenuti, effetti,
2006, Bari, Carocci, p.77-108, NB nel testo vengono riportati numerosi esempi di ricerche
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