Premessa
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le medesime strategie di adattamento possono fornire lo stimolo allo sviluppo e
al raggiungimento dei cosiddetti “Millennium Development Goals
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”.
L’emergenza ambientale riguarda tutti, ma ha colpito maggiormente i Paesi più
poveri, più vulnerabili e più problematici.
Il cambiamento climatico rappresenta una occasione storica per l’umanità di
rendere lo sviluppo maggiormente sostenibile, favorendo la nascita di
un'economia eco-compatibile. Ciò offre l'opportunità di creare fiducia e
cooperazione per gestire al meglio tutte le emergenze, sostenendo un mercato che
tenga conto non solo dei dati economici ma anche di quelli ambientali, in modo
da ridefinire i valori di crescita e di prosperità.
Il presente lavoro si snoderà attraverso cinque capitoli: nel primo verrà affrontato
il concetto di Sviluppo Sostenibile, attraverso una ricostruzione storica del tema e
una disamina delle varie definizioni che ne sono state date. Si vedrà come il
concetto di sviluppo sostenibile presuppone (e favorisce nello stesso tempo) una
integrazione delle aree ambientale, economica e sociale. Verrà affrontata la
differenza tra approccio tecnocentrico ed approccio ecocentrico e da qui saranno
esaminate le concezioni di sviluppo sostenibile debole e forte.
Nel secondo capitolo verranno analizzati i vari indicatori dello sviluppo
sostenibile attualmente più utilizzati. Saranno presi in considerazione sia
indicatori relativi all’area economica, sia quelli relativi all’area sociale ed infine
quelli relativi all’area ambientale. Un accenno sarà riservato ad un particolare
indicatore di sostenibilità pensato appositamente per l’Italia.
Il terzo capitolo sarà dedicato al tema dei cambiamenti climatici. Verranno
analizzati argomenti molto dibattuti come quello dell’effetto serra e delle
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Gli obiettivi di sviluppo del Millennio sono definiti nella Dichiarazione del Millennio adottata da 189 Paesi nel
settembre del 2000 durante il Vertice del Millennio delle Nazioni Unite. Essi sono: Eliminare la povertà estrema e la
fame; Garantire a tutti l’istruzione primaria; Promuovere l’eguaglianza di genere; Ridurre la mortalità infantile;
Migliorare la salute materna; Combattere l’HIV/AIDS, la malaria e altre malattie; Assicurare la sostenibilità
ambientale; Creare un partenariato mondiale per lo sviluppo.
Premessa
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previsioni degli effetti che l’inquinamento da emissione di anidride carbonica ha
sull’ambiente, sull’uomo e, di conseguenza, sui sistemi economici.
Nel quarto capitolo si parlerà degli impegni che vari Paesi a livello globale
stanno tentando di realizzare al fine di limitare gli effetti dannosi sull’ambiente
derivanti dall’attività umana: grande risalto verrà dato al Protocollo di Kyoto.
Verrà dato spazio a leggi ed ordinamenti in materia di cambiamenti climatici e
risorse rinnovabili presenti a livello comunitario, nazionale e, infine, regionale.
Si discuterà della necessità di aprirsi sempre più all’utilizzo di fonti di energia
rinnovabile e dunque non di origine fossile (carbone e petrolio), e verrà dato
largo spazio all’esempio dell’energia fotovoltaica.
Nel quinto ed ultimo capitolo verrà esaminata la cosiddetta V.I.A. (Valutazione
di Impatto Ambientale), una particolare pratica che viene utilizzata per verificare
le possibili ripercussioni ambientali di opere pubbliche. La V.I.A. può essere
quindi vista come uno strumento per realizzare sviluppo sostenibile, in quanto
l’obiettivo è quello di prevenire i possibili danni ecologici e non quello di porvi
rimedio una volta che si siano verificati. Sarà riportato l’esempio pratico di una
V.I.A. su un progetto di realizzazione di un impianto fotovoltaico in provincia
dell’Aquila.
Cap. 1 Lo sviluppo sostenibile
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CAPITOLO 1
Lo sviluppo sostenibile
1.1 Introduzione
Il termine sviluppo è presente nell’ambito di numerose discipline, dall’economia,
alla psicologia, dalla biologia, alle scienze sociali.
Il dizionario Zingarelli 2010 ne da la seguente definizione: “espansione,
potenziamento, incremento”. Concetto prossimo è quello di evoluzione che fa
riferimento ad una “lenta e graduale trasformazione” (Zanichelli, 2009). Insito,
dunque nel concetto di sviluppo vi è quello di cambiamento.
Tale parola è stata associata nel corso della storia a numerosi significati, tra i
quali posiamo citare progresso, crescita ed evoluzione.
Nel passato l’accezione maggiormente utilizzata era sicuramente quella di
crescita la quale rimandava ad un processo ciclico che riguardava ogni cosa,
dalle piante, alla vita dell’uomo fino ad arrivare alla società. Questa visione dello
sviluppo era indubbiamente influenzata da una concezione fatalistica della vita:
tutto ciò che nasceva andava necessariamente incontro a sviluppo, per poi
corrompersi, degenerarsi ed infine morire e nascere di nuovo, dando vita ad un
nuovo ciclo destinato a ripetersi per sempre.
Si è dunque lontani anni luce rispetto all’attuale modalità di concepire lo
sviluppo. La moderna idea di sviluppo, infatti, inizia ad affacciarsi sulla scena
solo verso il XVII secolo, per poi delinearsi in modo più preciso nel secolo
successivo, quando alla concezione medico-biologica si sostituisce quella delle
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Cap. 1 Lo sviluppo sostenibile
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scienze sociali: mediante la rivoluzione industriale e tramite le sue innumerevoli
conseguenze socioeconomiche anche l’idea di sviluppo si trasformò
radicalmente. Lo sviluppo non era più da intendersi come mero processo di
crescita, ma con il moderno significato di progresso: la società è cioè in grado di
evolversi e di progredire non sulla base di un destino, ma verso una determinata e
precisa direzione stabilita dai suoi stessi componenti. Nasceva in tal senso una
nuova accezione nel definire lo sviluppo, tutta diretta verso la crescita economica
favorendo un nuovo concetto che resterà l’ideologia più diffusa per un lungo
periodo di tempo: il concetto di modernizzazione. L’ideologia della
modernizzazione mostra lo sviluppo come un processo che favorisce un mondo
capitalistico, industrializzato ed etnocentrico: infatti sarà proprio l’etnocentrismo
ad influenzare l’evoluzione economica e sociale di tutto il mondo industrializzato
e non. Secondo una nota definizione di Simon Kuznets, lo sviluppo economico si
manifesta nell' “aumento nel lungo periodo della capacità di fornire beni
economici sempre più diversificati alla popolazione” e questo è determinato
“dallo sviluppo tecnologico e dagli aggiustamenti, sia istituzionali che
ideologici, che esso rende necessari” (Kuznets, 1990). Questa definizione mette
in luce con evidenza due componenti fondamentali di un processo di sviluppo: la
prima è di natura tecnico-scientifica, il progresso tecnologico appunto e la
seconda non meno importante, di natura socio-politica: ossia tutte quelle
componenti di stampo culturale ed istituzionale imprescindibili, affinché il
suddetto sviluppo possa avvenire e perdurare nel tempo (Boggio, Serravalli,
2003). Lo sviluppo economico così definito non può che essere “misurato”
dall’aumento a lungo termine del reddito pro-capite, legato alla varietà dei beni
economici acquistabili mediante questo reddito. Tuttavia bisogna sottolineare che
il reddito pro-capite è senza ombra di dubbio un indicatore significativo dello
sviluppo di una Paese, ma non è certo esaustivo di esso. Riportando le parole di
L. Becchetti, è possibile affermare che “il reddito pro-capite coglie soltanto
l'aspetto della crescita economica media della popolazione, ma non è in grado di
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Cap. 1 Lo sviluppo sostenibile
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catturare le dimensioni della sua sostenibilità sociale ed ambientale, nonché
molti dei fattori che aumentano la felicità individuale” (Becchetti, 2007). E’
opportuno, nell’ambito di questa trattazione, soffermarsi sull’aspetto ambientale.
Siamo infatti nel bel mezzo di una crisi ecologica i cui tratti più manifesti sono i
cambiamenti climatici che interessano il nostro pianeta. Nel tentativo di spiegare
le ragioni di questa crisi, alcuni studiosi sostengono che la causa più importante
potrebbe risiedere nella violazione di alcune leggi elementari della natura. Una
delle teorie più conosciute è quella che parte dal concetto di “carrying capacity”.
Scrive G. Nebbia (2006): “quando una popolazione animale entra in uno spazio
di dimensioni e con alimenti non illimitati dapprima la popolazione cresce
rapidamente, poi cresce più lentamente, poi si stabilizza su un numero di
individui che sono quelli che il territorio può ospitare senza entrare in crisi; tale
numero prende il nome di carrying capacity, o capacità portante, di un territorio”.
Nebbia sostiene in sintesi che la crisi ecologica è il risultato della mancanza del
concetto di carrying capacity nella nostra cultura sociale ed economica. Gli
esperti di ecologia hanno approfondito lo studio di tali fenomeni, concludendo
che il rapido aumento della popolazione a livello globale, così come la crescita
delle attività industriali rappresentano alcuni dei fattori che hanno la capacità di
interferire negativamente sull’equilibrio ambientale e sulle capacità portanti del
territorio. Ogni sistema naturale ha una propria capacità portante che non è
ovviamente infinita, ma è ben limitata: pensiamo ad esempio alla moltitudine di
sostanze inquinanti che quotidianamente l’uomo immette nell’aria e nell’acqua,
e che hanno fatto oltrepassare già da tempo questo limite di “sopportazione”
naturale.
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Cap. 1 Lo sviluppo sostenibile
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1.2 Le radici storiche dell’economia dell’ambiente
Nel passato alcuni studiosi tra cui è possibile citare Smith (1776), Malthus
(1798), Mill (1857) e Ricardo (1926) sostenevano che la crescita economica a
lungo termine avesse dei forti limiti, poiché avevano intuito che le risorse
ambientali della terra sono limitate. Secondo Marx lo sfruttamento della natura
da parte dell’uomo avrebbe portato ad un maggiore progresso tecnologico,
tuttavia questo processo avrebbe contemporaneamente condotto ad una
distruzione dell’ambiente impedendo ai sistemi capitalistici di sopravvivere. In
altre parole Marx aveva capito che da una parte si sarebbero creati ricchezza ed
accumulo di capitale a breve termine, dall’altra il contemporaneo sviluppo delle
tecnologie a lungo termine avrebbe portato gravi scompensi ambientali, con
ripercussioni serie sulla stessa società.
A partire dalla seconda metà dell’ ‘800 si svilupparono i cosiddetti modelli
neoclassici con i quali il centro dell'analisi si spostò sul concetto di valore dato
dalla scarsità di un certo bene e dal confronto della domanda e dell'offerta di
mercato. Con l’arrivo degli studi neoclassici, prese il sopravvento la figura del
cosiddetto “homo oeconomicus”, individuo razionale ed egoista, che persegue
determinate scelte al fine di raggiungere la massimizzazione dei propri vantaggi.
Questa visione, improntata maggiormente, come è ovvio, al breve periodo, finì
per mettere da parte gli studi a lungo termine cambiando in qualche modo la
visione considerata tipicamente pessimistica dei modelli classici. Focalizzando
l’attenzione verso il breve periodo, tutto ciò condusse ad ignorare che le risorse
naturali avessero un limite, generando nel contempo una estrema fiducia nel
progresso tecnologico.
Dopo la grande crisi del ’29 prese il sopravvento la scuola Keynesiana e
l’accento si spostò sulla crescita economica illimitata quale obiettivo
fondamentale delle politiche economiche.
Negli anni Sessanta e Settanta, sebbene un gran numero di modelli economici
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Cap. 1 Lo sviluppo sostenibile
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continuasse a guardare alla crescita economica come primaria, alcuni studiosi
iniziarono a porre il problema della scarsità delle risorse e dell’inquinamento
ambientale che, nel frattempo, stava cominciando ad assumere livelli
preoccupanti. Ed è proprio negli anni ‘70 che è possibile rintracciare due percorsi
separati nella letteratura economica: il filone tecnocentrico e quello ecocentrico.
Il filone tecnocentrico puntava alla crescita economica mediante il progresso
tecnologico; il filone ecocentrico, al contrario, era totalmente imperniato sulla
difesa dell’ambiente e sulla conservazione delle risorse naturali limitate.
Manifesto di quest’ultima posizione fu il testo del 1972 intitolato “I limiti dello
sviluppo”scritto da alcuni studiosi appartenenti al MIT di cui si parlerà nel
paragrafo successivo. Successivamente altri autori tra cui possiamo citare
Easterlin (1974) e Scitovsky (1976) criticarono i modelli economici basati
esclusivamente sulla ricchezza materiale quale fattore di crescita sostenendo
l’importanza per il benessere dell’ uomo di fattori meno tangibili e anche meno
esplorati.
1.3 Cos’è lo Sviluppo Sostenibile?
Considerando che il concetto di sviluppo sostenibile è ampiamente trattato sulle
pagine delle migliori riviste di settore, oltre che essere contenuto in più di otto
milioni di pagine web e citato in innumerevoli programmi politici ed
istituzionali, dovrebbe essere piuttosto agevole pervenire ad una sua definizione.
Tuttavia quella maggiormente diffusa risulta essere anche la più generica: “Lo
sviluppo è sostenibile se soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza
compromettere le possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri
bisogni”. Tale ambiguità ha permesso e permette troppo spesso ai vari governi,
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