7
abitudini tipici del contesto geografico in cui si localizzano; assumono pertanto
particolare rilievo tutte quelle tecniche finalizzate ad ottimizzare l’investimento in
pubblicità, in un contesto caratterizzato da un elevato affollamento pubblicitario, con
l’obiettivo di individuare target sempre più specifici e mirati.
Nel corso della trattazione vengono poi illustrati singolarmente i singoli media e
l’investimento pubblicitario speso in ciascuno .
La televisione viene trattata per prima: pubblica, con le similitudini tra le due gestioni
statali, la Rai italiana che da sempre cerca di imitare le impronte della BBC britannica, e
quella privata, con i principali operatori nei due mercati, Mediaset, ITV e alcune
emittenti minori; si parla dell’avvento della tv digitale terrestre, della sfida statale alla
diffusione di tale tecnologia, dopo i primi fallimenti registrati in Gran Bretagna dove
alcune emittenti avevano tentato di trasmettere in dtt con modalità pay, (ci si è accorti
che questo nuovo sistema poteva sopravvivere solo in modalità free), poiché vi era già
una notevole offerta di emittenti tematiche che trasmettevano via satellite. Anche nella
pay-tv, però, si stanno aprendo nuove frontiere, soprattutto per quanto riguarda la tv via
cavo, poiché quella satellitare vede, in entrambi i paesi, l’egemonia di Sky.
Si passa alla stampa, illustrando la struttura del mercato, le principali società editoriali
presenti nei rispettivi paesi e le loro caratteristiche, ovvero il pubblico a cui si rivolgono
e lo stile, piuttosto che la tematica, adottati nei quotidiani o periodici. Questo mercato è
sicuramente uno di quelli in cui le differenze tra i due contesti sono notevoli, sia dal
punto di vista delle vendite che, conseguentemente, da quello pubblicitario. Si analizza
brevemente la situazione dell’editoria regionale, dei periodici e magazines, che
rappresentano la “stampa al consumo” e delle riviste economiche.
Si parla del mezzo radiofonico, della moltitudine di stazioni radiofoniche che affollano
sia il panorama italiano sia quello britannico: qui emergono molte più similitudini,
soprattutto per quanto riguarda gli ascolti, l’audience, la tipologia di messaggi
pubblicitari etc..
Altro mezzo, invece, in cui i due paesi si discostano notevolmente è quello della
pubblicità esterna: e qui il Regno Unito funge veramente da modello per l’inefficiente
mercato italiano che solo in questi ultimi anni sta cercando di dare impulso a questo
campo così ricco di potenzialità di sviluppo; verranno così analizzati i fattori che hanno
influito sull’arretratezza italiana e alle possibilità di crescita per il nostro paese.
8
Il mezzo cinema vede la differenza con la Gran Bretagna soprattutto dal punto di vista
strutturale: l’Italia è solo in questi anni sulla strada della diffusione dei grandi multiplex
e multisala che daranno vitalità e impulso a questo mercato pubblicitario.
C’è infine Internet, con le mille possibilità offerte dalla rete in tutti i campi, dall’e-
commerce, al trading on line alla pubblicità interattiva: la nuova frontiera, coi suoi
aspetti positivi e negativi, può solo aprire nuove prospettive, soprattutto grazie alla
massiccia diffusione che sta avendo nella massa mediatica.
Il lavoro in una ultima parte illustra brevemente i grandi gruppi pubblicitari; qui viene
meno la distinzione tra le due realtà nazionali e si delinea un contesto molto più globale:
sono ormai multinazionali i grandi della pubblicità, coloro che creano e diffondono
messaggi globali per i mercati locali.
Infine, viene fatta una breve panoramica del contesto normativo: si delinea
sommariamente il quadro normativo che regola la pubblicità in Italia e nel Regno Unito,
e le Autorità che attuano nel campo dell’advertising per il controllo e la verifica dei
riferimenti legislativi.
9
1. ADVERTISING E CONGIUNTURA ECONOMICA IN
ITALIA E NEL REGNO UNITO
La spesa pubblicitaria in Italia e nel Regno Unito è strettamente correlata ai consumi
delle famiglie e ai profitti delle imprese. Uno degli indicatori che danno una misura
dell’intensità della pubblicità in un determinato Paese è rappresentato dal rapporto
percentuale degli investimenti pubblicitari sul Prodotto Interno Lordo, cioè quanta parte
della ricchezza prodotta da una nazione viene spesa in pubblicità. Premesso che il
confrontare dati riguardanti l’incidenza degli investimenti pubblicitari sul Pil deve
essere fatto con estrema cautela in quanto non sempre si confrontano grandezze
omogenee e spesso mutano i sistemi di calcolo dei due indicatori nel corso del tempo, è
interessante ai fini dell’analisi del mercato pubblicitario evidenziare le differenze tra i
due paesi. La pubblicità tende a reagire ai cambiamenti del PIL, gonfiando con
ottimismo i prezzi in tempi di crescita e abbassandoli ai primi segni di recessione.
Nel 2003, l’Italia ha registrato un tasso di crescita molto modesto, con un aumento del
prodotto interno lordo dello 0,3%1, contro un 2.3% della Gran Bretagna.
Il nostro paese ha subito l’influenza dell’Unione Europea: dal lato della politica
monetaria, la Banca centrale europea è intervenuta diverse volte, ma, nonostante il
ribasso dei tassi di interesse, le condizioni monetarie nell’area euro sono diventate
progressivamente più severe; l’andamento congiunturale è andato peraltro migliorando
nel corso del 2004: il Pil è aumentato dell’1% sostenuto dalla ripresa degli investimenti
che nel 2004 hanno riacquistato vigore.
L’economia britannica è cresciuta senza interruzione dal 1993, anni in cui i media
pubblicitari potevano operare in un contesto di eccesso di domanda, solo nel 2001 ha
subito un declino, dal quale si è lentamente ripresa negli anni successivi: è passata
dall’1,6% del PIL nel 2002 al 2.3% nel 2003 con un tasso di crescita annuale in declino
dello 0,4% in termini reali2 e ha raggiunto il 2,6% nel 2004 con un tasso in aumento
dell’1,1% in termini reali, tassi annuali di crescita comunque inferiori a quelli degli anni
’90 (vedi tab.).
1
Relazione generale sulla situazione economica del paese, Aprile 2004.
2
Advertising Association, Giugno 2004
10
Tab. Spesa pubblicitaria totale
Prezzi correnti
(£ miliardi) Prezzi costanti
(£miliardi)
% Spesa per casa
1994 10.14 11.26 2.40
1995 11.03 11.93 2.49
1996 12.08 12.76 2.55
1997 13.34 13.84 2.65
1998 14.41 14.73 2.68
1999 15.41 15.54 2.70
2000 16.98 16.99 2.82
2001 16.54 16.34 2.60
2002 16.81 16.41 2.53
2003 17.23 16.58 2.49
Fonte: IPA, 2004
La crescita degli anni ’90 non è stata comunque uniforme e costante, ma ha seguito le
fasi economiche: si è sfiorata una recessione negli anni ’98 e ’99 dopo il picco nella
crescita del ’97, si è avuta una forte impennata nel 2000, anno in cui il PIL è cresciuto
ad un tasso del 2,7% annuo, per poi riscendere nel 2001. Causa del crollo nel 2001
anche e soprattutto lo shock americano, che ha avuto ripercussioni sull’economia
mondiale visto il ruolo guida degli Stati Uniti, e l’apprezzamento dell’euro nei confronti
della sterlina e del dollaro: mentre negli anni ’90 la Gran Bretagna ha potuto contare su
forti esportazioni nel resto dell’Unione Europea, ora deve fare i conti con alti prezzi di
importazione e con una pesante pressione inflazionistica causata anche dall’aumento
della spesa pubblica degli ultimi anni.
In entrambi i paesi, nel 2005 l’economia, pur nel contesto di una congiuntura difficile,
ha accentuato il processo di crescita, come conseguenza della ripresa degli investimenti
e dei consumi. Peraltro su entrambi i quadri economici pesano fattori difficilmente
controllabili, fattori politici ed economici, che rischiano di produrre inversioni di rotta al
11
processo di sviluppo; in Italia è importante ridurre la pressione fiscale e creare un clima
concorrenziale migliore al fine di incentivare il lavoro, la produttività e gli investimenti.
L’attuale assetto del settore pubblicitario nazionale italiano è contraddistinto da un
grado di sviluppo economico ancora limitato; il fatturato pubblicitario è tra i più bassi in
Europa sia in termini assoluti che relativi; il settore televisivo, poi, è caratterizzato da un
assetto oligopolistico, con due operatori, Fininvest e RAI, che ne controllano la parte
maggioritaria; in Gran Bretagna il livello di concentrazione è significativamente più
basso, con una concorrenza allargata a più operatori. La struttura concorrenziale dei
mercati in Italia appare quindi limitare lo sviluppo economico del settore.
Un’analisi disaggregata dei singoli mercati pubblicitari nazionali ha poi evidenziato
l’esistenza di assetti competitivi assai diversi: mentre i mercati della pubblicità su
quotidiani, periodici e radio presentano una struttura piuttosto competitiva, quello della
raccolta pubblicitaria televisiva è caratterizzato da un assetto particolarmente
concentrato, in cui Fininvest opera in posizione dominante, e RAI raccoglie la quasi
totalità della parte residuale del mercato.
La struttura concorrenziale dei mercati pubblicitari si lega all’asimmetrica ripartizione
degli investimenti pubblicitari tra i mezzi di comunicazione che connota il settore
pubblicitario italiano rispetto a quello britannico (vedi tab.). In Italia, infatti, più che
altrove, la televisione ha raggiunto una posizione di strutturale e durevole vantaggio
rispetto agli altri media.
Nel 2003, in Italia la televisione si è assicurata quote di mercato intorno al 54%, mentre
nel Regno Unito la stampa (quotidiani e periodici) ha mantenuto la posizione di
principale veicolo pubblicitario (39,7% +15,1%).
12
QUOTE DI MERCATO PUBBLICITARIO PER MEZZI, CONFRONTO
Fonte: WAN, World Press Trends 2004
La legge n. 112/2004, cosiddetta legge Gasparri ha eliminato alcuni dei precedenti limiti
previsti in materia di concentrazioni di tipo orizzontale e diagonale nel settore dei media
e la sostituzione di questi con vincoli assai meno restrittivi: la riforma ha voluto, da un
lato, creare strumenti antitrust, ma, dall’altro, siffatto intervento normativo rischia di
estendere il dominio dei mercati pubblicitari da parte dei due maggiori operatori,
qualora non fosse accompagnato da un’azione di carattere altrettanto strutturale volta a
rimuovere le elevate barriere all’ingresso che ancora oggi caratterizzano il mercato
pubblicitario televisivo, e che ne hanno ostacolato e continuano a ritardarne l’instaurarsi
di un autentico processo concorrenziale.
Va poi tenuto presente, come vedremo in seguito, che la legge Gasparri ha ulteriormente
innalzato i limiti dell’affollamento pubblicitario televisivo attraverso l’esclusione dal
computo del tetto orario delle telepromozioni, forme di pubblicità che in Gran Bretagna,
ad esempio, sono vietate.
Il 2003 quindi è stato l’anno che, secondo gli analisti del settore, ha visto in Italia
l’inizio dell’inversione di tendenza nel settore degli investimenti pubblicitari; la
televisione e i mezzi minori hanno chiuso l’anno con segni positivi: +4,9% la tv,
+15,8% la radio, +3,9% le affissioni, +14,8% il cinema, +4,0% internet, mentre la
stampa, nonostante le numerose iniziative degli editori, ha chiuso a -0,5% per i
quotidiani e a +1,0% per i periodici.
Analizziamo lo stesso anno per la Gran Bretagna, e notiamo che: l’editoria –giornali e
riviste- contano per la parte più grande della spesa pubblicitaria (48.7%), mentre la
televisione è il secondo grande mezzo (25.4%); questi sono seguiti dalle direct mail
(14.1%), outdoor (5.2%), radio (3.4%), Internet (2.2%) e cinema (1.0%) (vedi tab.).
QUOTIDIANI PERIODICI TV RADIO CINEMA ESTERNA INTERNET
1999 2003
% %
1999 2003
% %
1999 2003
% %
1999 2003
% %
1999 2003
% %
1999 2003
% %
1999 2003
% %
ITALIA 22,5 20,1 14,6 14,2 52,4 54,0 5,4 5,7 0,6 0,8 4,0 3,8 0,4 1,3
REGNO
UNITO
39,5 39,7 17,1 15,1 32,5 30,8 4,1 4,3 1,1 1,4 5,3 6,2 0,4 2,5
13
Tab. Spesa pubblicitaria totale britannica per settore a prezi correnti (£mil)
1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
Giornali Nazionali 1336 1433 1510 1650 1824 1991 2252 2062 1933 1902
Giornali Regionali 1871 1963 2061 2238 2390 2483 2762 2894 2894 2986
Riviste al consumo 499 533 583 660 709 727 750 779 785 784
Business &
Professional
785 897 1018 1106 1209 1195 1270 1202 1088 1048
Directories 589 639 692 737 780 831 868 959 990 1029
Costi di produzione
stampa
472 514 550 577 620 650 702 669 643 634
TOTALE STAMPA 5552 5979 6413 6967 7531 7877 8604 8504 8333 8382
Televisione 2888 3136 3379 3704 4029 4321 4646 4147 4332 4374
Direct Mail 1050 1135 1404 1635 1666 1876 2049 2228 2378 2431
Outdoor & Trasporti 350 411 466 545 613 649 810 788 816 901
Radio 243 296 344 393 460 516 595 541 545 582
Cinema 53 69 73 88 97 123 128 164 180 180
Internet - - - 8 19 51 155 166 233 376
TOTALE 10136
1102
6
1208
0
1334
0
1441
5
1541
2
1698
8
1653
7
1681
7
1722
7
Fonte: Advertising Association/ WARC
Tab. Spesa Totale Pubblicitaria britannica, % sul totale.
1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
Giornali Nazionali 13.2 13.0 12.5 12.4 12.7 12.9 13.3 12.5 11.5 11.0
Giornali Regionali 18.5 17.8 17.1 16.8 16.6 16.1 16.3 17.1 17.2 17.3
Riviste al Consumo 4.9 4.8 4.8 4.9 4.9 4.7 4.4 4.7 4.7 4.5
Business &
Professional
7.7 8.1 8.4 8.3 8.4 7.8 7.5 7.3 6.5 6.1
Directories 5.8 5.8 5.7 5.5 5.4 5.4 5.1 5.8 5.9 6.0
14
Costi di produzione
stampa
4.7 4.7 4.6 4.3 4.3 4.2 4.1 4.0 3.8 3.7
TOTALE STAMPA 54.8 54.2 53.1 52.2 52.2 51.1 50.6 51.4 49.6 48.7
Televisione 28.5 28.4 28.0 27.8 28.0 28.0 27.4 25.1 25.8 25.4
Direct Mail 10.4 10.3 11.6 12.3 11.6 12.2 12.1 13.5 14.1 14.1
Outdoor & Trasporti 3.5 3.7 3.9 4.1 4.3 4.2 4.8 4.8 4.9 5.2
Radio 2.4 2.7 2.8 2.9 3.2 3.3 3.5 3.3 3.2 3.4
Cinema 0.5 0.6 0.6 0.7 0.7 0.8 0.8 1.00 1.1 1.0
Internet - - - 0.1 0.1 0.3 0.9 1.00 1.4 2.2
TOTALE 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0 100.0
Fonte: Advertising Association/ WARC
Tab. Investimenti pubblicitari italiani
Fonte: Nielsen Media Research
15
La televisione, secondo Nielsen Media Research, ha chiuso il 2004 con un incremento
della raccolta pubblicitaria nell'ordine del 9,3% (la stima per il 2005 è di un ulteriore
+2,4%). Con la sola eccezione dell’alimentare (la cui contrazione degli investimenti, nel
periodo in esame, riguarda comunque tutti i media), i tradizionali settori d’utenza del
mezzo hanno contribuito alla crescita, telecomunicazioni, media/editoria e automobile
più degli altri. Sipra e Publitalia, concessionarie di pubblicità, rispettivamente, per Rai e
Mediaset, sembrano essere soddisfatte per il raggiungimento degli obiettivi commerciali
in riferimento a risultati d'ascolto che hanno premiato certe scelte editoriali e di
palinsesto e, al contempo, sono consapevoli che il clima di incertezza che ha
caratterizzato gli anni dal 2000 ad oggi non è ancora superato. La ripresa degli
investimenti pubblicitari non sarà di per sé sufficiente a ridare al mercato della
comunicazione un assetto stabile, se a essa non sarà correlato un analogo andamento del
contesto generale dell'economia e dei consumi. Programmi ambiziosi anche per SKY
Pubblicità: la concessionaria, che opera 'in proprio' solo da pochi mesi (fino a metà
2004 la raccolta di SKY era affidata a Publikompass e al gruppo Cairo), prevede per il
primo semestre 2005 una crescita nell'ordine del 50% rispetto al corrispondente periodo
dell' anno precedente e attende con ottimismo l'imminente avvio delle rilevazioni
ufficiali di Auditel sui suoi canali.
Nel Regno Unito la spesa pubblicitaria televisiva è cresciuta dell’1% fino a quota
£4.374 milioni in termini nominali (una caduta in termini reali dello 0.4%); il calo di
questo mezzo a vantaggio della stampa è dovuto a una forte inflazione iniziata verso la
fine del 2001 a causa della costante erosione della audience di ITV.
L’evoluzione dell’editoria giornalistica italiana, quotidiana e periodica, nel triennio
2002-2004 si è svolta in un quadro economico generale, come abbiamo visto, tra i meno
favorevoli degli ultimi anni; il 2002 in particolare è stato l’anno peggiore in quanto il
mercato ha fatto registrare flessioni in entrambe le componenti che lo costituiscono:
vendite delle copie e vendite degli spazi pubblicitari; nel 2003 e nel 2004, si sono
manifestati segnali di ripresa sul fronte della diffusione, mentre su quello della
pubblicità la ripresa è mancata anche a causa di un quadro legislativo che ha accentuato
gli elementi di squilibrio già presenti nel sistema della comunicazione. Quindi, i dati
statistici sono di ben altro tenore rispetto a quelli esaminati in campo radiofonico e
16
televisivo: la stampa quotidiana ha chiuso il 2004 con una crescita della raccolta
pubblicitaria del 2,6% e quella periodica con un modesto +0,8%. In un anno che è
riuscito a restituire il sorriso a buona parte del mercato, il mezzo in esame ha meno mo-
tivi per rallegrarsi; e, al di là di qualche fattore di carattere generale (l'uso del full color,
ad esempio, dovrebbe avere riflessi positivi sull'andamento diffusionale e pubblicitario
dei quotidiani), tali motivi vanno cercati più nelle soddisfazioni dei singoli che nel
rendimento complessivo; buoni risultati, ad esempio, sono stati ottenuti da recenti azioni
di riposizionamento e di restyling, che hanno riguardato svariate testate o la recente serie
di nuovi lanci.
Anche in Gran Bretagna, nonostante la maggiore diffusione della lettura, il settore sta
attraversando una fase piuttosto stagnante: si spende molto in pubblicità nella stampa
regionale (3.2% di crescita in termini nominali e 1.8% in termini reali), mentre gli altri
settori all’interno della stampa diminuiscono la loro spesa pubblicitaria sia in termini
nominali che reali; una delle ragioni è l’indebolimento della domanda di annunci a
causa dei mancati profitti degli ultimi anni.
Il mercato editoriale si è dimostrato capace di moltiplicare il valore delle proprie testate
mediante operazioni di “brand stretching”, attraverso la vendita di libri, enciclopedie, cd
e gadget, in allegato ai quotidiani che, in altri settori non sempre hanno successo proprio
perché allargano l’operatività aziendale in campi che sono al di fuori della tradizionale
area di mercato; al management editoriale italiano va ascritto il merito di aver capito il
mercato, assecondando i gusti del pubblico e indicando un percorso che ora è seguito
anche da altri paesi europei come la Gran Bretagna.
Per il mezzo radiofonico è davvero un periodo più che positivo: sul piano della raccolta
pubblicitaria complessiva del comparto, Nielsen Media Research prevede per il 2005 un
incremento del 7,2%, che si innesta sullo straordinario +21,8% del 2004; ma anche per
quanto riguarda i dati di ascolto, i risultati di Audiradio sono eclatanti: nel corso del
2004 gli ascoltatori nel giorno medio sono stati 36.560.000 (crescita del 3,3% rispetto ai
35.409.000 del 2003). Tutte le maggiori concessionarie, compresa Sipra, hanno più di
un valido motivo per commentare positivamente l'andamento delle emittenti da esse
gestite e per illustrare alcuni fattori che autorizzano a sperare che la tendenza alla
crescita non sia destinata a bruschi ridimensionamenti; fra tali fattori spicca, ad
17
esempio, la diversificazione multimediale o, comunque, l'inserimento delle stesse
concessionarie specializzate in un più ampio contesto interdisciplinare: è il caso di
Radio 105 e RMC che sono raggiungibili anche con alcune testate specializzate o, an-
cora, di Openspace, che dallo scorso anno è media partner di un reality show televisivo
di Italia l. Un altro elemento da evidenziare è la varietà delle tipologie d'utenza del
mezzo: la radio ha avuto l'appoggio dei settori tradizionali, di altri che in passato
avevano 'vocazioni mediatiche' di altro genere e che ora riallocano in questa direzione
parte dei loro budget e, in buona misura, anche di quelli che fino a poco tempo fa erano
poco interessati al mercato pubblicitario in generale; così, nell’elenco dei big spender si
trovano aziende delle telecomunicazioni e dell'editoria, del settore automobilistico e di
quello alimentare, di una new entry come la grande distribuzione e così via.
Contesto simile anche dall’altro lato della Manica, dove i costi degli spazi pubblicitari
sono aumentati notevolmente proprio a causa della crescita della domanda radiofonica.
Cresciuta nel 2004 del 3,7% (più dei quotidiani e dei periodici) la pubblicità esterna; a
riguardo è opportuno precisare che il dato è relativo alla sola affissione tradizionale, che
nell'ambito dell'outdoor ha un peso sicuramente rilevante (oltre il 50% del valore
assoluto), ma non ne rappresenta la totalità dei segmenti, si sono infatti rilevate punte
particolarmente elevate nei segmenti dei circuiti tematici, dei poster, e degli aeroporti.
Tuttavia, in questo caso specifico la variazione percentuale assume un valore secon-
dario, quello che più conta è prendere atto della rilevanza assunta, negli ultimi anni, dal
processo di riqualificazione di un mezzo da sempre considerato con un ruolo marginale
nell'ambito del media mix, anche se ancora molto deve essere fatto per raggiungere i
livelli di diffusione britannici. Tale processo si è ormai consolidato su più fronti:
concentrazione dell'offerta, estinzione delle strutture meno qualificate, politiche
commerciali trasparenti, enorme miglioramento del livello qualitativo medio degli
impianti, lotta all'abusivismo selvaggio, progressivo ampliamento delle tipologie
d'utenza e ad essi sta per aggiungersi l'avvento di Audiposter.
Nel Regno Unito non altrettante novità: l’outdoor continua a promettere bene, dato che
il numero e la varietà dell’offerta è in continua espansione e i fornitori introducono
innovative tipologie di display.
18
Il mezzo cinema ha registrato un tasso di crescita superiore alla media degli altri mezzi,
ma inferiore a quello della radio; automobile e alimentare sono state, per il cinema, le
principali fonti di introiti pubblicitari. Bisogna però sottolineare che l’entità in valore
assoluto degli investimenti pubblicitari è sicuramente modesto. Si avvertono comunque
segnali di volontà innovativa, si pensi allo sviluppo delle multisale, finalizzati alla
possibilità di presentare all’utenza un contesto d’offerta all’altezza delle aspettative.
La spesa nel settore cinematografico britannico non ha subito cambiamenti, nonostante
negli ultimi cinque anni e ancora di più negli ultimi dieci, i suoi tassi di crescita siano
diminuiti a vantaggio degli altri media.
Per completare l’analisi, diamo un’occhiata all’online advertising: il 2003 ha chiuso con
un +4%, dato che conferma che i media online sono tenuti in buona considerazione
dagli investitori pubblicitari, nonostante il livello di attenzione delle aziende nei
confronti di Internet è ancora basso, se confrontato con i budget messi a disposizione da
importanti brands internazionali in altri paesi come la Gran Bretagna. Qui, infatti,
Internet è proprio il mezzo che ha subito la maggior crescita, una crescita rapidissima se
si pensa che la pubblicità in rete ammontava a £54 milioni nel 1999 e £96 milioni nel
2000 per arrivare a quota £376 milioni nel 2003; oggi è uno tra i mezzi più consolidati,
non ha ancora superato l’outdoor e la Tv via cavo come invece è già avvenuto negli
USA ma visti i tassi di crescita potrebbe facilmente raggiungere tale risultato.
Concludiamo con gli attori degli investimenti pubblicitari, ovvero le aziende che, a
seconda delle loro strategie di comunicazione, decidono di volta in volta quanto, come e
dove veicolare il proprio messaggio.
I settori merceologici sono simili: In Italia il settore alimentare ha da sempre detenuto il
primato, per controverso, è uno dei pochi che, in questi due ultimi anni di crescita, ha
ridotto l’entità degli investimenti; seguito dalle automobili, che invece si trovano al
primo posto nella classifica britannica; importanti per l’Italia le telecomunicazioni,
meno per il Regno Unito, dove invece assumono un posto fondamentale la finanza e le
assicurazioni, solo in settima posizione nel mercato italiano (vedi tab.).
19
Investimenti per settore merceologico, confronto.
ITALIA REGNO UNITO
Alimentari
Automobili
Telecomunicazioni
Bevande, alcolici
Media, editoria
Abbigliamento
Finanza, assicurazioni
Toiletries
Cura persona
Abitazione
Automobili
Finanza, assicurazioni
Alimentari
Arredamento
Tempo libero
Telecomunicazioni
Toiletries
Informatica
Bevande
Turismo, viaggi
Fonte: Nielsen Media Research, 2002
Le multinazionali che più spendono in pubblicità sono quasi le stesse, anche se in
posizioni differenti della graduatoria: nel Regno Unito sono Procter & Gamble, COI
Communications e BT British Telecom Ltd; in Italia Unilever, Fiat e Procter &Gamble.
(vedi tab.).
Tab. Top advertising spenders
ITALIA REGNO UNITO
1 Unilever Procter & Gamble
2 Fiat COI Communications
3 Procter & Gamble BT
4 Barilla L'Oreal Golden
5 Ferrero Ford
6 Telecom Lever Faberge Personal Care
7 L’Oréal Italia Nestle
8 Nestlé Orange
9 Vodafone Masterfoods
10 Gruppo Ford DFS
11 Gruppo Psa Renault
20
12 Gruppo Danone Reckitt Benckiser
13 Renault Italia Lever Faberge Home Care
14 Autogerma Vauxhall
15 H3G Hutchison 3G
16 Volkswagen UK
17 Sainsbury's
18 Toyota
19 Kellogg
20 Vodafone
21 British Sky Broadcasting
22 Mcdonald's
23 News International
24 B&Q
25 Direct Line
Fonte: ACNielsen MMS, Marketing, IPA & Nielsen Media Research.