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benefits from this collaboration.
The authorized body doesn't express any
evalutation on the couple, that is a social services’ task.
All the couple who contact a body will have a baby, if
they are agree, of course. It costs about 15000 NZ
dollars, and it covers the burocratic expenditures and the
costs for voyages (e.g. Brazil requires a lot of voyages).
What doesn't work in Italy? The articles of the
previous legislation that weren't in agreement with the
Hague Convention have been "cross out", and the Judge
continues to apply them (e.g. never an italian Judge will
permit a single adopts a baby).
In New Zealand there is only one accreditated
body, ICANZ, while in Rome, who has a population
close to the entire New Zeland’s population, there are
about 6 accreditated associations. The reason is that the
adoptions are very few in New Zealand. Also in New
Zealand, the joudge has a central rule, against other
“administrative” solutions that there are present in other
countries. The DWS has an important role for the
evaluation of the couple ( or of the single) who demand
for a child, but It hasn’t jet aquired the functions of
coordination with the other countries of the Hague
convention.
Why I'm doing a research on NZ, when there is
great lack of research about the relations between our
country and the countries from where children come? I
think in this phase we have to systematize our
legislation.
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INTRODUZIONE
Prima della legge 184 del 1983 l'adozione dei bambini stranieri da parte di
cittadini italiani avveniva senza disciplina giuridica, un po' come accade tuttora in
Nuova Zelanda, ma come vedremo lì il fenomeno in questione non ha registrato
alcun "boom" com' è invece accaduto in Italia negli ultimi 10 anni. La disciplina
giuridica garantisce tutela dei diritti e dunque protezione, la qual è
particolarmente necessaria nel caso nostro, poichè niente è più riprovevole del
traffico di bambini che spesso si affianca all'opera umanitaria di tanti genitori
adottivi. Tale legislazione rientra nel più ampio spettro della tutela del bambino
che è capace per fortuna di smuovere le coscenze che rimangono spesso
purtroppo indifferenti di fronte ad altri gravi problemi mondiali che poi vanno a
costituire i motivi di disagio alla base dei tanti casi di bambini orfani nel mondo.
Il metodo della contrattazione, in altre parole il lasciar fare ai privati ed alle
organizzazioni private, anche se regolato non offre le necessarie garanzie;
Vediamo allora come si risolve l'annosa questione dello statalismo contro il
liberismo limitatamente all'adozione internazionale. Italia e Nuova Zelanda ben
rappresentano queste due opposte concezioni: entrambe inoltre affrontano
l'adozione internazionale in maniera critica.
In Italia il fenomeno ha assunto solo recentemente le dimensioni che lo
hanno portato alla ribalta nella cronaca e a legiferare sono state chiamate le
sinistre da poco al governo del Paese. In Nuova Zelanda la presenza sul territorio
di più razze fa perdere di vista il senso dell'adozione internazionale la quale
confluisce nel problema più generale della famiglia multirazziale, il quale è
peraltro molto sentito a giudicare dalla presenza d’alcuni articoli di legge
sull'adozione di bambini maori da parte di famiglie anglosassoni già nel 1955;
Non dimentichiamo che i maori sono quasi 800mila su una popolazione di
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neanche quattro milioni d’abitanti e se osserviamo le piramidi delle età dei due
gruppi razziali ritroviamo senza attenuazioni le connotazioni tipiche dei popoli
occidentali e in via di sviluppo.
In Italia la legge del 1984 colma una lacuna attraverso due adempimenti: 1-
Una dichiarazione del TM territoriale il quale affermi l’idoneità dei coniugi ad
assolvere pienamente i loro compiti verso un bambino adottato; 2- Una
certificazione dell’autorità consolare del Paese. In Nuova Zelanda invece non vi è
il rispetto della legislazione nazionale di tale Paese in materia d’adozione
internazionale, se non con trattati internazionali.
L’Italia si distingue dagli altri Paesi per la generosità dimostrata verso i
Paesi più poveri. Le forme di questa generosità sono varie, ma i tre pilastri
restano la cooperazione allo sviluppo, l’adozione a distanza e quella
internazionale. Guerre, catastrofi naturali, oltre che povertà e sottosviluppo,
hanno un impatto grave sulla popolazione minorile in special modo. .L’Italia,
attraverso i suoi rappresentanti, ma anche grazie all’iniziativa privata, ha da
sempre un ruolo di primo piano a favore dell’infanzia. Ora il governo aumenterà i
finanziamenti allo sviluppo, orientandoli proprio verso l’infanzia. Si impegna
inoltre ad intervenire rapidamente in caso di crisi, coordinando le organizzazioni
umanitarie e di cooperazione.
Nel 2001 ci sarà un summit di capi di Stato sull’attuazione della
convenzione di New York del 1989; In tale occasione l’Italia si dovrà presentare
come Paese-pilota. A livello europeo ci si concentra sui Paesi dell’Est e sul
nomadismo minorile.
In questo contesto si colloca la Legge del 1998 n°476: riduzione dell’attesa da 20
a nove mesi per l’adozione internazionale da quei Paesi, nuovo sistema di
astensione dal lavoro, detrazioni fiscali delle spese per il bambino (del 50 %
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relativamente alle spese sostenute per adottarlo), sicurezza grazie a maggiore
efficacia dei servizi incaricati.
Quello che a livello europeo è un confronto tra Est e Ovest, a livello
italiano è un confronto bilaterale con Russia, Ucraina, Polonia, Bielorussia. Il
governo creerà, per supportare il numero elevato di adozioni da questi Paesi,
delle strutture in loco, coordinate dalla commissione per le adozioni
internazionali. Essa farà accordi bilaterali che serviranno non solo a definire la
collaborazione fra le autorità competenti in materia, ma anche per portare un
aiuto concreto o di tipo cooperativo.
Quello dell’Aja è il trattato più importante. Esso deve ancora modellare la
legislazione italiana. Infatti, vi sono contenute norme di adeguamento che il
nostro governo ha ratificato insieme alle disposizioni.. Tra l’altro nel 1996 il
parlamento europeo ha emanato una Risoluzione per il miglioramento della
cooperazione in materia, in cui si sollecita tale modellamento.
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Cap. I
LA LEGISLAZIONE ITALIANA
Par.1 Le più recenti leggi italiane in materia
L’adozione internazionale è permessa in Italia alle stesse condizioni
dell’adozione dei minori italiani. La coppia aspirante deve presentare domanda al
TM del luogo di residenza e chiedere la dichiarazione d’idoneità. La valutazione
dell’idoneità è compiuta con particolare attenzione all’attitudine della coppia ad
accogliere un bambino straniero. Una volta ottenuta tale idoneità, la coppia deve
ottenere anche il provvedimento d’adozione rilasciato dalla competente autorità
giudiziaria del Paese d’origine del minore. In taluni casi è possibile che al posto
del provvedimento d’adozione sia rilasciato un provvedimento d’affidamento a
scopo d’adozione (esiste anche l’affidamento come adozione temporanea nella
attesa del reinserimento nella famiglia d’origine, ma non nel nostro caso).
Il consolato italiano del luogo controlla la legittimità del provvedimento
(questa è un’ulteriore garanzia, sempre rimanendo nell’ottica che il paese del
minore abbia un sistema giudiziario peggiore del nostro). A questo punto il
minore straniero può entrare in Italia, e il procedimento finisce così nelle mani
del giudice italiano il quale dispone l’affidamento preadottivo (a prescindere che
sia stato disposto anche dall’autorità giudiziaria del Paese d’origine, ci chiediamo
tra l’altro quali controlli eventualmente tale autorità effettuerebbe per verificare il
grado di successo dell’affidamento per poi procedere all’adozione
internazionale).
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Qualora non fosse possibile ottenere un provvedimento d’adozione
internazionale dall’autorità competente del Paese d’origine, è sempre possibile
che tale autorità adotti dei provvedimenti simili, per esempio l’autorizzazione
all’espatrio a scopo d’adozione. In questi casi il provvedimento diviene di
competenza del Ministero degli Esteri il quale rilascia l’autorizzazione
all’ingresso in Italia. Il TM disporrà l’affidamento preadottivo senza un
documento preciso in merito dell’autorità del Paese d’origine, ma con un
generico assenso.
Gli Enti autorizzati sono associazioni private alle quali lo Stato italiano
delega alcune funzioni pubbliche nella gestione delle adozioni internazionali,
limitandosi ad una funzione di controllo. Tale esternalizzazione di funzioni
pubbliche è motivata dal grado delle conoscenze e dalla pratica sul campo che
queste associazioni hanno acquisito negli ultimi anni sul campo, grazie all’ampia
partecipazione di volontari di varie correnti di pensiero e all’impegno concreto di
solidarietà verso i bambini abbandonati e in orfanotrofio di molti italiani che tali
associazioni finanziano.
Il reperimento del minore è, infatti, il momento più pregnante, col rispetto
delle incombenze burocratiche; Infatti tali associazioni sono in contatto con
governi e tribunali, ma soprattutto con gli istituti e gli orfanotrofi, ed è in tali
luoghi che si creano le condizioni d’adottabilità. Sulla prima valutazione di
queste condizioni si basano le pratiche nel paese straniero e poi in Italia.
Alcuni aspiranti genitori italiani preferiscono saltare l’intervento di tali
Enti e organismi autorizzati, spesso va detto per puro istinto umanitario, e ciò non
deve essere visto negativamente se essi sperano così di ottenere più facilmente e
in tempi debiti i provvedimenti d’adottabilità e d’espatrio che desiderano, sempre
nel rispetto della legge. Per quanto se lo Stato italiano ha disposto che tali Enti
autorizzati gestiscano l’adozione internazionale, dovremmo solo tollerare tali
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individualismi solo per quei Paesi in cui non sia attivo alcun Ente autorizzato. Gli
effetti giuridici sono la cittadinanza italiana, l’assunzione del cognome e lo status
di figlio legittimo. Se il periodo d’affidamento preadottivo non ha buon esito, il
minore non è rimpatriato, perché dal momento del suo ingresso in Italia si applica
la legge italiana. Egli o ella è considerato o considerata in stato d’abbandono e
dato o data in affidamento preadottivo ad un’altra famiglia.
Con il Piano del 1996 è stato compiuto molto lavoro per migliorare le
condizioni strutturali che agiscono sullo sviluppo sano e armonioso dei minori
(investendo quasi 10mila miliardi, che sono serviti a finanziare i progetti di Enti
locali, ma anche di organizzazioni private). Tra i beneficiari vi sono anche i
minori stranieri, e tra questi gli adottandi o affidandi (temporanei o in previsione
di un’adozione). I finanziamenti sono serviti per applicare la nuova legge
sull’adozione internazionale, per approntarne la struttura organizzativa, che alla
fine dovrebbe risultare snella e trasparente, nonché meno onerosa, soprattutto per
le famiglie adottive.
La Legge 285/1997 finanzia progetti per oltre 12mila miliardi; Mai si era
speso tanto per i minori (infanzia, adolescenza e famiglia), e così a largo raggio.
Infatti, i progetti riguardano tutti i settori collegati al benessere. La nuova legge
sull’immigrazione amplia i diritti dei minori stranieri in Italia, sulla scia del
riconoscimento di sempre più diritti ai minori, tracciata a New York nel 1989 con
la Convenzione dell’ONU, Così in Italia i minori stranieri potranno essere
adottati temporaneamente, se le condizioni della famiglia di origine sono tali da
suggerire solo un’accoglienza non definitiva.
E’ riconosciuto un maggior sostegno, specie i servizi psicologici e di
assistenza sociale, alle famiglie che si rendono disponibili a adottare un minore
che deve scontare una pena.
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E’ un passo concreto in avanti, che purtroppo si colloca in una situazione molto
precaria dell’intero sistema di giustizia minorile. Ma se è vero che l’adozione
internazionale è un modo per far entrare in Italia, in modo legale, dei minori poi
destinati all’illegalità, cioè a diventare vittime e strumenti di azioni illegali, è
ugualmente vero che molti minori stranieri vittime di pedofilia, maltrattamenti,
sfruttamento e altro, possono essere recuperati proprio tramite l’adozione
internazionale, questa volta da parte di famiglie oneste e veramente dedite alla
solidarietà.
Tutti conoscono le condizioni di sotto-sviluppo e degrado degli immigrati
in Italia, esse colpiscono maggiormente chi è piccolo e indifeso. Gli stessi
immigrati sono spesso sopraffatti dai loro connazionali senza scrupoli e finiscono
per avviarsi o avviare i loro figli al crimine. Il numero di minori immigrati in
carcere è così destinato ad aumentare.
Circa le adozioni internazionali, sono certamente minori le presenze di
bambini malati o handicappati, eppure il gesto di solidarietà di molti italiani
arriva dove la pena è maggiore, portandoli per esempio a adottare i bambini
orfani di Ckernobil, o quelli mutilati dalle mine. C’è da ritenere che la solidarietà
arriverà anche in India, a risollevare i sopravvissuti al terribile terremoto del
febbraio 2001, con un gesto non limitato ai bambini sani, anche perché in Italia ci
sono i mezzi di cura e riabilitazione più adatti per i bambini reduci da catastrofi o
comunque malati.
L’interesse per i diritti del bambino straniero in Italia non si limita solo
all’adozione o affidamento internazionale, perché lo status di adottabile, che non
conferisce automaticamente la cittadinanza italiana, a volte è rilasciato con
lentezza o per niente, nonostante le problematiche del minore. Lo strumento
dell’adozione è uno dei vari possibili, non è certo l’unica soluzione, tuttavia molti
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minori stranieri sono potenzialmente adottabili, e il modo in cui lo Stato li tutela
condiziona la possibile adozione.
Un disegno di legge di ratifica della convenzione europea di Strasburgo
stabilirà le modalità di ascolto dei bambini nei procedimenti giudiziari e
amministrativi. Si pensi ai figli di immigrati divorziati o ai genitori adottivi che
impugnano la decisione del giudice di sospendere un affidamento preadottivo. In
tutti questi casi i minori non sono più oggetto del contendere. E’ in preventivo
anche un testo unico sui diritti dei minori, in modo da renderli coerenti con la
Convenzione dell’ONU (a tal proposito dovrà essere modificata in parte la
legislazione civile e penale). Il riordino dell’ordinamento penitenziario minorile
si fa sempre più urgente, unitamente a quello della magistratura minorile.
Gli strumenti nuovi sono l’osservatorio, il Centro documentazione e il
futuro Ufficio di tutela del minore. Il Governo si fa già carico della valutazione
dei progetti sviluppati a partire dalla Legge 285/97. Inoltre, grazie ai nuovi
congedi parentali (per il padre oltre che per la madre adottiva) e al sostegno
reddituale, si ridà forza alla famiglia. Ai Consultori spetta il compito di lanciare
una campagna di informazione intensiva sui problemi dell’infanzia e i suoi diritti,
e di ridare importanza ai legami familiari (anche ai nonni). Non mancano progetti
sul piano ambientale e educativo, nonché sanitario.
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Par. 2 Requisiti per ottenere l’adozione internazionale
L’iter inizia con la domanda inoltrata al TM di residenza, il TM passa il
fascicolo al servizio sociale (Comune o ASL) il quale inizia la fase istruttoria.
Seguono dei colloqui le cui modalità sono decise dal TM o dal servizio sociale.
Nel colloquio si accerta la predisposizione psicologica all’accettazione di un
figlio adottivo straniero e i modi di essere della coppia. Il TM può anche non
delegare il servizio sociale e accontentarsi della documentazione, con particolare
riferimento allo stato di salute.
La coppia deve essere sposata da almeno tre anni (senza mai essersi
separata, neppure di fatto), dunque singles e coppie di fatto, anche se di lunga
durata, sono escluse (questo accade in pochi altri Paesi oltre l’Italia). La
convenzione europea di Strasburgo sull’adozione dei minori del 1967 parla di
adottante non in termini di coppia; Al limite un coniuge solo potrebbe fare
richiesta di adozione. Il motivo delle limitazioni esistenti in Italia è quello di
controllare meglio la vita familiare dell’adottante, infatti il genitore singolo è
soggetto a convivenze, abbandoni e relazioni sentimentali occasionali. La legge
sul matrimonio pone vincoli anche a tutela dei figli. Nel 1998 la nuova legge
sull’adozione, rendendo impossibile agli adottanti di non rivolgersi alle
associazioni autorizzate, ha riformato in modo importante la tipologia di
adozione, specie le fasi iniziali di essa. Tali enti possono utilizzare una tipologia
più ampia che comprende anche i singles.
La coppia deve essere sana, ma soprattutto, terzo requisito, deve essere
idonea per l’adozione internazionale, tenendo presente le differenze tra varie
razze ed etnie. Infatti nel nostro Paese giungono molti bambini romeni, dunque
molto simili ai bambini italiani, anche per quanto riguarda la cultura (qualora
come spesso accade giungessero in Italia a 2-6 anni di età). Ben diversa la
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situazione di bambini africani. Nel presente lavoro per motivi di leggibilità dei
dati statistici non considereremo l’adozione di bambini di razza o etnia straniere
nati in Italia ( o in Nuova Zelanda). Anche se la problematica è la stessa (il ruolo
della famiglia multirazziale e multietnica) manca il rapporto tra Stati (di
provenienza e di accoglienza) sul quale ci soffermiamo con particolare
attenzione.
Dal 2001 sale a 45 anni la differenza massima di età con i figli adottati.
Solo coniugi sposati da almeno tre anni, che non si siano mai separati, neanche
per brevissimo tempo, negli ultimi tre anni. Inoltre devono aver convissuto
stabilmente per almeno tre anni prima del matrimonio (per un totale di sei anni di
convivenza stabile). Sono previste corsie preferenziali per le domande di bambini
con più di cinque anni o handicappati (nel caso dell’adozione internazionale in
genere i bambini superano i cinque anni). Oltre il 50% di sgravio fiscale delle
spese, che sono sempre sostanziose per un’adozione internazionale. Questo per
quanto riguarda l’intervento dello Stato, invece le Regioni si occuperanno del
sostegno del reddito, soprattutto nel caso delle due categorie protette di bambini,
fino a che non avranno compiuto 18 anni.
E’ previsto l’affidamento, o al massimo la casa-famiglia, ma non più
l’orfanotrofio per qualsiasi bambino in abbandono sotto i sei anni. Gli stessi
orfanotrofi saranno riconvertiti a case-famiglia al massimo per il 2007.
L’affidamento non potrà durare più di 24 mesi, per esso è prevista una
semplificazione della procedura e l’estensione ai singles. L’affidamento
preadottivo resta di un anno, ma solo se i bambini provengono da uno Stato che
non ha ratificato la Convenzione dell’Aja.
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Par. 3 Minori stranieri in Italia
In base alla legge 451/97 attuata con il D.P.R. 13/6/2000, il Comitato per i
minori stranieri in Italia (il quale ne autorizza l’ingresso) è coinvolto nella
selezione d4elle famiglie (o strutture di accoglienza) o a posteriori nella
segnalazione ai servizi sociali di situazioni di ospitalità temporanea. I programmi
di accoglienza realizzati dalle associazioni sono valutati a vari livelli di
responsabilità, i quali sono definiti dal Comitato. Gli obiettivi sono: 1)
trasparenza 2) evitare la reiterazione del soggiorno.
Il comitato è stato istituito dalla legge sull’immigrazione, esso realizza il
censimento di tali soggetti, uniforma il trattamento sul territorio, avvia rapporti
con i paesi di origine (anche per l’eventuale rientro in famiglia). Il Comitato
dispone di una rete di centri, anche all’estero. E collabora con il Ministero degli
interni, con il CONI e la Federcalcio, con le associazioni di immigrati (in
particolare femminili).
E’ opportuno, fermo restando l’iniziativa legislativa rimessa ai competenti
ministeri, predisporre un coordinamento di competenze attraverso un
osservatorio, organo specifico istituito dall’ordinamento in cui sono compresenti
tutti i soggetti istituzionali, anche degli Enti locali, delle agenzie di supporto, dei
privati sociali, cioè tutti coloro che rientrano nel piano della L.451/97 attuata con
D.P.R. 13/6/2000, che vale per il biennio 2000/2001.
Il fenomeno della presenza dei minori stranieri in Italia, è in grande
espansione, e mette in difficoltà l’esercizio dei principi della dichiarazione ONU
e della convenzione del ’98. I minori non accompagnati hanno diritto a cure
tempestive e ad un’adeguata sistemazione. Può essere dichiarato adottabile un
bambino, ma prima è necessaria l’identificazione e la ricerca di familiari in
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patria. Se egli richiede asilo politico, esso deve prevalere sull’esigenza del
ricongiungimento familiare (se ha una famiglia).
I minori sottoposti a provvedimenti coercitivi possono beneficiare di misure
alternative al carcere, tra le quali l’essere ospitati in famiglia.
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Par. 4 Le leggi sull’adozione internazionale e confronti con altri paesi
La convenzione dell’Aja, presente nel testo di legge (avente quindi forza di
legge) è il primo trattato internazionale specifico in materia, tuttavia non può non
far riferimento ai tre precedenti trattati internazionali, ovvero la risoluzione 41/85
del 3/12/86 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e della due
convenzioni delle Nazioni Unite del novembre ’89 e ’95.
La risoluzione del 1986 è una dichiarazione sui principi sociali e legali
relativi alla sicurezza e al welfare infantile, con particolare riferimento al
collocamento straniero e all’adozione, sia nazionale che internazionale. La
convenzione del 1989 riguarda invece i diritti del bambino. Quest’ultima si è
ripetuta nel novembre del 1995.La convenzione dell’Aja è presente nel testo di
legge come allegato, nella sezione due, e verte sulla protezione dei bambini e
sulla cooperazione per quel che riguarda l’adozione internazionale. Essa ha
portato molti Paesi a legiferare in materia. L’Italia è giunta al traguardo un anno
dopo la Nuova Zelanda, ma in Italia già nel 1983, cioè prima dei due trattati
summenzionati, si era tentato di porre un argine alla contrattazione privata quale
unico strumento di adozione internazionale. In Nuova Zelanda si applicavano le
sezioni 3 e 17 della legge del 1955 sull’adozione: il bambino straniero, in base a
tale legge, poteva essere dichiarato adottato solo dal Paese di origine. In quanto
straniero, non gli erano riconosciuti più diritti di quelli che si riconoscono agli
adulti, nessun intervento sociale, nessuna valutazione, nessuna opportunità di
difendersi di fronte alla legge, poiché il suo status di cittadino straniero non lo
rendeva adottabile dalle autorità neozelandesi.