La Prima Parte della tesi presenta la difficoltà dell’adolescente di vivere in un mondo complesso e
contraddittorio come il nostro.
Bombardato da messaggi contrastanti, senza un orientamento chiaro, né una guida sicura su cui far
affidamento, l’adolescente si sente perso.
Il Leitmotiv del materialismo imperante e della ricerca del benessere fine a se stesso, per l’hic et nunc,
getta i ragazzi in un esistenza a-progettuale e priva di ideali assiologicamente fondati.
Gli adulti, come i giovani, corrono dietro alla moda, alla ricerca di una perfezione fisica e di una
ricchezza smisurata.
Siamo nell’era dell’«uomo che non deve chiedere mai», perché tutto è a portata di mano, tutto può
essere comprato, senza sforzo e senza dover subire l’agonia di un attesa, di un desiderio, di un sogno.
L’aggressività e la voglia di “andare contro” gli adulti sono caratteristiche tipicamente adolescenziali.
Una lettura in chiave pedagogica, permette di comprendere , e talvolta giustificare, i comportamenti
senza freno di molti adolescenti
Molte volte, le bravate, il bullismo, le risse agli stadi, i furtarelli, gli abusi di alcol, droghe e sesso,
sono forme alternative di comunicazione per lanciare un SOS al mondo adulto, un razzo di segnalazione
per dire “sono qui”, “ho bisogno di aiuto”.
Altre volte rispondono ad un’esigenza di identificazione con i pari e di differenziazione rispetto agli
Altri, ancor di più se i gesti attuati hanno evidentemente delle connotazioni trasgressive.
Ed è proprio in un mondo in cui tutto è facilmente accessibile, che la trasgressione assume tinte
tragiche, sfociando addirittura in crimini efferati.
La Seconda Parte analizza a fondo le molteplici forme di violenza ed i diversi gruppi adolescenziali
violenti, in cui ci si può imbattere oggi: bravate, autolesionismo, vandalismo, furti, risse, stupri, sette
sataniche “fai-da-te”, fino ad arrivare all’omicidio.
Il Capitolo 6 affronta in particolare il fenomeno emergente della violenza perpetrata dai cosiddetti
“bravi ragazzi”… si tratta, quindi, di raptus di follia, o il contesto educativo è venuto meno e quella resta
una comoda etichetta dietro cui nascondersi, con una pseudo-espressione allibita?
La Terza Parte della mia tesi, infine, affronta la tematica della violenza adolescenziale proprio da un
punto di vista squisitamente pedagogico.
Vengono presentati i possibili interventi preventivi ed educativi, per sottrarre l’adolescente da un
contesto di vita patologizzato da una violenza diffusa.
Questo lavoro nasce dai diversi stimoli che ho avuto nel corso del mio tirocinio nell’ambito di un
servizio di Educativa di Strada.
Durante questa preziosa esperienza ho potuto confrontarmi con la realtà degli adolescenti in difficoltà.
Ragazzi fagocitati da un contesto deviante, che hanno imparato a parlare solo il linguaggio della
fisicità e della violenza.
VIII
Ho scoperto che, per poter entrare in relazione con loro, non si può ergersi a professionisti,
guardandoli dall’alto in basso, giudicandoli, colpevolizzandoli e quindi emarginandoli ulteriormente.
È, invece, necessario calarsi nel loro mondo, ascoltare la loro musica (rumore?!), interpretare i loro
simboli ed i loro comportamenti provocatori, ed imparare a parlare il loro slang.
Senza remore né timori, perché è solo con un’autentica conoscenza dell’Altro e con la più stretta
condivisione di esperienze ed emozioni che si può creare un rapporto significativo, per l’educando come
per l’educatore stesso.
Perché, come diceva il pedagogista Riccardo Massa: “L’amore per la vita, propria e altrui, non si
coltiva in astratto, ma solo crescendo accanto ad adulti coraggiosi, ricchi di sogni e d’esperienze,
innamorati della realtà.”
Con la convinzione ņ che mi ha accompagnata lungo tutto il mio percorso di studi universitari ņ che
«l’educazione è vita», non mi resta che farmi da parte e lasciar parlare questa tesi, ritratto dai contorni
sfumati di una realtà proteiforme, altrettanto indefinita e difficilmente definibile…
Perché, citando Don Mazzi: “L’adolescenza non è una scienza, è un’epifania.”
2
2
MAZZI A., “Prefazione” in MAIOLO G., Adolescenze spinose. Come comunicare senza fare (e farsi) del male, Trento.
Erickson. 2002, p. 12.
IX
PARTE PRIMA
ADOLESCENTI E VIOLENZA
1. La violenza oggi
Gli anni Novanta hanno visto un dilagare della violenza su larga scala, dovuto ad un surplus di rabbia,
odio e ricerca di potere che si esprime attraverso un atteggiamento di rivalsa e di prepotenza verso
soggetti che, in quanto vittime, vengono denigrate subendo qualsiasi tipo di abuso: torture, mutilazioni,
violenze sessuali, uccisioni,…
Secondo Appadurai il motivo scatenante questo surplus di violenza è da rinvenire nel “modo in cui la
globalizzazione ha deformato il narcisismo delle piccole differenze”
1
, il che comporta
un’omogeneizzazione progressiva che favorisce una preoccupante disumanizzazione accompagnata da
violenza dilagante.
L’incertezza che domina il mondo globalizzato, privato della sicurezza che confini e differenze
garantivano, produce paura, frustrazione e rabbia che sfociano in fenomeni sempre più frequenti e di
dimensioni preoccupanti di violenza di massa: guerre civili, terrorismo, cellule violente organizzate,
attentati suicida, integralismi religiosi,…
Nella società della globalizzazione i bambini cominciano a crescere in un mondo fatto di velocità,
cambiamento, tecnologia avanzata, elettronica, simulazioni telematiche.
La società contemporanea porta con sé “…fenomeni che coinvolgono profondamente l’educazione,
quali: la secolarizzazione intesa come eliminazione progressiva del religioso in nome di un generico
laicismo (e di un pensiero laico identificato come ateismo); la deresponsabilizzazione e
l’indifferenziazione rispetto alle scelte; la debolezza delle istituzioni educative tradizionali (famiglia,
scuola); l’appiattimento e lo snaturamento dei rapporti inter-generazionali; la crisi dell’identità culturale
nazionale (e comunitaria) che sottrae certezze e tradizione” e che disorienta.
2
La tradizione, la morale e i valori di riferimento dell’epoca precedente vengono soppiantati e, in
conseguenza di ciò, “la frontiera tra il bene e il male si è fatta fluida [e] varia a seconda delle circostanze
e degli ambienti”.
3
1
APPADURAI A., Sicuri da morire. La violenza nell’epoca della globalizzazione, Roma, Meltemi, 2005, p. 15.
2
MAZZATOSTA T., “Le sfide educative della società postmoderna”, in VOLPI C. (a cura di), I rischi dell’educazione. Nuove
prospettive pedagogiche, Roma, Armando Editore, 2003, p. 150.
3
VOLPI C. (a cura di), Op. cit., p. 7.
2
Nella società di oggi “[…] l’essere umano viene trasformato in un pallido spettro di quel che era in
precedenza, svuotato per intero, in funzione del Progresso eretto a idolo. Nella convinzione di dargli tutto,
questa società riduce l’uomo a un nulla e lo getta nel baratro del nichilismo.”
4
“La nostra forma di vita impostata su interessi materiali, tecnologici, industriali, sul successo e sul
denaro ha impoverito radicalmente l’uomo – e sono soprattutto le nuove generazioni a subirne le
conseguenze peggiori.”
5
“[…] tutti i mali di cui soffre l’uomo d’oggi hanno proprio nel nichilismo la loro radice. Una energica
cura di questi mali implicherebbe il loro sradicamento, ossia la vittoria sul nichilismo, mediante il
recupero di ideali e di valori supremi, e il superamento dell’ateismo, ossia di quella «uccisione di Dio» di
cui Nietzsche non ha esitato a gloriarsi. Ma non è un’operazione facile, poiché implica una vera e propria
rivoluzione spirituale.”
6
“[…] l’affermazione «Dio è morto» è la formula emblematica del nichilismo e significa che ha perso
ogni consistenza e ogni rilevanza il mondo metasensibile (il mondo metafisico) degli ideali e dei valori
supremi, concepito come essere in sé, come causa e come fine, ossia come ciò che dà senso a tutte le cose
materiali, in generale, e alla vita degli uomini, in particolare.”
7
“I mali spirituali che affliggono l’uomo di oggi […] hanno una radice comune ben identificabile: la
cultura contemporanea ha perduto il senso di quei grandi valori che, nell’età antica e medioevale e
anche nei primi secoli dell’età moderna, costituivano punti di riferimento essenziali, e in larga misura
irrinunciabili, nel pensare e nel vivere.”
8
“Ma è evidente che i valori sono una condizione tolta la quale la vita diventa assurda.”
9
“Si tratta di una profonda e dilagante crisi sul piano non solo religioso ma della stessa etica naturale,
crisi che si è andata intensificando in questi ultimi decenni, finendo quasi per distruggere i veri ideali e i
valori portanti della convivenza sociale.
Crisi aggravata poi da un consumismo sfrenato, col quale ci si illude di riacquistare quella serenità,
tranquillità e gioia del vivere individuale, familiare e sociale, che invece pure per questo ci viene a
mancare sempre più.”
10
…e via via si va affievolendo la stessa distinzione tra bene e male.
L’uomo contemporaneo si riscopre perso in un mondo complesso ma senza più valori, senza una
morale cui improntare la propria vita, vittima di stereotipi, mode e falsi ideali votati ad un consumismo
sfrenato, alla competitività economica, al materialismo nichilista, che finiscono per guastare ogni tipo di
rapporto interpersonale, in nome di un cieco individualismo.
L’Altro perde la sua caratteristica di Altro significativo, per ridursi talvolta a puro oggetto di scambio
materiale, ma spesso ad un vero e proprio nemico, contro cui scaricare tutta la violenza a disposizione,
per poter avere la meglio e guadagnarsi una posizione di supremazia e prestigio.
4
REALE G., Saggezza antica. Terapia per i mali dell’uomo d’oggi, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1995, p. 4.
5
Ivi, pp. 5-6.
6
Ibidem.
7
Ivi, p. 19.
8
Ivi, p. 11.
9
Ivi, p. 19.
10
BALDUCCI C., Adoratori del diavolo e rock satanico, Casale Monferrato, Edizioni Piemme, 1991, p 90.
3
L’atteggiamento violento è un mezzo per uscire da un rapporto malato, pregno di difficoltà e timori,
senza apparenti vie di fuga, se non nell’aggressività agìta; lo scopo è quello di neutralizzare l’Altro, di
ridurlo a vittima del proprio senso di onnipotenza narcisistica.
In un contesto tanto vuoto di valori e caratterizzato da una preoccupante violenza interpersonale, gli
adolescenti “ […] non sono altro che i coerenti interpreti di un modello di vita che noi e la società che
abbiamo creato, offriamo loro.”
11
“In questo nostro tempo, tanto ricco di bene e contraddistinto anche da espressioni del male, frutto pur
sempre di scelte umane, assistiamo allo spettacolo della logica umana sistematicamente disconfermata,
resa vacillante, costretta alla difensiva, richiamata al senso della realtà dei valori e altresì radicalmente
opposta ad una logica che supera e trascende le cose.”
12
La società odierna è vittima di “ […] un vuoto riempito da sottoculture qualificabili come di fuga
[corsivo nostro], caratterizzate dal rifiuto alla crescita dell’uomo e dall’acquisizione di un modo nuovo di
vivere i significati ultimi dell’esistenza.”
13
“Il nostro tipo di società ha amplificato le richieste e soddisfatto infiniti bisogni e desideri, ma ha
anche moltiplicato le insensibilità al disagio, alle fatiche di vivere, negando le risposte più attese dai
giovani, la comprensione delle loro difficoltà, l’accompagnamento attraverso le tempeste della vita,
soprattutto quando queste non lasciano più immaginare un cielo aperto e luminoso.”
14
“Per decenni si è elaborato poco in termini interpretativi e propositivi.
Si è venuto a creare un clima di attenzione impersonale a qualcosa di indefinito e microscopicamente
complesso.
L’inerzia della società creava presupposti per una continua rassegnazione. L’influsso sui giovani deve
essere stato deleterio sia per l’esemplarità negativa globalmente offerta dalla società, sia per la situazione
di impotenza di fronte alla quale giovani e adulti finiscono per venirsi a trovare.
Il deserto di risposte e di motivazioni a lottare consapevoli e uniti non può aver lasciato che un senso
di rassegnazione e di ineluttabilità.”
15
E di fronte a tanta rassegnazione e a tanta conseguente violenza, nasce la necessità di un forte ed
ancorato senso di giustizia, che non si limiti ad un ambito puramente politico, amministrativo ed
economico, ma che deve pervadere ogni locus della vita sociale, risvegliando le coscienze ed orientando il
vivere comunitario ai fondamentali valori.
16
Quella di oggi è una società che soffre, ma incapace di scorgere il valore di tale sofferenza, e perciò
orientata a cercare soluzioni di comodo per liberarsi la coscienza e giustificare le proprie sconfitte, in
qualunque ambito, e sempre di più nelle politiche famigliari ed educative.
Si dice che i giovani sono una risorsa per il Paese, ma –incomprensibilmente- li si abbandona in balia
di se stessi e degli eventi.
11
MEUCCI G. P., Ragazzi non cresciuti, Brescia, La Scuola, 1980, p. 40.
12
VICO G., Educazione e devianza, Brescia, La Scuola, 1988, p. 115.
13
MEUCCI G. P., Op. cit., p. 177.
14
MAZZI A., Abbasso Pinocchio, Milano, Mondatori, 2004, p. 85.
15
VICO G., I fini dell’educazione, Brescia, La Scuola 1995, p. 49.
16
DE NATALE M. L., Devianza e pedagogia, Brescia, La Scuola, 1998, p. 19.
4
Gli adulti sono sempre più incapaci di verbalizzare i rapporti con i propri figli, nascondendosi dietro
ad un “va tutto bene” che possa dare loro rassicurazione, soprattutto nei confronti della società.
Gli stereotipi diventano le instabili fondamenta di ogni relazione, comunicazione e confronto perdono
senso e spessore, in nome di una più comoda omologazione a mode e standard di livello medio-basso.
Tutto perde di spessore, il Valore coincide con il piacere: è il regno dell’utilitarismo e del presentismo.
Scompare la dimensione del dialogo, il confronto diventa apertamente un conflitto intergenerazionale,
in cui le due parti si contendono una posizione di potere nel mondo: da un lato l’adolescente cerca
autonomia, riconoscimento, dall’altro l’adulto sente minacciato il proprio status ,e non vuole cedere il
passo alle nuove generazioni, vissute più come nemiche che come risorse.
L’adolescente è l’immagine di colui che “ […] incarna la vita, ma che si propone come messaggero
della morte per i più vecchi.”
17
“[…] il giovane è […] in pericolo perché non trova lavoro, ma è anche pericoloso perché esigendo un
lavoro rischia di compromettere la possibilità di lavoro dell’adulto e, soprattutto, i livelli di
remunerazione da lui raggiunti […]”
18
Allo stesso modo, “l’età adulta segna fisiologicamente una crisi della sessualità nell’avvertenza della
diminuzione della propria potenza sessuale, e esiste una naturale reazione di invidia rispetto
all’esuberanza sessuale giovanile.”
19
L’adulto di oggi lotta contro il tempo, non vuole accettare l’età che avanza; la maturazione è vista
come una piaga, guaribile solo ricorrendo ai miracoli della chirurgia plastica e a tutti quei servizi offerti
dal mondo consumistico per “rimanere giovani e belli”.
Il “giovanilismo” imperante, propagandato dai vacui modelli proposti dai mass-media, costringe
l’adulto a dividersi, nella sua giornata, tra il lavoro e la palestra, il centro estetico, il parrucchiere, la
boutique alla moda,… sottraendosi al suo compito educativo nei confronti dei giovani.
All’adolescente non resta altro che cercare modelli in cui identificarsi, ma il risultato è quello di
trovarsi, in realtà, di fronte ad adolescenti come lui!
Adulti che si ritengono emancipati e alla moda perché vivono il loro essere genitori in modo
alternativo, proponendosi come amici dei propri figli, convinti che sia più utile (ma forse solo più
comodo!) mettersi sullo stesso piano di un adolescente, piuttosto che affrontare una relazione educativa
irta di difficoltà e perciò frustrante.
Ma l’adolescente non si accontenta di un adulto che indossa una maschera, dietro la quale non ha
valori, né strumenti da offrirgli.
“Così l’adolescente è vissuto, insieme, come uno che è portatore di qualcosa di meraviglioso, di
invidiabile, la giovinezza, ma è insieme un essere misterioso che protesta e che non sa cosa farsene di ciò
17
MEUCCI G. P., Op. cit., p. 122.
18
Ivi, p. 124.
19
Ivi, p. 125.
5
che è considerato oggetto di invidia: le reazioni degli adulti non possono che essere distorte e non
rispondenti alle attese.”
20
Reale riconosce che la perdita di valori ed il nichilismo imperante nella società odierna si celano dietro
a diverse maschere: lo scientismo e lo strapotere della tecnologia, l’ideologismo assolutizzato e la
dimenticanza dell’ideale del Vero, il prassismo che esalta la sola azione fine a se stessa, la ricerca
esasperata del benessere materiale come surrogato della felicità, lo smarrimento del senso della forma, la
riduzione dell’Eros alla dimensione del fisico, l’individualismo portato all’eccesso, lo smarrimento del
senso del fine ultimo di tutte le cose, il materialismo, ed il dilagare incontrollato della violenza.
21
“Fra i mali dell’uomo d’oggi spicca la sistematica elevazione della violenza a metodo privilegiato per
la soluzione dei problemi.
Alle radici di un flagello che l’uomo conosce fin dalle proprie origini, ma che oggi sembra essersi
dilatato fino a minacciare la sopravvivenza del genere umano, ritroviamo lo smarrimento del senso del
valore sia dell’uomo sia delle cose.”
22
“Un aspetto rilevante e pesante della nostra società è il sistema «violenza».
Con il termine «violenza» intendo mettere in luce il variegato e complesso intrecciarsi sistemico di
mali endemici, di recenti modalità di delinquere, di spettacolare e aberrante svuotamento etico di tanta
vita politica e amministrativa, finita nel diseducativo fenomeno della corruzione.”
23
“Sembra che l’educazione al bene, al bello, al vero, sia venuta meno per lasciare il passo alla
diseducazione ed al condizionamento violento.”
24
Oggi molte forme di violenza perpetrata da adolescenti e giovani appaiono come espressioni di una
devianza estrema ed apparentemente refrattaria ad ogni intervento educativo.
La nostra società complessa è attraversata da un fil rouge di confusione axiologica, da una perdita di
orientamenti valoriali, che adducono “comportamenti scarsamente orientati e inclini soprattutto al rimedio
contingente e verificabile”.
25
Ma “[…] in ogni tempo il valoriale permane pur nel mutare degli eventi”, ed è per questo che l’uomo
contemporaneo deve spogliarsi dell’abito di homo faber, per seguire la sua vera natura che consiste nel
dovere di trascendere il vitale e un’esistenza paga di sé (infarcita di bieco materialismo, di utilitarismo e
di ottenebrato relativismo), in virtù di un’esperienza personale integrale, che attinga ad un ordine
oggettivo di valori supremi.
26
Giovani violenti ed omicidi, sopraffatti dal nulla che ha avvolto le loro vite «prive di luce». Ma da
dove vengono le tenebre?
«Questa, forse, è la vera domanda. Una folla di persone sempre più giovani, sempre più sole, sempre
più prive di contatto con qualche forma di comunicazione e di cultura, si muove in un labirinto, munita di
forza fisica ma priva di orientamento. E poiché non vedono ragioni per non farlo, uccidono. Uccidere, ha
20
Ivi, p. 127.
21
REALE G., Op. cit., p. 27.
22
Ivi, p. 103.
23
VICO G., I fini dell’educazione…, p. 48.
24
DE NATALE M. L., Devianza e pedagogia…, p. 19.
25
VICO G., Educazione e devianza…, p. 116.
26
Ivi, p. 119.
6
insegnato Caino, è un gesto netto, irreversibile, con cui lasci un segno in una vita che, altrimenti, va via
senza senso.»
27
“In questo scenario di tenebra l’innocenza viene oscuramente odiata, come minaccia di rimorso, da
parte di chi ha l’anima malata: malata dal gusto del distruggere, che altro non è che la soddisfazione che
l’uomo prova del nulla.
Un sentimento che può venir articolato secondo i modi di una ragione perversa.”
28
“Il senso di malessere e la complessità dell’animo umano spesso non permettono di arrivare a
conclusioni sicure ed inconfutabili. Certamente viviamo in un contesto sociale estremamente difficile
dove i valori che hanno sorretto intere generazioni sembrano soccombere di fronte all’arrembante
presenza e alle lusinghe del progresso che pare illimitato.”
29
“La nostra è una società violenta […]”
30
, che continuamente ci bombarda, attraverso i mass media, di
messaggi violenti, di immagini di guerre e devastazioni, di manifestazioni di odio ed aggressività, che
progressivamente indeboliscono le nostre difese nei confronti della violenza stessa, che finisce per essere
accettata come modalità di espressione.
“Etimologicamente violenza deriva da vis, che in latino designa la forza in atto, applicata
intenzionalmente da un soggetto a un oggetto”
31
Violenza è prevaricazione egocentrica, potere e prepotenza sull’altro, da cui esige comunque una
risposta e che quindi alimenta un dialogo soggetto-vittima-ambiente.
I comportamenti violenti sono spesso risposte concrete ad esperienze di insoddisfazione e frustrazione,
scatenate da gravose situazioni di disagio e vissuta restrizione.
“Per frustrazione Freud intendeva lo stato psicologico di insoddisfazione, irritazione o delusione
provocato dall’impedimento o interruzione di un atto tendente a soddisfare un bisogno dell’individuo. La
reazione primordiale al blocco di un impulso istintivo sarebbe uno scoppio di aggressività diretta contro
la persona o l’oggetto vissuto come fonte dell’interferenza.”
32
“…la pulsione aggressiva è figlia e massima rappresentante della pulsione di morte”.
33
Dal conflitto pulsionale intrapsichico tra ҾȡȠȢ e ĬȐȞĮIJȠȢ scaturiscono angoscia, violenza e
distruttività, che a volte degenerano in forme psicopatologiche come la psicosi.
La violenza permea ogni sorta di crimine: dal “semplice” furto, all’aggressione, all’omicidio
freddamente pianificato ed attuato.
In psichiatria si ricorre spesso al termine Acting (Passaggio all’atto) per indicare il bisogno di scarica
di un’eccitazione non elaborata nella sfera psichica, che porta quindi il soggetto ad esprimersi sul piano
dell’agìto, trascurando di mentalizzare il fatto.
27
COLOMBO F., “Rito d’iniziazione per i killer in erba”, in La Repubblica, 11 settembre 1994 cit. in REALE G., Op. cit., p.
104.
28
REALE G., Op. cit., pp. 105-106.
29
D’ALONZO L., Demotivazione alla scuola. Strategie di superamento, Brescia, La Scuola, 1999, p. 182.
30
MEUCCI G. P., Op. cit., p. 38.
31
NOVELLETTO A., BIONDO D., MONNIELLO G., L’adolescente violento. Riconoscere e prevenire l’evoluzione criminale,
Milano, FrancoAngeli, 2000, p. 19.
32
KANIZSA G. (a cura di), Frustrazione e aggressività, Firenze, Editrice Universitaria, 1967, p. 1.
33
FREUD S., Il disagio della civiltà, OSF 10’, Boringhieri, 1978, pp. 557-630, cit. in GIBEAULT A., “Violenza,
rappresentazione ed elaborazione”, in AA. VV., Violenza Distruttività e Psicosi, Roma, Borla, 2004, pp. 11-26.
7
“Etimologicamente il termine “aggressività” deriva dal latino adgredior (aggredisco) che, come
ingredior, progredior, regredior, è un composto di gradior (vado, cammino, mi avvicino, entro in
contatto).
Il prefisso ad significa verso, contro, allo scopo di…, ecc.
34
Risulta in primo piano la componente relazionale, di moto verso l’altro, verso l’oggetto, che
l’aggressività contiene”
35
“Adgredior indica quindi l’azione dell’avvicinarsi a qualcuno o qualcosa, con intenzioni che possono
essere benigne (tentare di accattivare) od ostili (attaccare, assalire, accusare).
L’aggressività quindi non è di per sé né benigna né maligna, né buona né cattiva, ma è una potenzialità
al servizio dell’adattamento, che assolve a una duplice funzione: può spingere l’individuo ad andare oltre
se stesso, per rafforzarsi e arricchirsi, o a difendersi e rinserrarsi nei propri confini.”
36
Il termine “violenza” è un derivato di vis (forza), “…allude non solo alla qualità (impeto, veemenza)
dell’impulso, ma anche al rapporto con l’oggetto, perché comporta sopraffazione e danno.
Nel suo saggio “A proposito della violenza” Mervin Glasser
37
definisce la violenza manifesta un
fenomeno eterogeneo e multifattoriale, che “mette in gioco i corpi sia dell’autore che della vittima”; è
“una reazione fisica accompagnata dalla volontà di infliggere una ferita fisica all’altro”.
38
Glasser si serve dell’idea di “penetrazione della barriera corporea” per indicare che l’atto aggressivo
vìola il limite fisico dell’Altro senza il suo consenso.
Gli atti di violenza vengono classificati da Glasser secondo due tipologie: la violenza di
autoconservazione e la violenza sado-masochistica.
La prima è una forma di reazione primaria, istintiva, scatenata da un pericolo imminente che minaccia
l’omeostasi psichica del soggetto. Ne sono esempi: l’automutilazione, il suicidio, la “violenza predatrice”.
La seconda invece deriva dalla “libidinizzazione dell’aggressività”, con lo scopo di danneggiare e
veder soffrire la vittima.
La violenza sta a sottolineare i risultati distruttivi dell’aggressività.”
39
Nello studio sulla violenza adolescenziale, è necessario “[…] prendere anche in attenta considerazione
condizionamenti sociali, culturali, economici, ambientali e politici tra i quali, oggi, emergono soprattutto
quelli riconducibili alla cattiva esemplarità del mondo adulto.
Immaturità, disonestà, corruzione, violenza hanno raggiunto livelli talmente preoccupanti da costituire
una causa ben precisa di diseducazione dei soggetti in età evolutiva.”
“In genere, quasi per un processo di rimozione o di ricerca del capro espiatorio, si è soliti puntare
l’indice accusatorio contro i mass-media.
34
MARINI F. – MAMELI C., Bullismo e adolescenza, Roma, Carocci, 2004, p. 55.
35
NOVELLETTO A., Adolescenza e psicoanalisi, 2001 cit. da MONNIELLO G.,“Violenza e psicopatologia in adolescenza” in
INGRASCÌ G. - PICOZZI M.,Giovani e crimini violenti. Psicologia, psicopatologia e giustizia, McGraw-Hill, Milano, 2002, p.
79.
36
MARINI F. – MAMELI C., Bullismo e adolescenza…, p. 55.
37
GLASSER M., “A proposito della violenza”, in AA. VV., Violenza Distruttività e Psicosi, Roma, Borla, 2004, pp. 106-114.
38
WALKER N., Crime and Punishment in Britain, Edinburgh Univ. Press., 1970 cit. in GLASSER M., “A proposito della
violenza”…, pp. 106-114.
39
MONNIELLO G.,“Violenza e psicopatologia in adolescenza” in INGRASCÌ G. - PICOZZI M., Op. cit., p. 79.
8
Ad un’attenta considerazione non dovrebbe tuttavia sfuggire il deleterio effetto che certi
comportamenti adulti vengono ad esercitare su tanti bambini, ragazzi e giovani alla ricerca di modelli di
imitazione e di identificazione positivi e non negativi.”
40
L’esplorazione dei media, caratterizzati da un prodotto fruibile hic et nunc e in modo veloce e
discontinuo genera nel minore una schizofrenia rispetto al diverso mondo delle agenzie di socializzazione
e ciò dà origine ad angosce e paure nel soggetto in evoluzione.
In modo pervasivo la rete bombarda di messaggi molteplici il soggetto, che si trova incapace di
discernimento critico e di valutazione intelligente.
Il tempo educativo tradizionale diminuisce, mentre aumenta di conseguenza il tempo assorbito
dall’utilizzo indiscriminato e spesso nocivo dei media; lo scarto tra gioco e studio diventa impalpabile e il
bambino naviga in rete per curiosità intellettuale, ma anche per bisogni affettivi.
Destrutturazione e rischio diventano i termini di una sfida che va affrontata con i metodi e gli
strumenti di cui la pedagogia e le scienze dell’educazione possono disporre.
“Basta uno sguardo anche fugace alla stampa e ai mass-media quotidiani per renderci conto che, non
solo molto cammino resta da compiere [affinché il presente ed il futuro possano essere vissuti in pienezza
e con serenità], ma che sul pianeta Terra sembra che la violenza e il gusto sadico del male alberghino
abbondantemente.”
41
Il terzo millennio si apre all’insegna della messa in scena mediatica di tutto ciò che accade nel mondo,
e soprattutto di “…delitti efferati compiuti da giovani su genitori, su bambini, per soldi, per sesso, per
induzioni sataniste, per nulla.”
42
Negli ultimi tempi tv e giornali sbattono in primo piano cronache dettagliate di orribili crimini
commessi da adolescenti che, a detta di parenti e conoscenti, parevano “giovani normali, ben inseriti, di
buona famiglia, senza grossi problemi,…”.
Il polverone sollevato dai media, però, anziché promuovere un “esame di coscienza” negli adulti
stessi, sul proprio ruolo, sul clima comunicativo e sul legame relazionale offerto ai giovani, ed
un’indagine accurata alla ricerca delle motivazioni profonde sottese ad atteggiamenti tanto estremi degli
adolescenti, ha avuto come unico effetto un dilagare di sentimenti di terrore e sconcerto, accompagnati da
richieste di maggior punitività, repressione e controllo su quei soggetti pericolosi e temibili, tanto più,
forse, perché sono i loro stessi figli!
Figli di una società che muta in tempi brevissimi ed incalzanti e che alimenta in se stessa una violenza
esponenziale che trova sfogo in sempre nuove forme.
“Negli Stati Uniti, … nel corso degli ultimi anni si è assistito a un aumento dei crimini violenti dei
giovani, descritto da alcuni come “epidemico”. Infatti, sebbene i tassi di criminalità negli USA abbiano
40
VICO G., Educazione e devianza…, p. 165.
41
VICO G., Educazione e devianza…, p. 106.
42
MANIERI F., “La formazione a essere e il rischio di sapere. I vincoli primari della didattica”, in VOLPI C. (a cura di), Op. cit.,
p. 114.
9
registrato un generale decremento, tra i giovani gli omicidi, gli stupri, le rapine e le lesioni aggravate sono
aumentate del 14,9% dal 1989 al 1998 (Uniform Crime Report, 1998)
43
E l’uomo si ritrova ad indossare panni già vestiti in tempi passati: quelli di una giustizia retributiva,
che trova nella violenza una risposta alla violenza.
Pene più severe, castighi esemplari, un inasprimento del circuito penale minorile, vengono reclamati a
gran voce come panacea di tutti i mali, di quei mali che, però, non potranno essere estirpati se non
intervenendo alla radice del problema!
43
PICOZZI M., “ Giovani e crimini violenti: una definizione del campo” in INGRASCÌ G. - PICOZZI M., Op. cit., p. 2.
10
2. Adolescenti: aggressività e violenza
“Sta esplodendo tutto!
Una forza dirompente sradica, terremota, sconvolge gli adolescenti.
È come se dalla pelle dei nostri figlioletti ubbidienti, carini,
diligenti fino a un’ora prima,
si sprigionasse un angelo sterminatore.
Erika docet!”
1
1
MAIOLO G., Op. cit., p. 11.
11
2.1. IDENTITÀ CON-FUSE NELLA COMPLESSITÀ
Adolescenza…
“Il futuro è oscuro e incerto;
il presente, che si è dilatato oltre le cadenze biologiche, è spasso affannoso, carico di impegni e di
scelte (gli studi, il tempo libero);
il passato, nella famiglia oggi ristretta, è limitato alle figure genitoriali.
In questa assai lunga pausa d’incertezza, il bisogno di soggettività si fa più impellente.
Gli affetti, i sentimenti, le esperienze attuali sembrano costituire l’unico punto fermo.”
2
L’adolescente si trova ad attraversare un periodo della sua vita, sospeso tra grandi e repentini
cambiamenti, ambiguità e contraddizioni, tensioni e scariche aggressive.
Ci troviamo di fronte agli “ […] adolescenti odierni, contemporaneamente fragili e onnipotenti,
sfacciati e timidi, sani e patologici, solidali ed egoisti, spaccamontagne e fifoni.”
3
“In quanto «età incompiuta», l’adolescenza designa un processo di crescita che si connota per continue
interazioni, attraverso la conquista di parziali adattamenti.
[…] L’adolescenza presenta caratteristiche di normale problematicità [corsivo nostro], in quanto
periodo autonomo e normale dello sviluppo umano, e non meramente preparatorio alla vita adulta […]”
4
Tra i diversi compiti di sviluppo cui deve far fronte l’adolescente nel suo delicato processo di crescita,
emergono quelli sulla progressiva emancipazione ed indipendenza dalle figure genitoriali, per una
definizione sempre più precisa di una identità autonoma.
“Eppure l’adolescente è ancora un essere fragile ed incerto, bisognoso di aiuti, di consigli, di
protezione.”
5
L’adolescenza si caratterizza sempre di più come l’ “età della dipendenza”.
La permanenza in famiglia si prolunga, perché mancano occasioni lavorative che possano permettere
ai giovani un’indipendenza economica e perché le famiglie sono sempre più protettive.
2
FONZI A. - TANI F., “Amici per la pelle. Le caratteristiche dei legami amicali nell’adolescenza” in CAPRARA G. V. – FONZI
A., L’età sospesa. Itinerari del viaggio adolescenziale, Giunti, Firenze, 2000, p. 119.
3
MAZZI A., Op. cit., p. 153.
4
TONOLO G. – DE PIERI S. (a cura di), L’età incompiuta. Ricerca sulla formazione dell’identità negli adolescenti italiani,
Leumann (Torino), ElleDiCi, 1995 cit. in DE NATALE M. L., Devianza e pedagogia…, p. 63.
5
GALLI N., Educazione dei preadolescenti e degli adolescenti, La Scuola, Brescia, 1990, pp. 103-104.
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