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migliori se si considera che, a fronte di un 45% dell’energia totale impiegata per le
costruzioni, si ha inoltre che oltre il 90% del suo fabbisogno di energia viene importato
dall’estero [LOGICAL SOFT, 2008. Certificazione energetica - Evoluzione normativa e
pratica professionale. Desio (Milano)].
Nelle nazioni del nord Europa i principi del costruire volto al risparmio energetico sono già
realtà per le loro evidenti situazioni ambientali. Nel nostro paese, fatta eccezione per alcune
zone del settentrione (emblematica la collaborazione della provincia di Bolzano con l’agenzia
“CasaClima”) non ci sono molti esempi di edilizia particolarmente attenti a queste tematiche.
Ciò potrebbe indurre a pensare che in molte regioni (compresa la Toscana) non ci sia la vera
necessità di adeguarsi ai paesi più virtuosi. Tale preconcetto è molto lontano dalla verità ed è
infatti smentito dai dati in cui è evidente che l’Italia ha dei livelli di consumo paragonabili e
addirittura superiori ai paesi con climi più rigidi (Fig1 [EURIMA, 2008]). È ovvio, ed è uno
dei nostri obiettivi, che le esperienze maturate in altre regioni debbano essere rielaborate e
riviste rispetto a quelle che sono le esigenze di un territorio come la Toscana.
Figura 1 – Perdita di energia all’anno per casa [EURIMA, 2008]
Soprattutto negli ultimi anni si sta assistendo ad una sempre maggiore richiesta di energia da
parte di molte nazioni, ad una sempre minore disponibilità di petrolio e ad una serie di
impennate del costo al barile di questa risorsa non rinnovabile e, anche nei momenti in cui tali
prezzi subiscono grandi flessioni, fonti autorevoli ritengono che non si ripercuotono
1 - Presentazione
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sull’utente finale garantendogli spese di gestione dell’edificio proporzionali all’andamento del
mercato [PERCOCO, D. 2008].
Uno dei punti irrinunciabili nella strategia dei prossimi anni per il rinnovamento delle aree
urbane e la trasformazione e il recupero del patrimonio edilizio di vecchia costruzione, sarà
proprio la progettazione di edifici più “attenti” alle tematiche ambientali e la riqualificazione
ambientale sia delle aree residenziali centrali che di quelle periferiche.
L’ottimizzazione dei sistemi abitativi da un punto di vista del contenimento dei consumi, non
giova soltanto da un punto di vista economico ma, nella quasi totalità dei casi, va di pari passo
con quello che è il comfort ambientale. Una casa ben progettata ha come prerogativa un
livello di qualità della vita degli utenti alta.
A tale proposito, oltre al comfort termoigrometrico, è fondamentale garantire per esempio
anche quello acustico: il controllo del rumore è ormai un’esigenza preminente fra quelle che
contribuiscono a determinare la qualità della vita.
Sempre alla luce dei cambiamenti del mondo e della società anche in questo occorre evolvere
il modo di progettare e costruire. L’aumento delle fonti e dei livelli dei rumori (dovuti all’alta
concentrazione di attività produttive e residenziali, al notevole sviluppo del traffico
automobilistico e ad altri fattori che caratterizzano l’attuale organizzazione dell’insediamento
urbano ma che risultano in contrasto con le esigenze di benessere acustico) rendono
indispensabili le misure da applicare contro questa forma di inquinamento [BINI VERONA,
F., et al. 2008].
Ritornando all’edificio, sotto l’aspetto dei consumi energetici, occorre premettere che, come
verrà spiegato meglio nell’esposizione dettagliata della normativa, i nuovi regolamenti
impongono al progettista di fare una valutazione globale del sistema nella sua interezza:
involucro edilizio e impianto. Anche in questo caso, occorre che i soggetti interessati dal
procedimento edilizio (progettista, costruttore, proprietario e utente finale) siano in sinergia
tra di loro e “educati” nel recepire un nuovo modo di costruire e un nuovo modo di utilizzare
l’edificio: non fa eccezione la scelta del generatore.
Purtroppo siamo ancora in una fase in cui molte delle persone coinvolte spingono affinché si
riesca a rientrare nei limiti di legge con il minimo dello sforzo, il minimo delle spese iniziali e
senza cambiare troppo le abitudini sia costruttive che abitative. Questo vale, per esempio,
anche per il costruttore che preme per realizzare sistemi tecnologici adottati per anni e per
minimizzare gli spessori degli isolanti riducendo i costi iniziali.
1 - Presentazione
-Relazione- 10
C’è da aggiungere che, nel percorso di formazione e sensibilizzazione ai temi del risparmio
energetico, sarà fondamentale anche il coinvolgimento dell’utente finale. In questi anni,
infatti, si è cominciato a stilare i primi bilanci riferiti ai risparmi energetici nelle case passive
e negli edifici ad alta efficienza e talvolta le aspettative sono state parzialmente disilluse.
Questo non a causa di un’errata messa in opera dei componenti o di calcoli sbagliati ma di
uno scorretto utilizzo del bene: sono noti i casi in cui, per esempio, in edifici con impianto ad
aria con recupero di calore (condizione imprescindibile per abitazioni ad altissima efficienza)
i residenti andavano come d’abitudine a aprire i serramenti più volte al giorno per garantire il
ricambio, andando a sovvertire il corretto funzionamento del sistema.
In fase di progetto e verifica si dovrebbe andare ad individuare quei generatori che, in quelle
determinate condizioni, ottimizzano comfort e consumi. Molto spesso però il progettista è
tentato a sovrastimare l’impianto (nei limiti che consentano comunque la verifica) in modo da
mantenere condizioni sufficienti di comfort anche in situazioni eccezionali. Ciò a scapito dei
costi di acquisto e gestione (generatore più costoso e consumi più elevati) e del comfort
(temperature di utilizzo non ottimali) per la maggior parte della vita della costruzione
[ERLACHER, P. 2007].
Sarebbe opportuno che l’utente accettasse e comprendesse il “rischio” di avere pochi giorni
durante l’anno con condizioni esterne eccezionali con comfort peggiori a fronte di risparmi
energetici e economici maggiori con standard di benessere più elevati.
È evidente che una progettazione più attenta e consapevole ai problemi legati al benessere
termoigrometrico e a quello acustico sarà necessaria anche e soprattutto per gli edifici
esistenti.
A suffragio di questa tesi occorre portare un po’ di dati che sottolineino l’importanza di
rivolgersi con attenzione anche verso il recupero. Per far ciò è interessante fare chiarezza su
quello che è il mercato immobiliare per capire quali potrebbero essere gli scenari che si
apriranno nei prossimi anni. Partendo con il dato che il mercato immobiliare sta vivendo un
periodo di crisi (nel primo semestre del 2008 gli investimenti immobiliari sono calati del
44%) si nota che il settore residenziale è quello che interessa la maggior parte del mercato
italiano (80-90% delle transazioni) al quale corrisponde circa il 54% degli investimenti di cui
il 26% rivolto verso il nuovo e il 28% per interventi di manutenzione. Alcuni studi dicono che
ben il 57% degli investimenti fatti in tutti i settori in edilizia sono sul recupero [NOMISMA,
2008].
1 - Presentazione
-Relazione- 11
Per avere un quadro più esaustivo della situazione si può aggiungere che dopo oltre 10 anni
(all’incirca dal 1997) in cui il mercato immobiliare in Italia ha avuto una forte ascesa e ogni
anno si sono registrate variazioni percentuali positive negli investimenti, dal 2008 si è
registrato un decremento delle spese nel settore edilizio. Il 2008 rappresenta infatti l’anno in
cui si è registrata tale flessione in tutto il settore con una percentuale del 14% nel residenziale.
A fronte di un aumento dell’offerta di abitazioni si è ridotta la domanda, soprattutto nelle
periferie.
Tra le motivazioni che giustificano questo fenomeno c’è il fatto che proprio dal 1997 si è
avuto un progressivo aumento dei prezzi delle abitazioni.
È comunque ragionevole prevedere che nei prossimi anni ci saranno delle flessioni perché, già
dal 2007, i prezzi si sono stabilizzati [PERCOCO, D. 2008].
Per comprendere meglio quanto sia fondamentale il settore del recupero del patrimonio
edilizio italiano è interessante portare altri 2 dati: il primo è che circa il 93% del costruito è
precedente al ’91, anno in cui fu emanata la “legge 10” ("Norme in materia di uso razionale
dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia"); il
secondo dato (conseguenza del primo) è che l’Italia è il paese europeo che ha i più alti
consumi nell’abitativo. Tali dati giustificano il fatto che, ad oggi, sia stimato che circa il 42%
del patrimonio edilizio totale necessiti di interventi manutentivi [PERCOCO, D 2008].
Sull’esistente il “motore” che ha spinto molte persone a migliorare le prestazioni energetiche
degli edifici è stato il ricorso agli incentivi del 55% (le cui modalità verranno spiegate durante
la trattazione) che ha fatto registrare circa 106.000 richieste solo nel 2007: c’è però da
segnalare che solo il 3% degli interventi incentivati sono stati rivolti alla riqualificazione
globale degli edifici mentre la maggior parte hanno riguardato il miglioramento di pareti e
finestre (37%) e la sostituzione delle tradizionali caldaie con caldaie a condensazione (27%)
[PERCOCO, D. 2008].
A tale proposito è interessante riportare quali sono le perdite in un edificio esistente non
isolato termicamente e quelle che sono le relative incidenze (Fig.2)
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Figura 2 – Distribuzione delle dispersioni termiche in un edificio non isolato termicamente [CASACLIMA]
Purtroppo non è ancora recepita in maniera importante la necessità di avere edifici con un
miglior rendimento energetico. Soprattutto da parte degli acquirenti. Dagli approfondimenti
fatti sulla popolazione italiana viene fuori che, in media, solamente il 10% della domanda è
rivolta ad abitazioni a alto rendimento energetico: tra l’altro questa percentuale è più alta in
alcune città del sud, ovvero laddove è più difficile aver comfort estivo (per quello invernale
“basta” aumentare i consumi per il riscaldamento). Sempre dalle indagini effettuate tra la
popolazione si vede che il sovrapprezzo medio dovuto alle migliori prestazioni che si è
disposti a pagare è dell’ordine del 9% [PERCOCO, D. 2008].
È evidente che la compravendita di immobili che offrono maggiori performance energetiche
implica prezzi più alti e, purtroppo, c’è ancora poca propensione a “sopportare” il maggior
esborso iniziale perché non c’è ancora l’abitudine a considerare il ciclo vita degli edifici ma
solo l’ammontare della cifra iniziale.
È ragionevole pensare che la convenienza di questi edifici sarà sempre più evidente con il
passare degli anni e con l’uscita dei dati sui risparmi sulle spese di gestione: è auspicabile che
con il tempo si assista ad una maggiore propensione verso l’attenzione ai consumi che ha già
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interessato il mercato degli elettrodomestici e che sta interessando, per esempio, anche il
mercato delle auto dove il risparmio sui carburanti è diventata una prestazione fondamentale.
A differenza però degli elettrodomestici e delle auto, nel caso dell’edilizia (e soprattutto per
quanto riguarda il recupero) è difficile prevedere con precisione i tempi di ammortamento
delle spese effettuate: questo a causa delle molteplici variabili che entrano in gioco. Infatti per
poter fare un piano di ammortamento è necessario valutare, oltre alle risorse necessarie
proprio per la miglioria, quelle che sono le spese di gestione pre-intervento e le spese post-
intervento. Sia nel primo caso che nel secondo è difficile interpretare esattamente le modalità
di utilizzo dell’immobile, le abitudini degli utenti nonché le condizioni al contorno: un utile
appoggio e verifica può venire dal reperimento di bollette di energia elettrica e combustibile.
Le stesse difficoltà si avranno nel prevedere le spese di gestione che si potrebbero avere dopo
l’intervento in cui, oltre alle variabili già incontrate per il “prima” se ne aggiungono altre (e,
se possibile, ancor più imponderabili) tra cui il costo dell’energia, il costo del denaro,
eventuali incentivazioni per gli edificio più o meno virtuosi da un punto di vista energetico,
ecc… .
È altrettanto vero che un recupero edilizio fatto con raziocinio permette comunque un rientro
dell’investimento (anche se in termini più o meno lunghi di quanto previsto) e ha altri
indiscutibili punti di forza che vanno dall’aspetto ecologico e dalla minor dipendenza da fonti
energetiche fossili (o comunque non rinnovabili), al garantire standard di benessere più alti
che oggi rappresentano un accessorio extra ma che in futuro potrebbero diventare requisiti
imprescindibili (come è evidente analizzando la storia dell’edilizia e dell’abitare).
L’obiettivo del risparmio energetico dovrà essere perseguito e incentivato da tutti i soggetti
del procedimento edilizio: progettista, impresa e amministrazione pubblica. A quest’ultima è
destinato il dovere di innescare questo processo virtuoso attraverso le normative nazionali e i
regolamenti locali.
1.2. Oggetto e obiettivi
Per abbattere i consumi energetici nel settore edilizio occorrono degli interventi su più fronti
che siano in sinergia tra loro. I campi sui quali agire sono molteplici e di varia natura: dal
nuovo all’esistente, dal residenziale all’industriale, ecc… . In tale panorama la precedenza
deve essere rivolta a quei settori in cui si hanno i più ampi margini di miglioramento, vista
anche la necessita di avere risultati apprezzabili in tempi brevi.
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Uno dei settori che ha tali requisiti è quello del residenziale per la sua rilevanza nei consumi
globali. Visto il lento rinnovamento del patrimonio edilizio di tale settore si va ad analizzare
la parte già esistente.
Lo scopo di questa trattazione è quello di ipotizzare un piano di intervento che abbracci una
casistica più ampia possibile individuando una tipologia edilizia che non solo presenti
evidenti carenze energetiche, ma che sia anche molto presente sul territorio.
Tali requisiti sono propri di una palazzina isolata in muratura portante, risalente agli anni ’60-
’70, con non più di 4-5 piani fuori terra, con 2-3 appartamenti per piano.
A questo punto emergono 2 necessità che potrebbero risultare in conflitto l’una con l’altra: da
una parte occorre rendere il modello più reale possibile e quindi aggiungere particolari e
condizioni al contorno e, dall’altra, è utile cercare di mantenere il modello più elastico
possibile in modo da poter essere facilmente estendibile anche ad altre situazioni che possono
presentare delle analogie.
Per perseguire il primo obiettivo occorre imporre la zona climatica in cui inserire l’edificio
oggetto di studio. La scelta ricade sulla “zona D” per diversi motivi: in tale fascia risiede gran
parte dell’Italia centrale e meridionale; in secondo luogo perché le indicazioni che possono
emergere dall’analisi di un modello con tali condizioni al contorno non si discosteranno
troppo da quelle delle fasce adiacenti (e in tal modo si va coprire la maggior parte del
territorio nazionale); infine, occorre sottolineare che, mentre è possibile trovare un numero
elevato di trattazioni e di edifici già realizzati in zone con climi più rigidi (nord-Europa e
alcune zone del nord-Italia), in “zona D” non vi è la stessa quantità di studi e di
sperimentazioni.
Tra i principi che guidano la scelta degli interventi è necessario cercare di assecondare quelle
che potrebbero essere le ipotetiche richieste degli inquilini. A tutela di essi viene ipotizzato
che l’intero intervento risulti poco invasivo permettendo la fruibilità degli appartamenti
durante il periodo dei lavori.
Forti dei dati statistici economici già espressi si constata una difficoltà a far accettare alla
committenza una maggiorazione di costo dovuto a recuperi volti al risparmio energetico
quando questa supera un certo limite percentuale. Per questo motivo l’obiettivo è quello di
massimizzare i benefici minimizzando i costi. Uno dei punti di riferimento per delineare
l’entità delle migliorie è sicuramente dato dalla normativa e dalle sue tabelle prestazionali.
All’interno di una filosofia di ottimizzazione dei costi rientra anche il concetto secondo il
quale, edifici con 30-40-50 anni di vita, necessiterebbero comunque di interventi di
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manutenzione straordinaria che comprendono probabilmente l’installazione di ponteggi
occorrenti al ripristino dell’intonaco esterno, al restauro delle gronde, ecc… .
Concludendo, è evidente che un buon recupero non può prescindere dal migliorare le
caratteristiche passive dell’edificio (quindi l’isolamento) né dall’efficienza della produzione
di energia (quindi generatori e fonti rinnovabili). Tali aspetti saranno centrali nell’ipotesi di
intervento.