1. Jean Piaget: l’intelligenza come adattamento
Non esiste vita mentale senza vita organica.
(Jean Piaget)
L’intelligenza organizza il mondo organizzando se stessa.
(Jean Piaget)
1.1. Una breve introduzione
Jean Piaget (Neuchâtel 1896-Ginevra 1980), più di ogni altro studioso contribuisce alla
spiegazione dello sviluppo mentale nel quadro più ampio di una teoria che affronta il
problema della conoscenza, della sua natura e del suo sviluppo.
Sin da giovanissimo Piaget manifesta una grande attitudine all’osservazione naturalistica
e comincia ad interessarsi di scienza, in particolare di malacologia (parte della zoologia che
si occupa dello studio dei molluschi) e di biologia (Ducret, 1990).
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Decide negli anni dell’adolescenza, in seguito a studi filosofici
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, di dedicare la sua vita
alla spiegazione biologica della conoscenza, gettando così le basi per una vera e propria
epistemologia scientifica (Piaget, 1952; Ducret, 1990).
Sebbene dedichi la maggior parte della sua attività di scienziato allo studio del bambino e
pubblichi numerosissimi lavori di psicologia dello sviluppo, Piaget è sempre, prima di tutto,
un epistemologo: tutti i suoi studi nel campo della psicologia sono soltanto un mezzo per
affrontare sperimentalmente il problema epistemologico dell’origine della conoscenza (cfr.
Ceruti, 1993).
La convinzione che “a tutti i livelli (quello della cellula, quello dell’organismo, quello
della specie, quello della società, ma anche in ciò che si riferisce agli stati di coscienza, ai
concetti, ai principi logici ecc.), ci si imbatte nello stesso problema della relazione tra le
parti e il tutto” (Piaget, 1952; trad. it. p. 129) rappresenta l’idea-guida di tutta la sua ricerca.
A partire dalla fine degli anni Trenta, Piaget comincia a generalizzare la nozione di
adattamento biologico all’esame delle attività cognitive del neonato (Piaget, 1937) e nel
corso di tutta la sua attività scientifica, durata fino alla morte, s’impegna nel chiarire fino in
fondo i rapporti che intercorrono tra l’organizzazione biologica e l’organizzazione
cognitiva, tra la vita e il pensiero (Piaget, 1941; 1947; 1954; 1959; 1967; 1970a; 1974;
1975).
Nel 1955 fonda il Centre International d’Epistémologie génétique la cui attività dura
ancora oggi e il cui progetto generale è proprio “quello di costruire una epistemologia
biologica che, fondandosi sulla nozione di sviluppo, si ponga il compito di determinare i
meccanismi dei processi con cui le varie forme di conoscenze si vengono a costituire”
(Ceruti, 1989, p. 27)
Alcune ipotesi di fondo muovono la ricerca piagetiana:
la conoscenza è una costruzione indefinita cioè un processo continuo di
organizzazione e riorganizzazione;
le strutture intellettuali trovano la loro origine non nel linguaggio ma nelle
coordinazioni generali dell’azione e, ancora più indietro, nella stessa
organizzazione vivente;
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Piaget comincia a pubblicare lavori scientifici a partire dall'età di dieci anni. In seguito, nel 1918, prende il dottorato in
scienze naturali presentando una tesi di specializzazione sui molluschi (Piaget, 1952).
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L'opera di H. Bergson L’évolution creatrice, in cui Dio viene identificato con la stessa vita, è per il giovane Piaget, una
rivelazione che lo induce a vedere "nella biologia la spiegazione di tutte le cose e della intelligenza stessa" e che lo
spingerà ad indirizzare tutti i suoi interessi successivi "alla ricerca della spiegazione biologica della conoscenza" (Piaget,
1952; trad. it. p. 127).
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la conoscenza non è preformata né nel soggetto, né nell’oggetto, ma nasce dalle
loro relazioni e si costruisce grazie ad esse;
il soggetto è essenzialmente attivo nel suo ambiente e conoscere significa agire
sugli oggetti: il soggetto cattura l’oggetto solo grazie alla sua azione e può
conoscere se stesso solo grazie ad essa (Piaget, 1970a; 1970b; 1973).
É importante sottolineare che l’epistemologia genetica nel corso degli anni s’interessa
principalmente a due grandi problematiche. Questo ha portato gli studiosi ad identificare
due fasi distinte nella ricerca piagetiana. La prima, fino agli anni Sessanta, interessata alla
“determinazione e al confronto sistematico delle strutture d’insieme relative ai vari stadi
dello sviluppo ontogenetico” (Ceruti, 1989, p. 249) e la seconda, a partire dalla fine degli
anni Sessanta e in particolare dalla pubblicazione di Biologie et connaissance (1967),
interessata ad affrontare “l’aspetto indipendente dagli stadi, cioè lo studio dei meccanismi
generali che possono spiegare il processo ontogenetico nel suo complesso” (ibidem).
Sarà proprio su questa seconda fase che si concentrerà adesso la nostra attenzione.
Il presente lavoro si propone, infatti, di spiegare i meccanismi che, secondo Piaget
regolano lo sviluppo della conoscenza. Dedicheremo, dunque, il resto di questo capitolo alla
presentazione delle relazioni che secondo l’epistemologia genetica legano la biologia e la
conoscenza, e presenteremo i processi che portano alla nascita del pensiero e alla sua
evoluzione.
Il secondo capitolo si soffermerà sulla spiegazione dei meccanismi generali che nella
teoria piagetiana permettono lo sviluppo biologico e cognitivo.
Inoltre, poiché Piaget usa una terminologia specifica (biologica e cognitiva a un tempo),
abbiamo elaborato e inserito un glossario alla fine del testo. In questo modo il lettore,
ogniqualvolta incontrerà l’asterisco (*), è invitato alla consultazione del suddetto glossario
dove le definizioni dei termini sono indispensabili per la comprensione del testo e parte
integrante del discorso.
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1.2. Organizzazione biologica e organizzazione cognitiva
Se, come osserva Piaget, si presta attenzione al fatto che ogni conoscenza, di qualunque
tipo essa sia, solleva sempre il problema delle relazioni che intercorrono tra il soggetto e
l’oggetto, e se si tiene conto, inoltre, del fatto che il soggetto conoscente non è altro che un
aspetto dell’organismo e che l’oggetto conosciuto è una qualunque parte dell’ambiente, non
si può non riconoscere che “il problema della conoscenza corrisponde, da questo punto di
vista, al problema dei rapporti tra l’organismo e l’ambiente” (Piaget, 1967; trad. it. p. 58).
Dunque, nella prospettiva dell’epistemologia genetica, sin dall’inizio, il problema della
conoscenza è un problema biologico e se si vuole comprendere il suo funzionamento e i
meccanismi che ne regolano lo sviluppo è necessario tener conto di ciò che ci dice la
biologia.
Piaget si propone così l’obiettivo di affrontare quello che dal suo punto di vista è il
problema fondamentale dell’epistemologia, cioè l’adattamento delle strutture logico-
matematiche dell’intelligenza umana al mondo fisico, tenendo conto delle teorie sviluppate
e utilizzate in ambito biologico per spiegare i rapporti tra l’organismo e l’ambiente.
Ma, se è vero che i problemi epistemologici (soggetto x oggetto) e quelli biologici
(organismo x ambiente) sono fortemente intrecciati, è anche vero che non sono certo la
stessa cosa. Bisogna cioè tenere distinte le particolarità e le differenze dei processi in gioco
nei due casi, e riconoscere dunque l’esistenza di livelli differenti.
Per questa ragione, Piaget affronta tale problematica preoccupandosi in primo luogo di
evitare di fare una confusione tra i livelli, ovvero di attribuire ai fenomeni e ai processi
biologici quelle che sono caratteristiche dei fenomeni e dei processi cognitivi, e viceversa.
Evitare cioè di proiettare le caratteristiche proprie dei livelli superiori ai livelli inferiori,
come per esempio attribuire intenzionalità e intelligenza al genoma, e/o di ridurre le
proprietà dei processi superiori ai livelli inferiori cancellando e/o eliminando così
dall’analisi, quegli aspetti che contraddistinguono i processi cognitivi come per esempio la
coscienza (cfr. Piaget, 1967).
A tal fine Piaget procede ricercando quelle che sono le proprietà e le caratteristiche che
accomunano i sistemi biologici e quelli cognitivi. Si preoccupa cioè di evidenziare gli
isomorfismi* tra le strutture biologiche e quelle cognitive.
A proposito degli isomorfismi, data l’esistenza di differenti livelli strutturali, Piaget parla
di isomorfismi parziali* e specifica che la loro utilità nella ricerca dei rapporti tra la biologia
e la conoscenza si può apprezzare qualora i suddetti isomorfismi parziali, una volta
evidenziati, offrano sia la “possibilità di indicare i processi di trasformazione che
permettono di passare da una all’altra delle due strutture che sono oggetto del confronto”,
sia la “possibilità di far corrispondere tali trasformazioni a un processo reale e osservabile,
di natura storica o genetica” (Piaget, 1967; trad. it. p. 66).
Per comprendere il perché di questo metodo di indagine è opportuno fare alcune
precisazioni di carattere generale.
Normalmente, in biologia, si distingue l’organo/struttura dalla funzione. É interessante
notare che una stessa funzione può essere svolta da organi/strutture differenti. Ad esempio,
una funzione come la respirazione può essere svolta da un organo/struttura come i polmoni
oppure da un organo/struttura come le branchie. Allo stesso modo in campo cognitivo si può
fare una distinzione tra l’organo/struttura e la sua funzione. Ad esempio si può dire che la
funzione di spiegazione può essere svolta da differenti organi/strutture concettuali. Infatti un
evento qualsiasi può essere spiegato ricorrendo a strutture concettuali di tipo scientifico,
magico ecc.
Una struttura* è un insieme di elementi interdipendenti e possiede, in quanto sistema*,
proprietà d’insieme che sono distinte da quelle degli elementi che la compongono. Gli
elementi possono essere di diversa natura: corpi chimici, quantità energetiche ecc. nelle
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strutture biologiche; concetti, percetti ecc. per quelle cognitive. Lo stesso è per le relazioni
che li legano, che possono consistere in relazioni spazio-temporali o relazioni causali ecc.,
per le strutture biologiche e in implicazioni logiche per quelle di tipo cognitivo. É possibile,
inoltre, definire una struttura in astratto considerando soltanto la forma o il sistema di
relazioni che unisce i differenti elementi che la compongono. In questo modo, è dunque
possibile prendere in considerazione le sole forme indipendentemente dai particolari
elementi e dai processi concreti che costituiscono la struttura stessa. Questo permette di
riconoscere eventuali isomorfismi tra strutture biologiche e cognitive: la stessa forma può
applicarsi infatti a strutture composte da insiemi di elementi differenti. Infine le strutture
possono essere di livelli differenti, nel senso che possono esistere strutture di strutture,
strutture di strutture di strutture ecc. In tal caso la struttura di livello superiore ingloba le
altre strutture a titolo di propri elementi o sottostrutture. Si ha allora una organizzazione o
struttura d’insieme*. L’attività di una struttura si definisce funzionamento. Se una struttura è
parte di una struttura di livello superiore costituisce, in rapporto ad essa, una sottostruttura, e
il suo funzionamento, che serve a mantenere l’organizzazione di cui è parte, si dice
funzione. Reciprocamente si parla di funzione di organizzazione per indicare che
l’organizzazione esercita un’azione sul funzionamento delle sottostrutture che la
costituiscono.
Attraverso questo metodo d’indagine, Piaget ha individuato nell’organizzazione e
nell’adattamento (le due funzioni biologiche fondamentali) una sorta di a priori funzionale
da cui si originano i processi cognitivi superiori.
É importante sottolineare fin da adesso che l’organizzazione e l’adattamento sono due
funzioni inseparabili: costituiscono, di fatto, i due aspetti complementari di un unico
meccanismo, essendo l’adattamento nient’altro che l’organizzazione alle prese con l’azione
dell’ambiente (Piaget, 1937; 1947; 1967; 1975).
Piaget attribuisce all’organizzazione, in quanto funzione biologica, tre caratteristiche:
- prima di tutto la funzione di organizzazione è una “funzione di conservazione [e ciò
significa che] la caratteristica della reazione di ogni essere organizzato è di conservare la
sua forma totale e di continuare a esistere come totalità” (Piaget, 1967; trad. it. pp. 163-
164); e ancora, per il fatto che avvengono “continuamente attività e trasformazioni, [ciò
che si conserva non è altro che] una invariante che si mantiene attraverso covarianze e
trasformazioni” (Piaget, 1967; trad. it. pp. 163-164);
- in secondo luogo, ogni organizzazione è un insieme di parti e di processi
interdipendenti, e può esistere come totalità solo grazie ad essi. Dunque “il secondo
carattere della funzione di organizzazione è [...] l’interazione di parti differenziate [e] la
totalità che si conserva è [...] una totalità relazionale”(Piaget, 1967; trad. it. pp. 163-
164). La totalità si conserva attraverso un continuo gioco di differenziazione e di una
complementare integrazione
- l’ultima caratteristica è che “il contenuto dell’organizzazione si rinnova continuamente
per ricostruzione (metabolismo). Questo significa che la conservazione del tutto è la
conservazione di una forma e non del suo contenuto e che i processi in interazione
richiedono un’alimentazione di energia da fonti esterne al sistema” (Piaget, 1967; trad.
it. pp. 163-164).
In seguito a queste considerazioni, Piaget ha precisato e chiarito che ciò che caratterizza
un’organizzazione vivente è il fatto di essere al medesimo tempo un sistema aperto ed un
sistema chiuso (cfr. Ceruti, 1986, 1989), dove l’apertura è “il sistema degli scambi con
l’ambiente [e la chiusura è relativa all’] ordine ciclico e non lineare [che esprime] la
ricostituzione permanente degli elementi [...] che caratterizzano le parti dell’organismo”
(Piaget, 1967; trad. it. p. 171).
Per rendere l’idea della complementarità tra apertura e chiusura di un’organizzazione
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