2
Nel corso del presente lavoro cercheremo di analizzare le
contrastanti opinioni che sono sorte in dottrina con riferimento sia al
fondamento della responsabilità dell’agente (problema attinente
all’imputabilità e ai rapporti tra la medesima e il ffatto di reato posto
in essere) che al titolo in base al quale il soggetto è chiamato a
rispondere (problema attinente, invece, alla rilevanza o meno
dell’elemento soggettivo).
Per una maggiore chiarezza di esposizione sarà analizzata,
dapprima, la disciplina giuridica dell’imputabilità soffermandosi sul
rapporto esistente tra la stessa e la colpevolezza: saranno, quindi,
esaminate le concezioni più risalenti nel tempo che ritenevano
l’imputabilità presupposto della colpevolezza, e le nuove posizioni
della dottrina che ritengono l’imputabilità esclusivamente uno status
della persona, cioè la condizione necessaria perché il soggetto possa
essere sanzionato da pene.
Si passerà, quindi, ad analizzare la teoria delle actiones liberae
in causa e i problemi ad essa connessi, facendo riferimento,
soprattutto, ai nuovi orientamenti dottrinari che, avvalendosi del
disposto dell’art. 87 c.p., costruiscono l’actio libera in causa come
autonoma fattispecie criminosa.
Infine saranno analizzate le problematiche sorte con riferimento
all’art. 92, I comma, c.p.: riallacciandosi a quanto detto a proposito
del rapporto tra imputabilità e colpevolezza si dimostrerà che anche
l’ubriaco, cioè il soggetto incapace d’intendere e di volere, può agire
con dolo o colpa, verrà criticata, quindi, sia la teoria dell’
“imputabilità finta”, che quella dell’ “imputabilità anticipata”.
3
Si passerà ad analizzare, poi, il titolo di responsabilità in base
al quale l’ubriaco è chiamato a rispondere, criticando le posizioni
della dottrina tradizionale e prendendo in considerazione, invece, i
nuovi orientamenti dottrinari.
In chiusura di tale lavoro si farà riferimento alle Proposte di
riforma che hanno auspicato una disciplina che consideri in maniera
diversa la posizione di chi commetta il reato nella pienazza delle sue
facoltà mentali e di chi lo commetta, invece, nella pienezza della sua
incapacità d’intendere e di volere.
4
CAPITOLO PRIMO:
“L'IMPUTABILITA’”
SOMMARIO: § 1.1 Le varie teorie sul fondamento dell’imputabilità; (segue) §
1.1.1La posizione assunta dal legislatore del 1930; § 1.2 La nozione d’imputabilità
accolta nel Codice Penale; (segue) § 1.2.1 Il rapporto tra imputabilità e capacità
d’intendere e di volere; § 1.3 Riflessioni sul problema della posizione sistematica
dell’imputabilità rispetto agli elementi del reato: considerazioni introduttive;
(segue) § 1.3.1 Imputabilità e colpevolezza; § 1.4 “Capacità d’intendere e di
volere” e suitas della condotta ; § 1.5 “Imputabilità” e soggettività penale; § 1.6
Cause di esclusione e di diminuzione dell’imputabilità: premessa; (segue) § 1.6.1
La minore età; (segue) § L’infermità mentale; (segue) § Il sordomutismo; (segue)
§ 1.6.4 Cronica intossicazione da alcool o da stupefacenti: premessa; (segue) §
1.6.5 Cronica intossicazione da alcool; (segue) § 1.6.6 Cronica intossicazione da
stupefacenti.
1.1 Le varie teorie sul fondamento dell’imputabilità.
Il problema dell'imputabilità è uno dei più ardui e dibattuti del
diritto penale che si interessa non soltanto al fatto penale illecito ma
anche alla personalità dell'autore dell'illecito penale.
Come i legislatori penali in genere, così il legislatore penale
italiano e la stessa Costituzione, coll'ammettere la pena ammettono
conseguentemente che almeno un certo numero di soggetti sia libero
di tenere comportamenti alternativi e, quindi, possano essere ritenuti
responsabili dei propri atti.
L’art. 85 c.p., dopo aver stabilito che: “Nessuno può essere
punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se al momento
in cui l'ha commesso, non era imputabile”, specifica nel secondo
comma che: “E' imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere”.
5
L'imputabilità è dunque il presupposto della responsabilità per la
pena.
1
Ci si chiede perché la legge la richieda per punire e per quali
ragioni siano esenti da pena i non imputabili. Tale problema è stato
affrontato, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, dalla Scuola
Classica, dalla Scuola Positiva, dall'indirizzo mediatore della Terza
Scuola e dalle più recenti scuole del Neoclassicismo e della Nuova
difesa sociale.
La Scuola Classica
2
pone come fondamento del diritto di punire
il principio aristotelico e teologico della “ imputabilità morale”
3
la
quale si basa sull'intelligenza e, soprattutto, sulla volontà, ritenendo
che suo attributo indispensabile sia il libero arbitrio inteso come
libertà di decidersi nella piena indifferenza di tutti i motivi.
4
1
F. MANTOVANI, Diritto penale, parte generale, Padova, Cedam,1992, 3° ed.,
p.642; G. BATTAGLINI - G. CRIFO’, voce Imputabilità, in Nss. dig. it., VIII,
p. 451; R. SESSO, Imputabilità e sistematica del reato, Milano, Giuffré 1962,
pp.205 ss.; G. MARINI - M. PORTIGLIATTI BARBOS, La capacità d'intendere
e di volere nel sistema penale italiano, Milano, Giuffré, 1964, p.33; J. DEL
ROSAL Sull'imputabilità, in Arch. pen. 1959, XV, p. 22 - 37; A.CRESPI, voce
Imputabilità, in Enc. dir., XX, p.770.
2
Fondatore della teorica dell'imputabilità sulla base del libero arbitrio fu
Aristotele e tale base non mutò quando, sulla fine del sec. XVIII si ebbero le prime
trattazioni sistematiche dell'argomento. In tal senso: G. CARMIGLIANI, Elementi di
diritto penale, Milano, Sanvito, 1865, par.102; F. CARRARA, Programma del
corso di diritto criminale, Lucca, Canovetti, 1860, par.62.
3
R.A FROSALI, Sistema del diritto penale, Milano, Giuffré, 1958, I, pp. 27 ss.
4
G. CARMIGNANI, Elementi di diritto penale, cit., par. 120: “La volontà umana
assume carattere di forza morale per l’ufficio della libertà”, ID, Elementi di diritto
penale, cit., par. 203: “La libertà, di cui, a distinzione dei bruti, godono gli uomini,
è quella d’onde la morale natura della volontà propriamente dipende; e consiste
sia nella facoltà di resistere ai moti della volontà, che di scegliere ciò che più
convenga fare”; P. ROSSI, Trattato di diritto penale, Torino, Società editrice,
1853, libro II, cap. X : “Perché l’agente di un fatto sia sindacabile la coscienza
umana esige... che egli sia stato libero di commetterlo ovvero di rimanersene.”
6
La ragione dell'imputabilità consiste, secondo tale dottrina, nel
fatto che l'individuo ha scelto il male nonostante avesse la libertà di
scegliere tra il bene e il male.
Quindi, in presenza di quelle situazioni che tolgono o attenuano
la libertà di elezione (es. pazzia, ubriachezza, minore età,
sordomutismo ecc.) la penale imputabilità è eliminata o attenuata
5
:
onde la Scuola Classica distingue l'essere “autore morale” dall'essere
“autore materiale” del reato, qualità che devono concorrere per aversi
imputabilità legale.
6
Solo dopo aver accertato la morale libertà del soggetto e, quindi,
la sua legale imputabilità si può applicare la pena che, in questa
teoria, assume funzione retributiva della colpa morale constatata nel
reato, per cui deve essere assolutamente proporzionata al reato.
7
5
F.ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, parte generale, Milano, Giuffré, 1994,
13° ed., p.560
6
R. A. FROSALI, Il sistema del diritto penale, cit., p. 29
7
In tal senso: P. ROSSI, Trattato di diritto penale, cit., libro I, cap. XII “La pena è
la retribuzione... del male per il male”; ID., op. cit., libro III, cap. IV, pagg.438,
439: “La pena è la sofferenza inflitta al colpevole in ragione del suo delitto. Vi ha
dunque un rapporto intimo di quantità tra il male del delitto e il male della pena.
In altri termini la misura della pena non deve eccedere la misura del delitto... la
misura della pena trovasi dunque e non può trovarsi che nella natura e nella
gravità dell’atto imputabile. Son questi i due termini di un’equazione: né vi ha
verità se non quando l’uno è equivalente esatto dell’altro”.
La Scuola Classica capì che una proporzione assoluta tra reato e pena, entità
eterogenee, non può raggiungersi, onde il F. CARRARA, Programma del corso di
diritto criminale, cit., par.695 e 697 osserva che la proporzione non va intesa nel
senso del vecchio taglione, perché “qual’è la proporzione tra la multa e l’ingiuria,
tra l’omicidio e la casa di forza? La proporzione della pena al delitto... deve essere
intesa in un senso toto psicologico, proporzione tra effetto morale ed effetto
morale e come il danno è il criterio della quantità intrinseca dei delitti, così il
patimento materiale sarà il criterio della quantità intrinseca della pena”.
7
Vi sono molti altri requisiti cui deve rispondere la pena secondo
la Scuola Classica: deve essere afflittiva,
8
tale carattere è
indispensabile per la reintegrazione dell'ordine pubblico; esemplare,
tale requisito non ha lo scopo di intimidire ma di far capire che
l'equilibrio giuridico è ristabilito; deve possedere, inoltre, la certezza
legale che serve a far capire che la legge non ammette mezzi con cui
evadere la pena; la prontezza, la pubblicità; non deve essere
pervertitrice; né aberrante; né eccessiva; né disuguale. I classici
limitano, dunque, i meccanismi di controllo sociale della criminalità
alla sola pena, considerata come l’unico strumento di prevenzione
generale e speciale.
Sicché al sistema classico è estranea ogni idea non solo di
prevenzione generale e speciale “sociale”, ma anche di prevenzione
speciale penale attraverso misure neutralizzatrici e risocializzatrici,
adeguate alla personalità dell'agente.
In tal modo si lascia penalmente indifesa la società contro i
delinquenti pericolosi non imputabili visto che nei loro confronti la
pena retributiva è inconcepibile per mancanza dei suoi stessi
presupposti.
9
8
P. ROSSI, Trattato di diritto penale, cit., libro III, cap. I; F. CARRARA,
Programma del corso di diritto criminale, cit., par.640; E. PESSINA, Elementi di
diritto penale, Napoli, Marghieri, 1882, Prolegomeni, capo I, III, par. III, p.38: “La
violazione o negazione del diritto necessita la riaffermazione di esso. La quale
importa che la forza del diritto vinca l’attività individuale, la soggioghi, la
sottoponga a se medesima... Al delitto deve tener dietro una restrizione dei diritti,
la quale faccia soffrire, in nome del diritto violato, ed abbia per scopo riaffermare
il diritto il più che sia possibile”.
9
F. MANTOVANI, Diritto penale, cit., p. 561
8
Al dogma del reo come essere morale assolutamente libero nella
scelta delle proprie azioni, elevato dalla Scuola Classica a uomo
astratto ed irreale, avulso dalla realtà dei motivi e dei condizionamenti
si contrappone il dogma della Scuola Positiva
10
che considera il
delinquente come essere assolutamente determinato, degradandolo
così ad unità naturalistica e privandolo di ogni spontaneità ed
autodeterminazione.
La Scuola Positiva nega non soltanto il libero arbitrio
11
, ma
anche la responsabilità morale , ed ammette semplicemente la
responsabilità legale
12
che trova il proprio fondamento nella necessità
di difendere la società nei confronti di qualsiasi autore di reato: si
parla a tal proposito di imputabilità universale.
L'imputabilità penale deriva dall'esistenza stessa della società: è
sufficiente, quindi, dimostrare che un uomo sia stato causa fisica di
una determinata azione, classificata dalla legge tra i reati, affinché
sorga in lui la responsabilità dinanzi alla società.
13
10
Fondatori della Scuola Positiva furono LOMBROSO e FERRI. Il “positivismo
criminologico” non deve essere confuso con le correnti filosofiche positive o
materialiste. Tutto è ben chiarito nella ferriana Sociologia criminale, Torino, Utet,
1929 - 30, 5° ed, vol. I, p. 25.
11
E. FERRI, in Sociologia criminale, cit., pp. 9 ss. nega l’esistenza del libero
arbitrio attraverso una duplice dimostrazione: una dimostrazione negativa, per la
quale si prova che quando alla coscienza di un fatto va unita la coscienza dei suoi
precedenti, delle sue cause, non si ha più l’illusione della libertà. Ed una
dimostrazione positiva, per la quale si prova che ogni atto umano è governato
dalle leggi universali della trasformazione delle forze e della causalità naturale.
12
Il principio della responsabilità legale è stato accolto anche da progetti e da
codici penali stranieri: es. il progetto di codice penale di Cuba del 1929, il codice
penale russo del 1927, il codice penale messicano del 1929.
13
G. MONTALBANO, Il problema delle persone imputabili e il fondamento
dell’imputabilità, in Il Tommaso Natale, 1975, pp.362 ss.
9
L'uomo è, secondo tale concezione, responsabile delle azioni
esternamente delittuose da lui commesse soltanto perché vive in
società.
14
Questa ha il diritto ed il compito di provvedere alla propria
difesa non appena si siano verificate le condizioni dell'imputabilità
fisica: l'indagine sull'elemento soggettivo dell'autore del fatto fornirà
soltanto il criterio per la scelte del mezzo difensivo e del trattamento
più idoneo.
In quest' ottica di difesa della società vengono notevolmente
ampliati i confini del diritto penale: ad esso viene tolto ogni attributo
di espiazione e di penitenza sostituendo al sistema della pena
retributiva
15
, proprio della Scuola Classica, un sistema di misure di
sicurezza moralmente neutrali e proporzionate non alla gravità del
fatto, ma alla pericolosità del delinquente
16
ed aventi ora finalità
terapeutiche (rispetto ai delinquenti recuperabili) ora scopi
neutralizzanti (rispetto ai delinquenti irrecuperabili).
17
14
Contra, L. LUCCHINI, I semplicisti del diritto penale, Torino, Utet, 1866, p.
59: “Non importa sapere perché un cittadino sia responsabile obiettivamente delle
sue azioni, ma perché e come queste possano essergli soggettivamente imputate.
Dal primo punto di vista si determina che egli ne deve render conto; dal secondo
punto di vista si deve ricercare per qual guisa si possano mettere in conto”
15
Tale principio è detto criticamente da E. FERRI della “dosometria penale”,
Sociologia criminale, cit., vol. II , p.151.
16
La Scuola Positiva distingue la pericolosità del delinquente in “pericolosità
sociale” ante delictum, che dà luogo ad una valutazione preventiva della
pericolosità; e pericolosità criminale post delictum, che dà luogo ad una
valutazione repressiva. La valutazione di questo pericolo e affidata al giudice, nei
limiti stabiliti dalla legge penale, con l’ausilio dei mezzi tecnici che il diritto
processuale consente. Di particolare importanza è l’indagine sui motivi
determinanti la condotta umana.
17
F. MANTOVANI, Diritto penale, cit., p.562.
10
Con il passare degli anni si è cercato di superare le contrapposte
concezioni della Scuola Classica e della Scuola Positiva partendo dal
presupposto che l'uomo non è né tutta libertà né tutta necessità.
A tale proposito merita un cenno la Terza Scuola,
18
la quale
respinge il principio positivista della responsabilità legale e si
avvicina alla concezione classica in quanto distingue tra imputabili e
non imputabili.
Della dottrina classica respinge, però, il libero arbitrio ed
accoglie il principio del “determinismo psicologico”, in base al quale
l'uomo è determinato dal motivo più forte.
19
Applicandosi questa
dottrina al diritto penale, risulta che è imputabile il soggetto la cui
volontà è capace di essere determinata da motivi consci.
E, poiché nel campo penale lo Stato cerca di porre motivi alle
azioni umane predisponendo un insieme di norme munite di sanzione
criminale, il fondamento del diritto di punire viene posto sulla
sensibilità alla coazione penale
20
.
18
Rappresentanti più autorevoli sono: B. ALIMENA, I limiti e i modificatori
dell’imputabilità, Torino, Fratelli Bocca Editori, 1894 - 99, I, pp. 94 ss; E.
CARNEVALE, Diritto criminale, Roma, società editrice del Foro Italiano, 1932, I,
pp. 122 ss.; G. B. IMPALLOMENI, Istituzioni di diritto penale, opera postuma
curata da V. Lanza, Torino, Utet, 1908, pp. 238 ss.
19
R. A. FROSALI, Sistema del diritto penale, cit., p.62.
20
G. B. IMPALLOMENI, op. cit., p.240 ritiene che la funzione specifica della
pena sia la intimidazione. Tale funzione è possibile dal momento che nella
maggior parte degli uomini vi è la capacità o la possibilità di subire la coazione
psicologica della legge penale. Ciò significa che la maggior parte degli uomini
sono intimidabili, esclusi, però, i fanciulli e gli infermi di mente.
11
L'imputabilità si fonda sulla “suscettibilità la motivo”, cioè
“sull'attitudine di agire in modo diverso a seconda della previsione
delle conseguenze dei propri atti”.
21
Merito di tale Scuola è l'aver cercato di attuare una mediazione
tra le contrapposte concezioni classiche e positiviste della pena -
retribuzione e delle misure di sicurezza con funzione di profilassi
criminale.
Nacque così il cosiddetto “ sistema del doppio binario”, fondato
sul dualismo della responsabilità individuale - pena retributiva e della
pericolosità sociale - misura di sicurezza.
In relazione allo sforzo di sintesi tra classicismo e positivismo, il
maggior contributo va indubbiamente riconosciuto al movimento
della Nuova Difesa Sociale.
Tale movimento fonda la politica criminale della difesa sociale
sulla responsabilità individuale, la quale costituisce giustificazione
dell'intera giustizia penale: al momento non solo della sentenza, come
fu per la Scuola Classica, ma anche della individualizzazione della
sanzione appropriata e della sua esecuzione.
In definitiva, anziché essere il punto di partenza della
costruzione del diritto penale, la responsabilità tende a diventare un
punto d'arrivo, lo scopo terminale dell'azione risocializzatrice.
22
21
V. MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, Torino, UTET, 1981, 5° ed.,
aggiornata dai professori P. Nuvolone e G. D.Pisapia, I, pp.611 ss. L’Autore pur
riconoscendo che la imputabilità deve fondarsi sulla “suscettibilità al motivo”
riconosce come primo requisito della volontà giuridicamente considerabile la
libertà, intesa, però, non come libero arbitrio bensì come esistente sempre quando
la volontà “ non è coartata in modo assoluto da cause interne od esterne”.
22
F. MANTOVANI, Diritto penale, cit., p.567.
12
La responsabilità e la pericolosità non si trovano più in
contrapposizione irriducibile, giacché l'una e l'altra sono espressione
della concreta personalità.
Correlativamente pene e misure di sicurezza sono soltanto due
varianti di una sanzione unitaria da adattarsi a seconda della concreta
personalità dell’ agente.
Quindi, in luogo del trinomio classico del reato - imputabilità -
pena, la Nuova Difesa Sociale propone il trinomio reato - personalità -
trattamento.
(segue) 1.1.1 La posizione assunta dal legislatore del 1930.
Il problema relativo alla nozione di “imputabilità”, alla sua
collocazione sistematica, al significato della richiesta della sua
presenza ai fini dell'attribuzione al fatto commesso dal soggetto di
determinate conseguenze giuridico - penali, da sempre presente
all'attenzione dei penalisti, assume ulteriore peso dopo l'approvazione
del vigente codice penale, sia in relazione alla terminologia usata dal
legislatore del 1930, sia e, soprattutto in relazione all'avvenuta
distinzione concettuale, sistematica e di disciplina, da esso
positivamente operata tra “imputabilità” e forme soggettive che
illuminano in concreto il reato.
Il precedente codice non definiva esplicitamente l'imputabilità,
come, d'altra parte, non definiva il dolo, la colpa o gli altri titoli
d'imputazione della evento e/o del fatto.
23
23
G. MARINI, voce Imputabilità, in Dig. disc. pen., VI, pp. 243 ss.
13
Il legislatore del 1889 dopo aver stabilito nell'art.45 del codice
che: “nessuno poteva essere punito per un delitto, se non aveva voluto
il fatto come conseguenza della sua azione od omissione”, nel
successivo art.46 si limitava a richiedere, ai fini della punibilità, che il
soggetto al momento del fatto non versasse in tale “stato di infermità
di mente da togliergli la coscienza o la libertà dei propri atti”.
Il legislatore Zanardelli operava, quindi , una netta distinzione
tra fatti conformi ad un modello criminoso commessi da soggetti
dotati di “coscienza e libertà dei propri atti” e fatti commessi da
soggetti non trovantesi in tali condizioni.
E, conformemente agli insegnamenti della Scuola Classica, in
assenza di “coscienza e volontà dei propri atti” il codice abrogato
disponeva che il soggetto fosse dichiarato “non punibile” e
consegnato all'Autorità competente per i provvedimenti di legge, a
condizione che il giudice stesso ne ritenesse pericolosa la liberazione.
Completamente diversa è la posizione del legislatore del 1930
che, non solo nel nuovo codice usa una terminologia più precisa
rispetto a quella utilizzata dal legislatore Zanardelli, ma, soprattutto,
allarga l'ambito dell'illecito penale includendo in esso anche “i fatti
conformi ad un modello criminoso” commessi da persone prive
dell'imputabilità.
24
Si allude all'introduzione del sistema del “doppio binario”: cioè
un sistema per il quale si prevede accanto e in aggiunta alla pena
tradizionale, inflitta sul presupposto della capacità d'intendere e di
24
ID., pp.247 ss; ID., voce Imputabilità, in Enc. giur., XVI, pp.1 ss.
14
volere, una misura di sicurezza , vale a dire una misura fondata sulla
pericolosità sociale del reo e finalizzata alla sua risocializzazione.
Alla pena viene attribuita la funzione di prevenzione generale
che si esercita mediante l'intimidazione derivante dalla minaccia e
attraverso la funzione satisfattoria: è per un'esigenza di ordine
pubblico, infatti, che si applica la pena, onde evitare vendette e
rappresaglie.
Le misure di sicurezza hanno, invece, una funzione di
prevenzione speciale: sono dirette a neutralizzare la pericolosità
sociale del reo; il loro scopo è di evitare che un medesimo soggetto
incorra nella commissione di futuri reati.
In base al sistema del doppio binario i soggetti imputabili sono
sanzionati con pena; quelli non imputabili con misura di sicurezza; gli
imputabili e socialmente pericolosi con pena e misura di sicurezza.
25
In dottrina vi sono state varie reazioni a tale innovativa presa di
posizione del legislatore.
Ricordiamo come il Petrocelli
26
, volendo difendere l'unicità della
sanzione comminata dall'ordinamento per i fatti costitutivi di reato,
abbia cercato di negare natura di “illecito penale” ai fatti commessi
dai non imputabili e natura di sanzione penale alle misure di
sicurezza.
25
G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale, parte generale, Bologna,
Zanichelli, 1993, 2° ed., pp. 517 ss.
26
B. PETROCELLI, La colpevolezza, Padova, Cedam, 1951, 2° ed., pp.27 ss.
15
Da parte opposta, nella logica di “amministrativazzione” del
diritto penale , si è ammessa la natura non criminale delle misure di
sicurezza e la loro riconducibilità all'ordinamento amministrativo.
27
Appare meritevole di considerazione la concezione del Marini,
28
il quale mette in evidenza come il legislatore del 1930 non ha affatto
inteso abbandonare la nozione e il significato della pena, già propri
del suo predecessore del 1889, né svilirne il ruolo primario
nell'ordinamento giuridico dello Stato.
Il legislatore del 1930 ha voluto solo provvedere su un settore
“scoperto” del reale che, riferendosi alla messa in pericolo degli
interessi penalmente protetti dei consociati, non poteva essere
attribuito alla sfera di competenza di altri ordinamenti o
subordinamenti giuspubblicistici.
E' sembrato giusto al legislatore del codice Rocco tutelare gli
interessi dei consociati anche nel caso in cui essi venissero lesi o
messi in pericolo, nei modi previsti dall'ordinamento penale, da
soggetti non imputabili.
E' proprio facendo riferimento al sistema del “doppio binario”
che possiamo dire che il legislatore del 1930 non ha aderito
ufficialmente né alle conclusioni della Scuola Classica, né a quelle
della Scuola Positiva
29
.
27
F. GRISPIGNI, Diritto penale italiano, Milano, Giuffré, 1947, 2° ed., I, p. 78.
28
G. MARINI, voce Imputabilità, in Enc. giur., cit., pp. 2 ss.
29
La posizione del codice del 1930 rispetto alla scienza criminologica è bene
spiegata dalle seguenti parole della Relazione al Re sul nuovo Codice Penale, § 1:
“ il nuovo codice non ha creduto di dover aderire in toto ai postulati di una
piuttosto che di un’altra scuola criminologica... Il nuovo codice penale ha ritenuto
migliore avviso non giurare in modo esclusivo nel verbo di una o di altra scuola