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Introduzione
Questo lavoro rappresenta uno studio esplorativo condotto con l’obiettivo di indagare
alcuni processi che caratterizzano l’acculturazione non solo a livello comportamentale
ma anche identitario all’interno di un gruppo di adolescenti di seconda generazione in
due diversi paesi europei (Belgio e Italia), valutando se e come questi processi si
connettono tra di loro e con il benessere sperimentato. In particolare, sono stati applicati
quattro diversi strumenti finalizzati a misurare determinati costrutti: a) gli orientamenti
acculturativi; b) le modalità di socializzazione etnica familiare; c) il livello di
integrazione dell’identità biculturale e d) il benessere percepito.
Nel primo capitolo verranno presentate le principali teorie sull’identità e sui meccanismi
di identificazione sociale che sono alla base del sentimento di appartenenza culturale e
dello sviluppo dell’identità etnica, per poi analizzare le strategie di adattamento
culturale messe in atto dai gruppi minoritari in seguito ad esperienze migratorie. In
seguito, saranno esposti i vari modelli di studio sull’acculturazione e analizzate le
conseguenze delle situazioni di contatto culturale, soffermandoci sul Modello Esteso e
Relativo dell’Acculturazione (RAEM) e analizzando non soltanto il punto di vista delle
minoranze, ma anche quello delle maggioranze autoctone. Sarà poi definito il concetto
di identità multiculturale tenendo presente dei cambiamenti che caratterizzano la
ristrutturazione identitaria degli individui esposti a un nuovo contesto culturale, in
particolare per coloro che tendono a sviluppare due diverse appartenenze culturali e che
possono pertanto definirsi come individui biculturali.
Nel secondo capitolo sarà revisionata la recente letteratura scientifica analizzando in
primo luogo gli studi che si sono focalizzati sugli orientamenti di acculturazione
attraverso le applicazioni del RAEM e secondariamente quella parte di studi centrati
sulla percezione che i soggetti biculturali hanno delle proprie identità culturali a livello
cognitivo tramite l’uso della scala dell’Integrazione dell’Identità Biculturale (BII),
discutendo i risultati di ricerche condotte su campioni di adolescenti adottati e campioni
di adolescenti figli di migranti.
Nel terzo capitolo sarà brevemente introdotta la ricerca condotta in questo studio,
esponendo le ipotesi avanzate sulla base dei risultati precedenti e gli obiettivi che ci
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hanno spinto all’esplorazione di determinati costrutti in Belgio e in Italia. Più avanti,
saranno presentati il campione dei partecipanti, le modalità e gli strumenti impiegati per
la raccolta dei dati.
Nel quarto e ultimo capitolo saranno confrontati i dati rilevati nei due paesi,
presentando prima di tutto le statistiche descrittive del campione e discutendo poi i
risultati delle diverse analisi effettuate con lo scopo di individuare la presenza di
eventuali legami tra le variabili indagate.
Infine, saranno discussi i risultati dello studio alla luce dei recenti studi che si sono
concentrati su simili obiettivi e i possibili risvolti applicativi.
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1. Caratteristiche individuali e dinamiche sociali nelle
società multiculturali
1.1 Concetto di sé e identità
L’adolescenza è una fase critica della vita che vede l’individuo impegnato in diverse
sfide evolutive finalizzate alla costruzione di un senso di sé stabile e coerente. Il
processo di formazione dell’identità è considerato da Erikson come la questione centrale
della vita psichica dell’adolescente, il quale si trova a sperimentare, tra i numerosi
compiti di sviluppo, identificazioni multiple che contribuiscono a creare molteplici
rappresentazioni di sé, tra le quali anche quelle legate alle proprie appartenenze
culturali. Pertanto, questa fase evolutiva conduce il soggetto ad abbandonare i
precedenti equilibri e a ricercarne di nuovi attraverso un processo di esplorazione volto
ad una ridefinizione del senso di sé.
Il concetto di sé è la rappresentazione cognitiva di se stessi che dà significato alle
esperienze e ci aiuta a spiegare gli stimoli provenienti dall’ambiente. Data l’importanza
del contesto in cui i soggetti agiscono quotidianamente, si può affermare che la
concettualizzazione del proprio sé prende forma soprattutto attraverso l’interazione
sociale. Diventando multiculturale, l’interazione sociale chiama in causa molteplici
appartenenze che vanno a definire i presupposti su cui l’adolescente andrà a lavorare
sulla propria identità sociale. La prospettiva dell’Identità sociale ruota attorno a due
importanti teorie: quella dell’Identità sociale e delle relazioni intergruppi (Tajfel e
Turner 1979, 1986) e quella della Categorizzazione del sé (Turner et al. 1987).
1.1.1 Identità personale e identità sociale
La Teoria dell’identità sociale (Social Identity Theory, SIT) afferma che la semplice
categorizzazione delle persone in ingroup ed outgroup tende necessariamente a creare
fenomeni di favoritismo per il proprio gruppo di appartenenza e di discriminazione nei
confronti degli altri gruppi, influenzando lo sviluppo della propria identità sociale.
Quest’ultima si può definire come quella parte del concetto di sé che deriva dalla
consapevolezza di far parte di un gruppo sociale (o di più gruppi), insieme al significato
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emotivo che accompagna tale appartenenza. In questa prospettiva è interessante notare
come gli individui, soprattutto nelle società occidentali, mirino al raggiungimento e al
mantenimento di un’immagine positiva di sé; di conseguenza, quando essi agiscono
come membri di un gruppo, tendono a ricercare un’identità sociale positiva e sono
motivati a differenziare positivamente il proprio gruppo dagli altri gruppi. In questo
caso la discriminazione degli outgroup rilevanti costituisce un mezzo per preservare una
distintività positiva dell’ingroup.
La Teoria della Categorizzazione del sé (Self-Categorization Theory , SCT) afferma che
gli individui tendono a categorizzare se stessi utilizzando diversi livelli di inclusività
sociale. Questo processo può essere descritto come la definizione del sé in termini di
appartenenza ad un particolare gruppo sociale; tuttavia, non è possibile un utilizzo
contemporaneo dei diversi livelli di categorizzazione del sé. Ciò sancisce la sostanziale
differenza tra il costrutto di identità personale e quello di identità sociale: mentre il
primo si riferisce alle caratteristiche individuali della persona in seguito a
differenziazioni interpersonali o intragruppo, nel secondo costrutto il soggetto viene
considerato come membro intercambiabile di un gruppo sulla base della propria
appartenenza a determinate categorie sociali. Con questa teoria è possibile spiegare sia i
comportamenti individuali guidati dall’identità personale, sia i comportamenti di gruppo
guidati dall’identità sociale. Alcuni studi hanno mostrato come quest’ultima sia spesso
fortemente sviluppata presso le minoranze di migranti che tendono a enfatizzare le
relazioni intragruppo e a definirsi sulla base delle proprie appartenenze sociali. In
questo caso, la rilevanza attribuita alla propria appartenenza culturale potrebbe inibire la
tendenza ad affermare la propria individualità: la percezione di un’identità sociale
saliente tenderà ad accentuare le somiglianze con i membri dell’ingroup e le differenze
con i membri degli outgroup. Questo fenomeno è noto come depersonalizzazione (o
autostereotipizzazione), intesa come la tendenza a descriversi utilizzando attributi
stereotipici del proprio gruppo di appartenenza. Nonostante ciò, bisogna considerare
come questi fattori varino in base alle caratteristiche dei contesti e alla specificità delle
diverse situazioni; se, al contrario, la categorizzazione di sé come membro di un gruppo
non è resa saliente, ovvero non viene attivata cognitivamente, non sempre
l’appartenenza categoriale esercita un’influenza significativa sulla definizione di sé in
un contesto intergruppi. All’opposto, i meccanismi associati ad un’identità personale
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saliente (fenomeno noto come personalizzazione) sono i principali responsabili dei
comportamenti individualistici.
1.1.2 Identificazione e confronto sociale
L’estensione del sé mostra la capacità umana di identificarsi con gli altri in diverse
categorie all’interno di una struttura gerarchica (famiglia, scuola, religione, nazione
ecc.). A partire dall’infanzia, la percezione di possedere le stesse caratteristiche fisiche,
psicologiche e sociali degli altri pone le basi per lo sviluppo della capacità di
identificarsi con i propri gruppi di appartenenza. Legato al processo di
autocategorizzazione, l’identificazione sociale è un costrutto multicomponenziale che
permette all’individuo di attribuire particolare salienza all’appartenenza ad uno o più
gruppi specifici, soprattutto a livello identitario. Infatti, nel categorizzare le persone,
spesso non ci riferiamo solo agli altri ma includiamo anche noi stessi. Le varie categorie
di sé costituiscono la nostra identità personale e sociale.
La categorizzazione del sé e la conseguente identificazione come membro di un gruppo
hanno importanti influenze sul modo in cui percepiamo il nostro e gli altri gruppi. Il
paradigma dei gruppi minimali (Tajfel et al, 1971), progettato per studiare le condizioni
di base del comportamento intergruppi, ci mostra come la mera consapevolezza di
appartenere a un gruppo è sufficiente per generare fenomeni di favoritismo e di
discriminazione intergruppi: la semplice categorizzazione conduce a comportamenti
competitivi tra gruppi.
In base alla SIT, le persone continueranno ad identificarsi con un particolare gruppo di
appartenenza fino a quando le caratteristiche di questo saranno in grado di preservare
un’immagine positiva di sé; infatti, le valutazioni che vengono attribuite al gruppo sono
almeno in parte legate al suo posizionamento gerarchico all’interno di un determinato
contesto sociale e dunque al prestigio di cui esso gode. Il meccanismo del confronto
sociale determina la percezione di un’identità sociale positiva o negativa; nel primo
caso, l’ingroup è positivamente distinto dagli altri gruppi di confronto, mentre nel
secondo caso questo potrebbe trovarsi un una situazione di svantaggio sociale.
Se consideriamo l’appartenenza culturale dal punto di vista delle minoranze, notiamo
come questi gruppi potrebbero avere meno probabilità di salvaguardare una condizione
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di prestigio sociale, soprattutto in alcune situazioni di particolare svantaggio come
avviene nelle società discriminatorie. In questi casi, la posizione subordinata che viene
loro attribuita dal gruppo maggioritario, unita alle difficoltà legate alla ricerca di punti
di riferimento stabili in un contesto poco accogliente, può avere diverse ricadute
sull’immagine di sé e in particolare sull’aspetto identitario legato alla propria
appartenenza etnica. I soggetti appartenenti alle minoranze tenderanno a reagire alla
percezione di questa minaccia identitaria in modi diversi, adottando una serie di
strategie che vanno ad esempio dal rafforzamento della propria identità culturale alla
negazione delle proprie radici o all’abbandono del proprio gruppo di appartenenza.
1.1.3 Appartenenze culturali e identità etnica
L’importante distinzione tra sé individuale (o autonomo) e sé interdipendente (Markus,
Kitayana, 1991) è alla base delle differenze tra culture occidentali, maggiormente
individualiste, e culture orientali, più collettiviste; mentre le prime tendono ad
enfatizzare l’importanza delle caratteristiche individuali e degli scopi personali, le
seconde mettono al primo posto la condivisione e il senso di solidarietà verso il gruppo.
Nelle società collettiviste il sé si definisce soprattutto sulla base delle relazioni con gli
altri, delle appartenenze e dei ruoli sociali; al contrario, le società individualiste
sottolineano l’autonomia e l’indipendenza del sé, enfatizzando il soddisfacimento dei
bisogni personali, anteponendoli agli obiettivi del gruppo. La definizione del proprio sé
tende quindi a strutturarsi in maniera diversa a seconda delle proprie appartenenze
culturali.
Mentre l’etnicità rappresenta un costrutto oggettivo e immodificabile in quanto si
riferisce a quella parte dell’identità che si acquisisce per nascita ed è rilevabile in base a
caratteristiche fisiche/biologiche, linguistiche/culturali e/o religiose, l’identità etnico-
culturale, ancorata ai processi identitari, dipende dalla rilevanza psicologica che gli
individui attribuiscono alle proprie appartenenze culturali e rappresenta dunque la
componente soggettiva dell’etnicità. L’identificazione culturale rappresenta in questo
senso un processo fondamentale che, prima di tutto, determina la consapevolezza di
appartenere ad un determinato gruppo etnico, successivamente implica meccanismi di
negoziazione con se stessi, con i membri del proprio gruppo e con quelli degli altri
gruppi rispetto all’importanza e al valore che questo aspetto identitario ricopre per