6 
1.2  La scoperta dell’anoressia 
Una delle prime descrizioni di una patologia molto simile all’anoressia nervosa risale 
all’epoca medioevale e riguarda una seguace dei dettami di San Geremia
4
, la santa 
Vilgeforte, settima figlia del re del Portogallo che contrariamente al suo volere fu 
promessa sposa al re di Sicilia. Per evitare le nozze la vergine iniziò a pregare Dio con una 
intensità sorprendente, chiedendo di essere privata della bellezza. Così smise di 
alimentarsi. Da qui il collegamento della patologia con la sfera religiosa: il digiuno come 
rifugio al desiderio di esilio dal mondo, dalla vita in società, dal matrimonio e dalla 
sessualità
5
. Il raggiungimento della magrezza quindi rappresentava una lotta contro gli 
istinti. 
I primi casi di anoressia erano quindi legati a motivazioni di tipo religioso-culturale, che lo 
scrittore Rudolph Bell definisce «Santa Anoressia»
6
. Ciò è testimoniato dal fatto che dopo 
la riforma della Chiesa avvenuta nel XI secolo ai canoni di santità, che presupponevano la 
mortificazione del corpo, si sostituirono quelli che contemplavano il perseguimento delle 
opere di bene e ciò portò come conseguenza la diminuzione del numero delle sante 
anoressiche. 
Nel 1600 il medico inglese Richard Morton propose una accurata e rigorosa descrizione 
del quadro clinico di quella che oggi è definita anoressia nervosa, pubblicando nel 1689 un 
trattato intitolato Phthisiologia, seu Exercitationes de Phthisi in cui descriveva i casi clinici 
delle pazienti che osservava, le quali registravano un progressivo deperimento fisico, 
simile a quello della tubercolosi ma che se ne differenziava per l’assenza di febbre e di 
tosse e il cui sintomo iniziale era la scarsa alimentazione, congiunta a l’iperattività fisica e 
all’amenorrea
7
. 
Nel XIX secolo due contributi di estrema rilevanza arrivarono dall’inglese Sir William 
Withey Gull e dal francese Ernest Charles Lasegue. 
                                                
4
 Geremia è uno dei quattro grandi profeti d’Israele, nacque verso il 650 a.C. nel villaggio di 
Anatot presso Gerusalemme; visse e predicò nel regno di Giuda tra il 622 fino oltre il 587 a.C.  
5
 M. CLERICI et al., Disturbi alimentari e contesto psicosociale. Bulimia Anoressia e obesità in 
trattamento ospedaliero, Milano, Franco Angeli, 1996, p. 48. 
6
 Ivi, p. 49. 
7
 Ibidem.
7 
Si deve al medico William Gull il termine “Anoressia Nevosa” (1873) prima definita 
“Apepsia Isterica”, l’autore scrive: «Nella mia conferenza di Oxford ho utilizzato il 
termine apepsia hysterica, ma ancor prima di vedere l’articolo del dottor Lasegue mi ero 
reso conto che anorexia sarebbe stato più adeguato»
8
. 
Per il medico inglese la perdita dell’appetito è condizionata da uno stato di malattia 
psichica e non può essere ricondotta ad una semplice problematica organica, scrive:  
 
«ritengo che la mancanza di appettito sia dovuta a uno stato mentale morboso. Non 
ho mai osservato […] alcun disturbo gastrico a cui l’assenza di appetito avrebbe 
potuto essere attribuita. [...]. È noto che certi stati mentali sono in grado di 
distruggere l’appetito […]. Potremmo definire questo stato “isterico” [...]. 
Preferisco il termine più generico “nervosa” dato che il disturbo si presenta sia nei 
maschi che nelle femmine»
9
 .  
 
Altro contributo importante dell’autore nello studio di tale patologia è quello di aver intuito 
l’influenza delle dinamiche familiari nello sviluppo dell’anoressia anche se non sono state 
specificate ed approfondite, dicendo: «le pazienti dovrebbero essere nutrite a intervalli 
regolari e circondate da persone che esercitino un controllo morale su di loro poiché 
parenti ed amici sono generalmente i peggiori custodi»
10
. 
Lo studioso Charles Lasegue nel 1874 invece conia il termine “Anoressia Isterica” per 
indicare una patologia analoga a quella di Gull.  
La descrizione riportata richiama un rapporto ansioso con il cibo che porta ad accettare 
alcuni alimenti e a rifiutarne altri. L’autore, inerente al vissuto delle pazienti anoressiche, 
riporta quanto segue:  
 
«né lei né coloro che l’assistono vi attribuiscono importanza, non ne consegue 
alcun disagio duraturo. L’indomani la stessa sensazione di ripete e continua così 
                                                
8
 W. W. GULL – E. C. LASÈGUE, La scoperta dell’anoressia, trad. it. P. Feliciotti, Milano, Bruno 
Mondadori, 1998, p. 92.  
9
 Ibidem. 
10
 Ivi, p. 93.
8 
[…]. La malata si convince, allora, che il miglior rimedio a questo disturbo 
indefinito, particolarmente penoso, consiste nel diminuire l’alimentazione. [...] 
Diversamente l’isterica: ella riduce gradatamente il cibo, talvolta con il pretesto del 
mal di testa, talvolta con il timore che si ripresentino le impressioni dolorose che 
seguono dopo il pasto. Dopo qualche settimana non si tratta più di ripugnanze da 
ritenersi passeggere: è un rifiuto dell’alimentazione che si prolungherà 
indefinitamente. La malattia è conclamata e seguirà il suo decorso»
11
. 
 
La natura isterica del disturbo è relativa all’idea che questo atteggiamento fosse dovuto ad 
un conflitto interno al soggetto non elaborato. 
In questa descrizione manca la preoccupazione per l’inadeguatezza dell’aspetto fisico e lo 
sforzo per voler dimagrire. 
Ad entrambi gli autori si deve il merito di aver posto l’attenzione sull’origine non organica 
del disturbo.  
Rivolgendo l’interesse alla sfera psicoanalitica, Sigmund Freud, il fondatore della teoria 
psicoanalitica, fece dei riferimenti all’anoressia nella sua opera intitolata Studi sull’isteria 
(1985)
12
 inerente al caso di Emmy Von N.. Qui spiega come “l’anorexia nervosa” delle 
ragazze fosse associata ad uno stato di melanconia che emerge dove la sessualità non è 
sviluppata.  
Per concludere si può affermare che l’anoressia sia una patologia antica, che nel corso 
delle diverse epoche ha assunto diversi significati in relazione al contesto socioculturale.  
 
 
 
 
 
 
                                                
11
 Ivi, p. 65.   
12
 Sigmund FREUD, Studi sull’isteria e altri scritti (1886-1895), OSF 1.
9 
1.3 Le origini della teoria psicoanalitica 
La teoria psicoanalitica si può ricondurre a Sigmund Freud, neurologo, 
psicoanalista, austriaco fondatore della psicoanalisi, una delle correnti teoriche più 
importanti nell’ambito della psicologia.  
Sigmund Freud nasce a Freiberg, città della Repubblica Ceca il 6 Maggio del 1856 e 
morirà a Londra il 23 Settembre del 1939.  
Nel 1881 a Vienna consegue la laurea in Medicina e Chirurgia, specilizzandosi in 
neurologia.  
Tra il 1885 e il 1886 a Parigi collabora con colleghi tra cui lo psichiatra austriaco Breuer e 
si avvicina allo studio delle nevrosi da cui seguirà poi la pubblicazione del libro Studi 
sull’isteria
13
 (1895) in cui vengono mossi i primi passi verso la scoperta della psicoanalisi. 
In questa opera Freud parla dell’isteria indicando una tipologia di attacchi nevrotici molto 
intensi. La persona isterica «soffrirebbe per lo più di reminiscenze»
14
, ossia dietro i 
fenomeni isterici ci sono ricordi significativi, spesso traumatici, preclusi alla coscienza, 
che possono essere fatti affiorare solo in virtù dell'allontanamento del controllo cosciente 
prodotto dalla condizione ipnotica.  
Il motivo per cui alcune esperienze rimangono al di fuori della coscienza è determinato dal 
fatto che si tratta di vicende molto significative dal punto di vista emotivo, le cui 
sensazioni alla base sono «tutte di natura penosa, idonee a provocare gli affetti della 
vergogna, del rimprovero, del dolore psichico, della menomazione, e nell'insieme tali che 
si preferirebbe non averle vissute»
15
.  
L’Io così, che aveva all’origine scacciato la rappresentazione patogena, si oppone ora al 
suo ritorno nel ricordo. Il modo in cui la rappresentazione è stata rimossa riversa a livello 
somatico la carica di affetto implicata. 
                                                
13
 Ibidem.  
14
 Ivi, p. 179. 
15
 Ivi, p. 406.
10 
Grazie ai casi di isteria trattati da Freud attraverso la tecnica ipnotica, si è dimostrato che 
accompagnare un soggetto nel tentativo di accedere ai ricordi rimossi e di rivivere gli 
affetti ad essi legati, porti alla scomparsa dei fenomeni isterici.  
Freud decise di abbandonare la tecnica ipnotica perchè si rese conto che essa funzionava in 
quanto creava suggestione nel paziente; per ovviare a ciò scelse di mettere a punto un 
metodo di trattamento differente, quello delle «libere associazioni»
16
, una tecnica 
psicoanalitica che consiste nel far sdraiare il soggetto sul lettino, invitarlo a chiudere gli 
occhi e a rispondere liberamente alle domande che il terapeuta gli pone, nel caso della 
difficoltà a ricordare viene aiutato esercitando una pressione con la mano sulla fronte. 
Tale tecnica è più lenta rispetto all’ipnosi in quanto si tratta di far passare ricordi complessi 
e stratificati attraverso la coscienza. Il portare il processo a livello della coscienza però 
permette al paziente di riappropiasi dei contenuti dell’esperienza interiore e di giungere ad 
un grado di stabilità che l’ipnosi, lavorando solo a livello inconscio, non può produrre. 
Gli studi sull’isteria quindi hanno portato a muovere le prime intuizioni 
sull’organizzazione, funzionamento e ripartizione della psiche.  
Nella prima elaborazione dell’apparato psichico, denominata prima topica, Freud distingue 
la coscienza, il preconscio e il fondamentale concetto di inconscio, nozione cardine della 
psicoanalisi. Con questo termine Freud intendeva un complesso di processi che non 
affiorano alla coscienza del soggetto e che quindi sfuggono al controllo razionale.  
 
«Chiameremo allora conscia soltanto la rappresentazione che è presente nella 
nostra coscienza e di cui abbiamo percezione, attribuendo questo solo significato al 
termine conscio; invece le rappresentazioni latenti, se abbiamo motivo di supporre 
che continuino ad esistere nella vita psichica [...] dovranno essere designate come 
inconsce. Una rappresentazione incoscia è quindi una rappresentazione che non 
avvertiamo, ma la cui esistenza siamo pronti ad ammettere in base ad indizi e prove 
di altro genere»
17
. 
 
                                                
16
 Ivi, p. 27. 
17
 Sigmund FREUD, Note sull’inconscio in Psicoanalisi, 1912, OSF 6, p. 575.
11 
Nella nostra psiche è dunque presente una dimensione inconscia e irrazionale guidata dal 
principio del piacere in cui si depositano una serie di istinti e desideri il cui contenuto non 
si manifesta a livello cosciente ma la cui soddisfazione è necessaria, questa necessità di 
manifestarsi spiegherebbe dunque la nascita dei disturbi psichici. 
Con preconscio Freud si riferisce ad una porzione posta tra l’inconscio e la coscienza. 
Anche questa zona contiene ricordi delle esperienze passate ma, a differenza 
dell’inconscio, tali ricordi possono essere riportati alla coscienza dal soggetto stesso 
qualora lo volesse.  
Infine la coscienza, i cui contenuti sono accessibili immediatamente, tale porzione si basa 
sul principio di realtà.  
Freud scrive:  
 
«[…] in generale un atto psichico attraversa due fasi, tra le quali è intrappolata una 
sorta di controllo (censura). Nella prima fase l’atto è inconscio e appartiene al 
sistema Inc
18
; se dopo averlo controllato la censura lo respinge, gli è vietato di 
passare alla seconda fase; si chiama allora “rimosso”, ed è costretto a rimanere 
inconscio. Se invece supera questo controllo, entra nella seconda fase e viene a far 
parte del secondo sistema, che abbiamo deciso di chiamare sistema C.
19
 […] L’atto 
psichico non è ancora cosciente, ma capace di diventare cosciente […] diamo al 
sistema C. anche la denominazione di “preconscio”»
20
. 
 
La seconda topica distingue l’Es, l’Io e il Super-Io nel saggio intitolato L’Io e l’Es
21
.  
In questo saggio Freud definisce un modello strutturale del funzionamento psichico, 
dividendolo la psiche in tre parti.  
                                                
18
 Inconscio. 
19
 Conscio. 
20
 Sigmund FREUD, I diversi significati dell’inconscio e il punto di vista topico, 1915, OSF 8, p. 
56. 
21
 Sigmund FREUD, L’Io e l’Es, 1922, OSF 9.
12 
«Un individuo è dunque per noi un Es psichico, ignoto e inconscio, sul quale poggia nello 
strato superiore l’Io»
22
. 
Chiama con il termine Es «la sede delle passioni»
23
, l’inconscio, una zona oscura e 
profonda della psiche, fonte di energie vitali rivolte al soddisfacimento dei bisogni 
egoistici, è l’insieme degli impulsi della carica sessuale, guidato dal principio del piacere. 
In questa porzione sono stati rimossi desideri e pulsioni di cui l’individuo si vergogna e 
che vengono tenuti a freno dalla censura, accessibili solo attraverso l’effetto terapeutico del 
trattamento psiconalitico. 
L’Io rappresenta invece la parte cosciente della personalità, la consapevolezza di sé, ma 
non avendo una specifica struttura e una autonoma forza si trova in uno stato di sudditanza 
nei confronti dell’Es, della realtà esterna e del Super-Io; così nell’opera viene affermato 
«[…] l’Io è quella parte dell’Es che ha subito una modificazione per la diretta azione del 
mondo esterno grazie all’intervento del [sistema] P-C
24
»
25
. 
Infine il Super-Io anch’esso prevalentemente ma non del tutto inconscio, è costituito dal 
complesso delle norme morali, delle regole, delle leggi sociali interiorizzate dal soggetto. 
Esso agisce come una forza che si oppone alle pulsioni dell’Es mediante divieti, comandi, 
restrizioni, limitazioni, sensi di colpa, rimorsi, indotti dal principio di realtà. Freud 
paragona l’azione del Super-Io alla figura paterna sostenendo: «Il Super-Io conserverà il 
carattere del padre, e quanto più forte è stato il ‘complesso edipico’
26
 […] tanto più severo 
si farà in seguito il Super-Io nell’esercitare il suo dominio sull’Io sotto forma di coscienza 
morale»
27
.  
Questa tripartizione della psiche operata da Freud permette di comprendere la nascita del 
disagio psichico come causato da un rapporto inadeguato tra queste componenti 
dell’apparato mentale dell’individuo, che può portare ad uno stato di nevrosi o di psicosi, 
                                                
22
 Ivi, p.486. 
23
 Ibidem.  
24
 Percezione-Coscienza. 
25
 Sigmund FREUD, L’Io e l’Es, 1922, OSF 9, p. 488. 
26
 Concetto coniato da Freud per indicare una fase normale dello sviluppo del bambino che consiste 
in un desiderio infantile di coinvolgimento sessuale con il genitore di sesso opposto ed un 
concomitante senso di rivalità con il genitore dello stesso sesso. 
27
 Sigmund FREUD, L’Io e l’Es, 1922, OSF 9, p. 488.
13 
così sostiene: «[…] la nevrosi sarebbe l’effetto di un conflitto tra l’Io e il suo Es, mentre la 
psicosi rappresenterebbe l’analogo esito di un perturbamento simile nei rapporti tra Io e il 
mondo esterno»
28
. 
Le nevrosi per l’autore si svilupperebbero per il fatto che l’Io, di fronte ad un moto 
pulsionale nell’Es non lo vuole accettare e soddisfare, difendendosi attraverso il 
meccanismo della rimozione
29
. Il rimosso crea una rappresentazione sostitutiva che si 
impone all’Io, che diviene il sintomo. L’Io inizia così a seguire le indicazioni che 
provengono dal Super-Io le quali traggono origine dal contesto nel quale il soggetto vive. 
Le psicosi invece, come già evidenziato, testimonia un turbamento nei rapporti tra l’Io e il 
mondo esterno, questo vuol dire che il mondo esterno non viene percepito o la sua 
percezione non crea alcun effetto nel soggetto. L’Io così si «crea un nuovo mondo esterno 
e un nuovo mondo interiore»
30
. 
Nell’opera Interpretazione dei sogni
31
 Freud ha cercato di comprendere le origini ed il 
significato dei fenomeni inconsci.  
Il sogno si rivela a Freud, nella pratica analitica, un prodotto psichico completo, la cui 
interpretazione richiede che sia scomposto nei suoi diversi elementi i quali, analizzati 
grazie al metodo delle libere associazioni, fanno affiorare una logica nascosta, un 
significato profondo. 
Secondo Freud il sogno è costituito da un “contenuto manifesto” cioè quell'insieme di 
immagini, parole, sensazioni che il sognatore ricorda e racconta al risveglio, il quale 
costituisce però una trasposizione deformata del vero significato del sogno; ed un 
“contenuto latente” «espresso in una specie di geroglifico, i cui segni devono essere 
tradotti singolarmente nella lingua dei pensieri del sogno»
32
; ossia la somma di desideri 
inconsci del sognatore che non sono riconoscibili nel contenuto manifesto perché camuffati 
                                                
28
 Ibidem. 
29
 Con questo termine Freud indica quel meccanismo di difesa utilizzato dalla psiche quando 
all’interno della coscienza c’è un elemento disturbante che viene per cui gettato nell’inconscio. 
30
 Sigmund FREUD, La teoria psicoanalitica raccolta di scritti 1911-1938, trad. it. di Cesare Luigi 
Musatti, Torino, Bollati Boringhieri, 1979, p. 337. 
31
 S. FREUD, L’interpretazione dei sogni,1899, OSF 3. 
32
 Ibidem.
14 
dalla psiche.  
Trovandosi davanti ad un sogno «dobbiamo quindi affrontare un nuovo compito, finora 
inesistente: il compito di indagare sui rapporti tra il contenuto manifesto del sogno ed i 
pensieri latenti e di ricostruire i processi mediante i quali questi ultimi si sono trasformati 
nel primo»
33
. 
Il sogno, interpretato, diventa la via principale d'accesso all'inconscio, il sonno infatti è una 
condizione psichica durante la quale l'Io si riposa, abbandonando in parte e 
temporaneamente le sue difese all'emergere degli impulsi dell'Es. Una parte dell'azione 
dell'Io però rimane attiva, come azione di censura onirica, proibendo ai desideri inconsci 
quindi di manifestarsi nella loro sincera natura (contenuto latente).  
In base a queste considerazioni si può affermare che il sogno sia dunque la manifestazione 
camuffata di un desiderio rimosso. 
Un'altra importante intuizione freudiana, accanto a quella della scoperta dell’inconscio 
sono gli studi sulla sessualità. 
Ulteriori studi di Freud lo portano a identificare due grandi tipi di istinti presenti nell’Es 
dalla nascita: l’istinto di vita Eros e quello di morte Thanatos.  
Eros è l’energia che esprime i bisogni affettivi e sessuali ed è definita libido. Tale energia 
può essere intesa come riferita alla sessualità ma in modo più ampio si intende la funzione 
somatica che tende verso il piacere e che soltanto nell’ultimo stadio di sviluppo è 
funzionale alla riproduzione. 
La pulsione di morte, quella aggressiva può essere rivolta o verso l’interno di noi con la 
conseguenza autodistruzione o verso l’esterno prendendo la forma dell’odio.  
Sulla base dello studio di tali pulsioni, Freud sviluppa la “teoria dello sviluppo sessuale” 
nella quale propone che lo sviluppo psicologico dell’infanzia avvenga attraverso degli stadi 
psicosessuali così ordinati: fase orale, anale, fallica, latente e genitale.  
Stadi psicosessuali così definiti in quanto la sessualità e la sfera emotivo-affettiva 
maturano ed evolvono passando attraverso varie fasi, a ciascuna delle quali corrisponde 
una zona erogena del corpo sulla quale si concentrano gli impulsi libidici. 
All’interno dello sviluppo psicosessuale, Freud teorizza il “complesso di Edipo”. Con 
                                                
33
 Ibidem.