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CAPITOLO SECONDO
La disciplina OCSE in materia di Accordi per la Ripartizione di Costi
Sommario: 2.1 La disciplina del Transfer Pricing tra diritto convenzionale e soft law. - 2.1.1
Il concetto di CCA secondo i principi generali OCSE. – 2.1.2 La valutazione delle condizioni di
libera concorrenza. – 2.1.3 La distinzione tra service CCA e gli Intra-Group Services secondo
EU Joint Transfer Pricing Forum. – 2.2 L’evoluzione della Disciplina OCSE in materia di Cost
Contribution Arrangements dal Report 1979 alle attuali Guidelines. – 2.2.1 Lo sviluppo della
disciplina OCSE dal Report 1979 alle Guidelines 2010. – 2.2.2 Gli sviluppi più recenti in
materia di accordi di ripartizione dei costi. – 2.3 Conformità al principio del valore normale:
l’evoluzione della materia sino ai recenti Final Reports OECD.
2.1. La disciplina del Transfer Pricing tra diritto convenzionale e soft law
Come è stato descritto nel Capitolo Primo, la disciplina del transfer pricing è
stata sviluppata principalmente con l’obiettivo di evitare fenomeni di
allocazione ottimale del reddito all’interno di gruppi multinazionali, sfruttando
il differenziale di imposizione tra giurisdizioni. Tuttavia, sarebbe una
considerazione erronea ritenere la disciplina del transfer pricing quale norma
avente unicamente valenza antielusiva: secondo la tesi maggioritaria appare
più confacente la lettura “neutra” del transfer pricing
65
che ne definisce un
perimetro più ampio per la corretta delimitazione della potestà impositiva
degli Stati. La determinazione del prezzo di trasferimento viene quindi fatto
rientrare tra gli strumenti di misurazione del reddito prodotto nel territorio
dello Stato volto a contrastare qualsiasi fattispecie di riduzione dell’imponibile
rispetto allo standard medio-normale. La disciplina si salda strettamente con
il principio di territorialità “in funzione di una corretta determinazione della
base imponibile maturata entro la giurisdizione dello Stato che permette a
quest’ultimo di esercitare la propria competenza fiscale in relazione alle
65
Per approf. si veda Ballancin A., Rassegna Tributaria, 1/2014, pag. 77.
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attività svolte nel proprio territorio
66
”. In una transazione inter-company, il
margine lordo prodotto dall’operazione, viene ripartito tra parti appartenenti
allo stesso soggetto economico, localizzati in Stati diversi. Di conseguenza, il
maggiore o minor prezzo riconosciuto al servizio ha come effetto, un minore
o maggior reddito imponibile in capo al soggetto acquirente. Per
l’Amministrazione Finanziaria è interesse evitare che si possa alterare il
valore economico del prezzo del servizio tra le due parti e che
conseguentemente si possano causare perdite di gettito in uno dei due Stati
coinvolti.
Una definizione più ampia della disciplina del transfer pricing è interpretabile
nell’art. 9 del Modello di convenzione dell’OCSE
67
, quest’ultimo considerato la
base delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni che lo Stato
italiano stipula. La ratio di tale articolo trova la propria genesi nell’obiettivo di
limitare la penalizzazione dei redditi derivanti da transazioni internazionali,
accordandosi gli Stati contraenti nel ripartire le rispettive sfere di sovranità
impositiva
68
.
Nella disciplina in esame l’ipotesi di doppia imposizione internazionale
69
si
verifica a seguito delle possibili rettifiche a valore normale
70
effettuate dalle
Amministrazioni Finanziarie dei singoli Paesi, nel caso in cui il reddito di una
66
Ibidem.
67
L’art. 9 par. 1 del Modello OCSE prevede: “allorché un’impresa di uno Stato contraente
partecipi direttamente alla direzione, al controllo o al capitale di un’impresa dell’altro Stato o
le medesime persone partecipino, direttamente o indirettamente, alla direzione, al controllo
o al capitale di un’impresa di uno Stato contraente e di un’impresa dell’altro Stato
contraente e, nell’uno e nell’altro caso, le due imprese, nelle loro relazioni commerciali o
finanziarie, sono vincolate da condizioni, accettate o imposte, diverse da quelle che
sarebbero state convenute tra imprese indipendenti, gli utili che, in mancanza di tali
condizioni, non sono stati così realizzati, possono essere inclusi negli utili di questa impresa
e tassati di conseguenza”.
68
Si veda Valente P., Manuale di Transfer pricing, IPSOA, pag. 82.
69
È necessario distinguere tra doppia imposizione giuridica ed economica:
La doppia imposizione economica è la duplica tassazione, in capo a soggetti diversi,
di un reddito di identica natura economica;
La doppia imposizione giuridica è la duplice tassazione, in capo allo stesso soggetto
dello stesso reddito giuridicamente qualificato.
Per approfondimenti si veda Garbarino, Manuale di tassazione internazionale, cap.3.
70
Si veda il paragrafo 1.2.2 sui presupposti oggettivi.
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società effettivamente dichiarato sia inferiore a quello che avrebbe dichiarato
se il servizio inter-company fosse stato valorizzato secondo il principio di
libera concorrenza
71
. Se a tali aggiustamenti, definiti nell’ art. 9 del Modello
OCSE, Primary adjustments, non corrispondono dei Correlative adjustments,
definiti come gli aggiustamenti che l’Amministrazione Finanziaria riconosce
alla società conseguentemente alla ripresa a tassazione di un costo, allora
può verificarsi una potenziale doppia imposizione. Tale fattispecie di doppia
imposizione può essere evitata quindi grazie alla cooperazione tra le
Amministrazioni Finanziarie dei Paesi coinvolti e cioè, “con la rinuncia alla
ripresa a tassazione del costo eccedente il valore normale da parte
dell’Amministrazione Finanziaria dello Stato di residenza della Società che
beneficia del servizio oppure con l’aggiustamento correlativo in diminuzione
del reddito della società che presta il servizio
72
.”
L’applicazione di tale istituto ha inoltre il fine di una corretta attribuzione
della potestà impositiva dei singoli Stati attraverso l’individuazione di un
metodo di valutazione riconosciuto.
73
Tuttavia vi sono tesi che sostengono
che in realtà tale istituto limiti la potestà impositiva dei singoli Stati “When
considering the treaty rules corresponding to Article 9, it should be noted
that the DTCs merely restrict, rather than generate, domestic law. The first
conclusion to be drawn from this is that Article 9 by itself cannot be an
independent legal basis for upward income adjustments […] The only legal
basis for profit adjustments between associated enterprises are, therefore
the rules of domestic law
74
” e nello stesso senso il dott. Maisto afferma: “Le
previsioni contenute negli accordi bilaterali – seguendo lo schema tipico delle
71
Si veda nota 59.
72
Cit. Garbarino, Manuale di fiscalità internazionale, pag. 1191.
73
Tuttavia vi sono tesi contrapposte riguardo all’applicazione di tale istituto: tramite
l’articolo del Modello OCSE non viene introdotto un ulteriore presupposto di tassazione
rispetto a quello previsto dalla normativa domestica, ma al contrario si limita la potestà
impositiva dello Stato, vincolandolo al rispetto dei principi posti dalla norma ed al rispetto
dell’arm’s length principle. (Si veda Dragonetti, Manuale di fiscalità internazionale).
74
Vogel K. Double taxation convention, Kluwer law international, terza edizione, pag. 521.
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disposizioni di diritto convenzionale pubblico sui conflitti di norme – sono
finalizzate alla ripartizione del potere impositivo tra due Stati contraenti, per
cui la norma convenzionale sul transfer pricing non ha la funzione di
introdurre un criterio di valutazione del reddito delle imprese, in quanto tale
funzione non si inserirebbe nel contesto della ripartizione del potere
impositivo
75
”.
Per consentire l’immissione nell’ordinamento italiano delle disposizioni
convenzionali è necessario che quest’ultime siano recepite come fonte di
diritto nazionale. Nel caso italiano, l’introduzione delle disposizioni
convenzionali è spesso avvenuta tramite legge ordinaria. All’interno della
gerarchia delle norme, la posizione delle disposizioni convenzionali dipende
dal rango dell’atto interno: essendo trattata come legge ordinaria le
disposizioni in esame avranno forza di legge.
Come viene poi definito nell’ art. 38 dello Statuto della Corte internazionale
di Giustizia
76
, al fine di regolare le divergenze poste in essere tra Stati,
vengono applicate primariamente le convenzioni internazionali. Di
conseguenza, l’inserimento del principio di libera concorrenza nella
Convenzione OCSE contro la doppia imposizione determina l’immediata
applicabilità dello stesso all’interno degli ordinamenti nazionali.
Tuttavia data la complessità della disciplina del transfer pricing, alla c.d. hard
law si affiancano le attività dell’OCSE, che svolge un continuo aggiornamento
delle Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax
Administration, e le attività di interpretazione svolte dallo EU Joint Transfer
Pricing Forum (JTPF).
75
Cfr. Maisto G., il transfer pricing nel diritto tributario italiano e comparato, pag 79.
76
L’art. 38 dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia è spesso considerato come
una chiara esposizione delle fonti dell’ordinamento giuridico internazionali. Nello specifico si
dispone che in caso di controversie si applicheranno primariamente le convenzioni
internazionali, le consuetudini internazionali, i principi generali di diritto riconosciuti dalle
nazioni civili e subordinatamente alle condizioni specificato nell’art. 59 del medesimo
Statuto, anche le decisioni giudiziarie e la dottrina degli autori più altamente qualificati.
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Tuttavia, le appena descritte organizzazioni producono strumenti
paralegislativi (la c.d. soft law
77
) o giuridicamente destrutturati
78
,
rappresentati da comunicazioni, raccomandazioni, note d’interpretazione et
similia. In quanto tali vengono riconosciuti, in negativo, nel sopracitato art.
38 e non costituiscono pertanto una fonte di diritto internazionale. La
dottrina si è espressa obiettando che benché l’articolo definisca un perimetro
di hard law
79
, quest’ultimo non limita in alcuno modo la capacità legislativa
internazionale dei singoli ordinamenti e che anche se lo strumento è non
vincolante, è possibile che produca conseguenze, non necessariamente
obbligazioni legali, in capo allo Stato membro.
L’analisi quindi non si è concentrata più sulla distinzione tra binding e non-
binding agreements poiché “there may be instruments framed as
recommendations or guidelines which are generally considered to be non-
binding even though this is not explicitly stated. Similarly, in the opinion of
Baxter (1980) it would be excessively simplistic to dived norms into those
that are binding and those that are not, since even those which are not
binding could have certain legal effect
80
”. Diverse sono state le posizioni
contrarie nel considerare il sistema non binario
81
, tuttavia la prassi ha
dimostrato come la realtà non sia riconducibile alla sola distinzione tra
binding e non-binding.
77
Per approfondimenti in merito a soft law e hard law si veda Mostacci E., La soft law nel
sistema delle fonti: uno studio comparato, CEDAM, 2008, nel quale si definisce soft law: “un
insieme disomogeneo di atti e fatti normativi che sotto qualche profilo non poteva essere
ricondotto alla normale tipologia delle fonti del diritto di stampo autoritativo, stante la tenue
efficacia giuridica oppure il carattere partecipativo dell’iter di adozione.”
78
Il termine è di Cipollina S., Armonizzazione vs competizione fiscale, pag.107.
79
Per Hard law si intendono le fonti del diritto comunitario di natura propriamente
legislativa.
80
Vega, International governance through Soft law, pag. 7.
81
Sul punto, la teoria alla base della tesi binaria afferma che: “the reason is that soft law
may be created through mechanism which do not fulfil all the requirements for the creation
of the hard law (such as transparency, public debate and democratic legitimacy) but, in spite
of that, it may end up hardening. As a result, Rose and Page (2001) consider that soft law
could be seen as legislation through the back door, with the corresponding deficiencies in
terms of public scrutiny and accountability”. In Vega, International governance through soft
law, pag.8.