INTRODUZIONE
Il presente lavoro di tesi si propone di fornire un’analisi delle politiche per l’accesso alla cultura
indirizzate alle nuove generazioni (0-13 anni), ovvero ciò che viene offerto loro in termini di
percorsi e attività ideati su misura. Spazi e servizi pensati e creati appositamente per i bambini,
dovuti alla crescente attenzione posta sul binomio cultura - nuove generazioni. In questo
elaborato prenderò in considerazione la fascia d’età da 0 a 13 anni. Tale target raggruppa diversi
segmenti di pubblico: da 0 a 3 anni, da 3 a 5 anni (scuola dell’infanzia), dai 6 ai 10 (scuola
primaria) ed infine dagli 11 ai 13 (scuola secondaria di primo livello). Una scelta già operata in
molti settori culturali al fine di proporre un’offerta il più possibile adeguata ai diversi livelli d’età
e di crescita, tenendo conto delle differenti caratteristiche, bisogni e aspettative proprie
dell’infanzia e dell’adolescenza. Tuttavia, la letteratura presa in esame non offre una distinzione
netta tra bambini, ragazzi e giovani e, ad oggi, non ci sono nemmeno studi che presentino
un’analisi di questo preciso target 0-13 all’interno del settore culturale.
Il primo capitolo si propone di offrire una panoramica sui musei dei bambini in Italia, i
Children’ s Museums e sugli aspetti innovativi di questi, come l’approccio hands on, rispetto ai
musei “tradizionali”. Il secondo prenderà in esame alcuni musei all’estero come il Brooklyn
Children’ s Museum, Eureka! Il museo dei bambini nel Regno Unito, il Kindermuseum ad
Amsterdam, lo Zoom Museum di Vienna ed altre esperienze in giro per l’Europa. Il terzo capitolo
approfondirà altri settori culturali come le mostre, le esposizioni temporanee e i laboratori rivolti
a bambini e ragazzi. Il quarto tratterà del teatro ragazzi dagli anni Settanta ad oggi, delle sue
caratteristiche, finalità, delle compagnie professionali e non che lavorano in questo ambito e dei
festivals. Infine nel quinto si osserveranno le realtà sul territorio regionale, le gallerie, i musei
civici, i teatri e le fondazioni di Parma, Reggio Emilia e Modena.
È importante motivare e spiegare questo apparente squilibrio presente tra lo spazio dedicato
ai musei dei bambini e al teatro ragazzi. La ragione per cui l’attenzione viene maggiormente
dedicata al settore museale è dovuta semplicemente a due motivi: uno cronologico e uno pratico.
I primi Children’ s Museums nascono agli inizi del 1900, precedentemente rispetto al teatro
ragazzi che ha origine negli anni Sessanta- Settanta dello scorso secolo. Anche la didattica
museale e gli approcci finalizzati a coinvolgere il bambino e a farlo avvicinare al museo sono
precedenti rispetto all’interesse del settore teatrale per il teatro ragazzi. Per questo motivo i
Children’ s Museums hanno avuto modo di essere maggiormente sperimentati, studiati e
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documentati ed è stato possibile accedere a un maggior quantitativo di materiale riguardante il
tema che ha conseguentemente permesso un’analisi più approfondita di queste realtà. Tuttavia, in
questo lavoro di tesi, pareva allo stesso modo importante aprire una parentesi sul settore teatrale
che, a partire dalla seconda metà del Novecento, ha dato prova, con il teatro ragazzi e con le
iniziative promosse, di essere molto presente e importante per la crescita culturale di bambini e
ragazzi.
Garantire un accesso più ampio possibile alla cultura e ai beni culturali è, da alcuni decenni,
uno dei temi più dibattuti nell’ambito delle politiche culturali in numerose nazioni europee. A
partire dalla fine degli anni Cinquanta, il principio della democratizzazione della cultura ha
cominciato ad affacciarsi timidamente nelle agende politiche di alcuni paesi (come Francia e
Regno Unito) e di istituzioni come il Consiglio d’Europa e si sono sviluppate strategie di azione
tese a favorire la fruizione a più ampie categorie di pubblico.
Lo stesso termine “accesso” può essere inteso in una duplice accezione: quella più
prettamente materiale, legata ad un’equa distribuzione delle istituzioni culturali sul territorio e
alle modalità volte a favorire l’accessibilità fisica ed economica per tutti; e quella più ambiziosa,
di tipo sociale, che agisce sulle condizioni che creano il desiderio di cultura. “La posta in gioco
delle politiche di democratizzazione consiste nel far accedere alla cultura l’insieme dei cittadini.
[…] Le politiche di democratizzazione, sostenute a lungo da teatri e biblioteche, e più
recentemente dai musei e dai loro servizi culturali, mirano ad assicurare un eguale accesso di
tutti alla cultura” .
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La possibilità da parte di ogni cittadino di beneficiare della cultura è alla base di tutti gli stati
democratici con moderne politiche culturali. In questi paesi, dove il pluralismo è un valore e la
cultura viene percepita come un bisogno, sono nate e si sono sviluppate diverse culture come per
esempio la cultura infantile e quella giovanile. In queste nazioni le politiche culturali,
rivolgendosi a tutti, si occupano delle diverse culture presenti. “The democratization of culture
and cultural democracy must go hand in hand to form what I call a double-strategy cultural
policy. […] Cultural policy should be seen as a step toward a more evolved democracy. […] A
modern cultural policy must develop a double strategy for several reasons. First, the
development within the cultural domain is characterized by the fact that the new middle classes
have increasingly become the bearers of culture but without developing a monoculture. On the
C. Fourteau, “Beni culturali e accesso alla cultura: un doppio approccio” in Economia della Cultura, anno XVI,
1
2006, no 2, p.147-148.
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contrary, subcultures have evolved, such as a children’s culture, a youth culture […] and several
others. […] The growth of these new classes has generally caused society to become more
obviously pluralistic, which in turn affects cultural needs. A modern cultural policy must be
correspondingly pluralistic when trying to satisfy a great variety of needs. […] A modern cultural
policy cannot include only those persons who are interested in traditional theatre, museums, or
classical music – in other words, high culture” .
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Nel 1924 la Quinta Assemblea Generale della Società delle Nazioni approva la
Dichiarazione di Ginevra o Dichiarazione dei Diritti del bambino, la quale afferma le necessità
materiali e affettive dei minori, percependoli però come destinatari passivi e chiamando in causa
l’umanità intera in loro difesa, senza però attribuire agli Stati degli obblighi precisi. Nel 1954, la
Convenzione Culturale Europea afferma il principio della cooperazione nel settore culturale con
l’obiettivo di promuovere la conoscenza e la comprensione della cultura tra tutti i suoi membri,
anche i più giovani. Nel corso degli anni Sessanta, grazie al Consiglio d’Europa e all’UNESCO,
il concetto di politica culturale ha cominciato a tradursi in una serie di “modelli” di sviluppo
culturale basati sulla democrazia culturale, ossia sulla partecipazione e l’animazione socio-
culturale, sul decentramento e sulla promozione. Successivamente nel 1959 in seguito
all’approvazione della Dichiarazione dei Diritti del fanciullo, l’Organizzazione delle Nazioni
Unite (ONU) approva una Carta che mantiene gli stessi intenti previsti nella Dichiarazione di
Ginevra e che, tuttavia, richiede agli Stati di riconoscere i principi in essa contemplati e di
impegnarsi nella loro applicazione e diffusione.
Infine nel 1989 a New York viene approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la
Convenzione sui diritti dell’infanzia, destinata ad essere lo strumento normativo internazionale
più importante in materia di tutela e promozione dei diritti dell’infanzia. La Convenzione entra in
vigore nel 1990, divenendo strumento giuridico vincolante per tutti gli Stati che la ratificano, che
ad oggi sono 193. Secondo la definizione della Convenzione sono “bambini” gli individui di età
inferiore ai 18 anni (art.1), il cui interesse deve essere tenuto in primaria considerazione in ogni
circostanza (art.3).
L’Italia ha ratificato la Convenzione sui diritti dell’infanzia il 27 maggio 1991 con la legge
n. 176/91 e, in questo arco di tempo, anche il diritto italiano ha uniformato le norme di diritto
interno a quelle della Convenzione. Con l’avanzare del tempo si amplia la lista dei diritti del
J. Langsted, “Double Strategies in a Modern Cultural Policy”, in Journal of Arts Management and Law, 19:4,
2
(1990: Winter), p. 59.
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bambino, divenendo sempre più ricca e completa, segno di una nuova consapevolezza dei suoi
diritti ed esigenze, tanto che in Emilia-Romagna, a Bologna precisamente, nasce nel marzo 2011
la Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura. Quest’ultima sancisce diciotto principi tra
i quali: i bambini hanno diritto ad avvicinarsi all’arte, in tutte le sue forme, a sperimentare i
linguaggi artistici, a frequentare le istituzioni artistiche e culturali della città e le sue proposte
indipendentemente dalle condizioni sociali ed economiche di appartenenza. Hanno diritto a
condividere con la famiglia il piacere di un’esperienza artistica, a frequentare una scuola che sia
una reale via d’accesso a una cultura diffusa e pubblica, e dunque a vivere e fruire di esperienze
culturali liberamente.
Il documento-manifesto è promosso dal Teatro Stabile d’innovazione per l’infanzia e la
gioventù, La Baracca-Testoni Ragazzi di Bologna ed è già stato insignito della medaglia del
Presidente della Repubblica. Numerose istituzioni culturali che si occupano di arte per l’infanzia
in diversi paesi europei hanno aderito a questa Carta così come diverse personalità dello
spettacolo, dell’informazione, del mondo economico e scientifico. La Carta viene patrocinata e
sostenuta dalla Commissione Europea, dalla Commissione bicamerale per l’infanzia del
Parlamento italiano, dall’Università e dal Comune di Bologna. “È sempre più problematico
l’accesso dei bambini ai luoghi di cultura, intesi non come luoghi di intrattenimento ma di
formazione. La Carta vuole affermare che i bambini sono soggetti a cui rivolgersi oggi” ha
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spiegato il curatore Roberto Frabetti, esprimendo la necessità di avvicinare i bambini alla cultura
il prima possibile.
“In recent decades a different and more active view of the child has found its way into much
research, offering a more adequate perception of children’s role in society.” Ultimamente si è
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verificato un cambiamento non solo legato alla visione del bambino, ma anche alla sua presenza
nella famiglia, al suo potere decisionale nelle scelte famigliari. Oggi i genitori, a differenza del
passato, decidono insieme ai propri figli, dai quali sono influenzati nei vari processi decisionali.
“While children might have limited financial resources, they are known to have an impact on
family purchases, not only on those designed for them specifically but also on a wide range of
products. More and more marketers are taking advantage of this and are employing different
techniques when advertising products to children as well as to adults […] The influence children
http://cartadeidiritti.testoniragazzi.it/
3
J.Qvortrup, Childhood as a Social Phenomenon. An Introduction to a Series of National Reports,
4
Barndomsprojektet, University Centre of South Jutland, Esbjerg, 1990, p. 38.
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have is particularly salient regarding the destination-related and activities-related sub-decisions,
such as where to go, what type of service, what kind of activities to participate in” .
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I palesi cambiamenti di carattere sociale ed economico avvenuti negli ultimi decenni hanno
trasformato la fruizione di beni e servizi culturali da parte delle famiglie con bambini. “Social
change in the second half of the twentieth century had a significant impact on families. The
higher percentage of women working outside the home has completely rearranged family life.
Families spend less time together. Children’s daily routine is arranged around school time - a
formal learning environment - and organized leisure time. There is very little time for
unorganized free play. […] In times of high divorce rates, parents are often looking for spaces
where they can spend “quality time” with their children on weekends. The leisure industry offers
a variety of possibilities for family entertainment, all competing with each other. […] and
children are no longer left with grandparents while their parents explore museums all over the
world” .
6
I cambiamenti che hanno interessato anche i settori culturali, (la citazione menziona solo i
musei, ma il fenomeno è esteso a tutti gli ambiti) si sono trovati a dover applicare nuove
politiche e tecniche per poter affrontare i mutamenti. Le scuole e le famiglie sono sempre state
un pubblico rilevante per il settore culturale, ma oggi ancora di più e proprio per questo nascono
percorsi progettati per i bambini accompagnati dai genitori o dagli insegnanti. “Along with social
change the political, economic, and financial situation in many countries of the western
hemisphere has changed in the last fifteen years. Countries and communities are facing
economic crisis that have led to falling income in the public sector. Especially in European
countries that are traditionally highly funded by the public purse, museums have been losing
government support. More and more governments are expecting museums to expand their
audiences. Schools and families are an important visitor potential for museums” .
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L’accesso al settore culturale (musei, teatri, festival, spettacoli, mostre) durante infanzia,
adolescenza e giovinezza rende più probabile la loro fruizione futura. Tuttavia si pone un
problema, in quanto l’effettiva influenza del consumo giovanile sulle scelte adulte non è
K. Wu, K. Holmes, J. Tribe, “Where do you want to go today? An analysis of family group decisions to visit
5
museums” in Journal of Marketing Management, vol.26, no 7-8, July 2010, p.707.
C. Haas, “Families and Children Challenging Museums” in The Manual Museum Learning, Ed. Barry Lord,
6
Altamira Press, U.S., Maryland, 2007, p.51.
Ivi p.52.
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7
dimostrata. Queste argomentazioni sono state sostenute dagli studiosi Morrison e West e in
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seguito da Trimarchi .
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Mentre secondo Bourdieu , molto importante per la domanda di spettacolo è il concetto di
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capitale culturale, che si riferisce all’insieme di risorse provenienti dall’istruzione ricevuta in
ambito sia scolastico che familiare nonché individuale. Quindi il consumo di beni culturali
dipende non solo dalle risorse monetarie dell’individuo, ma dalla quantità e qualità di capitale
culturale che si possiede, che ne determina la frequenza, i modi e i mezzi di consumo .
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Un altro contributo teorico rilevante è quello di Becker e Murphy del 1988 che riguarda il
tema dell’assuefazione e del learning by consuming . L’approccio di Becker e Murphy è utile
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perché afferma che il gusto per le arti è dipendente dal cammino percorso fino a quel momento.
Throsby nel 1994 sostiene che il consumo culturale porta sia alla soddisfazione di un bisogno
attuale, ma anche all’accumulazione di conoscenza capace di modificare le nostre scelte future.
Quindi la dipendenza è frutto di un processo di learning by consuming o cultivation of taste, in
quanto l’esperienza rende possibile la scoperta dei propri gusti. Infatti egli sostiene: “Dal lato
della domanda, la figura astratta del consumatore che massimizza l’utilità in una dimensione a-
temporale viene sostituita nei mercati culturali da un individuo la cui attitudine è cumulativa e
quindi dipende dal tempo. […] Il consumo culturale può essere interpretato come un processo
che contribuisce sia alla soddisfazione immediata, sia all’accumulazione di conoscenza e di
esperienza che guiderà il consumo futuro” .
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Cfr. W.G Morrison, E.G.West, “Child exposure to the performing arts: the implications for adult demand” in
8
Journal of Cultural Economics, 10, 1986, pp.17-24.
Cfr. M. Trimarchi, Economia e cultura: organizzazione e finanziamento delle istituzioni culturali, Franco Angeli,
9
Milano, 2002.
Pierre Bourdieu (1930 – 2002) importante sociologo, filosofo e antropologo francese del Novecento. Il suo lavoro
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investì un’ampia gamma di argomenti, quali l’etnografia, l’arte, la letteratura, la pedagogia, il linguaggio, la cultura
e l’economia.
Cfr. P. Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto, Il Mulino, Bologna, 1983.
11
Becker, Gary S & Murphy, Kevin M, “A Theory of Rational Addiction” in Journal of Political Economy,
12
University of Chicago Press, vol. 96(4), pages 675-700, August 1988.
D. Throsby, Economia e Cultura, Il Mulino, Bologna, 2005, p. 49.
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