5 
coniugi (29), protegge la maternità(31), pone la salute, fisica, psichica e morale, 
come fondamentale diritto dell’individuo(32). 
Inoltre la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle 
libertà fondamentali ( 4 Novembre 1950) e il trattato istituito dall’Unione Europea 
(1 Novembre 1993) prevedono la tutela dei diritti della persona. 
Il maltrattamento è, per me, da definirsi come una violazione dei confini del 
proprio corpo, come abuso della forza in condizioni impari, come atto di sadismo, 
come manifestazione di un narcisismo perverso, come politica della violenza. 
Nello specifico il maltrattamento su minore avviene quando il bambino viene a 
trovarsi inserito in un sistema familiare  chiuso e patologico, in cui, al posto di 
ricevere una educazione, ( protezione , cura , amore ), egli diventa vittima di 
vissuti, emozioni, sentimenti e comportamenti  negativi come : il rifiuto, la 
denigrazione, la trascuratezza, l’abuso, il disamore. 
I significati disadattivi e patologici vengono veicolati attraverso un tipo 
particolare di comunicazione, la comunicazione perversa. 
In riferimento all’educazione perversa dobbiamo pensare alla presenza continua e 
perpetuata di schemi comportamentali  errati, dis-adattivi, agiti sulla prole. 
Può essere infatti previsto un qualche errore educativo, un’adempienza o una 
difficoltà momentanea del genitore, durante il duro compito dell’educazione dei 
figli. Diventa patogena, invece, l’assenza abitudinaria di un atteggiamento 
sensibile e rispettoso verso i propri figli. 
Il disamore è un concetto espresso da Bernard Lambert 
3
 di cui riportiamo le 
parole: 
“Il disamore è un sistema distruttivo che in certe famiglie, si abbatte su un 
bambino e vorrebbe farlo morire, non si tratta di una semplice mancanza d’amore, 
ma dell’organizzazione, al posto e in luogo dell’amore, di una violenza costante, 
che il bambino non solo subisce, ma interiorizza, al punto che si arriva a un 
doppio ingranaggio con la vittima che finisce con il dare il cambio alla violenza 
esercitata contro di lui per mezzo di comportamenti autodistruttivi.” 
Esemplare e chiara, la sua definizione ci offre un primo spunto su cui riflettere 
rispetto la complessità di questa tematica. 
Come abbiamo visto lo Stato delega alla famiglia il diritto e il dovere di educare 
la propria prole alla formazione di una personalità sana e felice. Alla famiglia , è 
preposto l’obbligo di fornire le basi economiche per la sussistenza primaria e per 
tutto ciò che concerne il sano sviluppo psico-affettivo del soggetto. 
La prole ha diritto anche  ad una educazione scolastica e di avere quindi nelle 
mura domestiche uno spazio tranquillo e sereno dove poter studiare e crescere 
serenamente. Prendiamo ancora in prestito i dati forniti dalla ricerca metodologica 
della rivista americana “Child Abuse & Neglect”
4
. Bambini vittime di abusi 
presentano un deficit di attenzione, di concentrazione e di comprensione per 
quanto riguarda la condotta scolastica, una forte correlazione agli insuccessi 
scolastici è dovuta all’abbassamento di autostima prodottosi nel bambino a 
seguito delle denigrazione operata a suo carico dal genitore perverso. Queste 
                                                   
3  Lambert ,B.,1991 “Psicologia della melancholia” bologna il Mulino 
4 Reynolds,M.,Wallace,J.,Hill,T.,Weist,D.,Nabors,L.,2000”The relationship between gender, 
depression, and self-esteem in children who have witnessed domestic violence”in “child abuse and 
Neglect,25,2001,elsevier science ltd. 
6 
convinzioni depressive influenzano anche le condotte relazionali con i compagni 
di scuola che vanno dalla asocialità alla antisocialità . 
La protezione della propria prole si acquisisce automaticamente in senso giuridico 
nel momento in  cui si mette al mondo un bambino. Essa implica che il bambino 
in futuro sarà in grado di proteggersi da solo. 
Proteggersi è un azione auto-conservativa che implica sia sapersi difendere dagli 
altri pericolosi, sia saper mantenere  buone relazioni in maniera duratura. 
Nella famiglia maltrattante si impedisce al bambino di sviluppare delle buone 
competenze sociali trasmettendo in lui uno stile relazionale fortemente deviato. 
Il concetto di devianza riferito al comportamento maltrattante ci viene incontro 
per sottolineare l’etichetta di anomalo e anti-giuridico che questo atto esprime. 
Non è abitudine, non è costume, non è morale, in definitiva non è normale agire 
violenza sui propri figli, imponendosi su essi. Infatti, laddove si respira violenza e 
rifiuto si pongono le basi per la costituzione di un’identità negativa che 
compromette seriamente la possibilità di vivere tra gli altri in modo autentico e 
felice. 
Il tema del maltrattamento ci permette di chiarire quanto la capacità relazionale 
sia alla base di un sano sviluppo della personalità e di conseguenza di un felice 
costituirsi della società in cui si vive. Il danno che causa la famiglia abusante è un 
danno che si estende dal soggetto alla società, in cui esso cercherà un risarcimento 
per le deprivazioni avute. La società deve esserci, pronta a contenere questo 
disagio e a prevenirlo, legiferando e creando delle possibilità di cura e  
riabilitazione della famiglia nel suo complesso. Contenere queste situazioni 
significa farsi carico del minore o del più debole , come la coniuge, e dello stesso 
abusante, per realizzare concretamente quel Welfare State che ci insegna a 
convivere. Le istituzioni che intervengono prontamente nella presa in carico della 
famiglia maltrattante non solo la salvano ma insegnano allo stesso tempo la 
solidarietà, l’altruismo, la giustizia a quelle stesse famiglie maltrattanti. La realtà è 
che oggi lo Stato  perlopiù connive con l’abusante nella maggior parte dei casi, 
lascia che le faccende sporche rimangano tra le pareti private, denotando 
legittimazione della violenza sui figli e convinzioni individualiste. 
In definitiva le relazioni fondate sul rispetto e sulla non violenza sono l’unico 
farmaco efficace nel tempo per mantenere in salute qualsiasi aggregazione sociale 
dalla famiglia , al lavoro , alla società. 
È la relazione quindi che, tramite la comunicazione diretta e indiretta, significa e 
costruisce l’esistenza. Attraverso l’imprinting genitoriale non si trasmettono solo 
qualità positive come l’onestà e il rispetto per gli altri, ma anche la diffidenza 
verso gli altri e il disprezzo per i più deboli. 
In altre parole in qualsiasi relazione, da quella familiare  a  quella terapeutica, si 
agisce direttamente o indirettamente sull’altro. 
Nell’ampia gamma di situazioni traumatiche che colpiscono l’esistenza umana, 
concentro la mia attenzione  sull’esperienza del maltrattamento in ambito 
domestico e sulle sue conseguenze sulla salute psico-fisica del abusato.  
In questa particolare dinamica familiare il figlio vittima è soggetto a traumi 
prolungati sotto il totale controllo di un persecutore (hermann 1992). 
La definizione di abuso infantile può variare da un ristretto punto di 
focalizzazione, limitato ad una lesione prodotta intenzionalmente, ad un ampio 
7 
campo d’azione che comprende ogni evento che contrasta il potenziale sviluppo di 
un bambino. Compresi in questa definizione sono gli atti omissivi e gli atti 
commistivi, danni fisici, psicologici o sessuali, provocati al bambino da un 
genitore o dalla persona alla quale il bimbo è affidato. 
La prima formulazione del concetto di abuso è stata promulgata dal IV Colloquio 
Criminologico di Strasburgo del Consiglio di Europa (1981). 
Per abuso deve intendersi :  
“quel insieme di atti e carenze che turbano gravemente il bambino attentando 
alla sua integrità corporea e al suo sviluppo fisico, affettivo, intellettivo  e morale, 
le cui manifestazioni sono: la trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o 
psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cura del 
bambino”. 
Ad una definizione ampia è ispirata la Convenzione dei diritti dei minori, frutto 
del contributo di 43 paesi e di enti come l’UNICEF, OMS, UNESCO, e la Croce 
Rossa, approvata dall’Assemblea Generale dell’Onu e ratificata anche dall’Italia 
nel 1990. In essa si fa riferimento al : 
Danno o abuso fisico o mentale , trascuratezza o trattamento negligente , al 
maltrattamento , alle diverse forme di sfruttamento e abuso sessuale intese come 
induzione e coercizione di un bambino in attività sessuale illegale , lo 
sfruttamento nella prostituzione o in altre pratiche sessuali , lo sfruttamento in 
spettacoli e materiali pornografici , torture o ad altre forme di trattamento e 
punizioni crudeli , inumane degradanti , allo sfruttamento economico e al 
coinvolgimento in lavori rischiosi. L’introduzione che ho scritto insiste sulla 
crucialità della relazione d’abuso come modello disfunzionale per i futuri legami 
del bambino e per il suo inserimento felice nella società. Ciò che si evidenzia è la 
mancanza (deficit) che i sistemi maltrattanti lasciano alla personalità della vittima 
e la precarietà di strumenti sociali atti a colmare quest’assenza. La mia linea di 
pensiero ha preso forma nel tempo grazie ai riferimenti teorici di cui farò 
menzione e a quelli che per ragioni di spazio non potrò citare. Le teorie che 
seguiranno trovano nella qualità della relazione familiare la base da cui far 
dipendere la salute mentale, diversamente i sistemi di attaccamento fallimentari 
predisporranno alla formazione di disturbi del comportamento e delle relazioni,  di 
alterazioni di personalità e psicosomatiche. Il fenomeno della violenza diretta 
perpetuata, abuso minorile, verrà definito nelle sue conseguenze psicopatologiche, 
particolarmente rispetto al: Disturbo Post-traumatico da Stress, Disturbo di 
personalità  Multipla, Disturbo Borderline di Personalità. In conclusione 
presenterò quali sono oggi le linee di intervento socio-politico rispetto alla 
problematica dell’abuso minorile, facendo riferimento al Centro per il Bambino e 
per la Famiglia  del servizio Asl di Bergamo.  
8 
1 
 
 
LE CATEGORIE DELL’ABUSO INFANTILE 
 
 
1.1 Adattamento e vulnerabilità   
 
Il DSM,(Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali-American 
psychiatric association, Washington), ha presentato nelle sue diverse edizioni, una 
significativa evoluzione dei criteri attraverso i quali l’abuso e il maltrattamento 
sono stati descritti.  
Nel DSM-III (1980), le condizioni di abuso erano ancora comprese nell’Asse IV, 
dedicato agli eventi psicosociali stressanti: il focus era così spostato soprattutto 
sul carattere esterno, ambientale del fenomeno. 
A partire dal DSM-IV (1994), è stata posta una maggiore enfasi sulle condizioni 
cliniche post-traumatiche, descritte non solo nell’Asse IV, ma anche nell’asse I, 
riservato ai Disturbi Clinici: sono state aggiunte tra le condizioni che possono 
essere oggetto di attenzione clinica, “ i problemi correlati al maltrattamento fisico 
del bimbo , abuso sessuale del bimbo , abbandono del bimbo , maltrattamento 
fisico del bimbo , abuso sessuale dell’Adulto. 
L’interesse nel corso degli anni si è diretto da un punto di vista sia clinico che 
socio-culturale ad individuare le conseguenze per il bambino delle situazioni 
fortemente stressanti o traumatiche.Vengono osservate le dinamiche e i processi 
di vittimizzazione, le loro precondizioni e le possibili evoluzioni psicopatologiche 
e psicosociali. Molto spesso l’abuso infantile si svolge tra le paresti domestiche. 
Il bimbo che si trova a  crescere in una famiglia disfunzionale non è in grado di 
seguire una linea di sviluppo equilibrata , presenta spesso ritardi nel linguaggio e 
nelle relazioni sociali, corre il rischio di incontrare fallimenti negli studi e 
nell’inserimento lavorativo per divenire, a sua volta, un genitore inadeguato. Il 
destino di molti bambini è così segnato da un susseguirsi di fallimenti che 
possono aprire una strada che conduce alla devianza sociale o al disturbo mentale. 
Secondo l’OMS ( Organizzazione Mondiale della Sanità ) si configura una 
condizione di abuso e di maltrattamento allorché i genitori, tutori o persone 
incaricate alla vigilanza e custodia di un bimbo approfittano della loro posizione 
di privilegio e si comportano in contrasto a quanto previsto dalla Convenzione 
delle Nazioni Unite sui diritti del bambino (29/11/1989)
5
. 
Le distinzioni categoriali in questa materia hanno un valore soprattutto scolastico, 
ma non rispecchiano una realtà articolata come quella che si può osservare nella 
clinica. Nella pratica clinica ci si trova di fronte per lo più a situazioni miste.  
 
                                                   
5 La Convenzione Internazionale sui diritti del fanciullo è un trattato internazionale adottato 
dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e ratificato dal Parlamento Italiano nel 1991.Esso 
costituisce il trattato internazionale più approvato al Mondo. 
9 
L’abuso non è una diagnosi ma un evento traumatico, che interagendo con fattori 
di rischio, fattori protettivi e caratteristiche personali del bambino determina i 
diversi disturbi psicopatologici, non sempre riconducibili a un PTSD.
6 
 
 
Il bambino maltrattato non è considerabile solo come l’oggetto di azioni e di  
comportamenti dannosi da parte degli adulti che lo circondano, ma si pone al 
centro di un sistema complesso di cui fanno parte i punti di forza (Fattori 
protettivi) e di debolezza (Fattori di rischio) presenti nel bimbo stesso e nei suoi 
familiari, le caratteristiche del contesto ambientale e i fattori culturali da cui 
provengono e nel quale sono immersi. 
Adattamento e vulnerabilità vengono visti come risultati opposti dell’interazione 
tra fattori protettivi e fattori di rischio. Un fattore di rischio è una variabile che 
favorisce l’insorgere di una patologia, ma non costituisce da sola una condizione 
necessaria e sufficiente allo sviluppo del disagio. 
I fattori protettivi, invece, consentono di mantenere l’adattamento in condizione di 
esposizione a fattori di rischio. 
La psicopatologia può essere concepita come il risultato del prevalere di fattori di 
rischio  rispetto ai fattori protettivi nel corso della storia evolutiva di un individuo 
e in un particolare momento del suo sviluppo. 
I fattori di seguito elencati sono stati individuati da Cicchetti e Rizley ( 1981)
7
: 
 
Fattori di vulnerabilità duraturi. Includono le caratteristiche del bambino , o dei 
genitori , o ambientali , di natura biologica ( come un basso QI ), anamnestica       
(come un genitore a sua volta maltrattato), psicologica o sociale (come 
l’isolamento). A questi si  possono aggiungere le famiglie con genitori malati 
mentali, o la presenza di genitori tossicodipendenti.
8
.Kaufman et al. (1998)
9
 hanno 
riscontrato che i parenti di primo grado di un gruppo di bambini depressi e abusati 
presentavano un rischio nove volte maggiore di depressione rispetto al gruppo di 
controllo indicando uno specifico fattore di vulnerabilità familiare. E’ stato inoltre 
riscontrato nello stesso gruppo, un rischio da tre  a nove volte maggiore relativo 
ad altri disturbi dello spettro depressivo, quali la personalità antisociale e la 
dipendenza da alcool o da altre sostanze. 
Fattori di vulnerabilità transitori. Corrispondono a condizioni  a breve termine di 
natura stressante, come un’esperienza di perdita (del lavoro o di una relazione 
affettiva significativa ), una menomazione fisica o una malattia, difficoltà 
giudiziarie( come un genitore detenuto), problemi di coppia o familiari, la 
presenza di una madre con depressione post-partum, l’ingresso del bambino in 
una nuova e più difficile fase dello sviluppo. 
                                                   
6 Mezzalira E., Denora, S., Di biasi , S., Tora, M.,2001 , “Fenomenologia clinica e diagnosi 
nosofgrafica nei casi di abuso sessuale” , In “ Giornale di Neuropsichiatria dell’età evolutiva”, 
21,279. 
7 Cicchetti , D. , Rizley, R. , ( 1981) “Developmental perspective on the etiology , 
Intergenerational trasmission and Sequelae un Child Abuse and Neglect” in “ Journal of american 
Accademy of Child adolescent psychiatry” 34, 541-565 
8 Dusi,P.,1988, “Le famiglie con genitori tossicodipendenti”.in .Caffo, E., “Il rischio familiare e la 
tutela del bambino”Milano : Guerini e Associati. 
9 Kaufman,J.,Birmaher,B.,Brent,D.,Dahl,R.,Bridge,J.,Ryan,N.D., (1998)“Psychopathology in 
depressed abused children „ In. “Child abuse and Neglect” 22, 171-181. 
10 
Fattori protettivi duraturi .Comprendono condizioni relativamente permanenti 
come relazioni positive dei genitori con i loro stessi genitori, una buona qualità 
delle relazioni intime all’interno della coppia genitoriale, l’adesione a un credo 
religioso, oppure un patrimonio intellettivo nel bambino. 
Fattori protettivi transitori. Sono in grado di proteggere una famiglia dagli stress 
e sono,  per esempio, rappresentati da un improvviso miglioramento delle 
condizioni economiche, da un periodo di armonia della coppia genitoriale, o 
dall’uscita del bambino da una difficile fase di sviluppo. 
 
Una particolare attenzione meritano i fattori capaci di rendere un soggetto più 
resistente alle sollecitazioni traumatiche o stressanti che lo possono investire. Si 
tratta della cosiddetta resilience
10
: 
“..fenomeno manifestato da soggetti giovani che evolvono favorevolmente anche 
se hanno sperimentato una forma di stress che nella popolazione generale è 
conosciuta come in grado di comportare un serio rischio di conseguenze 
sfavorevoli.” La resilience si costituisce attraverso un processo che , nel corso 
dello sviluppo si costituisce su due assi, l’asse intrapsichico e l’asse relazionale-
interattivo. 
Gli aspetti fondanti di questo fenomeno sono almeno tre
11
: 
1-La differenziazione tra il sistema delle emozioni e il sistema cognitivo , che 
consente al soggetto di prendere distanza dalle proprie relazioni emotive  ed 
elaborarle attraverso le operazioni di razionalizzazione ; 
2-La presenza di necessarie e sufficienti abilità cognitive (QI , strategie di 
problem solving , capacità di concettualizzare e pianificare); 
3-La formazione di meccanismi di difesa normali o nevrotici, tali da consentire 
stili di coping maggiormente funzionali e adattivi. 
 
Nel 1991 il Child Protection Register inglese sintetizza in una definizione , le 
categorie dell’abuso infantile.
12
 
1 TRASCURATEZZA: 
grave o persistente negligenza nei confronti del bambino, o il fallimento nel 
proteggerlo dalla esposizione a qualsiasi genere di pericolo, incluso freddo o 
fame, o anche gli insuccessi in alcune importanti aree dell’allevamento che hanno 
come conseguenza un danno significativo per la salute e lo sviluppo, compreso un 
ritardo della crescita in assenza di cause organiche; 
2 MALTRATTAMENTO FISICO: 
implica un danno o il fallimento nel prevenirlo, inclusi gli avvelenamenti 
intenzionali, soffocamento e sindrome di Munchausen per procura. 
3 ABUSO SESSUALE: 
lo sfruttamento sessuale di un bambino o adolescente, dipendente e/o immaturo 
sul piano dello sviluppo, prostituzione infantile e pornografia. 
                                                   
10 Rutter, M., 1985 , “Resilience in the face of adversity protective factors and resistance to 
psychiatric disorders” in. “ British journal of Psychiatry, 47 , 598-611  
11 Delage, M., 2003, “La resilience : un nuveau concepì puor renouveler nos pratiques 
soignantes”In “ Pespsectives psichiatriques”, 42 , 152-153 
12 Gibbons,j.,Conroy,S.e Bell,C 1995 “Operating the child protection system” London , HMSO 
Publication 
11 
4 ABUSO EMOZIONALE: 
comunemente denominato anche maltrattamento psicologico, che si riferisce a 
persistenti maltrattamenti emotivi e atteggiamenti di rifiuto e di denigrazione che 
determinano conseguenze negative sullo sviluppo affettivo e comportamentale. 
Questa categoria è compresa in tutte le altre forme, ma può sussistere anche da 
sola. 
O’Hagan 1995 
13
, ribadendo il primato dell’emozione sullo sviluppo psicologico 
del bambino, distingue l’abuso emozionale  dal maltrattamento psicologico. 
L’abuso emotivo implica da parte dell’adulto una reazione emozionale stabile, 
ripetitiva e inappropriata all’esperienza del bambino e alle sue reazioni 
comportamentali. 
Il Maltrattamento psicologico , nella sua forme di denigrazione verbale , critiche e 
svalutazioni , si configura come una risposta comportamentale stabile, ripetitiva  e 
inappropriata che danneggia o inibisce lo sviluppo di alcune facoltà cognitivo-
emotive fondamentali quali l’intelligenza, l’attenzione, la percezione, la memoria. 
 
 
1.2 Alcuni dati … 
 
Il quadro sintetico dei dati che evidenzio, nasce dall’analisi della casistica dal 
gennaio 1985 al giugno 1997, giunta all’attenzione del Centro Per il bambino 
Maltrattato di Milano (CBM) e si riferisce a 448 minori segnalati per 
maltrattamenti diversi.
14
 
Vediamo subito quali sono le caratteristiche principali dei bambini o dei ragazzi 
vittime di violenza in base ad sesso, età e tipo di maltrattamento. 
In primo luogo notiamo una prevalenza di vittime di sesso femminile 231, pari al 
51,56% rispetto a quelle di sesso maschile pari a 217, ossia al 48,44 %. Il 
fenomeno che maggiormente ha inciso sul totale facendo prevalere le vittime 
femminili è certamente l’emersione dell’abuso sessuale che negli ultimi anni ha 
subito un notevole incremento. 
La distribuzione per fasce d’età mostra una lieve dominanza di bambini tra i 7 e i 
9 anni, 21% , ma in sostanza una distribuzione equa nelle altre fasce d’età. 
Le tipologie di violenza riscontrate segnalano un’alta percentuale di 
maltrattamento fisico, 46 % , seguito da abuso sessuale, 21 %, trascuratezza, 18%, 
maltrattamento psicologico, 7%, e situazione a rischio, 8%. 
In relazione all’autore della violenza prevale la modalità perpetrata da entrambi i 
genitori, 35% ,spesso all’interno di una situazione familiare conflittuale, e prevale 
il padre, 41 % più che la madre, 17%, il principale responsabile della violenza. 
Il dato sulla durata della violenza evince l’allarmante fenomeno di una cronicità 
della vittimizzazione del bambino che, in una percentuale molto alta, 31 %, vive 
in una condizione di abuso da più di 4 anni e nel 41% da 2 a 4 anni. 
 
 
 
                                                   
13 O’Hagan, K.P.1995 “Emotional and psychological Abuse . Problems in definitions” in “Child 
Abuse and Neglect”,19,4, pp.449-461 
14 Blasio,P., 2000 “Psicologia del bambino maltrattato” il Mulino, pp.23.