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INTRODUZIONE
L‟avvento del sonoro nel cinema nei primi anni del XX secolo rappresentò un cambiamento
epocale, oltre che estetico. A partire dalla fine degli anni Venti iniziarono a circolare in tutti
gli Stati europei i film in lingua originale corredati di dialoghi trascritti sulla pellicola che
riportavano le battute tradotte. Questo metodo, che riprendeva la struttura dei film muti, si era
rivelato un fallimento poiché, oltre a rendere poco interessante la visione del film a causa
delle continue pause necessarie alla visione dei dialoghi, era accessibile solo al pubblico più
alfabetizzato. Per fare in modo che i film fossero accessibili ad un pubblico più ampio, i
produttori cinematografici americani optarono per una soluzione piuttosto avanguardistica: le
scene venivano girate più volte in lingue diverse. Questa pratica ebbe vita breve per l‟alto
costo che queste riprese comportavano, consentendo la nascita di un procedimento traduttivo
che si è perfezionato nel corso del tempo tanto da essere stato definito come “l‟ottava arte”: il
doppiaggio. A partire dal 1933 e fino ai giorni nostri tutte le pellicole americane furono
pubblicate con lingue diverse dall‟originale, consentendo così il fiorente sviluppo del mercato
del doppiaggio cinematografico. In Italia, in particolare, questa pratica fu favorita
dall‟avvento del regime fascista, il quale, applicando una rigida censura, intendeva preservare
la purezza della lingua italiana dalla contaminazione di termini stranieri.
Quando si pensa al doppiaggio però si commette l‟errore di immaginare che si tratti della
mera trasposizione dei dialoghi dalla lingua d‟origine a quella di arrivo. Questo non è esatto.
Il testo doppiato, a differenza di quello letterario ha la particolarità di essere multisemiotico,
ossia al suo interno sono presenti oltre ai dialoghi, anche una componente visiva data dalle
immagini e una componente sonora data dagli elementi di sottofondo e dalle musiche. Il
traduttore/dialoghista pertanto, oltre a dover affrontare le normali problematiche presenti nella
trasposizione da una lingua all‟altra, deve anche riuscire a ricreare i dialoghi tenendo conto
delle limitazioni imposte dagli elementi visivi e sonori del film. Quando si affronta la
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traduzione per il doppiaggio infatti occorre prendere in considerazione fattori quali la
sincronizzazione labiale ed espressiva, la lunghezza della battuta, i riferimenti culturali, le
formule fisse, il plurilinguismo, le inquadrature, le musiche, ecc. Tra questi elementi occorre
soffermarsi su due elementi in particolare il plurilinguismo e i riferimenti culturali.
Con plurilinguismo si intende la presenza di più lingue all‟interno del corpus dei dialoghi.
Capita spesso però che una di queste lingue sia quella del paese di arrivo. Lasciare inalterati
questi dialoghi farebbe perdere il senso o l‟effetto che hanno nella versione originale, pertanto
è compito del dialoghista adattare o addirittura ricreare completamente i dialoghi originali, in
modo da mantenere inalterato l‟effetto ricercato nel testo originale, senza che lo spettatore
noti lo scambio di codice.
Con il termine realia, o riferimenti culturospecifici, si intendono i riferimenti culturali presenti
all‟interno del testo. Questi riferimenti possono appartenere alla cultura del testo fonte oppure
possono riferirsi alla cultura di arrivo.
Partendo da questa base, la tesi che segue mira a evidenziare come questi elementi possano
essere adattati al testo di arrivo. A questo scopo è stato analizzato il capolavoro dell‟autore
inglese Edward Morgan Forster, A Room with a View , pubblicato in Inghilterra nel 1908. In
seguito ad un‟attenta osservazione dei personaggi e dei temi trattati all‟interno del libro, è
stato portato avanti un confronto tra l‟opera fosteriana e la sua trasposizione cinematografica
del 1985, diretta del regista statunitense James Ivory. All‟analisi contrastiva seguirà un
capitolo riguardante l‟osservazione delle scelte adottate dal traduttore italiano, Mario Maldesi,
prestando attenzione alla resa degli elementi culturospecifici presenti nei dialoghi originali del
film. Dopo aver effettuato questo studio critico-analitico verrà proposta la traduzione integrale
dei dialoghi della versione televisiva di Andrew Davies del 2007, inediti in Italia. In questo
lavoro si è rivolta particolare attenzione agli scambi linguistici, presenti nei dialoghi e ai
4
riferimenti alla cultura italiana. L‟analisi che segue la traduzione vuole evidenziare ed
esplicare le ragioni che hanno determinato le scelte traduttive che sono state effettuate.
Infatti è discrezione del dialoghista decidere se lasciare inalterate le battute, col rischio
talvolta di perdere o cambiare completamente il senso del testo originale. Si può altrimenti
scegliere di ricreare ex novo i dialoghi dandogli una nuova forma e mantenendo inalterato
l‟effetto originale. Le scelte traduttive effettuate all‟interno del presente lavoro rappresentano
solo una proposta di traduzione e non vogliono essere la regola. Esse infatti sono solo una
delle possibili opzioni a disposizione del dialoghista per portare a termine il suo lavoro di
traduttore cinematografico.
5
1. LA TRADUZIONE FILMICA
La traduzione filmica ha suscitato di recente l‟attenzione di linguisti ed esperti di traduzione
di tutto il mondo. I motivi di questo forte interesse sono stati determinati oltre che dalla rapida
espansione dei film provenienti da paesi anglosassoni e alla veloce diffusione dei mezzi di
comunicazione di massa, ma anche in seguito all‟analisi dei problemi e delle difficoltà che il
traduttore audiovisivo incontra nello svolgere il suo lavoro.
Con testo audiovisivo si intende un insieme di più canali e più codici che interagiscono
simultaneamente e che producono un risultato visibile per lo spettatore. Nel 2004 Frederic
Chaume classificò gli ambiti che compongono la traduzione audiovisiva
1
in questo modo:
il doppiaggio: attività mediante la quale ai dialoghi originali dell‟attore si sostituiscono
quelli del doppiatore della lingua d‟arrivo.
La sottotitolazione interlinguistica: ossia la traduzione nella lingua d‟arrivo della lingua
originale del film mediante sottotitoli applicati nella parte inferiore dello schermo;
La sottotitolazione intralinguistica necessaria alle persone con deficit uditivi;
Il voice over: pratica utilizzata prevalentemente nei documentari e nelle interviste, che
consiste nel montare sopra il dialogo originale quello tradotto senza alcuna
sincronizzazione;
I sopratitoli, ossia i sottotitoli proiettati sotto o sopra la scena durante gli spettacoli teatrali
o operistici;
L‟ audio descrizione, ossia il commento audio, in genere intralinguistico, dell‟azione che
si sta svolgendo in una scena o in un film.
Nel 1989 Dirk Delabastita individuava quattro tipi di segni
2
inerenti la traduzione filmica:
1
Ranzato, Irene. 2010. La traduzione audiovisiva-analisi degli elementi culturospecifici . Roma: Bulzoni editore.
p.24
6
1) I segni verbali trasmessi acusticamente
2) I segni non verbali trasmessi acusticamente
3) I segni verbali trasmessi visivamente
4) I segni non verbali trasmessi visivamente.
All‟analisi portata avanti da Delabastita si può accostare lo studio dei codici di significati
teorizzati nel 2004 da Chaume
3
. Egli individua dieci codici: i primi quattro riguardano il
canale linguistico, mentre gli altri sei coinvolgono il canale visivo.
1) Il codice linguistico: si tratta di un codice orale le cui caratteristiche linguistiche non
sono esattamente quelle tipiche del linguaggio orale spontaneo. Il traduttore deve
riuscire a trovare una sorta di equilibrio tra il registro colloquiale, proprio del discorso
orale spontaneo, e il registro formale della lingua scritta in modo da creare un discorso
che possa essere recitato dagli attori;
2) Il codice paralinguistico: nel doppiaggio non dovrebbero essere coinvolte solo le
parole, ma anche una serie di simboli quali le risate, le pause, i silenzi, ecc…
3) Il codice musicale e gli effetti speciali: Si tratta della rappresentazione e
dell‟adattamento dei testi delle canzoni ed effetti speciali, come le risate, gli
applausi,ecc…
4) Il codice di arrangiamento sonoro: in un film il suono può provenire sia dalla scena
che fuori la scena. Nella traduzione occorrerà utilizzare dei simboli specifici per
evidenziare questa differenza. Occorrerà prestare maggiore attenzione alla
sincronizzazione labiale.
2
Ivi. p.31
3
Munday, Jeremy. 2008. Introducing translation studies - Theories and applications. New York/ London:
Routledge. pp-184-185
7
5) Il codice iconografico: questo tipo di codice vincola il traduttore ad una coerenza tra
parlato e immagine. In presenza di simboli non riconosciuti dallo spettatore occorrerà
integrare le immagini con una spiegazione.
6) Il codice fotografico: Chaume riconosce come esempi di culturospecificità
cambiamenti di luce, di colore o di prospettiva i quali sono portatori di un determinato
significato nel pubblico fonte, ma non è necessariamente riconosciuto o accettato il
quello di arrivo.
7) Codice relativo alle inquadrature: Questo tipo di codice è legato ai primi piani e
vincola il traduttore ad una corretta sincronizzazione labiale (lip-sync) e articolato ria.
8) Codice di mobilità: Riguarda la posizione dei personaggi nella scena doppiata e alla
necessità di coordinare i movimenti con le parole.
9) Codice grafico: si riferisce alla traduzione di cartelli, sottotitoli, titoli, ecc…
10) Codice sintattico: Coinvolge le relazioni tra le scene e le posizioni della scena all‟
interno della trama del film stesso, necessari al traduttore per la comprensione del
testo audiovisivo.
Attraverso l‟analisi portata avanti da Chaume si comprende chiaramente come all‟interno di
un testo audiovisivo non sia il solo codice linguistico a trasmettere il significato, bensì la
stretta interrelazione tra il codice linguistico, sonoro e visivo.
8
1.1. IL DOPPIAGGIO
In quest‟analisi si rivolgerà maggiore attenzione al doppiaggio e agli elementi che il traduttore
deve prendere in considerazione per una perfetta resa del dialogo dalla lingua fonte a quella
d‟arrivo.
Con il termine doppiaggio si intende la postsincronizzazione
4
consistente nella cancellazione
della voce originale dell‟attore che pronuncia il proprio testo nel corso delle riprese e della
sostituzione con un‟altra registrazione [B. Osimo].
In Italia, cosi come in altri stati europei quali la Spagna, la Germania e la Francia, il
doppiaggio ebbe un‟ampia diffusione a partire dagli anni Trenta. Tra il 1927 e il 1929, con
l‟avvento del sonoro e prima dell‟avvento del doppiaggio, le maggiori case di produzione
americane, al fine di non perdere il proprio pubblico europeo, cominciarono a girare i film più
volte e in diverse lingue, talvolta sostituendo gli attori del cast con altri madrelingua. Questo
procedimento cinematografico prese il nome di tecnica delle versioni multiple. A partire dal
1933, la pratica delle versioni multiple scomparve completamente per dare posto ad una
nuova procedura: il doppiaggio. In Italia ebbe grande importanza la censura fascista, la quale
imponendo leggi che vietassero la circolazione di film stranieri in lingua originale aveva
contribuito a mantenere viva l‟uso dell‟italiano.
Da un punto di vista linguistico, con il termine doppiaggio non si intende la semplice
trasposizione dei dialoghi da una lingua all‟altra. Nel passaggio dalla lingua fonte alla lingua
d‟arrivo interagiscono fattori linguisti e culturali. Questa tecnica implica infatti una traduzione
“totale”, in cui si dovrà tenere conto non solo dei valori semantici e pragmatici delle battute,
4
Bollettieri Bosinelli, Rosa Maria. 2002.“Tradurre per il cinema”, in Zacchi Romana e Morini Massimiliano (a
cura di). Manuale di traduzioni dall’inglese. Milano: Bruno Mondatori, p.77
9
ma anche aspetti quali la lunghezza delle parole, il sincronismo labiale, la prosodia e
l‟intonazione. Questo tipo di traduzione è stata definita “vincolata” dalla studiosa Maria
Pavesi in quanto il dialoghista deve tenere conto della coesistenza del canale sonoro con
quello visivo, obbligandolo pertanto a possibilità di traduzione molto limitate. Un esempio di
questo tipo si ritrova nella celebre scena del film Horse Feathers (1932) dei Fratelli Marx in
cui Groucho fa firmare il contratto ad Harpo e Chico chiedendo loro “Where is the seal?” e
successivamente gli viene appoggiata sulla scrivania una foca. Nella versione originale la
buttuta gioca sull‟ambiguità creata dal termine “seal”, che, in lingua inglese, significa sia
“sigillo” che “foca”. Nel doppiaggio italiano il dialoghista Jacquier ha risolto il problema con
un azzeccatissimo “Focalizziamo”
5
.
1.2. I PROBLEMI LEGATI AL DOPPIAGGIO
Il doppiaggio è un processo traduttivo che si articola in varie fasi: all‟inizio viene tradotta una
lista di dialoghi, i quali fungeranno da base per il dialoghista-adattatore per comprendere il
senso generale delle battute, le quali verranno successivamente adattate alla lingua di arrivo
tenendo conto dei movimenti delle labbra, lo spazio-tempo di ogni singola battuta, la
sincronia delle labbra (lip-sync) e infine la sincronia espressiva.
5
Esempi tratti da Pavesi, Maria. 2006. La traduzione filmica – Analisi del parlato doppiato dall’inglese
all’italiano. Roma: Carocci. p.18
10
1.2.1. LA SINCRONIA LABIALE E LA SINCRONIA ESPRESSIVA
Con il termine sincronia labiale
6
(in inglese Lip-Sync) si intende la corrispondenza dei
movimenti della produzione orale con la struttura acustica effettivamente percepita da chi
ascolta. Il problema della sincronia labiale o lip-sync è sicuramente quello più diffuso, ma non
è quello più ostico
7
.
La sincronismo articolatorio può essere suddiviso in due gruppi principali: il sincronismo
articolatorio e il sincronismo paralinguistico e cinetico.
Il sincronismo articolatorio consiste nel far coincidere simultaneamente il parlato con l‟inizio
dei movimenti articolatori. Un aspetto determinante che si deve prendere in considerazione è
la velocità dell‟eloquio: il dialoghista dovrà riuscire a riportare il senso della battuta senza
creare discrepanze tra l‟inizio e la fine del parlato. Egli deve prestare ma massima attenzione
a queste difformità poiché sarebbero i primi elementi che colpiscono l‟attenzione dello
spettatore.
Thomas Herbst parla inoltre di un sincronismo articolatorio di tipo qualitativo, riguardante la
compatibilità dei suoni emessi nel parlato doppiato con i movimenti prodotti
dall‟articolazione delle parole. Questo aspetto della sincronizzazione, che coinvolge anche il
volume della voce, ha una grande rilevanza quando si ha a che fare con i primi piani degli
attori, mentre può essere trascurato quando i volti non sono chiaramente visibili. Da un punto
di vista linguistico il dialoghista deve prendere in considerazione principalmente due
elementi: le vocali e le consonanti labiali. Per quanto riguarda il primo caso occorrerà tenere
presente sia l‟apertura di vocali aperte come la [a] o l‟arrotondamento delle labbra
nell‟articolazione delle vocali posteriori come la [u] o la [o]. Nel secondo caso invece sullo
schermo sarà molto visibile l‟articolazione di consonanti bilabiali quali la [m], [p] e [b], ma
6
Op. cit. p.79
7
Ibidem.
11
anche delle labiodentali [v] ed [f]. Una soluzione a questo problema arriva dalla sostituzione
delle consonanti sonore con quelle sorde, come nel caso della frequente espressione “son of a
bitch”, tradotta in italiano con “figlio di puttana”, in cui la bilabiale [b] del termine inglese è
stata sostituita nella versione italiana con la [p]. Un caso analogo si trova nella traduzione
dell‟espressione “goddammit” la quale può essere tradotta con i termini “maledetto” oppure
con “dannato”
8
.
A creare maggiore difficoltà al dialoghista però è la resa della sincronia espressiva, ossia il far
coincidere la maggiore forza di una battuta con un gesto o con la mimica facciale. Difficoltà
di questo tipo sono frequenti in lingue come il tedesco in cui il verbo si trova alla fine della
frase. Il dialoghista dovrà essere in grado di girare completamente la frase in modo da far
coincidere la fine della battuta con le espressioni del viso.
All‟interno del processo traduttivo per il cinema assumono grande importanza anche gli
aspetti non verbali. In letteratura sono riportati numerosi casi in cui le scelte di adattamento
del dialoghista sono state condizionate dalle immagini che compaiono sullo schermo, in
quanto si trattava di giochi di parole che avevano lo scopo di creare ilarità nello spettatore. Un
chiaro esempio di questo tipo è riportato dal celebre film Un pesce di nome Wanda in cui la
telecamera inquadra la scritta su un biglietto che il personaggio legge di nascosto. La scritta
indicava il luogo dell‟appuntamento, l‟appartamento 2 b, in cui l‟amata avrebbe dovuto
incontrare un altro uomo. Nei dialoghi successivi il personaggio si lascia sfuggire le parole
2b, nella cui versione originale viene sfruttata l‟omofonia tra 2b e to be. In italiano invece il
dialoghista ha giocato sull‟indecisione del pronunciare la frase “due bi…cchieri”, come
segue:
8
Esempi tratti da Pavesi, Maria. 2006. La traduzione filmica – Analisi del parlato doppiato dall’inglese
all’italiano. Op. cit. p.14
12
Versione originale: …and whip themselves into a frenzy at a flat at 4:00 at 2b…to be…honest,
I hate them, I hate them!
Versione italiana: …e andarsi a ubriacare all’appartamento 4 al 2B…due bi…chieri e poi
crollano.
In questo caso le immagini vincolano a tal punto chi si occuperà della traduzione tanto da
giustificare una modifica all‟interno dell‟opera.
1.2.2. FORMULE FISSE E/O CONVENZIONALI E APPELLATIVI.
Con la diffusione dei film doppiati il pubblico italiano si è abituato a sentire e ad accettare, nel
contesto del film, una serie di espressioni e formule fisse
9
quali i saluti, le forme di cortesia, le
interiezioni di assenso o di dissenso. Rientrano in queste formule l‟onnipresente “ok”,
espressioni giuridiche quali “Vostro Onore”, “Obiezione respinta”, “Sissignore” o
“Nossignore” le quali non esistono nel nostro sistema giuridico oppure sono presenti solo in
ambito militare o utilizzate a scopo ironico. Espressioni linguistiche quali “Ehy friend” tipico
del Black English, risultano forzate nel nostro contesto locale, ma sono tranquillamente
accettate e riportate nel contesto di un film ambientato nella newyorkese Harlem.
Nella trasposizione da una lingua all‟altra capita spesso che manchino gli adattamenti nella
cultura d‟arrivo e che quindi il dialoghista sia costretto a optare per dei calchi letterali
dall‟inglese. Un esempio è il caso della frase “May I help you?” detta all‟interno di un
negozio, la quale viene ormai comunemente tradotta come “Posso aiutarla?” anziché
utilizzare la scelta più appropriata “Cosa desidera?” o la forma ormai in disuso “In che cosa
posso servirla?”. Quando un traduttore decide di rendere le formule fisse con dei calchi
9
Op. cit. p.81
13
letterali si ha quello che nei Translation Studies è definito un atteggiamento Source
Oriented
10
, dando un senso di straniamento (foreignisation) che tende a preservare ed a
importare la cultura di origine nel testo di arrivo. Quando invece si da alla traduzione
un‟impronta Target Oriented
11
si vuole creare un senso di avvicinamento (Domestication) al
il testo di arrivo.
La contrapposizione tra Domestication e Foreignisation è stata analizzata da Venuti, il quale
sostiene che questo modello, come strategia traduttiva, si verifica su due livelli: il
macrolivello, ossia quando si scelgono testi stranieri da tradurre, e il micro livello, cioè
quando si vanno ad analizzare i metodi utilizzati per tradurre i testi stessi
12
.
Utilizzando il modello della addomesticazione si ha la tendenza a creare un testo più fluido e
chiaro che si allontana dal testo fonte per conformarsi alla cultura di arrivo.
La teoria dello straniamento invece si ha quando il traduttore lascia inalterato l‟effetto del
testo originale e cerca di avvicinare lo spettatore a contenuti che per lui non sono familiari,
bensì esotici.
1.2.3. RIFERIMENTI CULTURALI
Generalmente, in presenza di riferimenti culturali specifici che sarebbero incomprensibili per
il pubblico italiano, si cerca un adattamento della battuta originale verso alla cultura di
arrivo
13
. Lo scopo primario della traduzione filmica infatti è quello di rapire totalmente lo
spettatore, il quale pur consapevole del fatto di non assistere alla proiezione di un film nella
propria lingua, accetta inconsapevolmente questo tipo di traduzione. Per fare questo, in
10
Ibidem.
11
Ivi.p. 82
12
Ivi.p. 80
13
Ibidem.