Introduzione < Non era possibile che di quelle punte così elevate di consenso che circondavano
Mussolini ed il fascismo, non rimanesse più niente. Qualcuno doveva testimoniare >
1
:
così Giano Accame, noto scrittore e giornalista, commentava, con rammarico, la
situazione politica italiana, all’indomani della liberazione del territorio italiano dalle
truppe nazifasciste, ai microfoni del giornalista Giovanni Minoli. La storia di una destra
irriducibilmente fascista, per niente intenzionata ad abbandonare la propria weltanshauung,
nasce proprio dalla fedeltà di alcuni gerarchi al Duce della Repubblica Sociale Italiana,
insieme alla volontà delle generazioni forgiate dal credo fascista sin dall’infanzia, grazie al
maestoso apparato socioculturale voluto dallo stesso Mussolini, per diffondere il suo
“verbo”. Patria, onore e fedeltà: questi alcuni dei valori-cardine di una cultura
fortemente invasiva, mirante a creare davvero “uomini nuovi”, accomunati dalla
condivisione di ideali e dall’appartenenza alla stessa patria, innanzitutto. Per queste
generazioni, non c’era disonore più grande che vedere le forze armate nazionali allo
sbando o, ancora peggio, consegnate ai nemici, ed un Paese in ginocchio, lontanissimo da
quell’ “ordine” che il regime fascista era stato capace di realizzare dal 1922 al luglio del
1943).
Ma l’ “idea” sopravvisse al disgregarsi del regime che la propugnava. Così, i suoi simboli,
i suoi eroi, non vennero spazzati via dagli uomini che crearono la Repubblica Italiana
dalle ceneri della Seconda Guerra, incapaci di comprendere che non bastava dichiarare
incostituzionale la ricostituzione del partito fascista, per prosciugarne la base ideologica e
non permettere che, quest’ ultima, germogliasse nuovamente nelle generazioni
successive, soprattutto nei cosiddetti figli dell’aquila
2
.
1
G. Accame, intervistato da G. Minoli in “ La destra dal fascismo ad oggi”, puntata della trasmissione La storia siamo
noi
2
G. Pansa. “ I figli dell’aquila ”. Sperling & Kupfer 2002
4
Colui che era stato designato dallo stesso Duce come suo successore, (si era diffusa la
leggenda che ne fosse addirittura il figlio) era Giuseppe Romualdi, detto Pino, già
vicesegretario del Partito Fascista Repubblicano, nonché responsabile amministrativo dei
Fasci all’estero, riconosciuto come figura carismatica e culturale di primo piano da tutti i
reduci repubblichini. Condannato a morte dalla Corte d’Assise, latitante per lungo tempo,
fautore del primo (e forse ultimo) compromesso tra fascisti e comunisti, riuscì a
convincere Palmiro Togliatti della necessità dell’amnistia per i “camerati” in cambio di
voti favorevoli alla repubblica, nel referendum del 1946; fece lo stesso con i monarchici,
assicurando voti anche alla loro causa. La prima legittimazione del movimento fascista è
proprio tale referendum, nonchè l’amnistia che ne seguì ad opera dell‘allora ministro della
giustizia Togliatti, che decise come solo coloro giudicati colpevoli di crimini di guerra,
non i fascisti tout court , dovessero essere condannati al carcere. Tale evento permise a
molti reduci, tra i quali Romualdi stesso, di abbandonare la latitanza e, al massimo, venire
incarcerati per qualche tempo; ma era stata una vittoria: i fascisti esistevano ed avevano,
nuovamente, il diritto di esserci, anche all’interno di un sistema democratico.
Di fondamentale importanza è ricordare come, dal 1944, se non prima, i “salotini”
cominciassero a tessere rapporti con apparati dei servizi segreti statunitensi che, temendo
un’occupazione sovietica da una parte, e non volendo lasciare il Paese in mano al C.L.N
(la cui maggior componente era socialista e comunista) dall’altra, si convinsero che questi
potessero esser utilizzati proprio in funzione anticomunista, anticipando ,di fatto, la ratio
che avrebbe dominato durante la Guerra Fredda. Già da questi accenni è possibile
delineare come la strategia dei fascisti sia tutt’altro che omogenea: da un lato rimanere
fedeli ai propri rigidi principi (in realtà, accettando a malincuore la dialettica democratica),
dall’altro riuscire a trovare una legittimazione politica a tutti i costi, scendendo a patti
persino con gli odiati “rossi”, o sfruttando l’appoggio dei servizi segreti statunitensi. Le
collusioni proprio con questi ultimi saranno una costante del mondo neofascista, almeno
fino agli anni ’80.
In aggiunta, è bene tenere presente come anche all’interno dei “fedelissimi” ci siano
visioni politiche divergenti e, spesso, conflittuali. Un intellettuale di destra come
Veneziani non esita ad affermare che il fascismo nasce come eresia nazionale del socialismo e si
conclude come un’eresia sociale del nazionalismo 3
, che mette in luce come la contraddizione
interna sia proprio il nucleo essenziale del fascismo, capace di coniugare diverse anime
3
M. Veneziani “ La rivoluzione conservatrice in italia” Sugarco Edizioni 1994
5
(ciascuna etichettata dall’altra come eresia) in una sintesi equilibrata, attorno alla figura
carismatica di Benito Mussolini. Persino lui, nel 1919, non aveva esitato a definire il
fascismo: Chiesa di tutte le eresie 4
. Caduto lui, tale equilibrio si sarebbe spezzato
definitivamente, procurando contrasti sempre più stridenti tra l’ala sinistra,
socialisteggiante, e l’ala destra, di stampo conservatore, del Movimento Sociale Italiano,
costituito nel 1946, e ,soprattutto, all’esterno di tale partito, nell’ ambiente magmatico 5
dei
movimenti extraparlamentari di destra che cominceranno a sorgere sin dai primi anni ’50.
L’unità fascista sarà spezzata per sempre proprio per l’impossibilità di riunire l’ anima in
doppiopetto con quella in camicia nera nella figura del leader unico. Ma, le diverse fazioni
post-Salò, si confrontano anche sull’essenza stessa di ciò che davvero era stato il regime
mussoliniano; i “nostalgici”, fieri di aver vissuto il cosiddetto Ventennio, dominato dal
cosiddetto fascismo regime 6
, nonostante fosse stato il frutto di numerosi compromessi e
tradimenti ideologici. Inoltre si presentano in numerosi i reduci della Repubblica Sociale
ed i combattenti dell’ultima ora, ancorati al mito di quell’ istituzione e politicamente
attratti dalle istanze radicali presenti nel “Manifesto di Verona” del 1943, che ricalcavano,
in parte, gli ideali del fascismo movimento 7
, quello più intransigente, anticlericale,
repubblicano e d’ispirazione socialista. Ed infine si può delineare la figura del
“superfascista”: colui che non aveva vissuto né il Ventennio né l’esperienza breve della
R.S.I. perché troppo giovane, quindi totalmente estraneo a sentimenti come la nostalgia e
la volontà di restaurazione. Illuminato da intellettuali di idee radicali quali Julius Evola,
Ernst Junger, o , qualche tempo dopo, Franco Freda, guardava al passato regime con
delusione: per l’incapacità di portar a termine quella rivoluzione sociale che si era prefissa
come ultimo obiettivo, per il progressivo imborghesimento del partito che a quello si
rifaceva e dai cui provenivano i leader più acclarati, incapaci di comprendere lo spirito
rivoluzionario incarnato dalle nuove generazioni.
La storia del neofascismo è la storia dell’ equilibrio tra un’ idea che attraversa: mesi, anni,
decenni, muta in alcuni dei suoi caratteri, ma rimane fedele a determinati principi che
compongono il suo nucleo fondamentale, e l’ azione . Dalla fede in questa idea , pura e
priva di contaminazioni derivanti dal parlamentarismo democratico, nasce Ordine Nuovo
nel 1956 .
4
B. Mussolini “ Verso l’azione” in “Il Popolo d’Italia” (3 ottobre 1919)
5
P. Rauti intervistato da Nicola Rao in “La fiamma e la celtica” Sperling & Kupfer Editori 2006
6
R. De Felice “ Autobiografia del fascismo ” Einaudi 2004
7
ibidem 6
Questa idea , sul finire degli anni ’80, si trasformò in pura azione , nell’ agire per l’agire,
incarnata da guerrieri che non impiegavano energie per delineare un chiaro programma
che ne perseguisse la realizzazione; combattevano e basta. Si trattava di coloro che
firmavano le loro “imprese” con la sigla N.A.R ( Nuclei Armati Rivoluzionari). Questi
facevano dell’attivismo (criminale, non politico) la loro ragione di vita, tanto che, proprio
loro, conieranno il termine “spontaneismo armato” per definire la loro strategia
rivoluzionaria; in realtà, tale dicitura mette, significativamente, in luce la totale assenza di
fine programmatico delle loro azioni, perlopiù consistenti in rapine, omicidi e
“regolamenti di conti” con altri camerati.
In mezzo a questi due estremi, idea e azione , si collocano: intellettuali, picchiatori, militari e
militanti (sempre in minoranza) sotto la cui pelle arde l’ idea , più viva che mai, spesso
disposti a tutto per difenderla, affermarla, finanche a morire ,eroicamente, in suo nome.
Parte I. Evoluzione ideologica
I.1 Nascita dei Fasci Armati Rivoluzionari 3 Aprile 1945. Una palazzina di Maderno, affacciata sul lago di Garda, nasconde la
riunione, probabilmente, più importante per l’ intera storia del fascismo, poiché è l’ultima
che vede confrontarsi, faccia a faccia, i massimi dirigenti del regime prima, e della R.S.I.
poi. La presiede Alessandro Pavolini, ministro della cultura popolare e segretario del
Partito fascista repubblicano; lo stesso che, neanche un mese dopo, verrà fucilato con
altri, ed il cui corpo verrà appeso a Piazzale Loreto accanto a quello del Duce. Due sono
gli argomenti principali di tale riunione: il primo è l’organizzazione dell’ultima resistenza
in Valtellina che, lui stesso, definirà come le Termopili del fascismo, mentre il secondo è la
messa in atto dell’ambizioso piano “Pdm”. Pavolini lo descriverà con parole chiare ed
inequivocabili: ” Io ed il Duce siamo convinti che occorra dar vita a nuclei clandestini di fascisti da
infiltrare nelle principali città dopo l’occupazione” 8
. Ma Romualdi la pensa diversamente: ritiene
8
A. Pavolini in “ La fiamma e la celtica ” Sperling & Kupfer 2006 Nicola Rao( a cura di)
7
necessario “ costruire un partito o movimento clandestino fornito di quadri, potenti mezzi finanziari e
particolarmente preparato per la lotta politica in caso di totale invasione del territorio nazionale. Una
forza che avrebbe potuto permettere al fascismo di vivere anche dopo e malgrado la sconfitta militare” 9
.
Di parere non dissimile sembra essere il “maresciallo d’Italia” Rodolfo Graziani , nel
momento in cui si consideri attendibile un documento, rinvenuto nell’Archivio Centrale
dello Stato, recante la firma dell’allora comandante dello Squadrone Autonomo Aldo
Gamba ed intitolato: “Il piano Graziani per la risurrezione del fascismo”. Tale
documento, probabilmente scritto da un informatore del S.i.m. (Servizio Informazioni
Militari di Badoglio) infiltratosi nelle file dei repubblicani di Salò, descrive una riunione
segreta, avvenuta il 2 Ottobre del 1944, nella sede milanese della legione Muti, tra
Graziani ed alcuni suoi fedelissimi, con cui venne affrontato, per la prima volta in
maniera maggiormente realistica, il problema della sopravvivenza del fascismo dopo
l’imminente sconfitta del nazifascismo. Questo manoscritto,
E’ la proclamazione, in nuce , della nascita dei F.A.R. a cui seguirà, poi, quella del M.S.I.
nel 1946.
Dopo la fucilazione dei gerarchi a Dongo, Romualdi, condannato a morte con l’accusa di
aver guidato dei rastrellamenti antipartigiani a Parma, si dà alla latitanza, riuscendo a
raggiungere Roma, dove riallaccia i contatti con gli organizzatori del piano “Pdm”,
Puccio Pucci e Aniceto Del Massa, e costituisce un ufficio di rappresentanza in Via
Veneto che diventerà, in seguito, punto di riferimento per tutti i reduci della R.S.I.
Accanto a loro tre, si affiancano altri elementi di spicco della classe dirigente fascista,
come Cesco Baghino e Biagio Pace, con i quali verrà costituito quello che passerà alla
storia come “il senato”, organo che avrà il compito di nominare, nel giugno del 1947, i
componenti del primo Comitato Centrale del M.S.I..
Come racconta lo stesso Pino Rauti, allora ex ufficiale della Guardia Nazionale
Repubblicana, accanto ai reduci comincia ad accostarsi una generazione di adolescenti,
ragazzini ,spesso non ancora quattordicenni, che guardano ai parenti o agli amici che
hanno “fatto” la R.S.I. con invidia ed ammirazione; tra questi c’è Paolo Signorelli, colui
attorno al quale verrà ricostituito, nei primi anni ’70, il Movimento Politico Ordine
Nuovo.
Coloro che costituiscono i F.A.R (acronimo di Fasci d’ Azione Rivoluzionaria), danno
alle stampe, nella minuscola tipografia sita nella camera di Romualdi, “Rivoluzione”, dalle
9
G. Romualdi “ Fascismo repubblicano ” Sugarco edizioni 1992
8
cui righe emerge l’ ideologia alla base di questi “fasci”. Vi viene ribadito che “ il fascismo è
egualmente distante così dai partiti cosiddetti dell’ordine come da quelli dell’estrema sinistra. Difatti esso
li ha avuti tutti nemici, senza distinzione di colore politico. Il fascismo è solo contro il mondo borghese,
sia di destra che di sinistra”. Esso non può avere alleati spirituali, perché tutto ciò che non è prettamente
fascista è, in maniera automatica, antifascista ” 10
. La condizione necessaria per farne parte è
aver aderito, a qualsiasi livello, alla Repubblica di Salò o non aver appoggiato in alcun
modo gli Alleati durante gli ultimi anni del conflitto. Agli israeliti ed i massoni non è
concesso aderire.
La prima azione dimostrativa viene preparata in occasione di una data storica: il 28
ottobre, anniversario della marcia su Roma del 1922. La sera precedente, un ristretto
gruppetto issa un gagliardetto nero sulla Torre delle Milizie, in via IV Novembre; azione,
questa, che verrà attribuita ad un gruppo chiamato “Credere”, fondato, ovviamente,
sempre da Romualdi. Ma il gesto più rappresentativo e spettacolare rivendicato dai
F.A.R. è datato 28 Aprile 1946, primo anniversario della morte del Duce. Viene officiata
una messa di suffragio, organizzata da alcuni camerati, nella Chiesa dei Sette Santi
Fondatori, a Roma. Due giorni dopo,durante la notte, Romualdi (Giuseppe Parlato
ritiene invece che a guidare tale spedizione sia stato Luciano Lucci Chiarissi) pilota un
commando che, armato di pistole e bombe a mano, fa irruzione nella sede della stazione
radio di Roma III a Montemario, da dove, legati ed imbavagliati i due malcapitati tecnici,
trasmette, tramite un grammofono collegato al cavo di trasmissione, la canzone fascista
“Giovinezza”. Il raid si conclude con la fuga dei suoi autori, non prima di aver lasciato un
foglio con su scritta la nostalgica frase: Duce a noi, affiancata da un fascio littorio. Ma il
commando, in seguito , forse non ancora sufficientemente pago, decide di lanciar un paio
di bombe contro la sede del Partito Comunista Italiano, ed una contro la sede dell’Avanti,
giornale di area socialista. Ne era stato direttore, un tempo, lo stesso Mussolini,
distaccatosene a causa della sua posizione favorevole all’entrata dell’Italia nella Prima
Guerra Mondiale, opposta rispetto a quella mantenuta del Partito Socialista. Pino Rauti,
giovane membro di tale gruppo, racconterà che in caso di pericolo per i F.A.R., era stato
dato ordine affinché tutta la loro documentazione e l’archivio venissero nascosti
nell’Università Gregoriana, considerata luogo sicuro; ciò dimostra come tale formazione
abbia avuto, durante la sua breve storia, l’appoggio di parte dell’ambiente ecclesiastico.
10
Parte di un articolo apparso su “ Rivoluzione ” 9
Altrettanto altisonante fu l’impresa compiuta da una manciata di fascisti che, guidati dal
reduce della R.S.I. Domenico Leccisi, nella notte tra il 22 ed il 23 aprile 1946, penetrò nel
cimitero del Musocco , trafugando la salma del Duce con un’ operazione maldestra, ma
efficace. Egli stesso racconta < Scendemmo nella fossa e riuscimmo, tenendo una mano sotto le
spalle del cadavere, a fargli passare una corda attorno al torace e un’altra attorno alle gambe. Quando lo
sollevammo in piedi le braccia caddero penzoloni e la testa rimase eretta: la salma assunse quella
caratteristica posizione di attenti che dava a Mussolini,specie nelle pubbliche cerimonie, un aspetto
marziale e inconfondibile >
11
. Giorgio Bocca, in un articolo apparso sulla rivista “Storia
Illustrata”, aggiunge delle precisazioni curiose: Leccisi, dopo il trafugamento della salma,
aveva lasciato, sul fondo della buca, un biglietto che recitava questo messaggio:
“Finalmente duce ti abbiamo con noi. Ti circonderemo di rose, ma il profumo delle tue
virtù supererà quello delle rose”. Fu un’azione inaspettata (i capi di Via Veneto non erano
al corrente di questo piano) che suscitò grande stupore nell’intero panorama politico del
tempo, mettendo in luce quanto lo spontaneismo, la generale assenza di un programma
preciso condiviso da tutti i gruppi, fossero parte integrante dell’universo fascista di allora,
come lo saranno anche negli anni a venire.
I.2 I fascisti entrano in politica: fondazione del Movimento Sociale Italiano La Roma del 1946 era considerata, a ragion veduta, una vera e propria roccaforte fascista.
Di conseguenza, l’estate di quell’ anno vede confluire nella Capitale ,da tutta Italia,
numerose persone aventi fatto parte dell’apparato statale fascista o del partito, al fine di
partecipare ad una serie di riunioni con la “cellula” capitolina, con cui discutere della
eventuale formazione di un partito di ispirazione fascista. Promotori di questa iniziativa
11
D.Leccisi “ Le nuove camicie nere ” Mario Giovana (a cura di) Edizioni dell’Albero, Torino 1966
10
sono Augusto De Marsanich e Arturo Michelini; il primo, sottosegretario alle Poste e
Telegrafi prima del 25 Luglio 1943; il secondo, vicefederale della Capitale nello stesso
periodo. Nessuno dei due aveva ricoperto ruoli di primo piano nella R.S.I. ed anche la
loro ideologia politica appariva molto più “tiepida” rispetto a quella di Romualdi e gli
altri. Formare un partito sottintendeva, inequivocabilmente, l’accettazione del sistema
democratico, quindi comportava il soffocamento di quella vocazione totalitaria che il
fascismo aveva, sempre avuto.
Era una posizione ben distante da quella espressa, appena un anno prima, nel manifesto
dei F.A.R. e rappresenta il primo vero e proprio “strappo” ideologico a cui ne sarebbero
seguiti, negli anni successivi, molti altri all’interno del nascente partito. Romualdi accetta
la proposta e , nello studio di Michelini, il 26 Dicembre 1946, nasce il Movimento Sociale
Italiano, a cui aderisce anche il Movimento Italiano di Unità Sociale di Giorgio Almirante
e Cesco Baghino.
Ma non tutti sono d’accordo sul ritorno dei fascisti alla luce del sole; difatti i F.A.R.
,organizzazione clandestina, non vengono sciolti definitivamente, poiché gli “irriducibili”
ritengono ancora essenziale la loro azione rivoluzionaria; dal 1946 in poi saranno
comandati proprio da Baghino. In realtà, il rapporto tra partito e organizzazioni
clandestine rimarrà sempre ambiguo, dal momento in cui il primo non scoraggiava
affatto azioni squadristiche o terroristiche. In questo contesto si colloca il tentativo di
alcuni militanti missini, nel gennaio del 1949, di affondare la nave scuola Colombo nel
porto di Taranto, al fine di evitare che venisse consegnata, come indennizzo di guerra,
alla flotta sovietica, così come stabilito dal trattato di pace.
In una comunicazione , datata 30 Gennaio 1947, si legge che “ il Movimento Sociale Italiano,
che è composto da giovani, reduci, ex-combattenti, decorati, mutilati, invalidi, si propone una vasta
attività sul piano politico-sociale e sul piano democratico, come enunciato sul manifesto redatto
esclusivamente da questa Giunta o affisso con regolare autorizzazione delle competenti autorità; ed
esclude qualsiasi atto inteso a turbare il pacifico svolgimento delle competizioni politiche” 12
. L’ humus
ideologico del partito viene descritto nello “Statuto del Movimento Sociale Italiano”,
redatto durante il primo congresso nazionale, svoltosi a Napoli dal 27 al 29 giugno del
1948, in cui si contrapposero apertamente tre correnti interne: quella di sinistra (il
termine non è del tutto preciso) di Ernesto Massi e Giorgio Almirante; quella
12
Comunicazione della Giunta Esecutiva del MSI del 30 gennaio 1947. Documento consultabile nell’ archivio della
Fondazione Ugo Spirito, disponibile nel sito www.archivionline.senato.it 11
nazionalconservatrice di Marsanich, Michelini e Romualdi, e quella “spiritualistica” dei
militanti più giovani, tra cui Rauti ed Enzo Erra. Il primo articolo di un progetto di
Statuto recita “ il Movimento Sociale Italiano è un’organizzazione politica che ha lo scopo di difendere
gli interessi e la dignità del popolo italiano; ha per fondamento una concezione spirituale della vita, e la
lotta per la costruzione di una società nazionale in cui gli uomini, sulla base del lavoro personale,
possano agire in un tutto organico che risponda alle loro esigenze sociali” 13
.
L’idea non è stata tradita. Lo dimostra anche il fatto che non possano entrare nel partito:
coloro che abbiano una condotta immorale o scandalosa; coloro che abbiano tradito la
Patria o che siano venuti meno alle Leggi dell’onore militare o civile nella R.S.I. o nel
governo dell’Italia regia. Sul piano economico, sono ben rintracciabili le istanze
socialisteggianti presenti nella Repubblica di Salò, ma espressamente lontanissime da quelle
di stampo marxista-leninista, nonché una romantica e nostalgica tendenza alla
corporativizzazione. Un documento del tempo recita “ il MSI imposta con chiarezza il suo
programma economico-sociale, innestandosi su quel processo evolutivo arrestato dalla guerra. Esso si
riannoda quindi alla concezione corporativa di cui richiama tutte le esperienze, dalla prima fase –quella
sindacale- alla fase conclusiva o della socializzazione, che realizza l’idea corporativa nell’ambito delle
aziende. Esso tende alla giustizia sociale e al rispetto della dignità morale dell’uomo lavoratore; esso
sostiene la funzione sociale della proprietà e il fine sociale dell’economia” 14
. Lo stesso De Marsanich,
durante il I Congresso, dopo aver coniato il motto: < Non rinnegare, non restaurare >,
parlerà dell’ “idea corporativa” come, addirittura, di una nuova interpretazione della
storia, lontana sia dal principio individualistico che dal materialismo storico di stampo
marxista. Conclude, affermando che “ L’idea corporativa è l’armonia degli elementi stessi della
lotta umana, nella solidarietà vivente dei due massimi enti naturali: l'individuo e la nazione” .
In gran parte dei progetti di Statuto sono rintracciabili le stesse linee-guida (patriottismo,
autonomia in politica estera e visione “etica” dell’attività politica), il che evidenzia la
comunanza di ideali e valori sia dei fondatori, che dei primi iscritti.
L’occasione per testare quanto l’Italia avesse nostalgia del regime è la prima
consultazione elettorale post-Guerra, quella del 1948, nella quale il Fronte Popolare
(P.C.I e P.S.I) si contrappone alla “grande balena bianca”, la D.C. di Alcide De Gasperi.
Il pericolo del golpe rosso 15
, avvertito da tutti, porta ad un comunicato del Comitato
13
Progetto di Statuto del Comitato Centrale del 3 Maggio 1948. Archivio della Fondazione Ugo Spirito.
14
Proposta di “programma economico-sociale”. Documento consultabile nell’archivio della Fondazione Ugo Spirito,
disponibile sul sito www.archivionline.senato.it 15
Termini utilizzati da F.Cossiga per descrivere la possibile vittoria elettorale del Fronte Popolare nel 1948
12