2
Premessa
Il presente lavoro di tesi si propone come obiettivo uno studio linguistico
dell‟opera Il Misogallo di Vittorio Alfieri, prosimetro di invettiva antifrancese a
cui l‟autore si dedicò, a partire dal 1789, per oltre dieci anni. L‟aspro attacco
nei confronti degli odiati Galli ed il rancore suscitato in lui dalle vicende
rivoluzionarie, tanto sul piano intellettuale quanto sul piano privato, stimolano
l‟inventiva alfieriana e concorrono a generare un testo caratterizzato da
un‟estrema varietà linguistica, la quale, evidente fin da una prima lettura,
concerne in particolar modo tutto quell‟insieme di invenzioni e coniazioni
neologistiche che costituiscono la più originale peculiarità dell‟opera. Nel
Misogallo l‟ «estro onomaturgico»
1
dell‟Alfieri si attiva, infatti, a un livello molto
profondo e diviene lo strumento principale impiegato dall‟autore per la
costruzione di un tessuto lessicale e semantico completamente nuovo, la cui
analisi linguistica costituisce la premessa imprescindibile per una corretta
comprensione del testo. Se i nuclei tematici del Misogallo hanno avuto nel
corso dei secoli una trattazione accurata da parte degli studiosi, il suo lessico e
le particolarità che lo caratterizzano sono invece stati spesso lasciati in
secondo piano, poiché «la complessità dell‟opera ha contribuito a far sì che [i
critici] evitassero prudentemente le sirti di un commento completo e puntuale
del testo»
2
. Eccettuato l‟illuminante saggio di Silvio Abbadessa (cfr.
Bibliografia), le molteplici modalità con cui la creazione linguistica si
concretizza materialmente sulla pagina scritta non sono mai state, infatti,
sottoposte ad un‟analisi sistematica.
L‟idea di questa tesi nasce, perciò, dalla volontà di sopperire a tale
mancanza attraverso un lavoro che possa fornire gli strumenti necessari ad
uno studio linguistico e critico del testo: partendo dallo spoglio e dalla
classificazione dei neologismi, si è deciso di realizzare un Glossario in cui
questi nuovi termini sono stati catalogati in ordine alfabetico, lemmatizzati e
disposti all‟interno di uno schema, in cui fasce separate individuano le diverse
informazioni registrate (cfr. Cap. 3: Classificazione dei lemmi). In un primo
momento l‟analisi doveva essere circoscritta esclusivamente alle
neoformazioni, ma con il procedere del lavoro è emersa la presenza di altri
vocaboli particolarmente rilevanti tanto in relazione alle spinte propulsive e
innovatrici del lessico, quanto in relazione a quei legami che collegano il
Misogallo alla tradizione letteraria italiana, dalla quale anche l‟opera
1
V. Branca, Alfieri e la ricerca dello stile con cinque nuovi studi, Bologna, Zanichelli, p. 159.
2
C. Mazzotta, L‟Europa imbestiata: il „Rame‟ misogallico, in AA.VV., Vittorio Alfieri e la cultura
piemontese fra illuminismo e rivoluzione. Atti del Convegno di studi internazionali in memoria di
Carlo Palmisano, San Salvatore Monferrato, 22-24 settembre 1983, a cura di G. Ioli,
Torino, V. Bona, 1985, pp. 503.
3
linguisticamente più innovativa non può in alcun modo prescindere. Accanto
alla sezione dei Neologismi alfieriani (propri e di significato) sono così nate altre
due sezioni: i Neologismi settecenteschi e gli Arcaismi. La sezione Neologismi
settecenteschi permette di collocare l‟opera all‟interno del periodo storico in cui è
stata concepita e realizzata, inserendola nel quadro di un XVIII secolo
caratterizzato (cfr. § 2.1.) da un profondo rinnovamento del lessico scientifico
e letterario: l‟influenza del francese, l‟avvento dell‟illuminismo, le nuove
esigenze espressive determinate dai cambiamenti culturali in atto avevano
portato alla nascita e all‟elaborazione di nuove parole, che volevano dar voce
ad una realtà in rapido mutamento. Termini come elettrizzare, assegnato,
organizzazione o suffissi come -eria o -aggine entrano nella lingua italiana proprio
a partire dal Settecento ed in virtù dell‟autorità che il francese rivestiva nella
nostra cultura: se il loro impiego all‟interno del Misogallo è sempre effettuato
con finalità ironico-parodiche (§ 2.2), esso costituisce comunque la
testimonianza evidente dell‟influsso intellettuale e linguistico esercitato da
questa lingua. L‟analisi dei lemmi settecenteschi consente quindi di dimostrare
la partecipazione di Alfieri al clima culturale del suo secolo: un aggettivo come
«turchesco» (cfr. Glossario), ad esempio, riveste un particolare significato nel
XVIII secolo, e la sua presenza nel testo costituisce la prova dell‟assimilazione
da parte del poeta di una serie di τόποι e luoghi comuni al tempo ampiamente
diffusi e condivisi.
Nella sezione del Glossario dedicata agli Arcaismi sono stati infine
selezionati e registrati tutti quei termini che, cronologicamente anteriori al
XVIII secolo, permettono di attestare la stretta relazione instaurata da Alfieri
tra la scelta dei vocaboli legati alla tradizione letteraria e le diverse tipologie di
invenzione neologistica che caratterizzano l‟opera (cfr. § 3.1.5).
L‟analisi linguistica di questo ampio corpus lessicale è accompagnata, sempre
all‟interno del Glossario, da un lavoro di commento ai lemmi selezionati,
operazione necessaria soprattutto per le neoformazioni, il cui senso è talvolta
davvero oscuro e complesso. Concrezioni, agglomerati, impasti linguistici di
carattere sperimentale si intrecciano nel Misogallo in modo da costruire una
struttura lessicale eterogenea, il cui significato si snoda all‟interno del testo e si
esplicita piano piano nel corso della lettura. Se spesso è lo stesso Alfieri a
fornire in nota una spiegazione a queste estrose invenzioni, la loro
comprensione non può, però, prescindere dal riferimento al quadro di insieme
della sua opera e della sua poetica. Le ragioni che stanno alla base della
reinvenzione semantica del lessico politico (§ 2.2), ad esempio, trovano le loro
premesse fondamentali nei trattati politici, così come le modalità e le
caratteristiche dell‟invettiva antifrancese hanno una stretta corrispondenza sia
con il linguaggio funambolico e pungente delle Satire, sia con il lessico legato
4
alla «vicenda linguistica»
3
tracciata nella Vita. Neologismi come «filosofisti»,
«galleggiare», «gallizzato», «gallume», «elefanteschi», «monarchesco» (questi
ultimi due neologismi di significato) sono tutti termini provocatori e polemici
nei confronti del «buon Popolone»
4
francese che il Misogallo condivide con le
Satire, permettendo così di individuare una precisa linea di creazione lessicale e
semantica, che riguarda tanto i termini privilegiati dall‟autore per l‟invenzione
linguistica (ad esempio il lemma gallo, a partire dal quale vengono ottenute una
molteplicità di neoformazioni), quanto i procedimenti di derivazione attivati
per realizzarla. Particolarmente produttivo è, ad esempio, il meccanismo della
suffissazione, all‟interno della quale è stato possibile identificare l‟impiego di
alcuni elementi favoriti, come il suffisso -ismo, che consente ad Alfieri di creare
neologismi originali quali «aristocraticismo», «monocraticismo»,
«democraticismo», o il suffisso -esco impiegato più volte per la coniazione di
vocaboli dalla forte carica dispregiativa («carneficesco», «gallesco»,
«cibeleschi»).
L‟individuazione di tali costanti nelle modalità di creazione linguistica
consente di portare avanti considerazioni importanti sul modus scribendi
dell‟autore e sul valore fondamentale che le scelte di costruzione lessicale
rivestono all‟interno di un più ampio programma ideologico. In quest‟ottica, al
fine di contestualizzare le informazioni ottenute tramite il Glossario ed
inquadrarle in un discorso più articolato, si è deciso di far precedere il lavoro
prettamente linguistico da una breve sezione di commento, finalizzata a
fornire un‟introduzione critica al testo. Nel primo capitolo (Storia del testo)
sono tracciate le linee essenziali della complessa questione filologica del
Misogallo e delle sue problematiche testuali, mentre il secondo («A cose nuove
nuove parole»: la creazione neologistica come strumento di ridefinizione) è dedicato
all‟analisi delle principali tematiche verso cui si indirizza l‟inventiva
neologistica dell‟autore: il rinnovamento del dizionario politico, l‟invettiva nei
confronti della «Nazïon Gallina» e di tutti i suoi appartenenti (§ 2.3) e l‟aspra
polemica contro i «filosofisti» dell‟Illuminismo (§ 2.4) costituiscono i tre
bersagli privilegiati del testo ed è su di essi che si esercita in modo esemplare
l‟estro alfieriano.
Questa sezione di commento non mira ad esaurire le considerazioni che si
possono trarre ed evincere dall‟analisi puntuale del Glossario – fulcro centrale
del lavoro di tesi –, ma è finalizzata a fornire alcuni spunti di riflessione, e
delle linee guida capaci di facilitare l‟orientamento all‟interno di quel
«mostruoso aggregato» che è, secondo la definizione del suo stesso autore, il
Misogallo.
3
A. Porcu, La “Vita” dell‟Alfieri come vicenda linguistica, in «Lingua e stile», Anno XI, 1976,
n. 2, p. 245.
4
V. Alfieri, Il Misogallo, in Scritti politici e morali, vol. III, a cura di C. Mazzotta, Asti, Casa
d‟Alfieri, p. 360. In seguito citerò quest‟opera solo con autore, titolo e pagina.
5
Capitolo 1.
Storia del testo
1.1 Genesi e tradizione del Misogallo
La composizione del Misogallo, definito dal suo autore una «operuccia nata a
pezzi ed a caso», un «mostruoso aggregato di diverse intarsiature»
5
, impegnò
l‟Alfieri per più di un decennio: la stesura delle prime «composizioncelle»
6
inizia, infatti, già a partire dal 1789, quando gli eventi rivoluzionari
cominciarono a suscitare nel poeta un‟indignazione che il suo «forte sentire»
non poteva permettergli di tener chiusa nell‟animo. La reazione istintiva agli
accadimenti di cui mano a mano veniva a conoscenza portò così alla scrittura
di una serie di sonetti antifrancesi che, durante i primi anni novanta, vennero
inseriti dall‟autore all‟interno di alcune lettere dirette ai propri corrispondenti
epistolari. Ne sono un esempio quelle che coprono gli anni 1792-1793, nelle
quali tali composizioni costituiscono una sorta di «commento o appendice in
versi»
7
alle riflessioni portate avanti dall‟autore a riguardo dei «dolorosi affari»
di Francia. Il veder «la tirannide ingojarsi da uno stupido popolo sotto il nome
di libertà»
8
suscitava in Alfieri una rabbia a cui solo la scrittura poteva dare
sfogo. Leggiamo in un passo della lettera a Francesco Albergati Capicelli del
16 giugno 1792:
Troppo sarei lungo se volessi esalar la mia giusta,
e libera bile: onde per dargliene un leggerissimo
compendio le trascriverò qui uno dei miei
moltissimi Sonetti che vo facendo così alla
giornata, a seconda degli accidenti diversi; e non
son neppur io che li fo; che qui è ben vero il detto
di Giovenale: Facit indignatio versum
9
.
Queste parole rivestono una grande importanza poiché permettono di
individuare l‟istanza principale che presiede alla fase iniziale della produzione
misogallica: l‟estemporaneità. Nessun progetto predefinito sottostà
all‟elaborazione dei primi sonetti, che prendono invece corpo giorno dopo
giorno sotto la spinta di quei «fatti, che sono noti a tutti; ma [che] certo pajon
5
Ivi, p. 198.
6
Ivi, p. 227.
7
D. Gorret, Il poeta e i mille tiranni, Salerno, Pietro Laveglia Editore, 1991, p. 14.
8
V. Alfieri, Epistolario, vol. II, a cura di L. Caretti, Asti, Casa d‟Alfieri, 1963-1989, p. 78.
9
Ibidem.
6
men fetidi a chi da lontano li sente»
10
. «Facit indignatio versum», emistichio
presente anche nella lettera a Teresa Regoli Mocenni
11
, è la formula che spiega
e dà ragione delle tante «coserelle» che all‟autore era «accaduto fare durante
questa Rivoluzione»
12
: l‟urgenza della scrittura, il desiderio di mettere su carta
le impressioni e i giudizi suscitati dagli accadimenti politici manifestano la
volontà di esternare sia il proprio sdegno intellettuale, sia il risentimento
personale nei confronti di una nazione che lo aveva privato di tutti gli averi
13
.
In quest‟ottica, quindi, il Misogallo, principalmente nelle sue parti lirico-
epigrammatiche, si inserisce perfettamente all‟interno di quella «casistica del
poetare per “sfogo” autobiografico, registrata nella Vita e ribadita dalla
maniacale cronologizzazione del proprio dettato»
14
.
A questa dimensione di immediatezza, fondamentale nel momento iniziale
della creazione artistica, subentra però, in un secondo tempo, una nuova
dimensione, più «profonda e progettata»
15
. Se infatti i componimenti realizzati
fino ad allora erano stati appuntati su carte sparse, e poi successivamente
riuniti nello zibaldone poetico f e nel prosastico f1
16
, negli ultimi mesi del 1795
10
Ivi, p. 79.
11
Ivi, p. 73.
12
Ibidem. Molti altri sono, all‟interno dell‟Epistolario, le lettere in cui Alfieri fa riferimento
alle proprie composizioni misogalliche, sottolineando con toni ed espressioni molto
simili – se non talvolta identici – gli aspetti che abbiamo già messo in evidenza. Si
ricordi, ancora, la lettera a Ottavio Faletti di Barolo (23 novembre 1792): «Non per farvi
un regalo, ma per mostrarvi che sugli affari presenti io penso un di presso come voi, e
come ogni libero vero galantuomo, vi racchiudo qui due de‟ miei molti ed inutili Sonetti,
che ho fatti e vo facendo per sfogo del vedere i più sacrosanti e sublimi nomi
contaminati dalla più vile e rea genia d‟Europa» (Ivi, p. 97); la lettera a Mario Bianchi del
5 dicembre 1792: «Le manderò un di questi giorni alcuni dei molti Sonetti che son
venuti facendo per strada» (Ivi, p. 100); la lettera a Giovanni Fantoni del 28 dicembre
1792: «Le mando […] una <mia> Odicciuola su la Licenza. Sì l‟uno che l‟altra son due
malanni, che si vorrebbero veder sbiaditi dal mondo» (Ivi, pp. 103-104) e ancora le
lettere 257 (Ivi, p. 112), 260 (Ivi, pp. 117-118), 271 (Ivi, p. 132), 272 (Ivi, p. 133).
13
«L‟Autore, partito da Parigi il 18 agosto 1792, vi lasciò ogni suo avere, fra cui, tutti i
suoi libri, e varie sue cose manoscritte. Tutto gli fu sequestrato alcuni giorni dopo,
tacciandolo di fuoriuscito, cioè d‟esser francese, ed alcuni mesi dopo, il tutto fu venduto,
predato o disperso» (V. Alfieri, Il Misogallo, cit. p. 228).
14
P. Luciani, Il «Mescuglio garrulo». Cornice ed episodio nel “Misogallo”, in Studi di filologia e
critica offerti dagli allievi di Lanfranco Caretti, vol. I, Roma, Sellerio editrice, 1985, p. 403.
15
D. Gorret, Il poeta e i mille tiranni, cit., p. 141.
16
Per tutte le note e le problematiche di carattere filologico si rimanda all‟Introduzione di
C. Mazzotta a Il Misogallo, cit., pp. XLVIII-LV: alle indicazioni del Mazzotta ci si attiene,
dunque, anche per le considerazioni riguardanti la tradizione e la datazione del testo.
Fondamentale per la storia del testo e l‟analisi del ms. A è l‟articolo, dello stesso autore,
Fra gli autografi alfieriani di Montpellier: la copia A del “Il Misogallo”, contenuto in «Studi e
problemi di critica testuale», 17 ottobre 1978, pp. 25-40. Le sigle f e f1 fanno riferimento
rispettivamente ai ms. Laurenziani «Alfieri» 13 e «Alfieri» 6, descritti nell‟edizione appena
citata alle pp. LXI-LXV e LX-LXI.
7
Alfieri decide di iniziare una loro completa trascrizione nel primo esemplare
ordinato dell‟opera, siglato A
17
. È dunque a questa data che va fatta risalire
l‟ideazione della raccolta, interpretando le indicazioni fornite nella Vita a
riguardo del Misogallo, più come un terminus post quem (risalendo la
composizione della Prosa II di cui parla l‟autobiografia proprio al 1793) che
come un preciso riferimento cronologico
18
:
Stesi anche [nel 1793] una prosa storico-satirica su gli
affari di Francia, compendiamente, la quale poi,
ritrovatomi un diluvio di composizioni poetiche,
sonetti ed epigrammi su quelle risibili e dolorose
vertenze, ed a tutti que‟ membri sparsi volendo dar
corpo e sussistenza, volli che quella prosa [Prosa II]
servisse come di prefazione all‟opera che intitolerei Il
Misogallo.
19
All‟altezza del 1793, infatti, i materiali misogallici erano ancora molto scarsi:
nell‟estate dell‟anno prima i componimenti destinati a figurare un giorno
nell‟opera contavano poco più di una dozzina di testi, che si accrebbero poi
durante il viaggio di ritorno dell‟autore in Italia e il suo soggiorno a Firenze. È
inoltre interessante rilevare che all‟inizio del ‟95 anche il titolo dell‟opera era
ancora in fase di definizione: accanto al Sonetto, che diventerà poi il Proemio,
Ode all‟emula Roma acerbo eterno troviamo, infatti, nel ms. f un rimando al «Miso-
Galli», lezione che sarà corretta in un secondo momento in «Miso-Gallo»
20
.
Nel ms. A vengono dunque trascritti, per la prima volta in modo ordinato e
organico, tutti i componimenti in prosa e in rima in un arco di tempo che va
dai primi mesi del 1795 al 14 febbraio 1796, anno in cui Alfieri si propone,
come leggiamo nella Vita, di «chiuder bottega»
21
. La prima forma dell‟opera è
17
Nel registrare le attività letterarie dell‟anno, Alfieri annota infatti «limato e ricopiato il
Misogallo» (in Rendimento di conti da darsi al tribunal d'Apollo, sul buono o mal impiego degli anni
virili. Dal 1774 in poi).
18
L‟interpretazione cronologica del Mazzotta diverge da quella del Renier, che, proprio
basandosi sul passo della Vita sopra citato aveva fissato la data di ideazione di una
raccolta ordinata dei vari componimenti al gennaio del 1973 (cfr. V. Alfieri, Il Misogallo;
le Satire e gli Epigrammi, editi e inediti di Vittorio Alfieri, a cura di R. Renier, Firenze, Sansoni
1884, pp. XI-XV).
19
V. Alfieri, Vita, a cura di G. Dossena, Torino, Einaudi, 1967, p. 265.
20
Per altre prove a sostegno di questa datazione si rimanda a C. Mazzotta, Introduzione, in
V. Alfieri, Il Misogallo, cit. p. XLIX.
21
«E con quella [la Teleutodìa] chiusi bottega per sempre; e se dopo ho fatto qualche
sonettuccio o epigrammuccio, non l‟ho scritto; se l‟ho scritto non l‟ho tenuto, e non
saprei dove pescarlo, e non lo riconosco più per mio. Bisognava finir una volta e finire
in tempo, e finire spontaneo, e non costretto. L‟occasione dei dieci lustri spirati, e dei
8
così ultimata e contiene, organizzati secondo un criterio di successione
cronologica e alternanza dei generi, quattro prose, un‟ode, quarantacinque
epigrammi numerati (oltre all‟Avviso al lettore e alla Licenza), trentanove sonetti
numerati (oltre al Proemio e alla Conclusione), venticinque note e sei epigrafi
22
.
Come spesso accade a chi è spinto alla scrittura da una disposizione interiore
travolgente, Alfieri viene però meno al proposito esposto nell‟autobiografia, e
già precedentemente indicato in f, con parole molto simili, a chiusura
dell‟Epigramma Uno sforzato imprestito in bei dindi: «E qui si chiude bottega. Ep.
40. Son.i 40». Lo sviluppo degli eventi rivoluzionari, e in particolare la
campagna portata avanti da Napoleone contro l‟Italia, non potevano infatti
lasciare Alfieri indifferente e gli resero del tutto impossibile «contenere la sua
vena rabbiosa entro gli argini di quello schema quadripartito […]»
23
su cui
aveva fondato la costruzione della prima forma dell‟opera.
Il «mescuglio garrulo» continua così a crescere e dal 9 giugno al 3 agosto
1796 il poeta inizia la trascrizione autografa di un nuovo manoscritto, siglato
B
24
, copia di servizio, fondamentalmente esemplata da A, adibita da una parte
ad un meticoloso e scrupoloso lavoro correttorio, dall‟altra alla raccolta dei
molti nuovi membri del testo, la cui composizione andò avanti per ancora due
anni. L‟officina alfieriana si chiuse definitivamente alla fine del 1798: «Fin
dall‟anno prima [1798] avea posto fine per tedio al Misogallo, e fatto punto
all‟occupazione di Roma, che mi pareva la più brillante impresa di codesta
schiaveria»
25
. La decisione di concludere l‟opera suona quindi più come
un‟imposizione programmatica, che come una preoccupazione formale: l‟odio
misogallico da cui Alfieri era animato avrebbe continuato a fornire l‟humus
necessario per aumentare le dimensioni del prosimetro, ma a venire “in
soccorso” all‟autore fu, appunto, un avvenimento esterno, l‟occupazione di
Roma da parte delle truppe francesi, la cui portata drammatica viene assunta
come punto culminante della parabola misogallica
26
. Nel luglio del 1798 la
composizione del Misogallo viene così a coincidere quasi alla perfezione con il
consuntivo rimato che precede l‟indice:
barbari antilirici soprastantimi non potea esser più giusta ed opportuna; l‟afferrai, e non
ci pensai poi mai più» (V. Alfieri, Vita, p. 277).
22
Avviso al lettore, Proemio, Licenza e Conclusione sono esclusi dalla numerazione progressiva
dei componimenti.
23
C. Mazzotta, Introduzione, in V. Alfieri, Il Misogallo, cit. p. L.
24
Corrispondente oggi al ms. Laurenziano «Alfieri» 22, descritto nell‟Introduzione del
Mazzotta alle pp. LXV-LXVIII.
25
V. Alfieri, Vita, cit., p. 275.
26
A questo avvenimento Alfieri dedica infatti il sonetto di chiusura (prima della Licenza e
della Conclusione) dell‟intera opera, Sonetto XLIII «Dei rifondati Cibesleschi Galli» (cfr. V.
Alfieri, Il Misogallo, cit., p. 409).
9
Prose cinque, Sonetti quarantazei,
Sessantatre Epigrammi, e solo un‟Ode;
E il Rame; e, in Note ottanta, una Notona,
Che con tre Documenti al ver consuona;
E di Epigrafi trenta alta corona:
Questa è l‟Opera intera; a cui potrei,
S‟io non schifassi omai sì ignobil lode,
Appiccicar più code.
27
La vicenda testuale del Misogallo non era però ancora destinata a
concludersi. Nella Vita Alfieri ci racconta che, temendo la minaccia dei
francesi ormai giunti anche in Toscana, nel 1799, al fine di proteggere il
libello, prese la decisione di realizzare dieci copie del Misogallo, destinate ad
essere distribuite in «diversi luoghi» affinché «non si potessero né annullare, né
smarrire, ma al suo debito tempo poi comparissero»
28
. Alcuni appunti
conservati a Montpellier e ad Asti, e databili quasi sicuramente agli ultimi mesi
del 1800, permettono di accertare le sigle distintive recate rispettivamente da
ciascun testimone: A B CI CII CIII CIV DI DII E ed F
29
. Questi codici
costituivano una sorta di tiratura manoscritta che, nelle speranze dell‟Alfieri,
avrebbe dovuto garantire alla propria «operuccia» una possibilità di
sopravvivenza in quei tempi di incertezza politica: le parole e i versi mordenti
del Misogallo non costituivano soltanto un ininterrotto atto di accusa nei
confronti dei francesi, ma colpivano anche i governi e i potenti del tempo,
andando così a rivestire il valore di un vero e proprio testamento politico e
ideologico, dettato dalla volontà di vendicare se stesso e il nome «della
contaminata, e tradita libertà»
30
:
Nel Misogallo, che sempre andava crescendo, e che
anche ornai d‟altre prose, io aveva riposto la mia
vendetta e quella della mia Italia; e porto tuttavia ferma
speranza, che quel libricciuolo col tempo gioverà
all‟Italia, e nuocerà alla Francia non poco. Sogni e
27
V. Alfieri, Il Misogallo, cit., p. 412.
28
V. Alfieri, Vita, cit., pp. 276-277.
29
Per i luoghi in cui reperire l‟edizione degli elenchi dei testimoni si rimanda a C.
Mazzotta, Fra gli autografi alfieriani di Montpellier, nota 11, cit. p. 29. Allo stesso articolo è
possibile fare riferimento per tutte le notizie riguardanti il ms. A e le sue problematiche
filologiche. Per la descrizione dei manoscritti citati e delle carte che contengono appunti
e materiali misogallici si rimanda a C. Mazzotta, Introduzione, in V. Alfieri, Il Misogallo, cit.
pp. LVI e ss. I documenti presi in esame per l‟edizione critica sono infatti più di venti,
tutti autografi o idiografi, ad eccezione di t, apografo torinese esemplato dall‟irreperibile
DI, da cui discendono tutte le stampe torinesi.
30
V. Alfieri, Il Misogallo, Prosa I, p. 204.
10
ridicolezze d‟autore, finchè non hanno effetto;
profezie di inspirato vate, allorchè poi l‟ottengono.
31
La possibilità di mandare in stampa il «libello controrivoluzionario»
32
si
offre ad Alfieri alla fine del 1799, quando giunge la notizia inaspettata
dell‟imminente e non autorizzata stampa delle sue opere «filosofiche, sì in
prosa che in versi» da parte del libraio Giovanni Claudio Molini:
Mi capitò alle mani un manifesto del libraio
Molini italiano di Parigi, in cui diceva di aver
intrapreso di stampare tutte le mie opere (diceva il
manifesto, filosofiche, sí in prosa che in versi) e
ne dava il ragguaglio, e tutte purtroppo le mie
opere stampate in Kehl, come dissi, e da me non
mai pubblicate, vi si trovavano per estenso.
Questo fu un fulmine, che mi atterrò per molti
giorni […] Ora […] il mezzo più efficace di
purgarmi agli occhi dei buoni e stimabili, sarebbe
stato di fare un contromanifesto, e confessare i
libri per miei, dire il modo con cui m'erano stati
furati, e pubblicare per discolpa totale del mio
sentire e pensare, il Misogallo, che certo è più atto e
bastante da ciò.
33
Alfieri si oppose risolutamente alla prospettiva di una pubblicazione che
esponeva le sue opere «al rischio di essere strumentalizzate nel quadro della
Rivoluzione e dei nuovi orizzonti politici che questa aveva aperto»
34
:
l‟edizione, infatti, oltre ad essere illecita, poteva aprire ad una «fruizione
filorivoluzionaria della sua opera, rendendo pubblico un pensiero che egli
aveva sconfessato più volte e che intendeva mantenere accuratamente
nascosto in attesa di tempi migliori»
35
. In una tale ottica il Misogallo si presenta
così all‟Alfieri come il testo più efficace per rettificare quanto contenuto nei
trattati politici (Del principe e delle lettere e Della Tirannide), nelle Rime e nell‟
Etruria Vendicata, o comunque per porlo sotto una prospettiva che lo
distanziasse il più possibile dalla realtà politica del tempo. Gli sconvolgimenti
di quegli anni, infatti, se non portarono Alfieri a rinnegare «tutto quanto o
31
V. Alfieri, Vita, cit., p. 269.
32
C. Mazzotta, Ragioni e senso di un libello controrivoluzionario, in AA.VV. Vittorio Alfieri e la
cultura piemontese, cit., p. 257.
33
V. Alfieri, Vita, cit., p. 284.
34
G. Santato, Tra mito e palinodia: itinerari alfieriani, Modena, Mucchi Editore, 1999, p. 238.
35
Ibidem.
11
quasi è in quei libri»
36
, destarono sicuramente in lui il desiderio di dissociarsi
dalla storia più recente e dalle possibili accuse di familiarizzazione con le
ideologie rivoluzionarie: «per esentarmi una volta per sempre dall‟infame ceto
degli schiavi presenti, che non potendo imbiancare sé stessi, si compiacciono
di sporcare gli altri, fingendo di crederli e di annoverarli tra i loro; ed io per
aver parlato di libertà sono un di quelli, ch‟essi si associano volentieri, ma me
ne dissocierà ampiamente poi il Misogallo agli occhi anche dei maligni e degli
stupidi»
37
. L‟idea di pubblicare l‟opera venne però presto abbandonata e Alfieri
si accontentò, per «discolpa totale del suo sentire e pensare»
38
, di far circolare
una scelta ridotta di componimenti misogallici a stampa con il titolo di
Contravveleno Poetico per la Pestilenza corrente
39
e di ripubblicare «in tutte le gazzette
d‟Italia» l‟Avviso, già edito nel ‟93, con l‟elenco delle opere vidimate dall‟autore.
Il prosimetro non vide quindi mai più la stampa
40
, ma la sua circolazione nella
cerchia delle amicizie dell‟Alfieri è testimoniata dalle sue relazioni epistolari.
L‟analisi dell‟ Epistolario ha infatti permesso di stabilire che una copia completa
del testo venne mandata all‟amico abate di Caluso il 15 ottobre 1798 e che
un‟altra, siglata DI, venne invece inviata in lettura prima a un certo «G.A.»
41
(1799) e poi a Teresa Regoli Mocenni (1800), «col corredo dei curiosi Patti
Misogallici, che tanto ci dicono sui timori dell‟autore e sulle meticolose
precauzioni con cui fino all‟ultimo cercò di difendere gli originali dell‟astioso
pamphlet»
42
.
36
«Giacchè poi voi mi toccate il tasto di quelle mie Opere ristampate a Parigi […] io ve
ne voglio fare uno sfogo amichevole, e parlarvene a cuore sviscerato. Non potete
credere quanto io sia dolente per la pubblicazione di codeste Opere, fatte in tal paese, ed
in cotali circostanze. […] Il motore di codesti libri fu l‟impeto di gioventù, l‟amor del
vero, o di quello ch‟io credeva tale. […] In due parole io approvo di bel nuovo
solennemente tutto quanto o quasi è in quei libri; ma condanno senza misericordia chi li
ha fatti […]» (V. Alfieri, Epistolario, vol. III, Lettere a Tommaso Valperga di Caluso del
gennaio 1802, cit., p. 131-133)
37
V. Alfieri, Vita, p. 285.
38
Ivi, p. 284
39
Riferimenti a questa stampa si trovano tanto nel Rendimento di conti relativo al 1799
(«Verso il dicembre poi permisi a un librajuccio di stampare alcuni sonetti, ed epigrammi
del Il Misogallo, senza apporvi il mio nome; e intitolai quella raccoltina Contravveleno Poetico
per la Pestilenza corrente») quanto nell‟Epistolario (si vedano le lettere al Caluso del 3 e del 4
febbraio 1800).
40
«Ma io non era libero, né il sono; poiché abito in Italia; poiché amo, e temo per altri
che per me; onde non feci questo che avrei dovuto fare in altre circostanze» (V. Alfieri,
Vita, cit. pp. 284-285)
41
Si veda a questo riguardo C. Mazzotta, Introduzione, in V. Alfieri, Il Misogallo, cit. p. LV
(in particolare la nota 146).
42
Ivi, p. LV.
12
La prima edizione dell‟opera è postuma ed appare solo nel 1814 con la falsa
e libera data «Londra 1799», fatta apporre da Alfieri sul frontespizio di tutti i
testimoni idiografi.
13
1.2. Materiali
Il tratto che appare immediatamente evidente ad una prima lettura del testo
è la confusione di generi e stili che caratterizza l‟intera opera: se all‟inizio del
Misogallo la Prosa Prima e la sua dedica, l‟Invocazione, la Ragion dell‟Opera e il
Proemio sembravano volerci introdurre all‟interno di un poema serio, di
argomento politico e morale, simile ai precedenti trattati politici, ecco che
l‟intricata successione di epigrammi, sonetti, e prose coglie di sorpresa il
lettore e lo introduce senza preavviso all‟interno di un universo popolato da
uomini metamorfizzati, grottesche caricature, terribili profezie sulla sorte dei
tempi a venire. Le tematiche che sottostanno alla produzione misogallica si
condensano tutte in quell‟odio antifrancese che muove la penna e lo spirito
dello scrittore, ma, nello stesso tempo si sfaccettano in tanti argomenti e toni
diversi, ai quali questo «mostruoso aggregato» ha il compito di dar voce.
Inserire il Misogallo all‟interno di una codificazione di genere tradizionale
risulta impossibile proprio perché i membri che lo compongono divergono gli
uni dagli altri per stile, lessico e finalità retoriche: dai toni tragico-retorici della
Prosa III e di molti sonetti si passa senza soluzione di continuità agli
epigrammi, tutti caratterizzati da un‟originale ispirazione «sterquilina». Il solo
genere a cui il Misogallo potrebbe forse essere ascritto è quello dell‟antica
menippea
43
, che viene però innovata dall‟autore attraverso una marcata ed
estrema mescolanza di stili
44
.
La sperimentazione alfieriana raggiunge, quindi, in quest‟opera livelli molto
alti e l‟originalità di una tale creazione è annunciata dallo stesso scrittore, che
nell‟Epilogo della Ragion dell‟opera inserisce una vera e propria dichiarazione di
poetica:
Io quindi per semplice sfogo di addolorato e libero
animo […] sono andato qui inserendo molte diverse
composizioncelle, dalla indignazione dettatatami, e
dall‟amore del vero, del retto, e degli uomini . Sonetti,
Prose, Epigrammi, Dialoghi; ogni cosa frammista, nè
altrimenti ordinata, se non se come venivano fatti
[…]
45
43
F. Spera, L‟eloquenza delle parole estreme, in AA.VV. Vittorio Alfieri e la cultura piemontese,
cit., p. 173: «Certo, Il Misogallo sembra seguire lo schema del genere antico della
menippea, ma pure occorre sottolineare la novità della scelta tanto più consapevole di
Alfieri, che si rende conto della necessità di aprirsi nuove vie letterarie e di accettare, se
non il capovolgimento degli stili, almeno la loro mescolanza».
44
A questo proposito cfr. anche D. Gorret, Il poeta e i mille tiranni, cit., p. 142-143.
45
V. Alfieri, Il Misogallo, cit., p. 227.
14
L‟eccentricità del libello rispetto al corpus delle opere precedenti viene quindi
messa subito in primo piano, ma, come spesso accade con Alfieri, il lettore
non deve commettere l‟ingenuità di prestare incondizionatamente fede alle sue
parole. L‟occasionalità che secondo l‟autore dovrebbe presiedere alla struttura
del testo, è infatti contraddetta da una serie di indizi che permettono di intuire
come la collocazione dei diversi membri, lungi dall‟essere casuale, segue,
invece, una disposizione profondamente ragionata. Accettando la
schematizzazione indicata da Gorret, possiamo riconoscere nella struttura
organizzativa del Misogallo quattro criteri fondamentali, alcuni dei quali già
individuabili nel ms. A, ma solo in parte coincidenti con quanto sostenuto da
Alfieri nel passo precedente: l‟ordine cronologico della loro composizione;
l‟alternanza tra prosa e metro e, all‟interno di quest‟ultima, tra sonetti ed
epigrammi; il rapporto dei singoli componimenti rispetto alla totalità
dell‟opera; la necessità di stabilire una connessione logica tra le diverse parti.
La successione cronologica dei componimenti, sulla quale Alfieri si era
esplicitamente soffermato ad apertura di libro, viene quasi sempre rispettato, e
costituisce un criterio di grande importanza per stabilire e verificare la
relazione esistente tra i singoli testi e l‟avvenimento storico dal quale essi
prendono spunto: «Ai più de‟ componimenti sono andato apponendo le date
de‟ mesi e degli anni in cui erano scritti, perché rimanessero schiariti dal
resoconto dei fatti coincidenti»
46
. Si pensi, ad esempio, al Sonetto XXXVIII,
composto il 20 gennaio 1796, che registra la tragica situazione economica in
cui verteva la realtà monetaria francese nei mesi a cavallo tra il ‟75 e il ‟76. La
svalutazione degli assegnati ebbe conseguenze disastrose per l‟Albany e
l‟Alfieri, il quale nell‟autobiografia scrive: «avendo l‟uno e l‟altro i due terzi
delle nostre entrate in Francia, dove la moneta sparita, e datovi luogo alla carta
ideale, e sfiduciata ogni dì più, settimanalmente uno si vedeva scemare in
mano il suo avere, che prima d‟un terzo, poi mezzo, poi due terzi, andava di
carriera verso il bel nulla»
47
. Ad essere oggetto della polemica alfieriana
48
sono
dunque i «nuovi Galli» «figli di vuoto erario», cui sono tanto familiari gli
inganni del «papié», dei «mandati» e degli «imprestati forzati». Nel sonetto in
questione, però, questa denuncia non si svilisce in una vendetta personale per
le ricchezze perdute
49
, ma si articola in un discorso più ampio, in cui «la
metamorfosi storica della moneta coniata in carta moneta sembra essere
partecipe di trasformazioni sovvertitrici dal punto di vista culturale, poiché
46
Ibidem.
47
V. Alfieri, Vita, cit., pp. 257-258.
48
Si veda quanto detto nel Glossario a proposito del lemma «Assegnato».
49
È importante ricordare che proprio il timore che il Misogallo potesse essere interpretato
come una vendetta per gli averi perduti in Francia è alla base della decisione di Alfieri di
non pubblicare il libello: «[…] la principale ragione, per cui non ho voluto pubblicare in
vita questa Operuccia, fu per l‟appunto affinchè non venisse intitolata, La Vendetta
d‟una persona spogliata» (V. Alfieri, Il Misogallo, p. 204).
15
non incoraggerebbe più a credere che simbolo e merce, parola e concetto
siano del tutto separabili»
50
. Ogni componimento, accompagnato
dall‟indicazione di giorno, mese e anno, costituisce così «una sorta di
liberissima e stravagante controcronaca dei fatti rivoluzionari»
51
, finalizzata a
stabilire un perfetto rapporto tra storia, testo e giudizio autoriale.
È importate però rilevare come Alfieri non esiti a venir meno a questo
criterio nel momento in cui si manifestano altre esigenze, più urgenti ai suoi
occhi: è il caso, ad esempio, della Prosa I, unico componimento in prosa
aggiunto rispetto alla forma A e composto in due diverse redazioni tra il
febbraio e il giugno del 1798. In ordine di tempo, dunque, questo è l‟ultimo
dei testi misogallici e dovrebbe perciò essere collocato a conclusione del libro,
e non, come invece si trova, in posizione iniziale. Il motivo di tale
posizionamento è da rintracciarsi nella particolare funzione proemiale ed
introduttiva della Prosa I, nella quale Alfieri si rivolge direttamente all‟Italia,
esortandola a quel sentimento d‟odio che costituisce uno dei temi più forti e
innovativi dell‟intera opera
52
. In questo caso ad essere messo in primo piano è
dunque il principio di connessione, ovvero la volontà di dar vita ad un testo
strutturato in modo razionale con una premessa, uno svolgimento ed una
conclusione. La prima e la seconda di queste sezioni sono affidate da una
parte alla Prosa I, all‟ Invocazione e al Proemio, situati ad apertura di libro,
dall‟altra alla Conclusione, posta in chiusura. La posizione forte in cui tali
membri vengono collocati dall‟autore è indice della loro importanza
introduttiva e/o conclusiva: essi costituiscono la cornice del testo e la loro
diversa natura rispetto al restante corpus di sonetti ed epigrammi è sottolineata
dalla decisione di non farli accompagnare dalla data di composizione. Il
criterio cronologico viene così contraddetto e ribaltato in funzione di un
principio organizzativo particolarmente caro all‟Alfieri, che in una lettera al
Caluso ribadiva la necessità di raggiungere quella «connessione di tutta
l‟opera»
53
la cui importanza verrà riaffermata anche all‟interno del già citato
50
S. Calabrese, Una giornata alfieriana, caricature della Rivoluzione francese, Bologna, Il Mulino,
1989, p. 97.
51
D. Gorret, Il poeta e i mille tiranni, cit., p. 14.
52
«In così fatto stato locale, e politico, quale è manifestamente il tuo, chiunque, o Italia,
ti insegnerà a ben odiare i tuoi naturali e perenni nemici, verrà ad insegnarti e
rammentarti ad un tempo il più sacro de‟ tuoi doveri» (V. Alfieri, Il Misogallo, cit., p. 200).
53
«Se il Marchese Silva ch‟io vi raccomanda, e che non è partito ancora di qui, differisce
altre due o tre settimane, io vi manderò per mezzo suo ben sigillata una Copia pulita de
Il Misogallo, di cui conoscete alcuni membri sparsi, ma non i più e la connessione
dell‟intera opera vi riuscirà interamente nuova; non so se buona. La potrete tenere
presso voi un mese, o due, e poi rimandarmela pure sigillata come carte, per una qualche
persona sicura. E intanto potrete a ore perdute andarlo leggendo; leggerlo anche tutto o
parte, a quelli che costà voi giudicherete poterlo sentire e non gustare se nulla v‟è da
gustarsi. E senza però darlo in man di nessuno, né lasciarne trar copia di nessun
componimento […]» (V. Alfieri, Epistolario, vol. II, cit., pp. 272-273).