esse hanno spesso la lingua grossa e la mano chiusa. Ad ogni modo, questa terra è
bagnata dal sole come nessun altra al mondo”.
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Così Karel Van Mander presenta il viaggio a Roma nell’introduzione alla sua
monumentale raccolta biografica Het Schilderboek.
Capitale del Cattolicesimo, erede dell’arte classica, protagonista nella rivoluzione
rinascimentale dei grandi maestri, fucina delle più moderne tendenze pittoriche,
Roma era il luogo ideale per un pittore nordico che volesse imparare o perfezionare i
segreti della propria arte.
Van Mander mette anche in guardia i propri lettori descrivendo i pericoli e il degrado
della città, visione che d’altronde ben si radicherà nell’immaginario collettivo
riformato delle Province Unite, per le quali la contrapposizione alla “corruzione
morale” dell’Europa “papista” fungerà addirittura da collante per l’identità nazionale.
Proprio questi due aspetti, quello positivo e quello negativo, sono protagonisti nelle
esperienze di vita degli artisti belgi ed olandesi che nel periodo da me preso in
considerazione visitano e soggiornano in città.
Essi trovano un terreno artisticamente fertilissimo, aggiornano le loro tecniche alle
più moderne tendenze, allenano la propria mano nel disegno (“a Roma infatti
s’impara a disegnare, a Venezia a dipingere” Van Mander) copiando e studiando la
Misura dei reperti antichi e della grande tradizione rinascimentale.
La grande fama di specialisti nelle tecniche d’incisione e di stampa ed in alcuni
generi di pittura, soprattutto di piccolo formato, come il paesaggio era ben conosciuta
a Roma e porta un gran numero di commissioni. Non mancano in ogni caso mecenati
che richiedono opere di soggetto tradizionale, religiose o mitologiche, per luoghi
pubblici o privati. La città si rinnova, è un cantiere delle arti, lo sfarzo e la ricchezza
artistica della Roma Barocca si va costruendo e la comunità nordica è parte integrante
dei protagonisti di questa svolta.
Protagonista appare anche nella vita sociale della città, compresi gli atteggiamenti di
vizio e corruzione verso cui Van Mander metteva in guardia. Attraverso lettura degli
atti pubblicati del Bertolotti si può facilmente immaginare questi pittori, spesso
giovani, frequentare le numerose locande presenti in città, conquistati dalla grande
varietà culturale, dalle discussioni artistiche ma anche dal vino locale. Costumi del
luogo che incidono nelle abitudini non meno di quanto incideranno le novità
pittoriche nello sviluppo della loro arte. Buona parte delle querele da me elencate
sono legate infatti a liti e risse provocate nelle varie osterie; non mancano poi
rapimenti per amore, ferimenti, omicidi e truffe. Un altro motivo che spingeva verso
un viaggio in Italia, in questo caso soprattutto per gli artisti d’età già avanzata, era il
clima. Essi affittavano una camera, spesso all’ultimo piano, luminosa il più possibile,
con la speranza di poter lavorare con molta luce ma soprattutto di risolvere col sole i
reumatismi che l’umidità rendeva talvolta insopportabili, impedendo addirittura al
corpo di sostenere i carichi di lavoro ai quali veniva sottoposto.
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Traduzione realizzata da R De Mambro Santos sul testo neerlandese antico dell’edizione del 1604, tratta da Roma
Fiamminga, vedi bibliografia.
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La figura dell’artista viene delineandosi da un altro punto di vista, in altra prospettiva,
immerso nel contesto sociale in cui viveva, rimandando a quel lato umano che spesso
la mitizzazione legata alla fama artistica tende a dimenticare.
La panoramica sui costumi della comunità fiamminga a Roma è solo l’aspetto più
intrigante di questo lavoro.
Esso si divide in due parti principali.
La prima parte, a sua volta divisa in due capitoli, è anche il nodo centrale della
ricerca; presenta gli artisti censiti in ordine alfabetico inquadrandone la presenza con
riferimenti alle fonti, spiegazioni, abitudini ed avvenimenti legati alla permanenza
nella città papale. Ho escluso dalle liste tutti quegl’artisti non registrati con certezza o
comunque ai quali un viaggio a Roma è stato attribuito solo su basi stilistiche o
tecniche.
Mediante una sovrapposizione incrociata delle fonti che attestano il soggiorno di ogni
singolo artista ho potuto, spesso con un buon margine di certezza, collocare la loro
presenza nel tempo e nello spazio. Propongo infatti non solo l’arco di tempo in cui
essi sono stati segnalati in città, ma anche, quando è stato possibile, il luogo dove
risiedevano e con chi (era infatti piuttosto usuale nel Seicento dividere casa ed atelier
con altri artisti conterranei o che condividessero gli stessi obiettivi artistici).
Il primo capitolo riporta i dati in maniera dettagliata; il secondo in maniera grafica e
schematica, utile per una facile e veloce consultazione, segnalando solo gli
avvenimenti documentati e datati.
La seconda parte della tesi consta di uno sviluppo statistico delle informazioni
raccolte. Ho riservato particolare attenzione alla questione delle abitazioni, elencando
nel capitolo quarto i luoghi di soggiorno, individuabili poi nelle tavole topografiche
di supporto
2
e suffragati da una legenda toponomastica a fine capitolo.
Il risultato finale è un censimento schematico, storico e biografico con limitati
accenni prettamente artistici, utilizzati solo per necessità documentarie.
Proprio l’applicazione di questo metodo di lavoro era l’obiettivo prefissatomi fin
dall’inizio della ricerca, al fine di poter registrare ed inquadrare ogni singolo pittore
fuori dalla sua parabola artistica, concentrando l’attenzione esclusivamente sui
riferimenti documentari e biografici.
Un analisi anche solo superficiale del testo spinge a fare delle osservazioni sulle
evidenze che immediatamente saltano agli occhi.
Innanzitutto la netta prevalenza di artisti provenienti dal sud delle Fiandre (più del
60% del totale) piuttosto che dal nord, in particolare da Anversa (30 % del totale)
3
.
Oltre ad essere già dal Cinquecento un porto ricco ed attivissimo nei commerci con la
Spagna, Anversa era il centro artistico più frenetico ed intraprendente della regione,
organizzato attorno alla Gilda di S. Luca, potente e ben radicata nel governo
cittadino. Era buona norma per i pittori del luogo, anche per assumere prestigio nell’
2
Tratte dalle carte di Roma eseguite da Antonio Tempesta nel 1593
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Bisogna fare attenzione a non dare troppa importanza a queste cifre. Un artista protestante, ad esempio, pur tollerato in
alcuni periodi di distensione, dato che non si comunicava in Pasqua, era escluso da ogni registrazione parrocchiale,
come se non esistesse affatto. Non si può escludere quindi che ci fossero artisti del nord presenti in quegl’anni ma non
menzionati per questo motivo. Le difficoltà conseguenti alla guerra con le province olandesi potevano inoltre spingere a
mentire sulla città d’origine.
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ambiente, intraprendere l’avventura italiana e completare il proprio bagaglio
professionale a contatto con l’arte antica.
Un altra motivazione è di carattere politico-religioso. L’attuale Belgio infatti non
seguì la strada verso l’indipendenza delle Province del Nord (proclamata
solennemente nel 1581 da Guglielmo il Taciturno e riconosciuta solo nel 1648 all’
interno della pace di Westfalia) legata indissolubilmente alla riforma calvinista, ma
già dal 1578 con l’arrivo di Don Giovanni d’Austria giurò fedeltà agli Asburgo e
conseguentemente alla Controriforma, al Papato, mantenendo uno stretto contatto con
la realtà romana.
Un altro fatto notevole, evidenziato dal capitolo quarto, riguarda i luoghi di soggiorno
all’interno della città. Questi artisti abitavano per la grandissima maggioranza nel
nord dell’urbe, attorno al cosiddetto Tridente, ovvero l’area che s’apriva al visitatore
che fosse entrato dalla Porta del Popolo. Vi si istallavano in prima istanza perché era
la zona di Roma che per prima incontravano venendo da nord, un po’ come avviene
oggi nelle città moderne dove spesso le più grandi comunità d’immigrati occupano le
zone immediatamente limitrofe al luogo d’arrivo, ad esempio la stazione ferroviaria.
Inoltre la zona di Campo Marzio fu ristrutturata e rivalutata dalla seconda metà del
XVI secolo
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, le case avevano un prezzo abbordabile e molto presto divenne un vero e
proprio quartiere degli artisti
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tanto da poter essere paragonato a ciò che poi furono
Mont-Martre e Mont-Parnasse nella Parigi di fine XIX, inizio XX secolo.
Le fonti:
La ricerca si basa principalmente sulle raccolte documentarie pubblicate dal
Bertolotti nell’Ottocento e dall’Hoogewerff nel secolo scorso. Nonostante siano
lavori piuttosto datati e spesso un pò empirici, utilizzati in maniera critica (e
suffragati da studi successivi come l’accuratissima raccolta del Bodart), si sono
rivelati pieni di riferimenti ed informazioni fondamentali per la compilazione di
questo censimento.
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Per es. via Paolina ed attuale Babuino prendeva il nome da papa Paolo III (1534- 1549) che ne completò la
ristrutturazione. Maggiori informazioni sulle ristrutturazioni in Gnoli 1939 e Borsi 1986, 1993 in bibliografia.
5
Per una trattazione specifica dell’argomento vedi Hoogewerff, Via Margutta…1953 in bibliografia.
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