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CAPITOLO PRIMO
ORIGINI DELLA SFILATA E NASCITA DI «VOGUE MAGAZINE»
1.1 Dalle prime forme di diffusione della moda alle proto-sfilate
1.1.1 Poupées de mode
Si ritiene che la prima forma di diffusione intenzionale della moda siano
state le cosiddette poupées de mode, bambole alte in media circa 75 cm, con
tratti adulti, vestite secondo le ultime mode. La prima bambola di cui si abbia
traccia risale al 1396, regalo della regina francese Isabeau di Baviera alla figlia
Isabelle, futura regina d’Inghilterra
1
. La studiosa Juliette Peers però, nell’opera
The Fashion Doll, ritiene che probabilmente le bambole di moda non siano
davvero esistite e ad alimentare la leggenda siano stati alcuni studi pubblicati
dallo storico tedesco Max Von Bohen dagli anni Venti del Novecento:
The original fashion dolls, those of the pre-1790 era, are creatures of myth,
mystique and conventionalised stories. Even to their original audience fashion
dolls had a certain unbelivable aura. Valerie Steele quotes an eighteen-century
observer, Louis-Sebastian Mercier, who was refuting claims by a sceptical
foreigner that these fashion emissaries, the Puopées de la rue Saint Honoré,
did not exist. Yvonne Deslandres claimed that ‘there are no examples of those
dolls that travelled Europe between the Renaissence and the eighteen century
dressed in the latest fashions’
2
.
Continua più avanti Peers:
Texts around pre-1790 fashion dolls emphasise their unreality as heritage
objects. The same stories have been repeated ceaselessly without further
research. The urtext is from the hands of Max von Bohen. No subsequent
commentator has matched the depth of his commentaries around the use of
dolls as sources of fashion copy, collected during the 1920s. His lenghty
1
Nel catalogo della mostra Fashion Show-Paris Style, tenutasi al Palais Galliera di Parigi nel 2006,
viene riportata la notizia di un dono di Isabeau di Baviera alla sorella Isabella di Francia, regina
d’Inghilterra. Nel catalogo della mostra Poupées de mode, tenutasi vent’anni prima sempre al Palais
Galliera, viene invece riferito che «nel 1391 la regina Isabeau di Baviera pagò a Robert de Varennes,
ricamatore ufficiale della corte di Carlo VI, 459 franchi per una grande poupée de mode che inviò a sua
figlia, la regina d’Inghilterra. La regina Isabelle non era più una bambina, per cui non può che trattarsi
di una poupée de mode». Entrambi i cataloghi riportano notizie in parte errate, nel primo caso perché
Isabeau non ebbe sorelle, nel secondo perché Isabelle si ritiene sia nata nel 1389 e andò in sposa a
Riccardo II d’Inghilterra nel 1396, all’età di soli sei anni. Cfr. «The weeping child, whose dolls were
included in her wedding trousseau, was handed over to her English husband» (GORDON DILLION,
Making and Meaning the Wilton Diptych, National Gallery Company, Yale University Press, New
Haven, 1993, p. 37).
2
JULIETTE PEERS, The fashion doll: from Bebe Jumeau to Barbie, Berg, Oxford-New York, 2004, p.
15.
11
account is virtually without footnotes and perhaps may even refer to sources
lost in the Second World War. Meanwhile his suppositions codified into fact
as the twentieth century passed
3
.
Preso dunque atto della mancanza di documenti originari di riferimento
certificati, si riporta ugualmente quanto affermato da Von Bohen nella sua
ricerca. “La bambola di moda fa la sua prima comparsa nei libri contabili della
corte francese”. Così inizia il capitolo “The Fashion Doll”, nell’opera Dolls and
Puppets, riferendo in seguito quanto già riportato su Isabeau di Baviera
4
. Circa
un secolo dopo, nel 1496, la regina Anna di Bretagna ordinò che fosse realizzata
e vestita una grande bambola per la regina spagnola Isabella la Cattolica.
Isabella aveva allora quarantatré anni, un'età che in un periodo in cui le ragazze
erano solite sposarsi a quattordici anni sembrava essere sulla soglia della
senilità, ma era molto intelligente e attenta nei confronti del vestiario, non dando
mai udienza agli ambasciatori stranieri due volte con lo stesso abito (questo fatto
doveva essere abbastanza noto alla corte francese). Si ritenne che l'abito portato
dalla bambola calzasse alla perfezione, per cui venne deciso di commissionare
un altro completo ancora più costoso. Circa nello stesso periodo, Enrico IV
scriveva alla seconda moglie Maria de’ Medici: “Frontenac mi dice che desideri
avere dei campioni delle nostre mode: ti mando quindi diversi modelli di
bambole”. Nel XVII secolo questa esportazione di bambole, fino ad allora
lasciata al caso, fu sistematizzata e organizzata
5
, come riporta Antoine Furetière
nel suo Roman Bourgeois
6
, in cui parla di due bambole presenti nel salone di
3
IBI, p. 17.
4
Nel 1396 Robert de Varennes, sarto di corte di Carlo VI, ricevette 459 franchi per il guardaroba di una
bambola da lui eseguito. Trattandosi di una somma considerevole, si deduce che le bambole fossero a
grandezza naturale, realizzate sulle misure della regina inglese. MAX VON BOEHN, Dolls and Puppets,
Read Books Ltd, Edizione Kindle, 2010, p. 244.
5
IBI, p. 251.
6
Cfr. «ces poupées qu'on envoie pour ce sujet dans les provinces. Ces poupées de modes, qui donnoient
le ton pour les toilettes, avoient d'abord été attifées chez mademoiselle de Scudéry, d'où elles partoient
pour la province ou l'étranger. L'une était pour le négligé, l'autre pour les grandes toilettes. On les
appeloit la grande et la petite Pandore, et c'est aux petites assemblées du samedi qu'on procédoit à leur
ajustc ment dans le cercle des précieuses. Un siècle plus tard, nous trouvons encore une de ces poupées
courant le monde pour y propager les modes parisiennes. «On assure, lisons - nous dans un livre très
rare, que pendant la guerre la plus san glante entre la France et l'Angleterre, du temps d'Addison, qui en
fait la remarque, ainsi que M. l'abbé Prevost, par une galanterie qui u'est pas indigne de tenir une place
dans l'histoire, les ministres des deux cours de Versailles et de Saint - James accordoient en faveur des
12
M.lle de Scudéry. Erano chiamate la prima grande Pandora, in costume intero,
mentre l’altra piccola Pandora, in négligé (intimo). Bambole di questo tipo
furono prima inviate in Inghilterra e poi in altri Paesi. In Germania ritroviamo
una satira del 1642 in cui le donne tedesche del tempo vengono ridicolizzate per
aver ricevuto certe bambole da Parigi, il cui scopo era fornire indicazioni sul
vestiario e sull’acconciature. Qualche decennio più tardi invece abbiamo la
testimonianza di un certo A. Leo, che al termine del suo Grand Tour (effettuato
tra il 1671 e il 1673) inviò da Parigi alla zia della sua allieva Frau von Schleinitz,
una bambola “che aveva fatto fare all'ultima moda, soprattutto per quanto
riguarda la testa e i capelli”
7
. Versione italiana della bambola di moda fu la
Piavola de Franza: alla Sensa, la festa di quattordici giorni che si teneva in
piazza S. Marco a Venezia, in occasione dell’Ascensione, ogni anno veniva
esposta una bambola vestita all'ultima moda parigina, e per un intero anno
questa era il modello delle sarte. “La piavola de Franza” fu proprio il nome che
prese uno dei più antichi ateliers di moda veneziani, che dal 1750 (circa)
regolarmente esponeva le bambole in vetrina durante la festa. Il termine
“piavola” entrò addirittura nel gergo popolare per indicare un atteggiamento
frivolo, sciocco e capriccioso, tanto che Goldoni fece sbottare ad un suo
personaggio (Lunardo dei Rusteghi) verso la moglie: «Cossa voleu che diga
quei galantomeni che vien da mi? Che sé la piavola de Franza?»
8
.
La destinazione principale delle bambole restava l'Inghilterra, e persino la
guerra non poteva ostacolare il loro passaggio. Scrivendo nel 1704, l'Abbé
Prévost osserva: “Con un atto di galanteria degno di essere annotato nelle
dames un passeport inviolable à la grande poupée, qui étoit une figure d'albåtre de trois ou quatre pieds
de hauteur, vêtue et coiffée suivant les modes les plus récentes, pour servir de modèle aux da mes du
pays. Ainsi, au milieu des hostilités furieuses qui s'exerçoient de part et d'autre, cette poupée étoit la
seule chose qui fût respectée par les armes» (Souvenirs d'un homme du monde, Paris, 1789, p. 170,
citato in ANTOINE FURETIERE, Le Roman Bourgeois, avec des notes historiques et liltéraires par M.
Édouard Fournier, P. Jannet Libraire, Paris, 1854, p. 28).
https://play.google.com/books/reader?id=nZJMAAAAcAAJ&hl=it&printsec=frontcover&pg=GBS.P
A3, consultato il 20 novembre 2020.
7
VON BOHEN, Dolls and Puppets, cit., p. 251.
8
IBI, p. 255. Si veda anche https://carlogoldoni.visitmuve.it/it/eventi/archivio-eventi/la-piavola-de-
franza/2017/04/17033/la-piavola-de-franza-a-casa-goldoni, consultato il 18 ottobre 2020.
13
cronache della storia a favore delle signore, i ministri di entrambe le Corti
concessero un lasciapassare speciale al mannequin”
9
. Quel lasciapassare veniva
sempre rispettato, e durante i periodi di guerra tra Francia e Inghilterra il
mannequin fu l'unico oggetto che non veniva perquisito. Il loro arrivo a Londra
o in altre città veniva spesso pubblicizzato dai giornali, come in alcuni giornali
inglesi in cui si legge che “Sabato scorso la bambola francese dell'anno 1712 è
arrivata a casa mia in King Street, Covent Garden”
10
. È del 1727 invece la
testimonianza di Lady Lansdowne, che in tale data inviò alle dame di compagnia
della regina Caroline un mannequin in abito di corte con la richiesta che, dopo
che fosse circolato tra loro, lo spedissero alla signora Tempest, la sarta.
Nel suo registro commerciale del 1723 Savary menziona le bellissime
bambole, riccamente acconciate e vestite, che furono inviate alle corti
straniere
11
. Ora non si chiamavano più “pandore”, ma “bambole di Rue Saint-
Honoré”, centro dei sarti parigini nel XVIII secolo. Erano anche indicate come
i grands courriers de la mode, secondo i registri delle fatturazioni alla dogana
di Dover del 1764. Queste bambole erano realizzate a grandezza naturale, in
modo che gli abiti con cui erano state vestite potessero essere immediatamente
indossati. “L'eleganza impartita alla moda da mani francesi” scrive Mercier nel
suo Tableau de Paris “è imitata da tutte le nazioni, che obbediscono al gusto di
Rue Saint-Honoré”
12
. Mercier afferma che una volta, per convincere uno
sconosciuto dell’esistenza delle bambole di moda, decise di portarlo
9
IBIDEM. Questa citazione dell’Abbé Prévost è ampiamente riportata, alla lettera, in numerosi libri di
storia della moda.
10
Dubois, ambasciatore francese a Londra durante la Reggenza, per conquistare il favore delle signore
inglesi scrisse alla sarta M.lle Fillon, a Parigi, ordinandole di inviare un grande mannequin che
mostrasse come le donne francesi erano vestite e acconciate e come indossavano la loro biancheria. Il
nipote, tuttavia, in risposta al suo ordine dichiarò che non era una questione così semplice, che sarebbe
costato almeno 300 franchi e che né Mme Law né Mlle Fillon avrebbero rischiato la spesa se non fossero
state sicure di essere rimborsate. IBI, p. 257.
11
Jacques Savary des Brûlons, ispettore generale delle dogane a Parigi sotto Luigi XIV.
12
«J'ai connu un étranger qui ne vouloit pas croire à la poupée de la rue Saint Honoré, que l'on envoie
réguliérement dans le nord, y porter le modele de la coëffure nouvelle, tandis que le second tome de
cette même poupée, va au fond de l'Italie; & de là, le fait jour jusques dans l'intérieur du ferrail. Je l'ai
conduit, cet incrédule, dans la fameuse boutique, & il a vu de ces propres yeux, & il a touché; & en
touchant, il sembloit douter encore, tant cela lui paroissoit vraiment incroyable!» (LOUIS-SEBASTIEN
MERCIER, Tableau de Paris, vol. I, Virchaux & Compagnie, Amburgo,1776, citato in VON BOHEN,
Dolls and Puppets, cit., p. 258).
14
direttamente da Rose Bertin, marchand de mode di fiducia di Maria Antonietta.
Sia Bertin che l’altra fornitrice della corte, Mme Éloffe, imbastivano una grande
e una piccola Pandora nelle vetrine dei loro negozi per mostrare le ultime mode.
Secondo quanto riportato dai libri contabili, nel 1777 la Bertin vestì per il
principe Rohan-Guéménée una grande bambola, meravigliosamente acconciata,
con un abito da ballo di seta bianca e rosa, con sottoveste a cerchio. Doveva
costare 300 franchi, ma quella somma non fu mai ricevuta dalla marchand,
perché la famiglia Rohan fallì. Si riscontra che invece Mme Éloffe fornì alla
contessa Bombelles il 18 agosto 1788 un mannequin a grandezza naturale, in
abito di corte, per 409 franchi e 12 centesimi. La stessa Maria Antonietta riuscì
ad inviare alla madre e alle sorelle, tramite il commerciante di mobili David
Röntgen di Neuwied, bambole vestite secondo l'ultimo stile parigino. Le cita
anche lo scrittore tedesco Johann Riesbeck, che visitò Vienna nell'ultimo
decennio del secolo: “La moda francese domina qui dispoticamente.
Periodicamente i mannequins vengono inviati qui da Parigi e servono alle donne
come modelli per i loro vestiti e copricapi”
13
.
Non solo le sarte, ma anche i parrucchieri facevano uso di bambole. Ne
rende testimonianza Delille, un poeta francese all’epoca alla moda, che nel 1786
lodò le bambole di Rose Bertin: «Et jusqu'au fond du Nord portant nos goûts
divers, / le mannequin despote asservit l'univers
14
. E non solo da Parigi, anche
da Londra si diffondevano mode con mannequins o bambole lì prodotti: in una
nota del Gentleman's Magazine del 1751 si afferma che diversi manikins con
diversi stili di abbigliamento erano stati realizzati in St James's Street, per dare
alla zarina Elisabetta un'idea del modo di vestire che al momento era di moda
tra le signore inglesi. Contemporaneamente Caterina la Grande si dava da fare
per mostrare a re Gustavo III di Svezia come vestiva i suoi nipoti, inviandogli
delle bambole fatte fare e vestite secondo le sue indicazioni. Anche negli Stati
13
VON BOHEN, Dolls and Puppets, cit., p. 259.
14
IBIDEM.
15
Uniti giungevano mannequins e bambole. Sul New England Weekly Journal del
2 luglio 1733 apparve il seguente annuncio:
at Mrs Hannah Teatt’s, dressmaker at the top of Summer Street, Boston, is to
be seen a mannequin, in the latest fashion, with articles of dress, night dresses,
and everything appertaining to women’s attire. It has been brought from
London by Captain White. Ladies who choose to see it may come or send for
it. It is always ready to serve you. If you come, it will cost you two shillings,
but if you send for it, seven shillings
15
.
In modo simile, solo in uno stile meno fiorito, due sarte di nazionalità irlandese
a New York fecero pubblicità nel 1757 annunciando che gli ultimi manekins
erano arrivati da Londra. Nel 1796 una certa Sally MacKean scrisse alla sua
amica Dolly Madison: “Ieri sono andata a vedere un manikin appena arrivato
dall'Inghilterra per farmi un'idea sulle ultime mode”
16
.
Ben presto però si sviluppò all'estero il sospetto che le sarte e i sarti
parigini usassero questi mannequins solo per sbarazzarsi del vecchio stock.
Horace Walpole scrisse da Parigi il 22 settembre 1765 a George Montague: “I
francesi sono diventati molto semplici nel loro abbigliamento. Noi inglesi
preghiamo ancora i loro vecchi idoli”. Perfino il principe Enrico di Prussia, che
nel 1769 chiese a Darget di procurargli qualche stoffa da Parigi, ritenne
necessario aggiungere un avvertimento: non desiderava degli abiti confezionati
come quelli per alcuni principi e baroni tedeschi, ma dello stesso tipo indossato
allora dal principe de Conti e dai marescialli Contades e d'Estrées
17
. Le guerre
della Repubblica francese e di Napoleone I misero fine al libero passaggio di
mannequins e bambole, né questi erano più così necessari ora che i giornali di
moda ne costituivano un buon sostituto. Il loro uso, tuttavia, non cessò del tutto:
le bambole di moda francesi costavano ottanta franchi prima della guerra
18
e
molte di queste figure, alte circa un metro, insieme a corredi completi,
continuarono ad essere fornite per gli harem di alcuni grandi orientali.
15
«Von Bohen published an advertisement of 1732 [sic] subsequently cited by autors such as Alice
Early in 1955 and Antonia Fraser in 1964, for a mannequin in display in Boston» (PEERS, The fashion
doll, cit., p. 19).
16
VON BOHEN, Dolls and Puppets, cit., p. 260.
17
IBIDEM.
18
IBI, p. 262.
16
1.1.2 Stampa di settore e giornali illustrati
La stampa di moda subentrò presto come mezzo esclusivo con cui far
conoscere le mode, sia della nobiltà che della borghesia soprattutto parigine, in
provincia o all’estero. Anche se gli abiti e le gestualità rappresentate nelle
stampe pervenuteci sono spesso e volentieri delle idealizzazioni di quanto si
poteva vedere per strada, di certo esprimono comunque quale fosse l’ideale
estetico dell’epoca. In questo tipo di immagini il soggetto è la moda, per cui
l’abito è più importante del soggetto che le porta
19
.
La presentazione di abiti su carta stampata ebbe origine nel XVI secolo,
quando comparvero gli almanacchi di costumi, una prima forma di raccolta di
immagini in cui il soggetto è il vestiario. Queste opere aspiravano a
rappresentare gli abiti di tutte le classi sociali e di tutti i popoli del mondo.
L’idea di base è puramente etnologica e risponde ad un senso olistico
tipicamente rinascimentale, oltre a soddisfare la curiosità del pubblico su cosa
venisse indossato all’estero. Sono anche però un repertorio di tipo stabile, che
non si pone l’obiettivo di cogliere i cambiamenti e le evoluzioni delle mode: per
questo non possono essere considerati una forma di “stampa di moda”, dato che
non hanno il fine di aggiornare su come i contemporanei si vestivano. Le prime
raccolte di stampe di “costumi dal mondo” in Europa vengono eseguite ad
Anversa, Venezia, Parigi e Roma. Una delle più conosciute è quella di Cesare
Vecellio (cugino del Tintoretto) Degli habiti antichi et moderni pubblicata nel
1590
20
. Questo libro fu la base per secoli dei successivi libri di storia del
costume, che da qui ripresero il genere di abiti portati dai nobili e i tipi di
personaggi raffigurati (come il “nobile di Verona”, ad esempio)
21
. Abraham de
Bruyn, incisore dei Paesi Bassi, stampò numerose opere di questo genere
pubblicando nel 1580, con Joos de Bosscher ad Anversa, Habits de divers
19
IFM PODCASTS, Une histoire de la gravure de mode en France, 4 febbraio 2016, si veda al minuto
00:06:25.
20
Seguirono quattro ristampe: nel 1598, vivente l'autore, con traduzione latina a fronte e aggiunte dei
‘costumi' delle Americhe, poi nel 1664, ancora un secolo dopo e alla fine del XIX secolo.
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CAROLINE EVANS, Is fashion only french?, York Festival of Ideas 2019,
https://www.youtube.com/watch?v=3lNjvCQ3lXk, visionato il 15 dicembre 2020.