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2. Tristana, la donna moderna di Galdós
Tristana è il romanzo di Benito Peréz Galdós che continua il ciclo spiritualista iniziato nel 1886
con Fortunata y Jacinta. Tuttavia, nella sua vastissima opera, Tristana, scritta nel 1892, figura come
romanzo autonomo e diverso, che sfugge a una tipologia chiara e catalogabile. In questa fase della
sua vita, Galdós ha quarantanove anni e ha già scritto la metà della sua immensa opera narrativa.
Tristana esce nel mezzo della sua piena maturità artistica e nel mezzo della fase di passaggio dalle
idee dell'Ottocento a quelle del Novecento. Si è scritto moltissimo su Tristana, inquieto romanzo
fin-de-siècle di Galdós accompagnato fin dalla sua uscita da silenzi perplessi e giudizi controversi.
Per tantissimi anni il romanzo rimase praticamente sconosciuto al pubblico, se non fosse per due
grandi scrittori, Emilia Pardo Bazán e Clarín, che espressero giudizi critici sull'opera. Emilia Pardo
Bazán era amica intima di Galdós, nonché scrittrice di successo e saggista ascoltata e temuta dal
pubblico. Lei ha scritto in un suo articolo del maggio 1892 che secondo lei, Tristana è il romanzo
galdosiano che ha mancato il suo destino. Nella sua visione, Galdós avrebbe dovuto approfondire di
più il tema sociale dell’opera e allo stesso modo affrontare più apertamente il problema sociale della
Spagna, quello della schiavitù morale della donna. Infatti, il suo amico avrebbe potuto fare della sua
Tristana un personaggio simbolo dell’emancipazione femminile. Lei era molto legata e sensibile
alle problematiche femministe che circondavano l’epoca e per Bazán, l’autore è finito col scrivere
un racconto superficiale con una conclusione a dir poco deludente. Le critiche successive però
seguiranno il giudizio di Clarín, che invece vede in Tristana il triste racconto del destino di una
donna dal cuore nobile, sognatrice, ma troppo ambigua e incerta per avere una vera vocazione e
guadagnarsi così la propria libertà.
Tristana godé di particolare considerazione da parte del pubblico e degli esperti solo dalla seconda
metà del Novecento in poi, soprattutto grazie alla produzione cinematografica di Luis Buñuel del
1970, tanto che è considerato oggi uno dei capolavori del suo autore. Tristana, la protagonista del
libro fa parte della categoria di donne dell'Ottocento che scelgono di autodistruggersi. Questo
racconto naturalistico si dissolve poco a poco fino a diventare un tragico destino. Tutta la storia è
una specie di lunga e lenta cerimonia di distruzione e/o autodistruzione, in cui neanche Galdós
stesso vuole più farne parte, lasciando i lettori senza un finale preciso. Tristana è un romanzo
rappresentativo anche per l’epoca in cui viene scritto. In questo periodo, Galdós si interessa sempre
di più alla verità, alla situazione sociale delle persone, con particolare riguardo alla vera situazione
sociale in cui vivevano le donne, specialmente la relazione tra donne e uomini. In questa società la
donna viene sempre vista come l’essere inferiore all’uomo. Questa è la prima opera in cui Galdós si
occupa del tema della emancipazione della donna.
L'ambiguità è sicuramente la caratteristica dominante dell'opera, ambiguità presente sia sul piano
dinamico delle azioni, sia nelle descrizioni dei luoghi e del tempo, nei personaggi e persino in
Galdós stesso. Lui non vuole scrivere un romanzo esemplare, ma si limita a scrivere la verità su
quanto accaduto, o saputo dagli altri senza mai avvicinarsi troppo ai suoi personaggi. Infatti, già
all'inizio del romanzo, Galdós ci racconta di don Lope di cui egli ha sentito parlare, quasi come se
lui non avesse voluto conoscerlo, ma gli dissero che si chiamava don Lope de Sosa. Questo distacco
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iniziale dell'autore nei confronti dei suoi personaggi si trasforma poi in una sorta di coinvolgimento,
facendosi presente nella narrazione, in una descrizione, in un gesto, nell'ironia e nei giudizi che fa
soprattutto nei confronti di Tristana e Don Lope; per loro Galdós nutre una grande compassione.
Tuttavia lui evita l'onniscienza, non racconta mai la storia come se sapesse già come finirà. Il
romanzo si conclude così: «Erano felici quei due?... Forse sì». In questo romanzo d’eccezione, tutto
è ambiguo e nel finale (non finale), lo scrittore abbandona i suoi personaggi, come se loro non
avessero più nulla da dire, o magari lui non avesse più nessun interesse nel raccontare la loro storia.
Il tema principale del romanzo è l'emancipazione della donna nella società spagnola alla fine del
diciannovesimo secolo; approfondisce in un mondo pieno di conflitti fisici ed emotivi di una donna
che non vuole essere né amante né moglie. Si può azzardare persino a dire che nel romanzo non si
tratti di una donna, ma piuttosto della donna, la donna moderna. La modernità del romanzo si nota
specialmente in Tristana, è in lei che si racchiudono idee femministe che sono nel loro complesso
un’anticipazione di tempi futuri rispetto al momento in cui sono state scritte, idee che appartengono
tutte a Tristana, e non a Galdós, giacchè lei è il personaggio che non riesce mai a controllare, che gli
sfugge di mano, finendo per osservarla in tutto il suo splendore nei suoi intenti di diventare libera.
Tuttavia, la sognatrice Tristana fallisce nei suoi intenti di essere indipendente in confronto all'uomo
e libera come individuo della società. Infatti, nella società del diciannovesimo secolo, la donna era
educata per il matrimonio e il fatto di non essere sposata veniva vista e/o vissuta come una tragedia,
la cui soluzione non era altra che vivere con un stipendio mal pagato. In questo senso Tristana
sembra essere molto avanti alla sua epoca perché non accetta questa soluzione e vuole essere libera.
Lei crede con tutte le sue forze che tutte le donne hanno diritto alla emancipazione, però i suoi
ideali si confronteranno subito con la dura realtà dei suoi tempi, rassegnandosi ad una vita da donna
sposata, finendo per essere pure lei un esempio in più nella società dell'epoca.
La vicenda del romanzo è abbastanza semplice. Tristana, rimasta orfana da piccola viene accolta
nella casa del caballero don Lope Garrido, di cui diventerà moglie alla fine del romanzo, ma prima
che questo accada lei attraversa diverse fasi di maturazione per così dire. Dall'inizio del romanzo
veniamo a conoscenza del fatto che tutte le persone che vivevano nel vicinato avevano considerato
Tristana sia nipote del signore, sia figlia per poi considerarla legittima signora Garrido. Leggendo il
romanzo, Galdós ci fa conoscere tutte le ambiguità di Tristana. Lei era giovane, graziosa, sembrava
tutta di carta, di quella malleabile, calda e viva, sulla quale gli ispirati orientali rappresentavano il
divino e l'umano, ma lei non era né figlia, né nipote, né sposa, né nulla del gran Lope; non era
nulla ed era tutto, perché gli apparteneva come una tabacchiera, un mobile o un indumento.
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Tristana è, per esplicita ammissione del narratore, una figura di carta: lo è per destino e lo è per la
sua presenza fisica. Agli occhi del lettore lei è una statuina di porcellana bianca, è una figurina di
carta come tutte le altre donne della borghesia dell’epoca. L’immagine è più che evidente: Tristana è
solo una riproduzione della situazione sociale femminile e subito dopo Tristana si profila in tutta la
sua letterarietà, di cui è macchiata fin dal nome battesimale e che, poi, la renderà argilla nelle mani
di don Lope (e di Galdós). Tristana, insomma, è condannata ad essere un manichino della nuova
città, una città urbana in cui a prevalere è l’ipocrisia della società, dell’urbanizzazione e
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Pérez Galdós, Benito, 1992, Tristana, introduzione e traduzione di Irina Bajini, Garzanti, Milano,pp.5
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dell’emancipazione, che dietro di sé non nasconde altro che la vecchia società tradizionalista.
Infatti, la nuova città non porta nulla di nuovo, non è una società veramente anticipata, prevalgono
gli stessi valori di prima, la situazione sociale degli individui è la stessa, in particolare la situazione
sociale femminile. Infatti, la donna è e deve essere sempre a servizio dell’uomo, e che senza
l’uomo, la donna è condannata a vivere in vergogna o di un redditto molto basso.
Tra tutti i personaggi, Tristana è la figura più ambigua del romanzo. Essa è particolarmente
intelligente, si dedica all'arte, alla pittura quando conosce Horacio, alla scrittura nei suoi racconti
epistolari con quest'ultimo, e dopo la loro relazione alla musica; è sensibile, pura nei sentimenti,
incapace di odio o risentimento anche nei confronti dell'anziano tutore che la tiene prigioniera in
casa. Insomma, Tristana raffigura in sé l'immagine della figlia, moglie, amante e convivente di don
Lope e contemporaneamente l'immagine di amica, compagna, confidente, innamorata del giovane
pittore Horacio. In lei si racchiudono tante qualità, sia positive che negative; è giovane e matura a
seconda delle circostanze, è forte di carattere ma debole nella decisione, è passiva e succube di
fronte a don Lope seduttore e ribelle di fronte a don Lope tiranno, ricca di idee e risorse ma con una
profonda forza autodistruttrice. Insomma, tutta la personalità di Tristana è attribuibile ad un
personaggio reale, non è finzione, non è nemmeno l'eroe della sua propria storia, è capace di tutto
ma di niente. Si differenzia da tutti gli altri personaggi, lei stessa cambia durante il racconto e
Galdós non riesce mai a conoscerla né a controllarla nella sua evoluzione come fa con gli altri
personaggi. Essa gli sfugge di mano, come se lei fosse esistita davvero ma verso la fine del racconto
lei se ne fosse andata a vivere da un'altra parte con don Lope, senza che Galdós sapesse dove siano
finiti.
Del vecchio don Lope Garrido possiamo chiaramente affermare che è stato costruito come figura
quasi mitica della cultura spagnola, quella di don Giovanni; solo che di don Giovanni non ha più né
gioventù, né carica tragica, né alcun destino infernale ed eterno. Allo stesso modo don Lope è un
don Chisciotte della moderna borghesia spagnola che accoglie l'orfana in casa sua, essendo il suo
benefattore, il suo salvatore, il suo padre e infine il marito della giovane fanciulla. Da come viene
presentato all'inizio del romanzo, don Lope promette di essere non solo l'eroe del racconto, ma un
personaggio d'eccezione. La sua figura evoca miti letterari come don Giovanni e come il diavolo
tentatore e seduttore. A differenza di Tristana, che vive di sogni, don Lope vive di miti. Galdós
insiste molto sulla incoerenza dello stile di vita di quest'ultimo. Da una parte, lui è l’onesto
galantuomo che disprezza il denaro, è generoso con i deboli, difende il suo onore e cerca di salvare
sempre le apparenze, proprio come il personaggio di Cervantes. Dall'altra parte invece lui è un vile
seduttore, un don Giovanni che si vantava di aver assaltato più torri di virtù e sottomesso più
roccaforti d'onestà di quanti capelli avesse in capo.
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Insomma, anche in don Lope si osserva
l'ambiguità che circonda il romanzo dell'autore.
L'altro personaggio fondamentale di quest'opera è il pittore Horacio, giovane di talento e di buona
famiglia, che vive a Madrid. Horacio è il prototipo dell’artista romantico e la sua condizione di
vittima delle circostanze familiare (anche lui come la giovane protagonista era orfano e venne
cresciuto da un nonno tirano) fece sì che i due si avvicinassero. Tra lui e la giovane protagonista
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Bajini, cit., pp.2
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s'istaura da subito un bel rapporto, quello che poi diventerà una relazione d'amore. Horacio è forse il
carattere più semplice del romanzo: giovane artista in cerca di un posto nel mondo. Sognatore anche
lui, anche se non ai livelli di Tristana, si scopre più concreto e con i piedi per terra a differenza della
sua amata. Tristana è molto affascinata da lui e dal suo lavoro, dei suoi dipinti e del modo in cui egli
le parla dell'arte, tanto che lei comincia ad interessarsi alla pittura, alla scrittura e alla musica.
S'incontrano sempre di nascosto, quando don Lope è in compagnia dei suoi amici. Sono
pazzamente innamorati l'uno dell'altro, tanto che Tristana vuole lasciare la casa di don Lope, ma non
per formare una famiglia con Horacio. Lui vuole sposarla, ma lei è contraria al matrimonio e aspira
a una «libertà onorata». Tutto cambia quando Horacio va a vivere per un po’ in campagna, nei
pressi di Alicante. In Horacio avviene un cambiamento, comincia a piacergli la vita tranquilla e il
silenzio della natura. Tristana continua ad amarlo anche se la loro relazione è diventata epistolare e
non osserva che Horacio non è più la stessa persona. Quando lui inizia a scriverle di orto e colombi,
lei ignora completamente le parole del nuovo Horacio, l’uomo di campagna e continua a vederlo
nella sua immagine di Horacio il pittore, perché di quest’ultimo si era innamorata. Anzi, lei persino
si illude e si nutre di quest'amore fittizio. All’improvviso Tristana si ammala e le viene amputata
una gamba. Quando Horacio torna a Madrid, e i due si trovano di nuovo uno di fronte di all'altro, si
rendono conto che non sono più le stesse persone di prima, lui era cambiato e lei pure. Tristana
rimane profondamente delusa da Horacio e non lo riconosce in quell’uomo mediocre e volgare.
Anche Horacio perde l’entusiasmo per il loro amore, vista la nuova condizione della giovane
amante, e per tacito accordo i due rinunciano per sempre al loro amore ormai finito.