INTRODUZIONE
Sono sempre stata affascinata dall'acqua, elemento misterioso e
fascinoso che ha da sempre su di me una forte presa. Trovo incredibile la
sua capacità di essere una cosa e il suo contrario, un lago calmo e un oceano
in tempesta, origine di vita e causa di morte. I racconti di mare, dei mostri e
delle creature che abitano al suo interno mi hanno ammaliata fin da
bambina, terrorizzandomi e facendomi innamorare di questo elemento.
“El agua habla sin cesar y nunca se repite”
1
afferma il poeta
messicano Octavio Paz. L'acqua non si ripete mai, per quanto un fiume
rimanga lo stesso fiume l'acqua che lo attraversa non è la stessa che c'era
prima: non ci si bagna mai due volte nella stessa acqua di un fiume diceva
Eraclito.
L'acqua è sempre simile e mai identica, come il racconto. La
letteratura è un flusso che scorre come un fiume, che volente o nolente si
modifica di continuo a seconda dell'epoca e della sensibilità degli autori.
Allo stesso tempo il suo scopo rimane il medesimo: la riflessione. Come
l'acqua è indispensabile alla sopravvivenza del corpo, la letteratura è
essenziale a quella della mente.
Chi non è rimasto a riflettere di fronte al mare oppure osservando
un torrente montano? Se l'acqua non trasporta il corpo, sicuramente
trasporta la mente. L'acqua diviene di conseguenza la metafora suprema
della vita dell'uomo, specchio del soggetto e del mondo che lo circonda e
quindi è la rappresentante più autorevole per dipingerne ogni aspetto.
Questi sono stati i pensieri che hanno portato alla nascita di questa
tesi, intitolata “Water water everywhere”. L'acqua in Coleridge, Conrad,
T.S. Eliot e Joyce, il cui intento è quello di portare contribuire, seppur in
1 “L'acqua parla senza fermarsi e mai si ripete”.
5
minima parte, alla riflessione sui legami tra acqua e letteratura. Il numero
dei testi che ho analizzato è frutto di una selezione: non potendo studiare
tutti quelli che offrono un’idea e immagini metaforiche con l'acqua come
protagonista, ho scelto di analizzare quattro autori, limitandomi a studiare
uno o due opere per ognuno di essi. Gli autori scelti sono tra le voci più
autorevoli della letteratura inglese, e i loro testi sono ricchi di simboli
acquatici. Le questioni legate all'acqua sono molteplici e diverse, ho deciso
quindi di limitarli a quattro macro-argomenti, dove mostro in che modo i
temi scelti vengono sviluppati dagli autori. È dunque un'analisi comparativa
tra autori appartenenti a una sola letteratura, in questo caso quella inglese.
Lo scopo di questa tesi è quello di dimostrare che questi scrittori sono in
grado di manipolare e variare uno stesso tema in accordo alla loro sensibilità
e di esporre quali sono le percezioni che offrono del mondo e della società
in cui sono vissuti. Base importante per la mia analisi è stato il saggio di
Gaston Bachelard L'Eau et les Rêves (consultato nella traduzione di Marta
Cohen Hemsi e Anna Chiara Peduzzi per la casa editrice Red) che mi ha
fornito numerosi suggerimenti per ogni argomento trattato. Oltre al libro di
Gaston Bachelard, ho utilizzato svariati saggi critici a sostegno delle
argomentazioni che propongo.
Nel primo capitolo ho analizzato The Waste Land di T.S. Eliot e
due testi di James Joyce, The Dead e Ulysses, con l'intenzione di mostrare
come questi scrittori affrontano il tema della death by water. Sono partita da
un excursus sul metodo mitico e sull'impossibilità di interpretare i miti e i
riti del passato con la logica moderna. Quindi sono entrata nel vivo dei testi,
analizzandoli separatamente, evidenziandone i punti in comune e le
diversità. Il passato archetipo è la base di partenza di entrambi gli autori, i
quali da un punto comune giungono a due epiloghi differenti.
Nel secondo capitolo ho esaminato il ruolo del mare in rapporto
alla morte e alla rinascita, focalizzandomi su The Rime of the Ancient
Mariner di Samuel Coleridge e The Shadow Line di Joseph Conrad. Prima
6
di entrare nel vivo dei due testi, ho presentato il mare come luogo mitico e
archetipo, e le numerose leggende nate dalla fantasia dei marinai e delle
popolazioni che abitano sulla costa. Nel secondo paragrafo ho analizzato e
messo a confronto i due testi riguardo al rapporto col mare, sottolineando le
sorprendenti somiglianze tra le due opere per quanto riguarda il tema della
morte e della rinascita. Nell'ultimo paragrafo del capitolo ho approfondito la
leggenda del Veliero Fantasma e ho mostrato in che modo essa si inserisce
nelle due opere. Questa leggenda mi ha dato inoltre modo di trattare delle
malattie mentali da cui sono presumibilmente affetti alcuni personaggi di
entrambi i componimenti.
Nel terzo capitolo ho investigato il rapporto che i quattro autori
hanno con la femminilità, considerata sempre nel suo rapporto con l'acqua.
Nella premessa al capitolo sono partita da un excursus antropologico e
psicologico sulla visione che il genere maschile ha della femminilità e della
sua sessualità, per poi proseguire con un breve riassunto della situazione
femminile tra Ottocento e Novecento nel Regno Unito, teso a inquadrare in
un contesto sociale e storico ciò che si legge nelle opere degli autori
studiati. Ho iniziato con lo studiare Joyce, in cui il femmineo rappresentato
dall'acqua è uno dei leitmotiv dell'opera; sono poi passata a Eliot in cui
attraverso la riflessione sul ruolo svolto da Emily Hale, sua prima fidanzata,
nel poemetto. Nell'ultimo paragrafo ho messo a confronto i personaggi
femminili nella ballata di Coleridge e nei due romanzi The Shadow Line e
Heart of Darkness, considerate causa di follia e di morte per gli uomini.
Nel quarto e ultimo capitolo, ho messo in evidenza le riflessioni
che Eliot, Joyce e Conrad compiono sulla tecnologia moderna, avvertita
come pericolosa per la vita umana e colpevole del degrado ambientale,
oppure come elemento essenziale per il progresso di una nazione. Nei primi
due paragrafi ho descritto separatamente il Tamigi e il Liffey,
rispettivamente i fiumi di Londra e di Dublino, personaggi nascosti delle
opere di Eliot e Joyce. Entrambi trattano del disastro ecologico, facendo
7
però considerazioni differenti e opposte. Infine, ho presentato i tre commenti
scritti da Joseph Conrad sulla tragedia del Titanic, della quale ho fornito
anche una breve descrizione. Per lo scrittore marinaio, il naufragio del
transatlantico è il segno di un progresso sregolato, che non tiene conto della
potenza del mare e della natura, ma solo di fattori economici e pubblicitari,
a scapito della vita umana.
8
DEATH BY WATER: T.S. ELIOT E JAMES JOYCE
1.1 Il passato dell'uomo contemporaneo
In using the myth, in manipulating a continuous parallel
between contemporaneity and antiquity, Mr. Joyce is pursuing a
method which others must pursue after him [...] It is simply a
way of controlling, of ordering, of giving a shape and a
significance to the immense panorama of futility and anarchy
which is contemporary history [...] Psychology, ethnology, and
The Golden Bough have concurred to make possible what was
impossible even a few years ago. Instead of narrative method,
we may now use the mythical method. It is, I seriously believe, a
step toward making the modern word possible for art.
2
Così scriveva nel 1923 T.S. Eliot nella sua recensione all’Ulysses di
James Joyce. Infatti, come accade sia nell'opera dello scrittore irlandese sia
nel poemetto di Eliot The Waste Land, “il tempo e le figure del mito si
sovrappongono costantemente al tempo, ai personaggi e ai micro-eventi
della quotidianità contemporanea”
3
. L'archetipo è una tendenza innata che
esiste nell'inconscio collettivo degli esseri umani sia primitivi sia moderni.
Joyce è uno dei campioni nel nuovo metodo di scrittura, in quanto nella sua
ricerca artistica uno degli obiettivi sembra essere quello di portare alla luce
le forme archetipe della mente umana. Difatti egli “lascia […] discernere il
movimento delle forme mitiche, che emergono lentamente ma
implacabilmente come principî ordinatori di quell’universo frammentario di
sensazioni e idee”
4
. Con la sua opera, l’autore irlandese racconta la
coscienza contemporanea, che si mostra non come una cosa finita e
2 T.S. Eliot “’Ulysses’, Order, and Myth”, in Selected Prose of T.S. Eliot, ed. by F.
Kermode, Orlando, Harcourt ed., 1975, pp. 177-178.
3 Fabio Dei, La Discesa agli Inferi, Lecce, Argo ed., 1998, p. 347.
4 Ivi, p. 348.
9
autonoma, ma come il risultato della compresenza di strati che partono dalle
esperienze quotidiane fino ad arrivare ai livelli profondi in cui si ritrovano
gli antichi modelli archetipici e drammatici. Leggere The Waste Land e
Ulysses, dunque, equivale a mettersi in discussione, operare uno sforzo su se
stessi, non solo per comprendere cosa i due autori cercano di farci vedere,
ma anche per sentire quello che scatenano nella nostra mente.
Per tutto il pometto di Eliot si delinea un tema di fondamentale
importanza che ritorna ciclicamente nell'opera: i riti di fertilità. L’ossimoro
che si crea accostando questo tema al titolo dell’opera, The Waste Land,
conduce a un elemento imprescindibile della vita, cioè la morte. La Terra
Desolata, che rappresenta il mondo contemporaneo, è il luogo dove nulla
può più crescere, dove la vita non ha più senso. Non sempre però nella
storia umana è stato così. Prendendo le mosse dalle opere di Jessie Weston e
di James Frazer, ai quali Eliot afferma essere grato
5
, l’autore mostra, anche
se indirettamente, com’erano concepiti nel passato la morte e i riti di
fertilità, tanto è vero che “death, may be life-giving, an awaking to life”
6
. La
morte era quindi soltanto il principio, un momento che non segna la fine
della vita, ma un passaggio che scandisce il ciclo perenne di morte-rinascita,
il quale è uno degli “archetipi che si trovano al fondo delle buie profondità
dell’anima, e queste sono le forme in grado di garantire ordine e unità
all’immenso panorama di anarchia e futilità che è la storia umana”
7
.
Nonostante, come afferma John Vickery, “James Joyce gives no
explicit indication, a part from his creative work, of having been acquainted
5 “[…] Miss Weston's book will elucidate the difficulties of the poem much better than my
notes can do […] To another work of anthropology I am indebted in general, one which has
influenced our generation profoundly; I mean The Golden Bough; I have used especially the
two volumes Adonis, Attis, Osiris. Anyone who is acquainted with theseworks will
immediately recognise in the poem certain references to vegetation ceremonies”. From: T.S.
Eliot, “The Waste Land”, in The Complete Poems and Plays, London, Faber and Faber ed.,
2004 (I ed. 1969), p. 76.
6 Cleanth Brooks, “The Waste Land: Critique of the Myth”, in Critical Essays on T.S.
Eliot’ s The Waste Land, ed. by L.A Cuddy and D.H. Hirsch, Boston, ed. G.K. Hall & co.,
1991, p. 88.
7 Dei, La Discesa agli Inferi, cit., p. 341.
10
of The Golden Bough”
8
, molti studiosi dell'opera joyciana hanno trovato
similitudini e congruenze con l'opera di James Frazer. Anche nell'autore
irlandese il mondo primitivo emerge senza preavviso e diviene il sostrato di
tutte le opere joyciane e moderniste in generale; “come la poesia eliotiana”
scrive Fabio Dei “quella di Joyce è una narrativa di erudizione […] e anche
per lui Il ramo d’oro funziona come uno dei grandi modelli che legittimano
scientificamente il gioco letterario delle infinite associazioni di elementi
eterogenei”
9
.
Tornando ai riti, non è possibile una loro interpretazione definitiva.
In un saggio scritto all'università tra il 1912 e il 1913 Eliot afferma che
“what seemed to one generation fact is from the point of view of the next a
rejected interpretation”
10
: il poeta mette subito in chiaro che noi moderni
non possiamo comprendere fino in fondo i comportamenti del passato e che
l'interpretazione che ne diamo è filtrata dal nostro essere uomini
contemporanei ed è necessariamente differente da quelle passate e da quelle
future. Secondo Eliot, per studiare le religioni e i riti del passato è più
proficua la comparazione, cioè il continuo mettere a confronto eventi e
fenomeni del passato e del presente, dato che essa necessita solo del fatto
oggettivo. È fondamentale accettare il rito come una tangible entity che non
siamo più in grado di comprendere a fondo, non per una nostra mancanza
intellettuale, ma al contrario per il nostro troppo sapere: cioè a dire che il
processo storico-culturale ha caratterizzato l’uomo moderno e portato
l’uomo alla Waste Land. Eliot afferma nel suo saggio sulla tradizione che
“the dead writers are remote from us because we know so much more than
they did”
11
; questa affermazione vale non solo per la poesia in sé, ma anche
8 John Vickery, The Literary Impact of The Golden Bough, Princeton, Princeton University
Press, 1973, p. 326.
9 Dei, La Discesa agli Inferi, cit., p. 349.
10 T.S. Eliot, “The Interpretation of Primitive Ritual”, in The Complete Prose of T.S. Eliot,
edited by J. Spears Brooker & R. Schuchard, vol. 1, Faber and Faber, 2016, p. 109.
11 Eliot, “Tradition and Individual Talent”, cit., p. 40.
11
per la cultura in toto: “Eliot, as the good comparativist, tears the texts of the
ideal order from their original cultural and authorial contexts, so that they
lose their old ‘meanings’ as they are fitted into the pyramid whose eye, at
top, is Eliot”
12
. Come scrive Giovanni Sole, noi uomini contemporanei
occidentali
non possiamo pensare ai primitivi e al passato con il nostro
sistema mentale, […] la logica del mito può essere valutata solo
rispetto alla realtà in cui esso era collocato, che storie per noi
ingenue, assurde, ambigue e fantastiche, in quel contesto storico
invece erano razionali e logiche.
13
I personaggi di Ulysses attraversano varie trasformazioni nel corso
del romanzo che li portano di volta in volta a rappresentare uno strato della
coscienza contemporanea: Mr Bloom diventa Ulisse, Adamo, l’Ebreo
errante. Ed è ciò che succede anche in The Waste Land: il Phoenician Sailor
diventa il one-eyed merchant, poi Mr Eugenides e infine Phlebas. In
entrambi i casi, le trasformazioni non vengono commentate o interpretate:
esistono e basta. Questa è la comparazione di cui parlavo poc'anzi, la quale
non è altro che il metodo mitico teorizzato da Eliot. Tuttavia se tale metodo
ha il potere di mettere l’uomo contemporaneo di fronte al suo passato
archetipo e di farlo discendere, se così si può dire, negli inferi della mente,
inevitabilmente esso degrada i miti antichi, riducendoli a immagini volgari e
talvolta comiche: i riti antichi hanno perso la loro aura divina e nel mondo
moderno possono essere vissuti solo in modo comico e dissacrante. Essi
subiscono metamorfosi per integrarsi al cambiamento di mentalità, in modo
da divenire più familiari al nostro pensiero, ma mantengono ferma la loro
struttura archetipa: come accade con i tarocchi di Madame Sosostris, i riti e i
12 Manganaro, Myth, Rethoric, and the voice of Authority. A Critique of Frazer, Eliot, Frye
& Campell, Chelsea, Yale University Press, 1992, p.79.
13 Giovanni Sole, “Il tabù degli stretti: il mito di Scilla e Cariddi”, in Storia dell'acqua.
Mondi materiali e universi simbolici, a cura di V . Teti , Roma, Donzelli editore, 2013, p.
181.
12
miti antichi arrivano alla nostra epoca mantenendo sì una connotazione
rituale e magica, ma il loro senso originale non è più visibile né
comprensibile a causa delle mutazioni che hanno subito nel passaggio
dall'epoca passata a quella contemporanea.
L'implicazione principale del metodo mitico è che ci saranno
sempre nuove interpretazioni, ma mai l’interpretazione ultima che spieghi il
significato che i riti avevano al tempo in cui facevano parte della vita
quotidiana dell’uomo. Anzi, quella sarebbe un’operazione pericolosa:
parlando in Notes delle culture primitive, Eliot scrive che lo studioso-
antropologo deve viverne l’esperienza, ma non praticarla, poiché ad
esempio “the man who in order to understand the inner world of a cannibal
tribe has partaken the practice of cannibalism, has probably gone too far: he
can never quite be one of his own folk again”.
L'acqua, il punto focale della mia riflessione, è un elemento
naturale particolarmente presente nelle opere di questi due autori, anche se
in forme e con esiti differenti. Potremmo dire che in Eliot non c'è più
speranza nella rinascita, poiché “water is the primary metaphor, but because
of poem's title, water as metaphor is framed by dry and barren land”
14
, è
un'immagine che si può definire ironica, siccome non porta ad un esito
tradizionale, cioè il ritorno alla vita grazie all'acqua in un mondo arido,
come dovrebbe essere secondo lo schema antropologico e della leggenda del
Fisher King, ma questo è un “world within the poem is one in which
symbols fail, one in which mythologies collapse in a heap of broken
images”
15
. Invece in Joyce c'è ancora speranza, anche se ci sono momenti in
cui sembra che la sua visione si avvicini a quella eliotiana.
14 Jewel Spears Brooker and Joseph Bentley, “The Defeat of Symbolism in 'Death by
Water'”, in Cuddy and Hirsch (ed. by), cit., p. 245.
15 Ivi, p. 246.
13