2
cerca di fortuna
1
. Le città, e soprattutto Londra, si espandono in maniera
incontrollata, Londra stessa assume il ruolo di capitale d'Europa,
soppiantando Parigi nella leadership del continente, e infine l'economia del
paese viene completamente stravolta dalle innovazioni tecniche apportate
nelle industrie. Al loro interno il sistema di lavoro subisce dei cambiamenti
che stravolgono la sua struttura: le innovazioni tecniche infatti, aumentano
la produzione e il ritmo di lavoro, gli uomini vengono costretti a eseguire
operazioni spesso monotone per molte ore di fila, perché l'imperativo
dominante della nuova società industriale è l'accumulazione di profitti per
gli imprenditori.
A subire le conseguenze di tutte queste innovazioni è la massa di
operai che vengono relegati nei sobborghi periferici delle città, negli slum,
dove le condizioni abitative sono al limite della decenza: le case sono
sovraffollate, perché gli affitti sono molto elevati e gli operai che non
possono permettersi un'abitazione sono costretti a condividerla con altre
famiglie, l'igiene è inesistente, i vicoli degli slum sono sporchi e dilagano
malattie di ogni tipo. Agli occhi della middle class in ascesa gli abitanti di
questi quartieri appaiono come una massa indistinta, sconosciuta e quindi
pericolosa: gli slum diventano per i borghesi dei luoghi da tenere segregati
alla vista, lontani dai loro quartieri ricchi e puliti, luoghi dove prolifera
ogni sorta di vizio, primo fra tutti la prostituzione.
La borghesia che si andava sviluppando in quegli anni, però, era
una classe sociale dalla doppia faccia: da un lato, infatti, ostentava
rispettabilità, decenza, decoro, ma d'altra parte la repressione che veniva
esercitata a tutti i livelli (e che portava gli uomini a coprire le gambe dei
tavoli perché potevano vagamente ricordare quelle delle loro mogli, che
inoltre erano costrette in abiti che non lasciavano scoperto un solo
1
I motivi che spinsero queste masse di contadini a cercare fortuna nelle città industriali
che si andavano sviluppando va ricercato nell'estrema povertà in cui queste masse
gravavano: la rivoluzione industriale, infatti, con tutti gli sconvolgimenti che provocò,
determinò anche il crollo dei prezzi dei generi alimentari, il che pauperizzò un gran
numero di contadini che fino all'avvento della Rivoluzione riuscivano a mantenersi con i
frutti del loro lavoro.
3
centimetro di pelle a parte il viso) dimostrava quanta falsità ci fosse dietro
lo sfoggio di abiti decorosi e buone maniere. Il borghese che di giorno
passeggiava per le vie delle City e frequentava i club più esclusivi della
città, di notte si recava nell'East End, dove si trovavano gli slum più
degradati della metropoli londinese, e sfogava gli istinti che era costretto a
reprimere nella vita quotidiana e che non avrebbe potuto mostrare, pena la
violazione dell'etica su cui aveva costruito tutta la sua vita.
Gli abitanti degli slum rimangono però sconosciuti alla middle
class, e per questo vengono temuti: la paura principale della borghesia,
infatti, era di veder sovvertito l'ordine sociale, e la massa degli operai
dell'East End, numerosa, diversa, sconosciuta e degradata, la spaventava
enormemente. Gli operai erano ritenuti elementi sovversivi da controllare,
rappresentavano per i borghesi dei mostri, ed è per questo motivo che nel
1800 fioriscono tutta una serie di romanzi che indagano la condizione della
classe operaia: rappresentare i lavoratori come personaggi dei romanzi
permetteva ai borghesi di controllare le loro paure e di placare l'ansia di
una possibile rivoluzione (era ancora presente nelle loro menti l'eco dei
disordini verificatisi in Francia alla fine del 1700 in seguito alla
Rivoluzione Francese).
Questa tesi cerca quindi di illustrare come venivano percepiti gli
operai dalla middle class, e di mostrare come l'altro sia un elemento
interno alla stessa società vittoriana: un "altro" ignoto, che spaventa e
atterrisce ancora di più perché dimora a pochi passi dalle abitazioni dei
borghesi, e che deve essere addomesticato attraverso la letteratura.
Il primo capitolo introduce la tematica con un'analisi del mostro da
un punto di vista antropologico: si descrivono i mostri mitologici e i primi
mostri letterari, e si analizza la loro funzione all'interno della società.. In
quella vittoriana inglese essi sono rappresentati dagli emarginati, i poveri,
gli uomini della working class, tutte quelle persone che si trovano in fondo
alla scala sociale e costituiscono un universo a parte rispetto a quello
cosiddetto "normale" della middle class. I termini di normalità e diversità
4
evocano la differenza che intercorreva tra la middle class e il proletariato,
che viene analizzata nel successivo capitoletto: vengono mostrati i diversi
modi di vivere delle due classi sociali, e i diversi codici di comportamento
che le rendono così antitetiche l'una all'altra.
Il secondo capitolo entra nel vivo della trattazione con l'analisi di
tre figure di "altri": gli operai, i bambini lavoratori e le prostitute. Essi
rappresentano il diverso all'interno della società vittoriana, un elemento di
confronto importante ma anche spaventoso per la borghesia, che non li
conosceva e ne aveva quindi grande paura. Sono state scelte queste tre
figure perché tutte hanno un corrispettivo, per antitesi, nella middle class:
l'operaio era colui che manteneva la famiglia, così come il borghese; i
bambini lavoratori sono "l'altro" dei piccoli borghesi e infine le prostitute
rappresentavano una sfida non solo alla morale corrente, ma soprattutto
alle donne "angelo del focolare", come venivano definite le mogli delle
famiglie borghesi. Nel capitolo trova spazio anche una breve analisi della
comunità di New Lanark e di Robert Owen, un socialista del tempo che si
preoccupò di migliorare le condizioni di lavoro degli operai e di innalzare
il livello di istruzione, dato che era convinto dell'importanza
dell'educazione come metodo formativo del carattere dell'individuo, e
riteneva che questa dovesse andare di pari passo con la riforma
dell'economia, del sistema di fabbrica, e dell'ambiente in cui vivevano i
ceti popolari.
Nel terzo capitolo si illustra come la classe operaia veniva
rappresentata negli industrial novel di Kingsley, Gaskell, Disraeli e
Dickens. La borghesia richiedeva con insistenza dei romanzi che
analizzassero la classe operaia sia perché desiderava "spiarla", mostrando
un interesse di tipo voyeristico, sia perché attraverso la letteratura era
possibile controllare questa massa indistinta e pericolosa, e renderla quindi
potenzialmente inoffensiva. Si dimostrerà, infatti, che alla fine di tutti i
romanzi gli operai più attivi da un punto di vista politico, e che
rivendicavano un miglior trattamento sul luogo di lavoro e un
5
cambiamento della società, verranno sconfitti, attraverso degli espedienti
narrativi come la morte o l'emigrazione in un altro stato.
Infine il quarto capitolo analizza la categoria dei mostri letterari,
come Frankenstein, Dottor Jekyll e Mr. Hyde, il Dottor Moreau e i due
vampiri di Polidori e Stoker. Questi personaggi permettono di indagare sul
clima presente nella società vittoriana e di portare alla luce le paure che
covavano sotto la superficie. Gli autori dei romanzi trattati, infatti, cercano
di esplicitare la tematica del diverso attraverso delle figure mostruose, che
nascono in seguito al progresso portato ai limiti estremi. Questi esseri
suscitano orrore e rappresentano una minaccia presente e reale, che
atterrisce i lettori, e attraverso la quale gli scrittori riescono a svelare le
ipocrisie e le fobie della società vittoriana, e a indagare la faccia nascosta
dell'Inghilterra, dove ogni pulsione sessuale o aggressiva veniva repressa.
L'unica eccezione a questo schema è rappresentata dai vampiri, che non
sono esseri mostruosi nati dalle idee di scienziati folli, ma figure della
tradizione popolare che assumono nuovi connotati, e con essi un nuovo
significato, nell'analisi della società vittoriana. In altre parole, nessuno
decide di creare ex novo la loro immagine, dato che è presente un ampia
tradizione in proposito, che viene però rielaborata per i fini che gli scrittori
si propongono, di indagine delle ansie e delle fobie della società vittoriana.
Il reperimento dei materiali bibliografici per la stesura della tesi è
stato un lavoro lungo, e la gran parte dei testi sono stati letti in lingua
inglese non essendo reperibile una traduzione italiana. Sono stati utilizzati
testi integrali e saggi, e molto utile è stato anche l'apporto del web, dove
sono stati consultati svariati siti (specie per l'analisi della società
vittoriana) e sono stati reperiti altri materiali testuali, sia primari, come
giornali e documenti coevi, che critici, come saggi e analisi sociologiche.
E' stato molto utile il portale di ricerca J-stor, grazie al quale si sono potuti
consultare e analizzare svariati materiali, prettamente in lingua inglese.
6
CAPITOLO 1
IL MOSTRO COME SINONIMO DI ALTERITA'
NELLA SOCIETA' VITTORIANA.
Identità, alterità e mostri: il diverso inteso come
elemento perturbante della società.
Il termine mostro può essere inteso in diverse accezioni, come
spiega Mary J. Picone
1
: animale o essere umano deforme, essere
immaginario composto di elementi eterogenei, animale di enormi
dimensioni. I mostri per la scrittrice possono essere dunque perfetti o
deformi, invisibili o immaginari. Come esseri leggendari essi erano
caratterizzati dall'ibridazione dei regni (l'animale combinato col vegetale),
delle specie animali tra di loro e dell'animale con l'umano: sono quindi
esseri creati dalla combinazione delle caratteristiche di esseri diversi. Altre
tipologie di mostri però erano definite attraverso un eccesso o un difetto:
esistono mostri a tre teste (si pensi a Cerbero) e altri con un solo occhio
(Polifemo, il Ciclope dell'odissea di Omero). E' opinione comune che essi
fossero generati da delle irregolarità nella copulazione (di solito quando si
accoppiavano due specie animali diverse) o come conseguenza dei pensieri
impuri della madre durante la gestazione; altre volte è il metodo stesso
della riproduzione che genera un parto mostruoso, com'è il caso del
basilisco, il re dei serpenti, un essere mostruoso e molto pericoloso perché
in grado di uccidere solo con lo sguardo, che nasce da un uovo di gallo
covato da un serpente o da un rospo.
2
1
A questo proposito si veda Mary J. Picone, "Metamorfosi e mostri necessari", La
Ricerca Folklorica, No. 4, Antropologia simbolica. Categorie culturali e segni linguistici.
(Oct., 1981), pp.51-57.
2
Mary J. Picone, Op. cit., p.54.
7
Il termine deriva dal latino monstrum, che significa mostrare:
Michel Foucault
3
spiega, infatti, che nel mondo creato a immagine a
somiglianza di Dio il mostro ha la funzione di rappresentare la
degenerazione, il risultato della violazione della legge divina, che porta a
condurre un'esistenza gravata dal vizio e dalla trasgressione. Assume
quindi una funzione importante, che si ritrova anche nell'etimologia della
parola: monstrum contiene infatti la radice del verbo moneo, che significa
ammonire, avvertire. Il mostro funziona quindi anche da avvertimento,
perché simbolo di corruzione e di degenerazione.
I mostri sono presenti nell'immaginario popolare fin dai tempi più
antichi, e la religione li interpretava come prodigi mandati da Dio per
avvertire l'umanità della pericolosità di condurre esistenze degenerate e di
trasgredire la volontà del Signore.
4
Nelle fiabe, ambito privilegiato nel quale lo si incontra, il mostro è
abitante di un mondo oscuro, pericoloso e ignoto, e personifica l'enigma e
la metamorfosi. Questo concetto è molto importante
5
: il passaggio al
mostruoso, infatti, solitamente effetto di una maledizione o di una
condanna, è un'esperienza che significa perdita di sé, caduta nell'indistinto
e nella mescolanza. Il mostro abita al di fuori dell'ambito della normalità
ed è sempre negativo, perché causa orrore per la sua deformità e mistero
per la sua indecifrabilità: affrontare e sfidare il mostro allora, e vincerlo,
diventa fondamentale per l'eroe per decifrare l'enigma e mettere ordine nel
caos.
Figure ed esseri mostruosi sono presenti nell'immaginario popolare
fin dai tempi dei Sumeri (5000 a.C.), dove compare per la prima volta il
drago, animale mitologico con corpo di rettile, ali di pipistrello, artigli di
3
Michel Foucault, "Madness and civilization: a History of insanity in the age of reason",
citato in Chris Baldick In Frankenstein's shadow : myth, monstrosity, and nineteenth-
century writing (Oxford : Clarendon Press, 1987) p.10.
4
Michel Foucault, ibidem.
5
Per il concetto di mostro come personificazione di enigma e di metamorfosi si veda
Giovanna Cerina, "Archetipi fiabeschi: metamorfosi, mostri, labirinti", pp.9-35 in
Metamorfosi mostri labirinti, Atti del seminario di Cagliari 22-24 gennaio 1990, a cura di
Giovanna Cerina et al (Roma, Bulzoni editore, 1991).
8
leone o aquila, due o quattro gambe, coda, fauci aperte, lingua bifida o
vomitante fiamme
6
.
7
Il drago mitologico.
Si riteneva abitasse nelle grotte sotterranee, da cui usciva a
intervalli di tempo per scatenare la sua rabbia sputando fiamme e creando
grande devastazione; era quindi un essere con una forte potenza
distruttrice, e la psicanalisi ha visto nella sua rappresentazione l'emblema
degli istinti malvagi che risiedono nell'uomo a un livello molto profondo, e
che, se lasciati liberi di esprimersi, potevano portare a grande dolore, pene
e distruzione. Questo aspetto della repressione delle pulsioni sarà
importante nell'età vittoriana, che farà della repressione, appunto, uno dei
suoi canoni principali. Il borghese vittoriano, infatti, doveva mostrare un
atteggiamento rispettabile e non lasciarsi andare agli istinti "animaleschi"
che avvertiva nel suo io più profondo. La funzione assolta nella mitologia
dall'eroe, che sconfigge il mostro, è quindi equiparabile alla volontà del
borghese di reprimere il mostro che si agita nel profondo del suo animo.
6
Per la descrizione dei mostri si veda Angus Hall Il mondo dell'occulto. Mostri tra mito e
realtà (Milano: Rizzoli Mailing, 1976).
7
Immagine tratta dal sito <http://digilander.libero.it/respen/drago%20nero.jpg>
9
8
La potenza distruttrice del drago, contro cui lotta l'eroe
L'aspetto del drago era sempre terrificante, per questo nelle
bandiere di guerra veniva apposta spesso la sua effige, che serviva per
incutere timore agli avversari. Nella letteratura inglese la tematica del
drago trova spazio nel poema epico del Beowulf, dove però l'eroe è
sopraffatto alla fine dal Drago, che scatena la sua ira distruttrice perché si
vede privato del suo tesoro (nelle leggende popolari, infatti, i draghi erano
spesso custodi di grandi tesori).
Anche le sirene sono dei mostri necessari nell'immaginario
popolare: esse, infatti, assolvono al compito di rappresentare la donna
irraggiungibile, all'apparenza sensuale e voluttuosa ma in realtà fredda e
sfuggente, la donna seducente e incantatrice che attirava l'uomo e lo poteva
portare alla perdizione. Le sirene erano esseri mitologici metà donne e
metà pesce, che compaiono per la prima volta nella cultura dei Sumeri, da
cui si diffonderanno in tutto il bacino del Mediterraneo. Anche la sirena
8
Dal sito <http://www.geocities.com/SoHo/Exhibit/2211/Immagini/drago.jpg>
10
può essere considerata un mostro, in quanto pericoloso e dall'aspetto
all'apparenza bellissimo ma in realtà terrificante. Si può ritenere che siano
presenti, per analogia, anche nell'età vittoriana, dove sono sostituite dalle
donne di facili costumi, le prostitute, le operaie lascive e immorali, tutte
quelle figure femminili, insomma, che non corrispondevano all'ideale
borghese della donna repressa, passiva, sottomessa, e che costituivano un
elemento sovversivo all'interno della rispettabile società vittoriana. Le
prostitute, infatti, facevano emergere le pulsioni dell'uomo borghese, ed
erano quindi molto pericolose per il mantenimento della stabilità sociale.
Nell'immaginario popolare sono presenti anche mostri marini,
come serpenti, piovre e calamari giganti e altri di dubbia classificazione, e
lo Yeti, abitante del complesso montuoso dell'Himalaya, descritto come un
grosso animale simile a una scimmia, alto più di due metri, ricoperto di
una folta pelliccia di colore marrone scuro, nero o rossastro, e dotato di
una lunga capigliatura e braccia lunghe fino alle ginocchia. Tutti questi
esseri mostruosi vengono collocati in territori sconosciuti, come gli oceani
e le alte montagne asiatiche, luoghi inesplorati e che quindi emanavano il
fascino dell'ignoto. Si è portati a ritenere che per il borghese vittoriano gli
operai assolvessero alla stessa funzione: essi, infatti, erano stati relegati
nella zona orientale della città di Londra, l'East End, abitavano negli
slums, luoghi che nessuno conosceva realmente ma solo per sentito dire, e
il loro aspetto sudicio, deperito e indistinto, li caratterizzava come mostri
agli occhi dei borghesi.
Questa ipotesi viene supportata dagli studi di Rosi Braidotti e
Jeffrey Cohen. Secondo la Braidotti
9
il mostro è lo straniero, il diverso
all'interno della propria cultura, un'entità che l'uomo tende a reprimere ma
non a sopprimere. In sostanza è ciò che esce dall'ordinario, il non comune.
9
Rosi Braidotti, "Signs of wonder and traces of doubt: on teratology and embodied
differences", in Nina Lykke and Rosi Braidotti (eds.), "Between Monsters and goddess
and cyborg. Feminist confrontations with science, medicine and cyberspace", citato in
Maurizio Calbi "Speaking in terror: Femininity, monstrosity and race in early modern
culture" pp.65-82 in Incontrare i mostri. Variazioni sul tema nella letteratura e cultura
inglese e angloamericana, a cura di Maria Teresa Chialant (Napoli: Edizioni Scientifiche
italiane, 2002).
11
Agli occhi del borghese l'operaio non poteva che apparire in questa veste,
perché non faceva parte del suo mondo, non si comportava come si
conveniva a un esponente della middle class, non si nutriva allo stesso
modo, conduceva una vita del tutto diversa da quella dell'uomo medio
vittoriano.
Il mostro, nelle parole di Jeffrey Cohen, è un costrutto culturale,
[...] is born [...] as an embodiment of a certain cultural moment – of
a time, a feeling, and a place [...] A construc and a projection, the
monster exist only to be read [...] a glyph that seeks a hierophant.
10
Esso è la proiezione delle paure, ma anche dei desideri e delle fantasie di
una determinata epoca; viene collocato ai margini della conoscenza e della
differenza. Continua Cohen:
In its function as dialectical Other or third term supplement, the
monster is an incorporation of the Outside, the Beyond – of all
those loci that are rhetorically placed as distant and distinct but
originate within.
11
Esso "incorpora il fuori e l'oltre, tutti spazi che sono situati in termini
retorici come distanti e distinti, ma che originano dal dentro".
L'alterità rappresentata dal corpo del mostro può essere di diversi
tipi: una differenza culturale, razziale, etnica, sessuale, sociale. Presuppone
però sempre un'esclusione, un'emarginazione del diverso. Il mostro è
sempre definito dalle sue sembianze mostruose, dal suo essere di aspetto
spaventoso e terrificante: ciò è funzionale al processo che porta a
demistificare la sua immagine, ad addomesticarlo e quindi a renderlo meno
pauroso agli occhi dell'uomo.
12
10
Jeffrey J. Cohen, a cura di, "Monster Theory. Reading culture" in Maria Teresa
Chialant, "I mostri della mente", in Maria Teresa Chialant, Op. cit., pp.97-121.
11
Jeffrey Cohen, Op. cit., p.98.
12
Maria Teresa Chialant, Op. cit. p.6.
12
Essendo collocato ai margini dei territori conosciuti, l'esplorazione
dell'ignoto non è priva di rischi, ma questo altro deve essere indagato per
placare le proprie paure. In realtà, però, la paura che si prova nei confronti
del mostro, è una forma di desiderio: secondo la lezione di Freud, infatti,
tutto ciò che ci spaventa o ci fa repulsione in realtà ci attira, perché
incorpora nella sua mostruosità i nostri desideri e le nostre fantasie più
segrete. Per tutte queste ragioni la tematica del mostruoso riveste un ruolo
molto importante quando ci si trova davanti ad un mutamento epocale,
perché nei momenti di crisi il mostro serve per rappresentare un'alterità
difficile da comprendere e da inscrivere nelle categorie conosciute.
13
Nella letteratura inglese il tema del mostro trova allora grande
spazio, perché molti scrittori sono inclini a discutere in questi termini il
discorso sull'alterità; il diverso tende a essere spettacolarizzato in figure
mostruose quali Frankenstein o Dracula, che vanno oltre la pura
fantascienza in quanto coinvolgono tematiche di più ampio respiro. Nei
momenti di passaggio, infatti, la comparsa del mostro obbliga l'uomo ad
interrogarsi su nozioni come quelle di norma, limite, confine, identità, a
reinterpretare se stesso e la sua collocazione nel mondo attraverso la
sistemazione di ciò che esce dall'ordinario.
L'identità stessa è infatti un costrutto sociale
14
, perché si definisce
attraverso delle scelte: è l'uomo stesso, in modo del tutto arbitrario, a
decidere quali siano i confini che delimitano la sua identità, oltre la quale
esiste solo l'alterità. L'identità si costruisce quindi a scapito dell'alterità
15
,
che in momenti particolari (come i già analizzati mutamenti epocali)
ritorna a ricordare con forza il carattere di finzione dell'identità stessa.
L'altro assume allora le sembianze di mostro minaccioso perché sfida
13
J. Cohen, in Maria Teresa Chialant, Op. cit., p.99.
14
Per la costruzione dell'identità sociale vedere F. Remotti, Contro l'identità, (Bari:
Laterza, 1996) e Giovanni Salmeri. "Corporeità e alterità. Riflessioni per un materialismo
della persona", Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia [in linea], anno 1 (1999)
[inserito il 2 febbraio 1999], disponibile su World Wide Web:
<http://mondodomani.org/dialegesthai/>.
15
F. Remotti, Op. cit. p.61
13
apertamente le convenzioni socialmente stabilite, e mette in pericolo la
stabilità della società.
Come si è già accennato, la letteratura del mostro comincia in
Inghilterra con il Beowulf, poema epico di incerta attribuzione (numerosi
studiosi sono inclini a credere che sia stato scritto da un poeta cristiano)
databile attorno al 700-1000 a.C, che racconta la lotta dell'eroe, Beowulf,
con tre mostri, Grendel, la Madre e il Drago.
16
Già in questo scritto si può
individuare quanto grande sia la minaccia che il mostro impersona:
Grendel, infatti, è collocato in una zona di confine tra il mondo di mezzo
degli uomini e quello sconosciuto degli dei, dei giganti e dei morti.
17
Assume nel testo diversi epiteti, tra i quali vanno ricordati "colui che abita
nella regione della razza dei mostri", "intimo dell'inferno" e "avversario
del genere umano"
18
; è un cannibale istintivo e bestiale che spaventa
Beowulf, l'eroe che lo dovrà sconfiggere, terrorizzato all'idea di venire
sbranato dall'essere mostruoso. Ancora peggiore di Grendel, che Bewulf
riesce a sconfiggere, è però sua madre, "Una creatura mostruosa che abita
gli orrori delle acque"
19
. Nel poema il mostro viene presentato ancora
secondo una dimensione iconologia (tant'è vero che l'ultimo mostro che
l'eroe dovrà sconfiggere sarà il drago).
Alla fine del 1500 il campo semantico del mostruoso inizia a
essere definito in modo metaforico, così da togliere la dimensione
iconologica al termine per deviarlo verso un fatto puramente mentale,
associato alla trasgressione delle regole e a un'appartenenza al campo della
diversità; esso allora rappresenta l'elemento perturbante, il caos che rischia
di sconvolgere la quotidianità e la stabilità della società, e come tale va
tenuto segregato in luoghi definiti e per questo controllabili. Esso spaventa
in quanto essere sconosciuto e potenzialmente sovversivo.
20
16
Leo Marchetti, Anatomie dell'altro. Immaginario teratologico nella letteratura
inglese.(Napoli: Liguori, 2004), p.9.
17
Leo Marchetti, Op. cit., p.11.
18
Leo Marchetti, ibidem.
19
Leo Marchetti, Op. cit., p.14
20
Leo Marchetti, Op. cit., p.4.
14
Il mostro e quindi il concetto di mostruosità, possono esistere solo
in relazione a quello di normalità, che viene definito dalle convenzioni
sociali e culturali dell'epoca. Nella Londra vittoriana esse sembrano essere
rappresentate dal modus vivendi della middle class, dal suo sistema di
valori e dalla sua morale. Londra, metropoli da oltre due milioni di
abitanti, centro dell'Impero più vasto mai esistito sulla terra, sede di alcune
tra le industrie tra le più sviluppate: è qui che le figure mostruose trovano
il loro palcoscenico ideale. Un palcoscenico credibile ma allo stesso
tempo fortemente inquietante.
21
L'alterità in questione non va intesa solo come sinonimo di essere
deforme, mostruoso (come quello della mitologia e delle fiabe), ma anche
come elemento di diversità interno alla società. Il mostro, infatti, viene
raffigurato nella società vittoriana inglese dagli emarginati, i poveri, gli
uomini della working class, tutte quelle persone che si trovano in fondo
alla scala sociale e costituiscono un universo a parte rispetto a quello
cosiddetto "normale" della middle class.
22
E' questa una categoria originale
di mostri, in quanto costituita da persone che in certo qual modo sono
simili ai borghesi, essendo anch'essi esseri umani, ma che per le
spaventose condizioni in cui vivono vengono relegati nell'ambito
dell'alterità.
Il borghese emargina il proletariato perché non lo conosce, e ciò lo
spaventa come avveniva in passato per gli esseri mostruosi; d'altra parte si
può affermare che uno dei timori principali che attraversano la mente della
middle class fosse quello di vedersi, in realtà, molto più simili agli operai
di quanto in realtà non volesse dare a intendere.
23
La società vittoriana
aveva fatto della repressione il suo stile di vita, e la rispettabilità imponeva
al borghese di condurre una vita irreprensibile e di condannare gli eccessi e
i vizi. La rappresentazione, nei romanzi, della classe operaia serve allora al
21
Leo Marchetti, Op. cit, pp.6-7.
22
Questo discorso verrà affrontato nel secondo e nel terzo capitolo, a cui si rimanda per
l'approfondimento della tematica.
23
Carole Beebe Tarantelli, Ritratto di ignoto. L'operaio nel romanzo vittoriano (Roma:
Bulzoni, 1981) p.27.
15
borghese per allentare per un attimo la tensione, per osservare una
categoria di persone completamente diverse da lui, e per capire che esse in
realtà tanto diverse non sono: rappresentano infatti i suoi desideri nascosti,
le sue pulsioni segrete. Diventano per il borghese uno specchio su cui
proiettare tutte le sue fantasie. Così facendo, però, egli scopre che l'operaio
non è poi così diverso.
E' un atteggiamento particolare e contraddittorio (come del resto
risulta contraddittoria l'intera età vittoriana), che porterà, verso la fine del
secolo, alla produzione di romanzi come The strange case of Doctor
Jeckyll and Mr Hyde, alla cui base c'è il presupposto che il mostro vive
dentro di noi, nascosto dalla patina delle convenzioni sociali, che la natura
dell'uomo è duplice e che la morale borghese viene sentita come una
prigione da cui gli istinti primordiali dell'uomo spingono per evadere.
24
Tutto questo porta però alla degenerazione totale dell'individuo, che
terrorizza in primis il protagonista del romanzo di Stevenson e con lui il
lettore borghese, che però può tirare un respiro di sollievo quando Jeckyll
decide di suicidarsi e porre fine, insieme alla sua vita, all'esistenza del
mostro che ha scatenato.
25
Il mostro assume, infatti, anche la funzione di
rappresentare la bestia latente nell'animo umano: spesso diventa violento,
commette omicidi o stupri, come accade a Mr. Hyde, all'inizio del
romanzo e a Frankenstein quando fugge dal laboratorio del suo
inventore
26
.
Inoltre il mostro desiderava una donna, una compagna di vita, e
per averla spesso la rapiva; a volte però i medici che visitavano le donne
dopo questi "incontri" non accettavano la spiegazione che davano della
loro assenza o delle loro ferite, e sostenevano che avevano sognato, come
avveniva in genere con le visite notturne dei vampiri alle fanciulle. Il
sogno rappresentava il desiderio segreto di essere posseduta dal mostro che
24
Maurizio Ascari, "Artisti, anarchici e atavismo: il degenerato come mostro" in Maria
Teresa Chialant, Op. cit. p.141.
25
Laura di Michele, "Perché i mostri", in Maria Teresa Chialant, Op. cit., pp.21-23.
26
Angus Hull, Op. cit. p.134.