2
Fino ad allora l’Italia, paese fondatore della Comunità Europea insieme
a Francia, Germania e Benelux (Belgio, Olanda e Lussemburgo), si era
distinta per una posizione di convinto europeismo e aveva costituito uno dei
motori principali nel processo di integrazione. Le precedenti presidenze di
turno italiane avevano, in questo senso, ottenuto risultati importanti: nel 1985
Craxi condusse il negoziato sull’Atto Unico Europeo,
2
nel 1990 Andreotti aprì
la conferenza intergovernativa sfociata nel Trattato di Maastricht,
3
mentre
sotto la guida di Prodi e Dini (1996) si arrivò alla firma del Trattato di
Amsterdam.
4
Si tratta di precedenti importanti, senza dubbio.
Ma torniamo a Berlusconi. Già prima del suo insediamento,
sorprendeva l’attenzione riservatagli da gran parte dei media stranieri, in
particolare europei: nessun’altra presidenza aveva suscitato così tanto
interesse o clamore, nessun altro personaggio politico si era trovato sotto la
luce dei riflettori internazionali ancor prima di iniziare il proprio operato. Già
nel 2001, alla vigilia delle elezioni politiche in Italia, il prestigioso settimanale
britannico The Economist titolava in copertina Why Berlusconi is unfit to run
Italy
5
: di lì in avanti le parole, buone o cattive, sul suo conto si sarebbero
sprecate.
A questo proposito, la presente ricerca si propone di analizzare la
copertura mediatica sul personaggio Berlusconi nei sei mesi di presidenza
europea, dal 1° luglio al 31 dicembre 2003. L’attenzione si è focalizzata in
particolare su tre quotidiani, fra i più autorevoli d’Europa: il britannico The
Times, lo spagnolo El País e il francese Le Monde. Si tratta di quotidiani
leader nei rispettivi paesi, ma non solo: anche a livello internazionale godono
di fama e prestigio, grazie anche alle grandi firme che vi collaborano.
2
L’Atto Unico Europeo, entrato in vigore il 1° luglio 1987, è un documento che modifica le precedenti
disposizioni comunitarie sulla cooperazione europea in materia di politica estera.
3
Il Trattato di Maastricht, entrato in vigore il 1° novembre 1993, è uno dei quattro documenti fondanti
il processo di integrazione europea: fra le altre cose, ha cambiato la denominazione della Comunità
economica europea (divenuta semplicemente “Comunità europea”) e introdotto nuove forme di
cooperazione fra i governi degli Stati membri creando una nuova struttura politico-economica divenuta
poi l’attuale Unione Europea.
4
Il Trattato di Amsterdam, entrato in vigore il 1° maggio 1999, è un documento che interviene sulla
precedente legislazione in termini di politica estera (di sicurezza e commerciale), occupazione,
ambiente, sanità e istituzioni europee.
5
Perché Berlusconi non è adatto a governare l’Italia.
3
L’indagine mira a ricostruire l’immagine della presidenza italiana (e di Silvio
Berlusconi) presente sulla stampa europea, e quindi nei vari contesti nazionali:
uno degli obiettivi sarà proprio quello di comprendere in che modo questi
contesti influenzino la presentazione mediatica di un personaggio a capo
dell’Europa ma anche simbolo del suo paese, l’Italia.
La tesi si aprirà, quindi, con un capitolo dedicato alle basi teoriche su
cui poggia la successiva ricerca empirica: verranno affrontate, in particolare,
le tematiche relative al processo di newsmaking (costruzione delle notizie),
alla teoria dell’agenda-setting e al concetto di frame. Un’introduzione di
questo tipo è necessaria, visto che la successiva indagine sarà basata su
nozioni di tipo giornalistico.
Il secondo capitolo mostrerà invece una rassegna dei fatti, a livello
nazionale e internazionale, aventi per protagonista Silvio Berlusconi e
avvenuti nei sei mesi oggetto di studio. Questa carrellata sarà utile per rendere
più chiare le tematiche e gli avvenimenti presentati sui tre quotidiani
monitorati.
Il terzo capitolo sarà dedicato al metodo impiegato nella rilevazione
empirica e nell’analisi dei dati: verranno presentati i criteri di selezione del
materiale (articoli e, a monte, i quotidiani stessi), nonché i parametri attraverso
i quali questo materiale è stato esaminato.
Il quarto capitolo presenterà poi i primi risultati dell’indagine, a un
livello ancora scarso di articolazione, come la distribuzione di frequenza degli
articoli, dei titoli e il tipo di argomenti trattati. Da questi dati si ricaveranno
poi somiglianze e differenze nel trattamento del personaggio Berlusconi nei
diversi contesti nazionali.
Nei tre capitoli successivi il focus si sposta su un’analisi di tipo
interpretativo: qui verranno analizzati, per ogni quotidiano preso in
considerazione, alcuni articoli particolarmente esemplificativi dal punto di
vista dei frames dominanti. Questi articoli serviranno a chiarire i vari punti di
vista sui fatti in questione, e le differenze nei confronti degli altri quotidiani.
4
CAPITOLO 1
DAI FATTI ALLE NOTIZIE
Prima dell’analisi vera e propria, è meglio quindi esaminare più a fondo
il processo che porta un fatto, un evento, a diventare una notizia giornalistica:
questo sarà utile per poi comprendere come vengono “prodotti” gli articoli su
cui si basa la ricerca. Se infatti si accetta l’idea (ormai consolidata) che i mass
media, oltre a veicolare informazioni, ne suggeriscano una possibile
interpretazione influenzando l’opinione e i modelli di azione del lettore,
6
diventerà importante per questa ricerca capire in che modo gli articoli
analizzati “costruiscano” l’immagine di Silvio Berlusconi e dell’Italia
all’estero.
«I fatti non parlano da soli. Per meglio dire, quando incominciano a
parlare – cioè ad essere raccontati – prendono sempre una coloritura»
(Sorrentino, 1995: 4). Partiamo da qui, dall’idea che nessuna notizia è
obiettiva, neutra: il processo di newsmaking, di costruzione della notizia,
discosta infatti quest’ultima dalla realtà. A questo punto, se la notizia «non
esiste come oggetto in sé … [ma] è ciò che ne fanno i giornalisti» (Papuzzi,
1998: 12), diventa importante capire cosa ne fanno i giornalisti.
In questo capitolo si cercherà quindi di far luce sul lavoro giornalistico
nelle sue varie fasi, seguendo la tripartizione proposta da Sorrentino ne I
percorsi della notizia: selezione, gerarchizzazione e presentazione.
6
Walter Lippman, nel suo Opinione pubblica, arriva a dimostrare come le persone agiscano non in
base a ciò che è effettivamente accaduto, ma in base a quella che credono essere la situazione reale
secondo le descrizioni fornite dalla stampa: è la teoria della costruzione del significato.
5
1.1. Selezione
Il processo di newsmaking, come detto, porta dai fatti alle notizie: autori
principali di questo processo sono ovviamente i giornalisti, con il loro know-
how e la loro professionalità. Quest’ultima può essere di vari tipi (tecnica,
relazionale, culturale) ma dipende comunque da un articolato rapporto con la
società e da «determinanti culturali, politiche ed economiche che condizionano
le culture giornalistiche all’interno dei differenti contesti territoriali»
(Sorrentino, 1995: 10): la soggettività del giornalista risulta quindi
fondamentale per la costruzione delle notizie, anzi per Sorrentino «diventa il
sale della differenziazione dell’informazione» (1995: 10). Oltre al ruolo del
giornalista, va comunque tenuto in considerazione come il processo di
newsmaking si svolga all’interno di precise strutture organizzative, che
concorrono a determinare il carattere delle notizie: ciò che qui interessa è
l’aspetto burocratico delle redazioni, al cui interno l’informazione proveniente
dalle fonti viene “processata” per diventare una notizia da pubblicare.
Il primo passo di questa attività redazionale è proprio la selezione.
Grazie al notevole sviluppo tecnologico delle comunicazioni nella società
contemporanea, ogni giorno giungono in una redazione giornalistica migliaia
di informazioni; non tutte, ovviamente, possono essere pubblicate, in primis
per ragioni di spazio. Serve quindi una selezione: i giornalisti che, all’interno
di una redazione, si occupano di questa attività vengono definiti gatekeepers,
dal momento che il loro compito è proprio quello di aprire e chiudere «i
cancelli che permettono il flusso dell’informazione ai lettori» (Papuzzi, 1998:
22). Ma come avviene questa selezione? In base a quali criteri si decide cosa
diventa notizia?
Nonostante, come già detto, il lavoro del giornalista sia strettamente
influenzato da norme culturali legate al contesto di appartenenza, sono stati
individuati alcuni criteri generali che regolano la selezione dell’informazione:
questi criteri, detti valori notizia (news values), determinano la notiziabilità
(newsworthiness) di un evento, decidendo in pratica se sia adatto o no per
essere trasformato in notizia. Seguendo la classificazione proposta da Papuzzi
6
(1998: 23), i news values vengono distinti in due categorie: quelli riguardanti
l’interesse del pubblico e quelli riguardanti il lavoro della redazione.
1.1.1. News values e pubblico
Secondo Weiss «la notizia giornalistica è il rapporto su un avvenimento
destinato a un pubblico» (Weiss in Papuzzi, 1998: 11): una definizione, questa,
che include due “cardini” della notizia, l’avvenimento e il pubblico.
Soffermiamoci ora su quest’ultimo, e sulla sua influenza: un fatto non
diventerà mai notizia senza un pubblico, e chi scrive lo fa per essere letto. Ciò
significa che gli interessi, i modelli culturali, i gusti e le esigenze del pubblico
vanno tenuti in grande considerazione dai giornalisti: per Papuzzi, ogni testata
tende quindi a stabilire una sorta di «empatia» con il proprio pubblico. I criteri
di selezione delle notizie ne sono una diretta conseguenza, e alcuni di questi
derivano proprio dall’attenzione nei riguardi della propria audience. Vediamoli
in dettaglio:
- Novità: più un fatto è singolare, mai visto, più suscita interesse;
- Vicinanza: più un fatto si svolge in prossimità (geografica, ma anche
ideologica, politica) del pubblico, più risulterà interessante: in questo senso va
visto anche il tentativo di riportare le notizie estere attraverso un’ottica
nazionale, o locale (domestification);
- Dimensione: l’attenzione del pubblico è maggiormente catalizzata da
eventi di grandi dimensioni (disastri con un elevato numero di vittime, ad
esempio);
- Comunicabilità: il pubblico è più interessato a notizie di facile
comprensione, quindi semplici da comunicare;
- Drammaticità: attirano maggiormente l’attenzione le notizie che
suscitano emozioni, soprattutto negative (secondo il celebre «Bad news is good
news»);
- Conflittualità: la gente è interessata a scontri, sfide, e in generale a
tutto ciò che prevede vincitori e vinti: per questo spesso, in particolare in
politica, i fatti vengono interpretati in questi termini, dando alla notizia una
maggiore appetibilità;
7
- Conseguenze pratiche: tutto ciò che tocca direttamente e
concretamente il pubblico (l’aumento delle tasse, ad esempio) risulta
ovviamente più interessante;
- Human Interest: ci si riferisce alle notizie con una forte carica di
umanità;
- L’idea di progresso;
- Il prestigio sociale: il pubblico è più interessato a notizie che
riguardino persone facenti parte dell’élite della società, o paesi dell’élite
mondiale (quelli più sviluppati).
Tutti questi elementi contribuiscono ad accrescere le possibilità che un
fatto diventi notizia, ma non sono sufficienti: anche un fatto potenzialmente di
grande interesse per il pubblico deve scontrarsi con le esigenze e le routine
lavorative delle redazioni.
1.1.2. News values e lavoro di redazione
I tempi e i modi di lavoro nella redazione di un quotidiano hanno
caratteristiche particolari, dettate soprattutto dalla cosiddetta deadline, il
termine ultimo per consegnare l’articolo prima della messa in stampa; anche di
tutto questo si deve tener conto nella produzione delle notizie.
7
Vediamo allora
i news values legati all’aspetto redazionale:
- Natura dell’avvenimento: si fa riferimento alla distinzione tra hard
news (notizie di cronaca, più urgenti e drammatiche) e soft news (storie più che
notizie, molto leggere);
- Tempestività: la notiziabilità dipende anche dall’attualità (in genere si
preferiscono le notizie “fresche”) e dal ritmo (che penalizza avvenimenti dallo
sviluppo lento e graduale in favore di eventi dalla rapida conclusione);
- Durata: qui si distingue tra spot news (immediate, senza seguito),
developing news (previste, richiedono tempo per svilupparsi), continuing news
(dallo sviluppo frammentario) e running news (in corso di svolgimento).
7
Ormai sembrano esserne a conoscenza anche gli attori sociali protagonisti dell’informazione, che
organizzano sempre più spesso eventi (facilmente mediatizzabili) ad orari che tengano conto delle
scadenze e delle esigenze redazionali: si tratta dei cosiddetti media events.
8
Le nuove tecnologie hanno però modificato drasticamente le procedure
lavorative all’interno delle redazioni dei quotidiani: il flusso costante di
informazioni che arrivano sul desk e la necessità di trattare una materia in
costante evoluzione hanno spostato «l’accento dalla fretta [di arrivare primi]
alla novità» (Sorrentino, 1995: 206). La velocizzazione dell’informazione è
solo uno degli aspetti con cui oggi devono fare i conti i valori notizia appena
elencati: a questa si aggiungono infatti la frammentazione degli eventi e la
semplificazione. Se già la velocizzazione, con il ritmo frenetico e il minor
tempo di trattazione, portava la notizia a una netta decontestualizzazione dalla
realtà, la semplificazione amplifica questo processo. Il pubblico è ormai
abituato a ricevere piccoli “bocconcini” di informazione, ma serviti in grande
quantità e a ritmi sempre più incalzanti: in questo modo è difficile collegare i
nuovi input a un contesto più ampio e generale. A ciò si aggiunge, come detto,
il processo di semplificazione, inaugurato dalla televisione e dal suo
linguaggio, e oggi imitato anche dalla stampa;
8
se è vero da sempre che «la
trasformazione di un fatto in notizia è il risultato di un processo di riduzione di
complessità» (Sorrentino, 1995: 5), negli ultimi decenni questa tendenza ha
subito una notevole accelerazione. La semplificazione, seguendo sempre
Sorrentino, si attua in particolare attraverso due modelli: il sensazionalismo e
la personalizzazione. Il sensazionalismo nasce dal bisogno di differenziarsi
dagli altri media e dal generale alleggerimento dei toni informativi, e porta alla
spettacolarizzazione della notizia;
9
della personalizzazione parleremo invece
più avanti, nel paragrafo dedicato alla presentazione delle notizie.
8
Non si tratta certamente dell’unico punto sul quale la carta stampata sta seguendo il modello
televisivo: dalla formula omnibus (il quotidiano in cui si parla di tutto) al cosiddetto infotainment (un
misto tra informazione e intrattenimento), sono molti gli aspetti per i quali il piccolo schermo ha fatto
scuola.
9
Anche la spettacolarizzazione è evidentemente un modello mutuato dalla televisione.
9
1.2. Gerarchizzazione
Il secondo passo nel processo di newsmaking è quello della
gerarchizzazione: dopo la selezione di un certo numero di fatti, va deciso quale
importanza attribuire a ognuno di questi sulle pagine del nostro quotidiano.
Sono molti i modi per farlo: un titolo a tutta pagina, un richiamo in prima, una
grande foto. Ma sono diversi anche i motivi per cui questo accade.
La duplice natura dei mezzi di comunicazione, organi di informazione
ma anche industrie di stampo capitalistico, induce subito a una riflessione: i
quotidiani, per mantenersi economicamente, ricorrono – ormai senza esclusioni
– ai finanziamenti pubblicitari.
Questo li lega ancor più strettamente al loro pubblico, da cui dipendono
anche economicamente: è indispensabile quindi catturare e mantenere
l’attenzione della gente per incrementare i profitti. La prima e più logica
conseguenza è l’attribuzione di maggior spazio e visibilità ai fatti, alle storie
che “fanno vendere”: l’argomento quindi, ma anche la presentazione (come
vedremo nel prossimo paragrafo), diventano variabili decisive nelle scelte di
gerarchizzazione di un quotidiano.
Inoltre, anche queste scelte sembrano avere un effetto sul pubblico:
secondo McCombs e Shaw esiste infatti una forte corrispondenza tra la
quantità di attenzione concessa a un determinato argomento dalla stampa e il
livello di importanza attribuito a quell’argomento dal pubblico. In altre parole,
i lettori fanno propri i modelli di chi scrive, e l’agenda di questi diventa
l’agenda del pubblico: è la cosiddetta teoria della funzione di agenda-setting
della stampa. Qui non si vuole veicolare l’idea che i media riescano a spingere
il pubblico ad adottare un determinato punto di vista; semplicemente, possono
fare in modo che chi legge consideri un tema più importante di altri.
Si ripropone in questo modo un circolo vizioso inestricabile tra i mass
media e il loro pubblico: se quest’ultimo influenza, più o meno direttamente, la
selezione e la “scaletta” delle notizie,
10
questi aspetti retroagiscono sul
10
Questo avviene, come visto, perché i mezzi di comunicazione sono costretti a rincorrere e soddisfare
le esigenze del pubblico, creando una sorta di “empatia”.
10
pubblico condizionando le sue immagini mentali e i suoi modelli di
comportamento. Ma il ruolo del pubblico non si esaurisce qui: come stiamo per
vedere, anche la presentazione delle notizie deve tenere in grande
considerazione chi le andrà a leggere.
1.3. Presentazione
Dopo essere stato selezionato e inserito in una scaletta, il fatto ha ancora
bisogno di un ultimo intervento per essere reso appetibile dal pubblico: il
giornalista deve “confezionarlo” in una veste che possa essere trovata
gradevole. Qui la soggettività e lo stile personale rivestono ovviamente un
ruolo importante, ma non ci soffermeremo su questo: sono le diverse opzioni
narrative a disposizione del giornalista a interessarci da vicino.
1.3.1. Personalizzazione
Come già detto in precedenza, la personalizzazione è un modello
attraverso il quale si attua una sempre maggiore tendenza alla semplificazione;
si tratta, seguendo Sorrentino, di «una caratteristica narrativa tipica della
cultura di massa». La personalizzazione consiste infatti nell’«umanizzare il
problema», nel ricondurre un fatto all’azione di un singolo personaggio: in
politica, ad esempio, questo processo consiste nel presentare un certo
provvedimento come legato a un individuo, e non all’istituzione che
rappresenta. Indubbiamente è una tecnica che, nei confronti del pubblico,
facilita la riconoscibilità e la memorizzazione delle notizie.
Inoltre, anche la personalizzazione è un aspetto del progressivo
avvicinamento, da parte della stampa, al modello televisivo, di cui vengono
emulate le strategie narrative. Così, come per la televisione, i personaggi si
avvicinano alla gente, che in questo modo ha l’idea di una maggior
trasparenza: la rappresentazione della realtà risulta assolutamente veritiera per
il pubblico, che può anche comprendere meglio di cosa si parla.
11
In questo senso, uno dei modelli narrativi più frequenti è quello del
conflitto: la personalizzazione si attua anche in questo modo, basti pensare ad
esempio ai temi di politica o economia, trattati spesso nei termini di uno
scontro alla fine del quale ci saranno, giocoforza, un vincitore e un vinto.
11
Un altro aspetto della personalizzazione è l’attenzione, sempre
maggiore, che i media riservano alla vita privata dei personaggi pubblici,
mostrandoli anche nella loro quotidianità. Questa costante esposizione
mediatica li avvicina ulteriormente al pubblico, li “umanizza”; in altre parole,
«si quotidianizza il “carisma” del personaggio. Si perde l’aura mitologica e si
diventa “persone comuni”. Il divo si trasforma in personaggio.» (Sorrentino,
1995: 212).
Nella successiva ricerca, come si vedrà, un notevole numero di articoli
presenta un appiattimento sulla figura di Silvio Berlusconi: secondo quanto
detto finora, questo servirebbe anche a rendere più appetibili e comprensibili
notizie (di politica europea, italiana, ecc.) che altrimenti non incontrerebbero
facilmente i favori del pubblico. Inoltre, si vedrà come alcuni articoli
sull’Unione europea puntino sullo scontro (politico, ma soprattutto personale)
tra Silvio Berlusconi e il presidente della Commissione europea, Romano
Prodi: avversari prima in Italia, il loro terreno di scontro si trasferisce ora in
Europa; inutile sottolineare come i giornalisti ne approfittino immediatamente
per “condire” le loro storie.
Ma di questo si parlerà più avanti: per ora è importante notare che
quello del conflitto è solo uno dei frame narrativi che si incontreranno. Prima
di passare alla ricerca, è meglio allora chiarire cosa si intende con il termine
frame.
11
Non a caso, abbiamo già visto come la conflittualità sia anche uno dei più importanti valori notizia.
12
1.3.2. Frame e dintorni
Il concetto di frame, introdotto da Gregory Bateson nel 1972,
12
è stato
poi ripreso e analizzato in dettaglio da Erving Goffman nel suo ormai famoso
Frame Analysis (1974), ed è a lui che qui faremo riferimento. Secondo
Goffman, un frame equivale alla risposta che ognuno si dà a una domanda che
costantemente ci si pone, in modo più o meno consapevole: “cos’è che sta
succedendo qui?”. Si tratta cioè di schemi di interpretazione attraverso i quali è
possibile collocare occorrenze all’interno del mondo; si tratta, ancora, di entità
mentali, la cui funzione è quella di definire la situazione, il “cosa succede qui”
appunto. Non a caso, il termine frame (dall’inglese, “cornice”) fornisce già di
per sé una spiegazione adeguata: è il modo in cui gli individui “incorniciano”
una situazione, riconducendola a un repertorio di frame che ognuno ha. Questo
repertorio dipende ovviamente, secondo Goffman, dalla posizione sociale,
dalla cultura e dalle esperienze passate di ognuno: sono quindi «costrutti
sociali condivisi da chiunque sia membro di una data cultura, anche se con
gradi variabili di padronanza». E’ possibile quindi che, in un dato momento, i
partecipanti diano diverse definizioni della stessa situazione.
Nel nostro campo, l’analisi dei media, il concetto di frame si può
applicare immediatamente agli articoli presi in esame. Secondo Neumann,
infatti, sia i mezzi di comunicazione sia il loro pubblico adottano
costantemente frame interpretativi per comunicare e decodificare
l’informazione: il giornalista, cioè, inserisce la notizia in una cornice,
suggerisce una linea interpretativa; dall’altra parte, il lettore, se in possesso del
relativo frame, recepirà l’informazione secondo l’ottica dettata dal giornalista.
Si torna così al concetto di empatia tra testata e pubblico, con la prima che
cerca di interpretare (e riflettere) le aspettative dei lettori. Nella costruzione
della notizia, e quindi anche nella scelta del frame da adottare, giocano
ovviamente un ruolo fondamentale anche le convenzioni giornalistiche e le
esperienze, professionali e personali, di chi scrive, ma resta innegabile il fatto
che spesso media e pubblico tendono a usare lo stesso frame per ogni tematica.
12
In Verso un’ecologia della mente, tr. it. 1979.
13
Questo potrebbe portare a pensare che i frame adottati dai media vengano
automaticamente fatti propri dall’audience, ma non è così: le teorie, come
quella del “proiettile magico”,
13
sono ormai superate, e il ruolo del pubblico
nella ricezione dei messaggi è ormai chiaro.
14
Tornando alla nostra ricerca, i frame dominanti sui quotidiani saranno
ovviamente recepiti e accettati da una buona parte di lettori (liberi poi,
comunque, di formarsi una loro opinione); il fatto stesso, però, che questi
frame siano proposti dai media significa che vengono percepiti come facenti
parte del senso comune, che siano condivisi cioè dal loro pubblico. In
quest’ottica, un’analisi dei frame presenti negli articoli riguardanti Silvio
Berlusconi sarà interessante per capire quali rappresentazioni condivise si
hanno della sua immagine (e di quella dell’Italia) nei diversi paesi europei.
13
Secondo questa teoria, una delle prime sugli effetti dei media, i messaggi provenienti dai mezzi di
comunicazione avrebbero lo stesso effetto su ogni membro dell’audience, potendo così plasmare a loro
piacimento l’opinione pubblica.
14
Per un approfondimento sul ruolo del pubblico nella ricezione, si veda: Moores, Il consumo sociale
dei media. Un approccio etnografico (1998).
14
1.4. Conclusioni
Il processo di newsmaking, come abbiamo visto, parte da un semplice
fatto per arrivare alla notizia completa, “incorniciata” in un frame e dotata
della “coloritura” di cui parlava Sorrentino. Questo è fondamentale per la
nostra ricerca: se un fatto fosse presentato allo stesso modo da tutti i mezzi di
comunicazione, essa non avrebbe senso. Qui lo scopo, infatti, è proprio quello
di esaminare i diversi modi di presentazione della notizia, e quindi le diverse
rappresentazioni condivise presenti nei vari contesti nazionali. Prima, però,
sarà necessario offrire una carrellata dei fatti riguardanti Silvio Berlusconi
avvenuti tra il 1° luglio e il 31 dicembre 2003.
15
CAPITOLO 2
SEI MESI DA PROTAGONISTA
Dopo aver esposto le linee teoriche alla base dell’analisi che seguirà, è
ora il momento di presentare brevemente i fatti principali accaduti nei sei mesi
presi in considerazione: in questo modo sarà più facile cogliere il background,
le tematiche e i significati degli articoli oggetto di studio. La trattazione che
seguirà procede per sommi capi, e cerca di fornire solamente la cronaca dei
fatti, nella forma più nuda e cruda possibile. Come vedremo in seguito, infatti,
gli eventi di questo periodo saranno poi presentati in varie forme dai diversi
quotidiani, nel processo già descritto che porta dal fatto alla notizia
(newsmaking): quelli che seguiranno sono quindi i dati base, quelli dai quali
tutti (quotidiani compresi) sono partiti per costruire le notizie. La trattazione
parte dall’elenco degli avvenimenti che hanno visto Berlusconi protagonista
sullo scenario internazionale, per poi spostarsi sulle vicende interne, italiane,
che hanno comunque guadagnato spazio sui quotidiani esteri analizzati.
2.1. Berlusconi in Europa (e nel mondo)
Il semestre prende ufficialmente il via il 2 luglio, quando Silvio
Berlusconi si presenta al Parlamento europeo di Strasburgo, per inaugurare la
sua presidenza. Dopo l’esposizione del suo programma, intitolato “Europa,
cittadini di un sogno”, nell’aula si dà inizio al dibattito. Sono in programma
ben 47 interventi, ma uno in particolare tiene viva l’attenzione generale: il
tedesco Martin Schulz, capogruppo socialdemocratico e vicepresidente del
partito socialista europeo, prende la parola e attacca il nuovo presidente di
turno.
Lei, signor presidente, non è certo responsabile del quoziente d’intelligenza
dei suoi ministri. Però è responsabile di ciò che dicono. Le affermazioni del
ministro Bossi sull’immigrazione non sono minimamente compatibili con la
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. In quanto presidente di