Ma il tema dell’immigrazione e dell’inserimento degli alunni stranieri nelle classi italiane è stato
anche protagonista indiscusso del discorso del Presidente della Repubblica all’inaugurazione del
nuovo anno scolastico. Il capo dello Stato, rivolgendosi agli studenti, propone di concentrarsi sul
doppio nodo immigrazione-integrazione. Eccolo dunque chiedere ai ragazzi italiani: “tendete la
mano ai giovani stranieri che vivono in mezzo a noi”, poiché così la scuola, “anche con questo
aiuto, contribuirà a renderli cittadini responsabili della Repubblica”. Per farsi intendere, evoca
esperienze concrete in quasi tutte le famiglie: “Sempre più spesso, sui banchi accanto a voi,
siedono giovani i cui genitori, fuggendo da condizioni di miseria o in cerca di libertà, sono giunti
qui da Paesi stranieri. Anche tanti dei nostri padri furono emigranti, affrontarono e superarono
aspre difficoltà, paure e diffidenze. Oggi i loro discendenti sono parte viva della vita e della
cultura di molte Nazioni. Non bisogna dimenticare mai quelle pagine della nostra storia”. Alla
fine, aggiunge, a uso di quanti tuonano contro “i rischi del meticciato”: “Conosciamo i pericoli e le
tragedie che l’intolleranza porta con sé, conosciamo anche i benefici dell’incontro fra diverse
culture. Ognuno di noi ha l’occasione di dare il proprio contributo alla comprensione e al rispetto
reciproci... fate che la fiducia sia più forte della paura, il dialogo più forte dei timori che nascono
dalle diversità”.
E proprio dalle parole del Presidente Ciampi emerge la necessità della nostra società di mettere in
atto la comprensione, intesa come comprensione umana che va oltre la spiegazione, richiede
empatia, capacità di cogliere la storia del singolo e le analogie con la propria storia. Sfida di educare
alla comprensione che si è posta fin dai suoi esordi l’educazione interculturale.
Dalle informazioni ricavate e illustrate in questa ricerca l’educazione interculturale appare come il
traguardo verso il quale si stanno dirigendo le scuole italiane e al quale sono già approdate le
cosiddette “scuole di frontiera”, ” cosi chiamate da due studiosi quali Fravega, e Quierolo Palmas,
perché collocate sulla frontiera di molte trasformazioni verso la multiculturalità, obbligate ad
affrontare il fenomeno migratorio solo con soluzioni di emergenza, prive di sostegno organizzativo
o culturale. Scuole che si danno da fare soprattutto grazie all’iniziativa di un brillante e volenteroso
corpo docente, alla ricerca di scelte educative che fuori dalla logica dell’improvvisazione, sappiano
produrre reali processi di trasformazione.
La ricerca
Il lavoro che segue si pone due obiettivi, uno più generale che vuole mettere in evidenza i
cambiamenti avvenuti nel processo migratorio e nella società europea e italiana a seguito del flusso
sempre maggiore di stranieri provenienti dalle zone più disagiate del pianeta, il cosiddetto “Terzo
Mondo”. Ciò che accomuna i bambini con storie e viaggi così diversi è, infatti, il vissuto della
migrazione, intesa non solo come spostamento ma anche come cambiamento profondo,
ridefinizione dei legami, della propria identità.
Il secondo obiettivo, che da senso al titolo di questa relazione, è più specifico e preponderante:
analizzare le problematiche concernenti l’inserimento dei minori stranieri nelle scuole italiane, dal
punto di vista soprattutto di chi con loro lavora a stretto contatto: gli insegnanti. Ma anche l’avvio
verso l’applicazione dell’educazione interculturale quale soluzione a tali problemi, nonchè i
tentativi che le scuole, anche in collaborazione con gli enti locali, per creare progetti di educazione
interculturale. La progettazione è divenuta metodologia di lavoro necessaria in una situazione che
vede il progetto come il canale preferenziale di accesso a finanziamenti pubblici, nazionali ed
europei.
Per raggiungere tali obiettivi tutta la ricerca si profila come un percorso sempre più specifico verso
la presentazione dell’argomento centrale. Per arrivare a conseguire il secondo obiettivo, in
particolare, è stata fatta da me la scelta di analizzare un piccolo territorio rispetto a tutta l’Italia, la
Vallecamonica, valle montana della provincia di Brescia, che negli ultimi anni è diventata anch’essa
terra di attrazione per molti stranieri provenienti dalle più svariate zone del mondo e quindi
rappresentativa della più ampia situazione italiana. Non a caso, infatti, essa si trova nella regione
italiana, la Lombardia, nonché nella quarta provincia d’Italia, Brescia, con la più alta consistenza
numerica di alunni stranieri.
Il primo capitolo presenta il fenomeno della migrazione a livello mondiale e successivamente in
rapporto al nostro continente nell’ultimo secolo e con particolare riferimento alle seconde
generazioni.
Il secondo capitolo analizza più specificamente la situazione italiana, sia dal punto di vista dell’
immigrazione come fenomeno generale (le presenze di immigrati, le politiche sociali attuate,i
sentimenti più diffusi tra la popolazione residente), sia trattando più approfonditamente il tema dei
minori stranieri residenti nel nostro paese e frequentanti le scuole italiane. Il capitolo si conclude
illustrando, attraverso le rilevazioni di enti quali l’ISTAT o il MIUR, la presenza straniera in
Lombardia e nella provincia di Brescia, nonché la numerosità degli alunni con cittadinanza non
italiana delle scuole lombarde e bresciane.
Il terzo e ultimo capitolo, infine, si addentra nell’argomento e affronta da vicino, naturalmente dopo
aver brevemente nei primi due sottocapitoli illustrato la situazione dal punto di vista
dell’immigrazione in Vallecamonica e dei minori residenti, le problematiche che le scuole si
trovano a dover affrontare per favorire l’accoglienza e l’integrazione degli alunni extracomunitari.
Viene illustrato il percorso che la scuola sta percorrendo nell’affermazione del diritto allo studio per
tutti gli allievi, stranieri compresi, verso una piena applicazione della pedagogia e dell’educazione
interculturale. Questi problemi sono supportati dalle dirette testimonianze di dirigenti scolastici, di
rappresentanti degli enti territoriali e, soprattutto, di docenti.
La metodologia utilizzata
Per ricavare tali testimonianze è stato da me applicato il metodo di ricerca basato sull’intervista
discorsiva guidata, nella quale l’intervistatore conduce la conversazione seguendo una traccia che
raccoglie un insieme di temi, di domande, disposti in un ordine che scandisce il percorso cognitivo
dell’intervistato. Questo tipo di intervista, rispetto a quella strutturata, permette all’intervistato di
rispondere alle domande con parole sue, costruendo nel modo che più gli è congegnale la propria
argomentazione. Con questa tecnica di osservazione emerge non solo un insieme di informazioni
sull’intervistato, ma un discorso nel quale le credenze, gli atteggiamenti, i valori sono espressi con
una coloritura emotiva personale. Tale genere di intervista richiede, di norma, un numero di soggetti
interpellati contenuto e selezionato attraverso un metodo di “campionamento a scelta ragionata”,
che preveda la scelta delle persone da intervistare considerandone il profilo, la loro capacità di
contribuire all’articolazione di una risposta alla domanda cognitiva che muove la ricerca. Secondo
le parole di Marrandi : “Rispetto ad altre procedure offre maggiori garanzie di rappresentatività”.
Gli insegnanti intervistati, cinque per l’esattezza, sono stati perciò da me scelti tra il corpo docente
della scuola elementare di Boario, un paese che per la sua collocazione geografica, si trova proprio
all’ingresso della Vallecamonica, ma anche per la presenza della autostazione da cui partono e a cui
arrivano numerosi pullman dalle città vicine come Brescia, Bergamo e Milano, si trova ad essere
solitamente il primo paese di residenza per gli stranieri che arrivano in Vallecamonica. Da qui poi ,
in seguito, si spostano verso gli altri comuni della Valle. La scuola elementare di Boario ha, di
conseguenza, molti alunni stranieri seduti ai banchi delle sue classi e questa scuola è stata una delle
prime che si è attivata per favorirne l’inserimento, ponendosi come rappresentativa delle altre
scuole della Valle dove sono presenti minori non italiani.
A proposito di attivazione, c’è da aggiungere che nel capitolo sono stati presentati anche alcuni
progetti elaborati da alcune scuole camune in relazione all’inserimento dei bambini non italiani e un
progetto, il progetto “Al Suq”, nato dalla collaborazione tra le scuole e gli enti locali e finalizzato a
sostenere docenti, alunni e famiglie coinvolti nel processo di integrazione degli immigrati nel
territorio bresciano. Per mostrare come dalla cooperazione tra più istituzioni possano crearsi
davvero le condizioni adatte a superare qualsiasi difficoltà, anche quella cosi delicata che riguarda i
minori.
Le motivazioni
Le motivazioni che mi hanno portato a scegliere tale argomento sono varie, ma la principale è
sicuramente la comprensione che il tema dell’immigrazione è un tema recente, diffuso e che merita
perciò di essere studiato e tenuto in considerazione. Andiamo incontro una società multietnica in
cui il divario tra paesi poveri e paesi ricchi si va allargando, in cui le guerre che dilaniano molte
nazioni si moltiplicano costringendo milioni di persone ad abbandonare il proprio paese e in cui
l’incontro con gli altri si fa sempre più frequente, anche grazie alla diffusione delle nuove
tecnologie della comunicazione.
Per me, che ho frequentato un corso di laurea incentrato sulla comunicazione, questa ricerca è stata
fondamentale per capire che tutti hanno bisogno di imparare a comunicare, anche e soprattutto se si
appartiene a culture, nazioni differenti. Il futuro del mondo dipende, a parer mio, da come gli esseri
umani sapranno impostare un dialogo tra loro che permetta di conoscersi reciprocamente, di capire
la abitudini, gli stili di vita, le credenze di chi appartiene a paesi diversi, senza giudicare ma solo
rispettando. E il rispetto nasce dalla conoscenza. E la conoscenza nasce a scuola.