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Se la relazione tra questi due termini è intuibile e compresibile, può creare
più difficoltà l’attinenza con il terzo termine: rappresentazione.
In questo senso è illuminante la lettura de La vita quotidiana come
rappresentazione, opera del sociologo Erving Goffman, secondo il quale:
Un’interazione può essere definita come tutto quel processo interattivo che ha
luogo durante una qualsiasi occasione, allorchè gli individui di un dato gruppo si
trovano in presenza gli uni degli altri continuativamente per un certo periodo di
tempo. Una rappresentazione può essere definita come tutta quell’attività svolta
da un partecipante in una determinata occasione e volta in qualche modo ad
influenzare uno qualsiasi degli altri partecipanti. (Goffman, 1959, pag.26)
Emerge che una rappresentazione necessita di una compresenza di più
“attori” che interagiscono tra di loro, che si influenzano l’un l’altro. Non a caso
Goffman utilizza la metafora del teatro (appunto della rappresentazione
teatrale) per raffigurare l'importanza dell'azione umana: ognuno di noi è un
attore che interpreta la sua parte nella quotidianità, che si compone, come
un'ambientazione teatrale, di un palcoscenico e di un retroscena; i partecipanti,
durante la rappresentazione, s'influenzano e si sostengono reciprocamente.
Infatti l’attore è osservato da un pubblico, ma al contempo egli è il pubblico per
la parte recitata dai suoi stessi spettatori.
L’attore della rappresentazione che tenterò di descrivere nel mio lavoro è
l’ultras, che inizialmente potremmo definire come:
Il tifoso estremista organizzato di una determinata società sportiva, in questo
caso di tipo calcistico. L'ultras è caratterizzato da un forte senso di appartenenza
al proprio gruppo e dall'impegno quotidiano nel sostenere della propria squadra,
che trova il suo culmine durante le competizioni sportive con altre squadre. Il
gruppo a cui fa riferimento prende posto generalmente nel settore dello stadio
denominato curva, ovvero il settore “popolare”. (Dizionario Sabatini-Coletti)
Cosa e con chi comunica l’ultras allo stadio durante le partite, esponendo
uno striscione o intonando un coro? Chi sono i suoi interlocutori? Sono sempre
gli stessi o cambiano a seconda delle situazioni? Quali sono le diverse modalità
con cui interagisce con essi? E ancora: che rappresentazione vogliono dare di sé
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stessi gli ultras? I loro pubblici come reagiscono a tale rappresentazione? E
come si rappresentano a loro volta al cospetto degli ultras?
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1. TIFO E COMUNICAZIONE
1.1 Definizione dell’argomento
E’ domenica e la mia squadra del cuore gioca a pochi chilometri, si
gioca in casa.
Esco appena dopo pranzo con una sciarpa colorata annodata al collo,
sono i colori della mia città. In meno di mezz’ora arriverò allo stadio.
Nonostante la faccia e il portamento da bravo ragazzo sento su di me il
peso degli sguardi di chi non si interessa di calcio, di chi approfitta della
giornata di sole per una passeggiata pomeridiana. E’ quella sciarpa
colorata a destare tanta perplessità e diffidenza; l’anziano signore e la
giovane coppia che attendono il passaggio dell’autobus vicino a me,
hanno forse letto l’articolo sul giornale o visto il servizio in tv su quel
gruppo di giovani che, la sera prima, di ritorno dalla trasferta, hanno
devastato un autogrill. Pure loro avevano al collo una sciarpa anche se i
colori sono diversi.
Sarò un teppista o un vandalo, pensano forse di me.
Quando arrivo allo stadio e supero quel cancello, il cancello della mia
seconda casa, mi ritrovo in mezzo a persone, a ragazzi, a uomini che
probabilmente hanno subito il mio stesso trattamento, probabilemente
anche loro sono stati giudicati da occhi sospettosi oppure qualcuno ha
pensato bene di attraversare la strada per non incrociare il loro sguardo.
Queste persone, questi ragazzi, questi uomini e queste donne stanno
attaccando dei drappi su cui hanno pennellato delle scritte: un saluto
all’amico che non c’è più, oppure un benvenuto ai ragazzi che stanno
popolando il settore opposto; persone che hanno viaggiato per alcune ore
per raggiungere la città in cui la loro squadra gioca, uomini e donne che
hanno una passione e che hanno una sciarpa colorata al collo. L’anziano
signore e la giovane coppia ci chiamano ultras, noi ci facciamo
chiamare ultras.
Questo potrebbe essere il racconto di un giovane che alla domenica si
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reca allo stadio per seguire la squadra del cuore. Sarebbero le mie parole, se
qualcuno mi chiedesse di racontare la giornata della partita: anch’io sono stato
oggetto di questo trattamento, nonostante non mi senta e non sia un ultras,
anche se ho la sciarpa colorata. Però da molti anni ormai seguo le partite tra di
loro, con loro. La prima volta che ho messo piede in uno stadio sono rimasto
colpito e affascinato da quel gruppo di ragazzi che non smettevano un minuto di
cantare, che seguivano le indicazioni di quei due che, in piedi sulla balaustra,
davano le spalle al campo. Mi chiedevo se avessero pagato il biglietto per
guardare la partita o per divertirsi insieme. Da quel momento ho iniziato a
seguire la storia e le avventure degli ultras, appoggiando (se pur da esterno)
alcune iniziative ma criticando, in alcuni casi, i loro comportamenti.
Ma, chi sono gli ultras? Chi sono questi ragazzi con la sciarpa al collo?
Perché seguono le partite in piedi, cantando, facendo “casino”, sventolando una
bandiera?
Nel mio lavoro cercherò di rispondere a questi e ad altri quesiti; domande
che avvolgono la realtà ultras e che spesso trovano risposte superficiali e di
comodo. Perché se da una parte, chiunque, una volta nella vita, ha espresso
giudizi su questa realtà pur non conoscendola, dall’altra, il mondo ultras
difficilmente è disponibile ad aprirsi e raccontarsi.
Nel fare ciò lascerò da parte giudizi e pensieri personali; abbandonerò la
semplicistica suddivisione di innocenti e colpevoli, vittime e carnefici, buoni e
cattivi. Tenterò di andare oltre al già sentito, al già letto, al già visto.
La bibliografia che ha parlato del mondo ultras è ampia e variegata. Se da
molti autori anglosassoni il fenomeno del tifo organizzato è stato analizzato
come “bassa” forma d’intrattenimento del popolo, ciò si può negare per quanto
concerne gli studiosi italiani che successivamente si sono dedicati al fenomeno
sportivo. Per i primi l’attività sportiva è una valvola di sfogo necessaria per
sopportare le imposizioni che la società detta. Nella fattispecie dei tifosi, le
attività connesse all’evento calcistico, siano di natura goliardica e ricreativa
come i canti e le giornate passate insieme o di natura più cruenta come gli
scontri tra le opposte tifoserie, vengono interpretate come esigenza della classe
operaia di ribadire il proprio ruolo nella società, una contrapposizione tra “noi”
e “loro” tesa a rafforzare la virilità e l’identità di gruppo. Di conseguenza i
tentativi di analisi dell’intero complesso di ambiti propri dell’attività sportiva
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non possono trascurare gli sviluppi sociali di determinate classi, né, ignorare
come lo sport abbia contribuito ad esprimere e alimentare l’espressione dei
valori tipici delle classi sociali sopracitate.
Pare però riduttivo limitarsi a definire le dinamiche e le attività dei
sostenitori calcistici come conseguenza della necessità di sfogare i propri
impulsi e la propria rabbia. La complessità della cultura sportiva, ed in
particolare quella che si anima sugli spalti di uno stadio, trova riscontro anche
nel pensiero dei sociologi italiani, in particolare modo di Alessandro Dal Lago e
Roberto Moscati. Per questi autori l’intrecciarsi di atteggiamenti trasgressivi e
rituali, di interessi economici e simbolici, di fatti, miti e stereotipi, sta a
testimoniare tale complessità. La specificità della cultura ultras non determina
comunque la separazione dal resto della società, dalla quale si assorbono e si
recepiscono tensioni e conflitti, trasformati in un contesto da stadio (Dal Lago,
Moscati, 1992).
Il mio intento è quello di raccontare e spiegare come la curva diventa un
soggetto comunicante e come i tifosi si muovono all'interno di questa cornice.
L’obiettivo è di descrivere il tifo, avvalendomi di testimonianze che
provengono “dal di dentro”, senza prendere le distanze dagli intervistati né
giudicare episodi e atteggiamenti narrati. Essendo, però, molteplici gli aspetti
che caratterizzano la realtà ultras e nei quali essa si articola, il mio lavoro
comprende un approfondimento sulle dinamiche comunicative del tifo. Tale
approfondimento consiste nell’ analizzare il linguaggio ultras attraverso gli
strumenti che essi stessi utilizzano per comunicare: cori, striscioni e
coreografie. Il tifoso infatti esprime pubblicamente e collettivamente opinioni,
identità e rappresentazioni di sé e del mondo. Comunica i suoi messaggi alla
squadra del cuore, alle forze dell’ordine, ai tifosi avversari, a uomini politici, e
addirittura al paese intero, sperando che qualche telecamera inquadri il suo
messaggio, o che qualche giornalista ne divulghi il testo, facendolo rimbalzare
anche fuori dal campo di gioco.
Cosa vogliono dire di sé stessi gli ultras? Cosa comprendono gli altri di
loro? Che idea hanno gli ultras di quello che gli altri pensano di loro? Andare
allo stadio, in fine dei conti, è un modo per manifestare il proprio essere, la
propria realtà.
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1.2 Struttura della ricerca
Il mio lavoro parte, dopo questa parte introduttiva, da una visione di
carattere storico, per comprendere meglio quali sono state le dinamiche sociali,
culturali e storiche che hanno portato alla nascita del movimento ultras in Italia.
Sarà utile, in quel capitolo, comprendere anche le più importanti trasformazioni
avvenute all’interno dei gruppi di tifosi dagli anni Cinquanta e Sessanta fino
alla fine del secolo scorso, per poi arrivare a capire cosa esse hanno comportato
all’interno del movimento.
Successivamente prenderò in considerazione la fase comunicativa che
avviene all’interno dello stadio e nelle zone limitrofe. Nella società, ogni
gruppo sente l'esigenza di rapportarsi, e quindi di comunicare, con l'ambiente
nel quale è inserito. Questo bisogno non viene meno nel caso degli ultras: lo
stadio e lo svolgimento di una partita di calcio rappresentano un'ottima
occasione per rendersi visibili. Il pubblico si ritrova a trasformarsi da spettatore
a soggetto attivo, in cui lo spettacolo da calcistico diventa coreografico.
Descriverò le diverse componenti simboliche utilizzate per la rappresentazione
del gruppo: coreografie, colori della propria squadra, sciarpe, bandiere, oggetti
di diffusione sonora (megafoni e tamburi); l’utilizzo di slogan , intesi come
striscioni, graffiti e cori (legati o meno alla sfera politica, contro le forze
dell'ordine, pro o contro la tifoseria avversaria), nonché particolari “stili”
d'abbigliamento. In questo senso, è interessante vedere come gli ultimi decreti
anti-violenza abbiano fortemente incrinato lo spettacolo delle curve.
Nel quarto capitolo ho preso in esame il rapporto con il mondo “esterno”.
Il primo che analizzerò sarà quello con le forze dell’ordine, intese come
tentativo da parte degli organi di potere di controllare se non annientare l’intero
movimento. Proprio da questo “scontro” quasi ideologico, scaturiscono
numerosi episodi, soprattutto d’intemperanza e di violenza. Come reagiscono
gli ultras a tutto ciò? Come cercano di mediare il rapporto con chi è “lontano da
loro” e/o “contro di loro”? Come si comportano di fronte all’idea che la gente
comune si fa di loro nell’assistere a questi episodi?
Nel quinto capitolo vedremo che lo spettacolo inscenato negli stadi non
viene recepito solamente da coloro che sono presenti fisicamente, ma anche,
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grazie al successo raggiunto dal calcio nel nostro paese, da chi utilizza i mass-
media tradizionali per assistere alle manifestazioni sportive, giornali e
televisione, intesa soprattutto come “pay-tv”: mi sono concentrato
nell’analizzare la relazione tra ultras e mondo del giornalismo, inteso sia come
uno dei referenti della comunicazione dei tifosi, sia come elemento di
amplificazione di tutto ciò che accade nella sfera ultras.
Analizzerò come la diffusione dei mezzi di comunicazione nel mondo del
calcio abbia portato a quello che viene comunemente definito dagli ultras
“calcio moderno”: secondo loro l'importanza assunta negli anni dal business, la
trasformazione delle squadre in società a scopo di lucro, il dominio delle pay-tv
sugli orari della partite, hanno dato il là ad un deterioramento dell'intero sistema
calcio. Vedremo come i tifosi si comportano contro il sistema della pay-tv e
come tentano di difendere quello che a loro dire dovrebbe essere solo uno sport.
Nell’ultima parte del mio lavoro osserveremo come la comunicazione dei
supporter non è legata solo alla loro azione all'interno dello stadio, la più facile
da percepire dall'esterno, ma si articola anche con la diffusione di riviste
autoredatte, le fanzines, e di siti internet, intesi sia come community d'incontro
tra le diverse tifoserie, sia come pagine specifiche dei vari gruppi. Cercherò,
dunque, di descrivere i loro organi divulgativi e di capire che immagine tentano
di dare di loro stessi tramite queste vecchie e nuove forme di “contro-
informazione”.
1.3 Metodi di ricerca
Uno dei modi che ho ritenuto necessario e utile per condurre un ricerca di
questo tipo è stata l’intervista in profondità, che permette di arrivare ad un buon
livello di conoscenza dell’intervistato e del suo mondo.
Le modalità con le quali ho contattato i sostenitori sono state varie. Sono
partito dalla conoscenza diretta di alcuni di loro, approfittando poi della
disponibilità dimostrata per contattare loro conoscenti e compagni di curva; in
particolare i primi protagonisti delle interviste ricoprono posizioni rilevanti
all’interno dei propri gruppi. In seguito sono passato a coinvolgere altri tifosi,
che pur non avendo “ruoli guida” partecipano alle attività del gruppo, dentro e
fuori lo stadio, “sette giorni su sette”. Le persone interpellate appartengono alla
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tifoseria del Venezia
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e sono tutte di sesso maschile: inizialmente era mia
intenzione coinvolgere anche qualche ragazza, per osservare se in alcune
dinamiche sarebbero emerse delle differenze rispetto ai comportamenti degli
uomini. Poi ho abbandonato questa prospettiva per la difficoltà di rintracciare
un numero significativo di tifose. Le interviste sono state condotte nel periodo
ottobre 2008-febbraio 2009.
Ho invitato i soggetti a narrare le loro esperienze e a raccontarsi
aiutandomi con una griglia di domande suddivise in cinque aree di interesse.
Sono partito dagli esordi, dalle prime volte in cui si sono recati allo stadio
e dalle prime esperienza ultras, per poi addentrarmi nel racconto di episodi di
violenza e scontri con le tifoserie avversarie e nel rapporto con le forze
dell’ordine.
Ho poi interpellato i miei intervistati su un altro tema caldo, il cosiddetto
“calcio moderno”: ho chiesto loro di raccontare le differenze tra questo e il
vecchio calcio e la loro battaglia quotidiana nei confronti del “calcio business”.
Le altre due aree sulle quali mi sono focalizzato riguardano le forme di
comunicazione proprie del mondo ultras e il rapporto tra essi e l’opinione
pubblica. Attraverso alcune domande sono riuscito a farmi descrivere i loro
canali comunicativi utilizzati durante le partite e non: bandiere, striscioni, cori
da una parte, ma anche fanzine autoprodotte (di cui ho analizzato vari esempi) e
siti internet. In particolare, come detto, ho voluto capire che rapporto esiste con
il “mondo esterno”, con chi è estraneo alle loro dinamiche e con chi ne parla
ogni giorno, sia sulla carta stampata sia in televisione.
Ho riscontrato alcune difficoltà nella conduzione delle interviste,
soprattutto nella fase iniziale, dovute principalmente al fatto che ero cosciente
di andare a toccare delle tematiche molto care e scottanti agli intervistati,
chiedendo spesso di narrare degli episodi che li hanno visti protagonisti. Così,
per non sembrare troppo impertinente, mi accontentavo delle prime reazioni e
dei primi racconti, per lo più generici e poco significativi, per poi scoprire che
attraverso ulteriori richieste di approfondimento, affioravano dettagli e chiavi di
lettura interessanti al fine del mio lavoro.
1
Nella terminologia utilizzata dagli intervistati, la squadra non è quasi mai chiamata Venezia,
ma Unione (riferimento alla simbolica unione delle città di Venezia e di Mestre) o
VeneziaMestre.