I
Introduzione
Questo lavoro, che si concentra sui romanzi di Melania Mazzucco e sul suo
saggio, Jacomo Tintoretto e i suoi figli, nasce dalla dichiarazione rilasciata
dalla scrittrice nel corso di un’intervista: «Ogni libro ne genera un altro,
spesso è legato a quello che lo precede da fili sottili, impalpabili»
1
. Da qui
scaturisce l’idea di ricercare gli elementi di continuità che contraddistinguono
il percorso di ricerca intrapreso da Mazzucco con la scrittura dei romanzi e
approdato, ad oggi, al saggio documentario sui Tintoretto. Dopo una breve
ricostruzione della biografia intellettuale della scrittrice e del contesto
letterario in cui s’inserisce la sua produzione, argomenti del capitolo I, si è
cercato, quindi, di rintracciare il filo conduttore che soggiace alla
sperimentazione di Mazzucco sulla forma-romanzo (capitolo II), analizzando
in che modo le diverse tappe in cui si evolve la sua concezione della
letteratura, da gioco combinatorio a strumento d’indagine e memoria della
realtà, si riflettano nella ricerca di una specifica forma narrativa (par. II.1.).
La sperimentazione della scrittrice sulla forma-romanzo prevede due costanti
di metodo: il lavoro di documentazione, che sottende sia le opere
d’invenzione che quelle a sfondo biografico, e la ricerca di possibili forme
d’integrazione tra la materia narrativa e i documenti. Il lavoro dell’autrice
sulle fonti è pertanto argomento del par. II.2.
Il terzo capitolo della ricerca esamina un’altra costante di metodo, il lavoro di
Mazzucco sulle soglie del testo, in particolare sulla costruzione degli indici e
la scelta delle epigrafi (par. III.1.), e la sperimentazione della scrittrice sul
formato dei romanzi, sulla scelta degli stili consentita dall’introduzione, nella
scrittura letteraria, delle tecnologie informatiche (par. III.2.). La
formattazione, che nel gergo informatico individua, appunto, l’attribuzione al
testo di uno stile, diviene, nella scrittura di Mazzucco, strumento con cui
attribuire enfasi o particolari sfumature di significato a parole ed espressioni.
1
MAURA MURIZZI, Dal racconto di una Vita a quello di Un giorno perfetto: intervista a
Melania G. Mazzucco, www.threemonkeysonline.com, 2004–2006, cit.
II
Il formato delle opere della scrittrice si evolve, quindi, da scelta estetica
adottata dalla casa editrice a vera e propria soglia del testo, vaso comunicante
tra il lettore e il romanzo.
Esaminate le costanti strutturali e paratestuali della produzione di Mazzucco,
si passa all’analisi di tre fili rossi, o costanti tematiche, che costituiscono i
punti fermi della riflessione che la scrittrice conduce, con continuità, in opere
pure così diverse per forma e argomento (capitolo IV). Il par. IV.1. dimostra,
infatti, come, passando in rassegna i diversi romanzi, sia possibile cogliere i
diversi stadi di maturazione della concezione di Mazzucco della scrittura e, di
conseguenza, della sua identità di scrittrice. Secondo filo rosso evidenziato
dalla nostra ricerca è la questione dell’identità di genere, che si declina, nei
romanzi, attraverso la rappresentazione del rapporto tra i personaggi
femminili e il modello di donna ideale suggerito o imposto dalla società cui
appartengono (par. IV.2.). Tematizzare il rapporto tra i personaggi femminili
e la società significa anche inserire questo rapporto in una dimensione
diacronica e affrontare, visto che tra i personaggi vi sono anche soggetti
produttori d’arte, artiste e scrittrici vissute in epoche diverse, la questione
della memoria, la difficoltà, per le artiste, di evolversi da “contemporanee” a
“classici”, di entrare a far parte della tradizione.
Il lavoro si chiude con l’analisi di un’altra costante nella riflessione di
Mazzucco, la centralità, nel racconto delle storie e dei destini dei suoi
personaggi, che la scrittrice attribuisce ai loro nomi, sia che si tratti di
personaggi storici, realmente esistiti, che frutto d’invenzione (par. IV.3.). La
scrittrice ha un’alta considerazione del valore identitario e dell’influenza che
il nome ha sul suo proprietario, e lo ribadisce fin nell’ultima opera, la
biografia, in cui sostiene che: «I nomi, i cognomi e i soprannomi hanno
un’importanza decisiva nella storia di tutti i Tintoretto»
2
.
Facendo nostra la convinzione della scrittrice dell’esistenza non di una
singola, definita identità, ma di «un accrescimento di identità che si formano
con il tempo»
3
, abbiamo provato a ricostruire, attraverso i romanzi,
2
MELANIA MAZZUCCO, Jacomo Tintoretto e i suoi figli. Storia di una famiglia veneziana,
cit., p. 815
3
EAD., Il romanzo con cui bisogna fare i conti, www.treccani.it,
http://www.treccani.it/Portale/sito/comunita/webTv/videos/Int_Melania_Mazzucco_roma
nzo_storico.html
III
l’accrescimento delle sue identità di scrittrice, e a rintracciare i punti fermi, le
costanti di metodo e di riflessione che costituiscono ciò che Mazzucco
definisce non lo stile ma il «respiro» della sua scrittura.
1
I. LA SCRITTRICE E IL CONTESTO
1.1. La «condizione magmatica» della letteratura italiana dagli anni
Novanta ai Duemila
«Esploratori del magma» è la definizione coniata da Alberto Asor Rosa per
indicare un gruppo di scrittori e scrittrici, appartenenti alla generazione dei
nati negli anni Sessanta, che:
[…] s'erano assunti il compito storico davvero rilevante di ricostruire,
dopo una squassante bufera, le condizioni stesse dell' agire letterario: gli
Ammaniti; i Culicchia; i Fois; i De Silva; i Pascale; gli Arpaia (bellissimo
Il passato davanti a noi, 2006); quel Giulio Mozzi, la cui Felicità terrena
(1996) resta un passaggio fondamentale del rinnovamento; quell'
autentica Signora della Scrittura che è Melania Mazzucco […]
1
Questi autori e autrici s’inseriscono, quindi, in un universo letterario che
nella contemporaneità ha assunto una “consistenza magmatica”. Magma è,
infatti, uno dei termini usati per definire la produzione letteraria italiana
degli ultimi vent’anni, dai Novanta ai Duemila, e che rendono l’idea della
varietà delle produzioni e della difficoltà incontrata dai critici
nell’individuazione di tendenze e correnti. Tale difficoltà deriva non solo dalla
prossimità temporale del periodo da analizzare, ma anche da una crisi che
investe proprio il settore della critica:
[…] in Italia c' è stata negli ultimi anni un' impetuosa fioritura di giovani
autori di narrativa. In quali direzioni, con quali tratti comuni (ammesso
che ce ne siano)? Com' è noto, fino a qualche decennio fa ragionamenti
critici di tendenza e ricerca creativa crescevano il più delle volte di
conserva e si aiutavano a vicenda. È un dato certo oggi anche la
scomparsa pressoché totale del primo elemento dell'endiade (la critica):
la conseguenza è che gli "autori", nel caso specifico i narratori, navigano
a vista, al massimo con il sussidio, non sempre disinteressato, degli
1
ALBERTO ASOR ROSA, Ritorno in provincia. Le cento Italie dei giovani scrittori, in «la
Repubblica», 15 dicembre 2009, p. 60
2
ufficiali di macchina ben piazzati sui ponti di comando delle case
editrici
2
.
La “scomparsa della critica”, o almeno l’affievolirsi della sua capacità di
individuazione e descrizione delle caratteristiche del panorama letterario
contemporaneo è da imputarsi, secondo Asor Rosa, all’ormai compiuta
trasformazione della letteratura in industria culturale, cui si deve il venir
meno del dibattito, della «comunicazione culturale», tra autori e tra autori e
critici attraverso le riviste letterarie, ad oggi in via di estinzione, la cui
funzione è stata assunta dalla case editrici. La comunicazione culturale,
infatti, non avviene più sul circuito interno delle riviste ma su quello esterno
dei media, giornali e televisione, e del rapporto tra scrittori e case editrici. Da
qui la condizione di isolamento in cui si svolge la ricerca, la sperimentazione
degli scrittori, sia in relazione agli autori loro contemporanei che ai modelli,
alla tradizione:
Ragionare su di sé, sulla propria opera, su quella degli altri…questo
duplice canale – il sé e gli altri – si è inabissato. I «modelli», quando ce
ne sono (e talvolta ce ne sono), l’autore li tiene per sé, non li dà a vedere,
quasi li nasconde, per non farseli rubare. Predomina una concezione
«privatistica», non socializzata alla fonte, del «fare letteratura»
3
.
Il venir meno del circuito interno della comunicazione culturale produce,
inoltre, dal punto di vista critico, altrettanto individuali tentativi di
definizione di tendenze e correnti, cui consegue la proliferazione di etichette e
definizioni:
Narrative invaders, “scrittori dell’eccesso”, narratori di Ricercare, “neo-
avanguardisti”, “narrativa nuova-nuova”, “terza ondata”, “tondelli ani”,
pulp, “cannibali”, modello Pulp Fiction o Forrest Gump, “buonisti” o
“cattivisti”, “bianchi” o “neri”, “linea Mozzi”: nella letteratura italiana,
mai si era assistito a un affannoso proliferare di etichette, paradigmi e
modellizzazioni lontanamente paragonabile a quello che, negli anni
Novanta, ha accompagnato e seguito gli esordi narrativi di un ampio
gruppo di giovani. La moltiplicazione delle definizioni, in realtà, nasceva
non solo dalla difficoltà a costringere entro recinti definiti scritture
2
Ibid.
3
ALBERTO ASOR ROSA, La letteratura della nazione, in ID., Storia europea della
letteratura italiana, Torino, Einaudi, 2009, III voll., p. 584
3
diverse […] ma anche dal legittimo desiderio di alcuni critici di
valorizzare esperienze e nomi da loro “scoperti”[…]
4
Un tratto incontestabile del panorama letterario italiano degli ultimi
vent’anni, eppure poco evidenziato dalla critica, è, infatti, la quantità delle
pubblicazioni di giovani autori e autrici esordienti:
Ho già dichiarato più volte la mia estrema meraviglia per il compiersi di
un fatto incredibile, la generale preterizione, per non dire omissione o
rimozione nei confronti di una straripante produzione narrativa
verificatasi nel nostro Paese lungo gli interi anni Novanta, e per fortuna
non ancora cessata
5
.
Data simbolica scelta per indicare la discesa in campo, nella prima metà degli
anni Novanta, di giovani autori e soprattutto giovani autrici è il 1996:
In ogni modo, il 1996 e' per la giovane letteratura un anno di grazia: sono
apparsi per la prima volta o gia' sono giunti a maturazione un non esiguo
gruppo di scrittori nati dopo il 1960: Mazzucco e Mazzucato in una
posizione intermedia, ad un estremo Mozzi e Carbone, all' estremo
opposto Scarpa e lo spettacolare, il pirotecnico Ammaniti, con il suo
Fango
6
.
Il 1996 è l’anno del cinquantenario del premio “Strega”, che per l’occasione
compie un cambio di rotta, recuperando l’eredità della prima edizione e
premiando gli under 40. Quattro dei cinque finalisti sono, infatti, scrittori e
scrittrici giovani, e addirittura esordienti:
"Io dico che cinquant' anni fa il primo Strega venne vinto da un giovane e
quasi ignoto scrittore che si chiamava Ennio Flaiano. Il suo Tempo di
uccidere ebbe la meglio su autori già famosi come Moravia, Vittorini e
Berto. La scelta fu felicissima. Perciò mi auguro che lo Strega del
cinquantenario coroni un nuovo Flaiano". […] Chi sarà il "giovane" che la
Rimoaldi vorrebbe per queste nozze d' oro dello Strega con la
letteratura? In molti dicono che potrebbe trattarsi dell'esordiente
Alessandro Barbero, 37 anni (stessa età di Flaiano nel ' 47...) […] Altri
pensano al coetaneo Sandro Veronesi col suo Live […] Anche il resto
della cinquina votata fino a tarda sera ieri nella storica casa Bellonci tra
le tredici opere in gara sembra aver seguito il criterio anagrafico: lo
4
ELISABETTA MONDELLO (a cura di), La narrativa italiana degli anni Novanta, Roma,
Meltemi, 2004, p. 11
5
ALBERTO ASOR ROSA, Ritorno in provincia. Le cento Italie dei giovani scrittori, cit.
6
FRANCO CORDELLI, GIULIO FERRONI, Critici, non fate di ogni penna un fascio, in
«Corriere della Sera»,23 maggio 1996, p. 27
4
dimostra anche la scelta de Il bacio della Medusa (Baldini e Castoldi)
della trentenne Melania Mazzucco e de La felicita' perduta (Einaudi) di
Giulio Mozzi, classe 1960. Unica eccezione "anagrafica", Antonio
Spinosa, […]
7
Il 1996, e i suoi dintorni, sono gli anni dell’esordio di molte delle scrittrici al
centro della scena letteraria del nuovo millennio. Oltre a Melania Mazzucco
troviamo, ad esempio, Silvia Ballestra, esordiente nel 1991, Rossana Campo
nel 1992, Francesca Mazzucato nel 1994, Isabella Santacroce, che esordisce
invece nel 1995 e Simona Vinci nel 1997. La cospicua presenza di giovani
scrittrici tra gli esordienti degli anni Novanta manifesta l’attenzione delle
case editrici verso un settore, quello delle scritture femminili, considerato in
via di espansione. Gli editori cercano, infatti, d’intercettare il gusto e la
richiesta di un pubblico, quello femminile, di lettrici forti, uno zoccolo duro
del mercato editoriale. Sempre nel 1996 Einaudi lancia la collana Stile libero,
dal Duemila vero e proprio marchio all’interno della casa editrice, il cui scopo
è ritagliare, nell’offerta editoriale, uno spazio ad hoc alla produzione
giovanile:
L’esigenza era quella di raccogliere energie nuove nel campo letterario,
facendo diventare libro ciò che non lo era, con una grande attenzione ai
nuovi linguaggi, ai cambiamenti della società e a fenomeni non ancora
classificati in canoni letterari. Fattori che hanno reso possibile la
scoperta di talenti come Niccolò Ammaniti, Carlo Lucarelli, Simona
Vinci, i Luther Blisset
8
.
La tesi di Asor Rosa del passaggio da un circuito interno a uno esterno della
comunicazione culturale sembra, quindi, confermata, dalla tempestività con
cui il mercato editoriale, e non la critica, che anzi vi oppone una reticente
indifferenza, individua la tendenza centrale della letteratura italiana degli
ultimi vent’anni, il ricambio generazionale e l’esplosione sia dell’offerta da
parte di autori e autrici giovani, che della domanda da parte di una fascia di
pubblico in espansione, quella dei giovani e giovanissimi, attratti da una
letteratura che “parli” la loro lingua e li scelga come protagonisti, da cui,
7
PAOLO CONTI, E ora lo Strega apre ai giovani, in «Corriere della Sera», 14 giugno 1996,
p. 31
8
SEVERINO CESARI, Come nasce la collana Stile Libero di Einaudi?, in www.treccani.it, 19
maggio 2009,
http://www.treccani.it/Portale/sito/comunita/webTv/videointerviste/Cesari2.html
5
quindi, si sentano rappresentati. Nonostante la singolarità delle produzioni di
giovani autori e autrici, è possibile, infatti, rintracciare alcune caratteristiche
che, se non comuni a tutti gli autori, rappresentano comunque parametri utili
a definire alcune tendenze della narrativa contemporanea “giovane”. Una
prima caratteristica è l’adozione di soluzioni e tecniche narrative proprie
della letteratura postmoderna, come il citazionismo e il pastiche. Una
seconda è l’alto tasso di autobiografismo della loro scrittura, i giovani autori
vengono, infatti, spesso accusati di “guardarsi l’ombelico”, limitandosi a
raccontare storie e trattare temi appartenenti al loro mondo. I giovani,
inoltre, descrivono questo mondo, le sue paranoie, le sue manie e i suoi
drammi, usando la sua lingua, adoperando cioè dei codici linguistici che
identificano la loro generazione e quella dei lettori loro contemporanei, cui si
rivolgono. La musica è, ad esempio, un codice linguistico primario, che si
associa all’uso di gerghi, anglicismi italianizzati, e soprattutto alla citazione di
“oggetti cult” per mezzo del loro marchio:
Tipico è il caso, ad esempio, dei vari modelli della mitica Fender […] la
Jaguar o la Stratocaster detta anche semplicemente “strato”, che non
sono mai indicati come “chitarra”. Il problema del codice, in termini
d’interpretazione, o più semplicemente di comprensione, è tutto del
lettore. […] Gli oggetti cult sono ovviamente generazionali (la già citata
Fender, il bomber, l’interrail, la Vespa […]) così come alcuni prodotti di
marca, simboli bifronti dell’insopportabilità dell’omologazione
consumistica, anch’essi indicati spesso attraverso la figura retorica
dell’antonomasia
9
.
La lingua di questi autori è dunque espressione della volontà di registrare,
amplificandola, l’invasività del mercato, del consumismo e della
globalizzazione nella realtà giovanile, e viene per questo definita una lingua
«eccessiva», «affetta da una bulimia lessicale e da un’anoressia sintattica»
10
.
La «poetica dell’eccesso», l’amplificazione e la deformazione ai limiti del
grottesco della realtà investe non solo la lingua ma anche i temi della
produzione di giovani autori e autrici. L’aspetto della realtà contemporanea
più rappresentato e amplificato è la violenza, da qui la «crudeltà» di cui gli
scrittori sono accusati, a causa dell’efferatezza delle storie e della “cattiveria”
9
ELISABETTA MONDELLO (a cura di), La narrativa italiana degli anni Novanta, cit., pp.
28-29
10
Ibid., p. 18
6
dei personaggi che rappresentano. L’amplificazione investe, ad esempio, la
violenza televisiva:
[…] la violenza catodica, mediatica, pervasiva del mezzo televisivo che
invade la realtà mentale e cognitiva degli spettatori costruendo un
mondo altro e sostituendolo al mondo vero. Il tema è presente, in forma
esplicita o mediata, in quasi tutti i giovani scrittori […] La forma di
violenza mediatica-mercificatrice è diretta causa di quella che pervade il
mondo dei fatti di cronaca ma, soprattutto, delle scene splatter e pulp di
cui si popolano le pagine dei giovani scrittori, a partire dal Woobinda di
Nove, […]
11
.
Woobinda
12
esce, non a caso, nel 1996, che è anche l’anno di pubblicazione di
Gioventù cannibale
13
, un’antologia che diviene presto caso editoriale. Il
volume propone undici giovani autori e autrici che si misurano con una
scrittura dai toni sanguinolenti, splatter e pulp, e diviene l’atto di nascita di
un’etichetta, quella di “cannibali”, che introduce le scritture giovanili al
grande pubblico: «Era stretta anche agli autori – lo dicevano in tutte le sedi –
ma, confessa Nove nel suo sito […], pure ci è stata utile»
14
.
Il 1996 inaugura, quindi, uno spostamento dell’attenzione editoriale verso le
scritture giovani e soprattutto femminili, al quale segue, con un po’ di ritardo,
quella dei critici. Così, infatti, li apostrofa Renato Barilli dalle pagine del
«Corriere della Sera»:
Ammaniti, Balestra, Brizzi, Campo, Covacich, Ferrandino, Galiazzo,
Massaron, Mozzi, Nori, Nove, Piccolo, Rezza, Santacroce, Scarpa,
Trevisan, Vinci, Voce, Voltolini. Ebbene, silenzio, in genere, su di loro, se
non attraverso menzioni sbadate e svogliate. Si preferisce invece agitare
un problema fatuo e irrilevante come la ricerca di Padri, Padrini,
Maestri, con la mania di precipitarsi a nominare i «soliti noti», Vittorini,
Calvino, Pasolini, o, sul versante della critica, Contini, Debenedetti,
Fortini. […] Come aggirare e stendere un velo su questa ingombrante e
massiccia presenza? La mia stupefazione non ha limiti nel constatare le
furbe manovre cui ci si affida. Primo, rifugiarsi nella tradizionale e
sempre premiante esterofilia […] Seconda mossa, affrettarsi a scegliere
qualche buono da portare fuori dalla mischia […] Oggi si salva
Ammaniti, beninteso con pieno merito suo, tanto che si sussurra che gli
daranno addirittura il Premio Strega, mentre sugli altri meglio tacere,
fingere che non ci siano […] Per parte mia, sono pronto ad allargare il
11
Ibid., pp. 31-32
12
ALDO NOVE, Woobinda, Torino, Einaudi, 1996
13
AA.VV., Gioventù cannibale, a cura di Daniele Brolli, Torino, Einaudi, 1996
14
ELISABETTA MONDELLO (a cura di), La narrativa italiana degli anni Novanta, cit., pp.
33-34
7
consenso, e dunque ho espresso giudizi positivi anche sul loro conto,
anche loro ci stanno, nell' impetuosa valanga azzurra dei nostri giorni,
pronta nello stesso tempo a tingersi di rosa, visto che pure le scrittrici vi
recitano una parte forte
15
.
La necessità di un più fertile dibattito critico sulle direzioni, le strade
intraprese dagli autori e le autrici contemporanee, è sostenuta anche da Asor
Rosa, che individua provocatoriamente nella definizione di «New Italian
Epic» data dal collettivo Wu Ming: «l’unico recente tentativo di sistemazione
teorico-letteraria di tale materia»
16
. L’etichetta coniata dai Wu-Ming è un
termine ombrello con cui s’identificano tutte le opere che rispondono ai sette
criteri proposti dal collettivo, tra cui quello di «epicità»:
“Epico" per Wu Ming significa fondamentalmente due cose: la presenza
dominante di «imprese storiche o mitiche, eroiche o comunque
avventurose»; e la caratteristica d'essere narrazioni «grandi, ambiziose,
a lunga gittata, di ampio respiro, e tutte le espressioni che vengono in
mente
17
.
La sistemazione tentata dai Wu Ming suscita numerose critiche, ad esempio
quella di Carla Benedetti, che la considera un’operazione di marketing,
un’etichetta che possiede il potere restrittivo del canone:
Ma la delusione più grande è scoprire, dietro l'apparenza di un manifesto
teorico, il volto repressivo del canone. Perché è questo che ci viene
proposto: un canone, con tanto di requisiti che un libro deve possedere
per rientrarvi. Un canone piccolo, data l'asportazione di tante opere
notevoli, e per di più su misura, tarato sul tipo di libri che scrivono i Wu
Ming stessi. […] Così alla fine cosa resta dell'epica e della grandiosa
apertura che il nome promette? Solo il fascino di un'etichetta
18
.
Anche Spinazzola è critico verso il manifesto dei Wu Ming, cui ribatte
ironicamente con la definizione «New italian realism», come spiega
Simonetta Fiori nella sua recensione di Tirature ‘10
19
:
15
RENATO BARILLI, «Padri e maestri non servono più, i giovani cercano fratelli
maggiori», in «Corriere della Sera», 15 maggio 2007, p. 47
16
ALBERTO ASOR ROSA, Ritorno in provincia. Le cento Italie dei giovani scrittori, cit.
17
Ibid.
18
CARLA BENEDETTI, Free Italian Epic, in www.ilprimoamore.com, 11 marzo 2009,
http://www.ilprimoamore.com/testo_1376.html
19
VITTORIO SPINAZZOLA (a cura di), Tirature ‘10. Il new italian realism, Milano, Il
Saggiatore, 2010
8
Finzione o non finzione, narrativa o inchiesta giornalistica, la cifra che
accomuna opere anche diverse è secondo Tirature proprio il «rilancio
della realisticità nel campo della scrittura prosastica» […] Basta
insomma con i civettamenti anglofoni che hanno condotto all'
invenzione della New Italian Epic, «parola d' ordine ambigua e
disorientante», anche se di sicura presa pubblicitaria. Risciacquata in
Arno, la Nuova Epica Italiana rivisitata da Spinazzola può soltanto far
sorridere. Dove sono le grandi personalità eroiche dei poemi antichi? Chi
sarebbero gli odierni Achille, o Ettore o Enea o anche Orlando alle prese
con la mediocrità contemporanea? Spinazzola non ha dubbi: «se di una
"nuova" tendenza si può scrivere, essa va rintracciata soltanto nel ritorno
al realismo». […] A Gomorra di Roberto Saviano - esemplare ibridazione
tra finzione e realtà - Spinazzola affianca Come Dio comanda di
Ammaniti, Il Paese delle spose infelici di Desiati, Il lunedì arriva sempre
di domenica pomeriggio di Lolli, Un giorno perfetto di Mazzucco, tutti
tentativi pur differenti di registrare le scosse telluriche della geografia
italiana
20
.
E Carla Benedetti, nel suo saggio critico sul New Italian Epic
21
, rintraccia
come concorrenti, nel tentativo di sistemazione del panorama letterario
contemporaneo, proprio le definizioni di «ritorno al reale» e «ritorno alla
realtà». Asor Rosa conduce, invece, un discorso di tipo generazionale, in cui
gli scrittori nati negli anni Sessanta, e quindi oggi quarantenni o sub-
cinquantenni, vengono identificati come «esploratori del magma», mentre
per la generazione successiva, quella dei trentenni, che pure continua
l’esplorazione, si delineano tre diverse tendenze:
La prima è quella che, più dichiaratamente, si rifà a temi, obbiettivi e
linguaggi di tipo giornalistico e documentario, pur variamente
trascendendoli. Ne è principe, senza ombra di dubbio, Roberto Saviano,
che con Gomorra (2006) inaugura un "genere" in cui l' intreccio di realtà
e d' immaginazione è spinto al più alto livello. La seconda tendenza
punta decisamente sull' allegorico - immaginario: storie apparentemente
reali, che però trascendono decisamente quella che con una vecchia
terminologia, potremmo definire la collocazione storica del racconto.
Giordano, con La solitudine dei numeri primi, (2008), ne ha dato una
versione di tutto rispetto. […] Confesso d' essere incuriosito di più dalla
terza tendenza […]. Ritorna a galla, e da protagonista, l' "antica Italia":
quella delle campagne e dei borghi, dei "bassi" e della provincia, delle
desolate periferie metropolitane (Napoli, Parrella; Palermo, Vasta). […]
"Scrivere bene",- cioè, scrivere in modo non trasandato, non
verisimilistico, non banalmente documentario, non, in senso restrittivo,
giornalistico, - torna ad essere un valore. E curiosamente, -
20
SIMONETTA FIORI, Il nuovo realismo. I romanzi riscoprono il paese profondo, in «la
Repubblica», 13 gennaio 2010, p. 59
21
CARLA BENEDETTI, Free Italian Epic, in www.ilprimoamore.com, 11 marzo 2009, cit.
9
curiosamente, forse, dappertutto, ma non in Italia, - nel recupero d' una
lingua letteraria alta, torna a recitare un ruolo non secondario il dialetto
(Vasta, Murgia, Desiati, Bologna, Parrella, Postorino, Milone). Cioè
(almeno si direbbe, perché in questa materia non si sa mai): invece di
andare dalla periferia verso il centro, questi giovani scrittori hanno
riscoperto la strada che dal centro porta alla periferia
22
.
Ferroni, da buon “apocalittico”, si mostra invece più critico nei confronti
della letteratura italiana del nuovo millennio. Accusa i suoi colleghi critici di
coniare troppe etichette e di usarle indistintamente per accomunare autori
più o meno validi. Sostiene la necessità di una maggiore scrematura degli
scrittori e delle scrittrici meritevoli del plauso critico, rintracciando in alcune
delle scritture “giovani” delle vere e proprie patologie:
Mi preme osservare, piuttosto, come la mancanza di conflitto con la
realtà sia così radicale da aver prodotto opposte patologie. […] Vi è poi la
patologia paranoica di Melania Mazzucco e Francesca Mazzucato.
Ricordate Il commissario Pelissier, il primo film di Claude Sautet?
Michel Piccoli, ossessionato da un caso irrisolto a causa del formalismo
giudiziario, arriva ad indurre un delitto pur di ottenere la flagranza.
Questa ossessione, intellettuale o esistenziale, si traduce in Mazzucco (Il
bacio della Medusa) nell' accatastamento iper letterario degli oggetti e
dei sentimenti
23
.
Quell’«accatestamento» che per Ferroni è una patologia, per Asor Rosa è la
caratteristica che rende, invece, la scrittura di Mazzucco «trascinante e
fascinatoria»:
Secondo me la prosa di Mazzucco trascina perché è una prosa di scavo
molecolare che innesta particolare su particolare senza lasciare una sola
pausa, spazi vuoti, momenti di caduta e di stanchezza. Come se, andando
sotto traccia, la scrittrice si sforzasse di comprendere – e far
comprendere – tutto quanto accade, dando la medesima importanza al
particolare minimo e al massimo accadimento, in una sorta, diciamolo
pure, di ossessione paranoica per la conoscenza
24
.
Il punto di vista della scrittrice sul panorama letterario in cui s’inserisce la
sua produzione è concorde a quello di Asor Rosa riguardo all’isolamento in
cui si compie il percorso di ricerca dei suoi scrittori. Sebbene, infatti, dopo i
«picchi isolati», gli autori e le autrici degli anni Ottanta, alcuni scrittori
22
ALBERTO ASOR ROSA, Ritorno in provincia. Le cento Italie dei giovani scrittori, cit.
23
FRANCO CORDELLI, GIULIO FERRONI, Critici, non fate di ogni penna un fascio, cit.
24
ALBERTO ASOR ROSA, La letteratura della nazione, cit., p. 608
10
cerchino, ad esempio con le iniziative come Ricercare. Laboratorio di nuove
scritture, e il gruppo Neonoir, entrambe datate 1993, di organizzarsi «se non
in un gruppo, in una rete»
25
, il panorama letterario del nuovo millennio
rimane prevalentemente costituito da individui:
Mi piacciono i progetti collettivi, e vi partecipo quando posso, ma sento
che non ci tengono insieme esperienze condivise. Anche in letteratura,
ognuno segue la propria strada. A volte i percorsi si incrociano, più
spesso no. Siamo una generazione dispersa. Ci aggreghiamo volentieri,
poi scompariamo – e ci ritroviamo alla fine solo leggendoci
26
.
Nel corso di un’intervista, viene poi chiesto a Mazzucco quale sia il motivo
della sostanziale diversità della sua scrittura da quella degli scrittori e delle
scrittrici della sua generazione, in merito, in particolare, all’autobiografismo
che sembra caratterizzarle, ribattezzato con l’espressione «guardarsi
l’ombelico». La scrittrice risponde rintracciando nella formazione ricevuta
durante l’infanzia, nella passione per i viaggi e per la scrittura i motivi della
sua atipicità:
Sono cresciuta in una famiglia insieme tradizionale e singolare. Mio
padre – Roberto Mazzucco - era un commediografo; […] I miei avevano
amici attori e psichiatri, registi e pittori: le loro conversazioni mi
affascinavano, li trovavo più interessanti dei miei coetanei, fra i quali,
fino ai miei vent’anni, mi sono sempre sentita straniera. […] Il teatro ha
fatto parte della mia infanzia […] Credo che tutto questo mi abbia
influenzato più dei miei studi successivi di letteratura e cinema. Ho
viaggiato molto, ho conosciuto e frequentato persone di ogni tipo. Non
mi sono mai guardata l’ombelico – forse perché sapevo che non c’era un
diamante. Raccontare storie era quello che volevo fare
27
.
25
ELISABETTA MONDELLO (a cura di), La narrativa italiana degli anni Novanta, cit., p. 13
26
MAURA MURIZZI, Dal racconto di una Vita a quello di Un giorno perfetto. Intervista a
Melania G. Mazzucco, www.threemonkeysonline.com, 2004-2006,
http://www.threemonkeysonline.com/it/article_melania_mazzucco_un_giorno_perfetto.ht
m
27
Ibid.
11
1.2. Appunti per una biografia su Melania Mazzucco
Sebbene Mazzucco consideri l’esperienza biografica, maturata prima
nell’infanzia, in famiglia e accanto al padre, e poi nel corso dei viaggi, più
influente sulla sua scrittura della formazione accademica, reperire
informazioni che esulino dalla sua biografia prettamente intellettuale rimane
un’impresa ardua, se non impossibile. L’unica fonte disponibile è l’autrice
stessa. È lei a scegliere cosa rivelare, quali ricordi, fatti, aneddoti condividere
con il pubblico, scelta che è sempre motivata dalla volontà di spiegare i
motivi, le fonti, gli obiettivi delle proprie opere e al tempo stesso dalla
necessità di rispondere alle domande che, per la natura del proprio mestiere,
le vengono rivolte. Interviste, conferenze, premi letterari, le domande sulla
sua vita privata sono sempre le stesse: «Ci può dare un’idea della sua giornata
tipica?», «Quale scrittrice o scrittore preferisce leggere?», «Scriveva già da
bambina?», «Com’è la sua stanza di lavoro?». Proprio Mazzucco, in una sua
opera, cita la curiosità del pubblico per il misterioso lavoro dello scrittore e,
più in generale, dell’artista:
I curiosi vengono in processione nelle case degli artisti. Cercano di
scoprire il loro segreto. E guardano i nostri umili strumenti di lavoro e ci
chiedono delle nostre manie, dei nostri riti: come se, ripetendoli, si
ripetesse anche la nostra creazione. E si accomodano nelle seggiole, e ci
chiedono dove nascono le nostre idee, dove le nostre invenzioni
28
.
Nel 2007, all’apice della sua carriera, la scrittrice pubblica una nuova
edizione del suo romanzo d’esordio, Il bacio della Medusa
29
, e vi aggiunge
una postfazione, Parole verdi sullo schermo grigio
30
, che rappresenta
un’occasione per rispondere a quelle domande e alle altre, più implicite, che
dietro quelle si celano: «Il talento è innato?», «Si manifesta durante
l’infanzia?», «La formazione e le esperienze infantili sono influenti?», «Da
28
MELANIA MAZZUCCO, La lunga attesa dell’angelo, Milano, Rizzoli, 2008, p. 46
29
EAD., Il bacio della Medusa, Milano, Baldini & Castoldi, 1996
30
EAD., Parole verdi sullo schermo grigio, in Il bacio della Medusa, Milano, Rizzoli, 2007,
pp. 473-493
12
dove nasce un libro, specialmente il primo, e in che misura è legato alla vita
privata dell’autrice?». Parole verdi sullo schermo grigio non è solo
un’appendice dal contenuto autobiografico ma una ricostruzione della storia
personale dell’autrice che mira a rispondere a queste domande, un racconto
di sé che Mazzucco sceglie di trasmettere e rendere pubblico. Per questo
motivo rappresenta un imprescindibile punto di partenza.
Nella postfazione il primo personaggio a entrare in scena è il padre. Roberto
Mazzucco, autore di teatro e sceneggiatore per il cinema e la televisione, è
una figura centrale nella biografia della scrittrice, il fautore del suo incontro,
ancora bambina, con la scrittura. Come tutti i bambini e le bambine, infatti,
anche Mazzucco compie la propria scoperta del mondo osservando e
imitando le azioni dei grandi. Nel suo caso la fascinazione per il mestiere del
padre è assoluta, il fastidioso rumore della macchina da scrivere è per lei
musica e apprende presto ad usarla, autodefinendosi scrittore.
«Indefinibile
31
» e «drammatica
32
» sono alcuni degli aggettivi scelti
dall’autrice per descrivere l’atmosfera che circonda il padre scrittore e dalla
quale, bambina, viene conquistata: «Atmosfera magica, esaltante e insieme
opprimente, nella quale il piacere di scrivere, la necessità assoluta – vitale - di
scrivere, si unisce alla sofferenza di non poterne vivere, di doverne
addirittura morire».
33
Il padre la introduce al mondo misterioso, magico e
altrettanto doloroso della scrittura, un lato oscuro del mestiere di cui la
scrittrice parla brevemente anni dopo: «Avevo visto che comunque era una
vita anche molto dolorosa perché c’è il problema del riconoscimento, del
mancato riconoscimento, della difficoltà, della precarietà, del dover fare delle
cose che magari non ti piacciono».
34
31
Ibid., p. 474
32
Ibid.
33
Ibid.
34
CINZIA TANI, Visioni Private, www.rai.tv, 8 marzo 2010,
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-34040d74-9131-4a64-aa3e-
53b29361a3ca.html