Introduzione
INTRODUZIONE
Tutto è iniziato nel 2008: la caduta del valore degli immobili sul mercato americano e l‟aumento dei
tassi di interesse hanno determinato diffuse situazioni di insolvenza e perdite; il livello di fiducia nei
mercati si è deteriorato con effetti devastanti che si sono abbattuti sull‟economia degli intermediari
finanziari e delle altre imprese in termini di restrizione del credito, perdita del valore dei titoli e dei
posti di lavoro, caduta della domanda di beni e servizi, fallimenti. La crisi si è diffusa a macchia
d‟olio diventando, infine, globale. Essa rivela un mondo economico completamente diverso in cui
le cose non sono mutate solo a causa della crisi stessa, ma per diversi motivi e molti anni prima. Il
crollo delle grandi ideologie, i fenomeni di liberalizzazione, deregolamentazione e privatizzazione
delle economie di diversi Paesi, gli straordinari progressi tecnologici in particolare nelle tecnologie
dell‟informazione e della comunicazione, la globalizzazione dei mercati, la delocalizzazione della
produzione, la concorrenza globale, i flussi migratori hanno stravolto i tradizionali assetti
geopolitici ed economici.
Le aziende non sono dei sistemi a sé, esse appartengono al più largo sistema sociale e naturale.
L‟aziende nascono come soggetti istituzionali per eccellenza, inserite nelle comunità, nelle città,
dalle quali non possono prescindere. Le aziende hanno ed hanno sempre avuto bisogno delle
comunità per vivere e poter operare. Come ci ha dimostrato anche l‟11 settembre 2001 il legame tra
aziende e società è imprescindibile: quello delle Twin Towers è stato un attacco al mondo degli
affari e alla società civile al tempo stesso.
- 5 -
Introduzione
Le aziende sono dipendenti dalle città e dai governi per la legge che le protegge, per i regolamenti
che preservano i loro mercati, per le ispezioni che monitorano la loro competizione e per il bene
pubblico che permette loro di lavorare in buona fede. Lo sviluppo aziendale, in altre parole, dipende
da condizioni che non sono del tutto sotto il controllo dell‟azienda. A ciò si aggiunge il fatto che
oggi la condotta dell‟impresa, che sia buona o cattiva, lascia un‟orma più grande che in passato, non
solo per le comunità umane, ma anche per l‟ambiente naturale. Le corporation sono diventate anno
dopo anno più potenti e, parallelamente, le istituzioni civiche, che più volte in passato le hanno
salvate da crisi e fallimenti, sono diventate più deboli.
Cambia oggi il volto dell‟azienda, aumenta il suo coinvolgimento nell‟etica, nella social
responsibility e nella cittadinanza, in un panorama in cui il cambiamento non è più quello di una
volta, prevedibile e graduale, ma è diventato radicale, accelerato, discontinuo, a volte stimolante, a
volte scomodo.
Le pressioni sociali e quelle economico-competitive hanno imposto nuove sfide al mondo
imprenditoriale, confronti che esigono risposte innovative nel modo di governare l‟impresa. Il
superamento di queste sfide, che esulano dal piano economico, è quanto meno di uguale importanza
per il successo dell‟azienda che la qualità dei prodotti e dei servizi.
Allo stesso tempo, però, la crisi attuale potrebbe essere un‟occasione imperdibile per dar vita ad un
cambiamento di prospettiva nel mondo economico ed imprenditoriale, potrebbe rivelarsi un punto
di svolta se solo le aziende raccogliessero queste sfide, si assumessero responsabilità sociali,
culturali ed ambientali. Considerando ad esempio il piano ambientale, sono in molti quelli che
1
vedono come unica via d‟uscita dalla recessione l‟hi tech e i combustibili puliti, per dare il via alla
Terza rivoluzione, dopo quelle del carbone e del petrolio. Cogliere la crisi alla stregua di
un‟opportunità vorrebbe dire, ad esempio, arrivare alla ricerca, allo sviluppo e all‟utilizzo di veicoli
elettrici e ricaricabili ad idrogeno con celle a combustibile, alimentati da energie rinnovabili. Fare
ciò implica un cambiamento di mentalità che condurrebbe ad un nuovo schema economico
planetario.
2
Coda a tal proposito parla di passaggio da una „economia dell‟irresponsabilità‟, alimentata dalla
mentalità secondo cui business is business, ad una „economia della responsabilità‟ che operi nella
consapevolezza delle conseguenze di decisioni e azioni sui risultati economici e sociali, coniughi
efficienza ed equità e venga ad incorporarsi nell‟etica degli affari corrente. La radicalità dei
cambiamenti in corso porta a rivedere la problematica dei fini imprenditoriali.
1
Rifkin J., L‟ecologia ci salverà, L‟Espresso, novembre 2008.
2
Coda V., Venti anni dopo: cosa è cambiato nel modo di governare le imprese, in Atti del XI Seminario di Studio “I
sistemi di controllo di gestione tra old e new economy”. Bressanone, 17-18 settembre 2001.
- 6 -
Introduzione
A ciò si aggiunge che il rinnovato interesse per la business ethics è stato sospinto dall‟osservazione
che non basta rispettare le leggi e produrre profitti, garantire posti di lavoro, elargire donazioni,
essere caritatevoli, dimostrare rispetto per il territorio e per l‟ambiente per potersi dire soggetti
morali. Oggi è impellente mostrare di non adottare comportamenti opportunistici, così ricorrenti in
economia. Non bastano aggiustamenti, è necessaria una rilettura completa dell‟intero apparato
strategico delle scelte aziendali. Ciò non significa annullare l‟impresa del suo carattere
imprenditoriale e del motivo del profitto, ma occorre tenere presente che la razionalità economica
della massimizzazione del profitto è una razionalità parziale.
Indipendentemente da quanto accadrà nei prossimi mesi, dal modo in cui questa crisi verrà superata
e dal cambiamento o meno di mentalità, il settore energetico è senza dubbio uno dei più interessanti
a cui guardare. I motivi sono tanti: è il settore che continua a creare utili, è il settore che potrebbe
decidere di „salvare il pianeta‟ attuando una svolta ambientalista, è il settore che, nonostante tutto,
3
non sembra perdere di credibilità e potere. Guardando la classifica Fortune 500, sette aziende tra le
prime 10 in graduatoria appartengono all‟ambito energetico. A ciò si aggiunge nel panorama
energetico italiano l‟apertura del mercato con la conseguente fine del monopolio di una singola
azienda: società come ENEL ed ENI (ma la stessa cosa può dirsi per altri settori con aziende come
Telecom e Poste Italiane) si trovano per la prima volta a dover agire in un regime di concorrenza
interna e hanno la necessità assoluta di comunicare, pena la loro scomparsa a causa della spirale del
silenzio. Alla liberalizzazione del mercato energetico e al rinnovato interesse per l‟istanza
ambientalista vanno aggiunte a delineare meglio il panorama le aziende emergenti nel settore delle
energie rinnovabili dai pannelli fotovoltaici alle biomasse e il ddl, approvato a luglio 2009 che
4
segna il ritorno dell‟Italia all‟energia nucleare.
L‟energia è tema di grande attualità. Sfogliando quotidiani e riviste, accendendo la tv o navigando
su internet a colpire è la mole di comunicazione messa in campo dalle piccole e grandi compagnie
del settore energetico. A ciò si sommi il pacchetto Clima e Energia approvato dal governo italiano
nel dicembre 2008 e la necessità di dare impulso all‟economia e all‟occupazione, investendo in
energie pulite e nella creazione di “lavori verdi”, ribadita dai leader del G8 a L‟Aquila. Infine,
recenti studi vedono anche i posti di lavoro nel settore energetico in espansione. Uno studio
realizzato a luglio 2009 da Greenpeace sostiene che nei paesi del G8, investendo in efficienza
energetica ed energie rinnovabili, i posti di lavoro in questo settore aumenteranno in maniera
3
La rivista Fortune ogni anno stila una classifica sulle 500 maggiori imprese economiche al mondo considerando i
fatturati, le performance finanziarie nonché la solidità di leadership e vision.
4
Si tratta della legge n. 99 del 23 luglio 2009, denominata Legge Sviluppo, recante Disposizioni per lo sviluppo e
l‟internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.
- 7 -
Introduzione
significativa da 1,4 milioni nel 2010 a 1,8 milioni nel 2020 e successivamente a 2,1 milioni, se non
5
di più, nel 2030.
Assodata, dunque, la rilevanza strategica del settore energetico sia per le sorti dell‟economia che per
il futuro dell‟uomo e del pianeta, questo lavoro di tesi si pone l‟obiettivo di indagare e dimostrare
quanto sia vitale la comunicazione d‟impresa per le aziende operanti nel settore energetico, settore
che non sembra risentire della crisi, ma che anzi potrebbe trasformarsi in chiave per uscirne fuori.
Le multinazionali del settore energetico occupano una posizione molto delicata, sono sotto
osservazione per la strategicità delle loro produzioni, operano in territori difficili come il Medio
Oriente e l‟Africa. Per di più devono rispondere della sostenibilità ambientale e sociale dei propri
comportamenti, giustificare eventuali azioni scorrette e controbattere ad accuse di fronte ad un
pubblico che si può tranquillamente definire mondiale.
Grandi profitti implicano grandi oneri e grandi responsabilità. È un difficile compito quello a cui
sono chiamati, ancor di più in periodo di crisi, leader mondiali come la General Electric, la TOTAL,
la Exxon Mobil o, al di fuori del settore energetico, compagnie come la Coca Cola e la Nike.
Nel panorama italiano parlare di energia vuol dire pensare immediatamente ad Enel ed Eni. Questo
lavoro di tesi ha l‟obiettivo di mettere sotto la lente d‟ingrandimento la comunicazione di ENI, Ente
Nazionale Idrocarburi, azienda creata dallo Stato italiano, oggi S.p.A. detenuta per il 70% da
privati, nel periodo che vede il sovrapporsi di crisi dell‟economia mondiale, istanza ambientalista
sempre più pressante e liberalizzazione del mercato energetico italiano.
6
Perché l‟Eni come case study? Perché la società del cane a sei zampe è innanzitutto un simbolo
dell‟Italia, è simbolo dell‟Italia all‟estero, è a suo modo simbolo del made in Italy e continua a
macinare profitti anche in questo delicato frangente. L‟Eni è al 17° posto nella classifica delle
migliori aziende al mondo della rivista americana Fortune, di cui sopra, nonché la prima azienda
italiana inserita in classifica. Ma non solo. L‟Eni è un‟azienda che vive nella crisi come tante altre:
nel corso del 2009 ha avviato la vendita dei bond a grandi e piccoli azionisti per la
ricapitalizzazione dell‟azienda e, inoltre, si sta confrontando con il rischio della chiusura o della
cessione dello stabilimento sardo di Porto Torres. Sul piano etico non bisogna poi dimenticare le
accuse di violazione dei diritti umani nel delta del Niger rivolte ad Eni e ad altre compagnie, come
Shell, che in questo territorio estraggono petrolio.
Data per certa la presenza di alcuni punti deboli, l‟Eni è un‟azienda che da anni investe in
comunicazione, che nel 2008 e nel 2009 ha ricevuto il premio per il miglior sito internet italiano ed
78
europeo per la comunicazione finanziaria e nel 2009 è al sesto posto nella classifica mondiale per
5
Greenpaece, Rapporto Working for the Climate: Green Job [R]evolution, settembre 2009.
6
Il logo di Eni è un cane a sei zampe che sputa fuoco dalla bocca. Vedi paragrafo 4.2.1.
7
In base alla ricerca annuale H&H Webranking.
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Introduzione
il miglior sito internet. Per di più nel maggio 2009 la seconda edizione della ricerca CSR Online
Awards ha incoronato Eni per la sua comunicazione online della responsabilità sociale d‟impresa, in
particolar modo per la sezione sostenibilità del sito. L‟Eni si pone, dunque, come azienda-guida in
questa fase critica, ha pubblicato un proprio codice etico e da un paio di anni stila a fine anno il
proprio Bilancio di Sostenibilità, con cui dà pieno riconoscimento alla dimensione etica
9
dell‟azienda. Rapportando il tutto alla ricerca sul Reputation Quotient, se da un lato Eni pensa a
Financial Performances, a Vision e Leadership, dall‟altro dà credibilità al suo operato e incrementa
la propria reputazione attraverso un progetto di social responsibility molto ben strutturato e di lungo
periodo. Gli interventi dell‟amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, parlano di radici
culturali, di dialogo tra mondo accademico, imprenditoriale ed istituzionale, di mondo sostenibile.
Il posizionamento di Eni è quello di un‟azienda proiettata verso il futuro, che non dimentica le sue
origini, anzi le recupera come risorsa e le integra nella strategia aziendale e di comunicazione.
Vengono così riattualizzate le parole del suo fondatore Enrico Mattei: “Il lavoro può tutto. Vuol
dire che se lavoriamo uno di fianco all‟altro e abbiamo gli stessi fini, avremo modo di conoscerci e
10
raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti”. I fini di cui parla Mattei sembrano riecheggiare la
domanda retorica “Può l‟industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell'indice dei
11
profitti?” di Adriano Olivetti, l‟idea di partecipazione all‟azienda, di comunione tra i lavoratori.
Mattei e Olivetti, due grandi uomini italiani che, oltre a lasciarci importanti insegnamenti sotto il
profilo etico, con qualche decennio in anticipo misero in campo un‟azienda centrata sulle persone e
sul rispetto dei diritti umani, un‟azienda non organismo in sé concluso, ma inserito in un territorio,
aperto alla popolazione in un continuo scambio di input e output, un‟azienda che reinveste per la
crescita della comunità. Rapporto con il territorio, centralità della persona, tutela dell‟ambiente sono
tre elementi che si trovano oggi nella strategia aziendale e comunicativa di Eni, elementi che
appaiono imprescindibili a navigare nel sito dell‟azienda e che rispondono a pieno al nuovo
contesto economico e alle istanze ambientaliste e sociali provenienti dalla società civile.
L‟Eni sembra essersi prontamente adeguata alla nuova fase economica e al nuovo contesto di
concorrenza grazie anche ad una gestione strategica della comunicazione, dell‟immagine e della
corporate identity dell‟azienda. È pertanto interessante analizzare il „messaggio‟, apparentemente
vincente, di questa multinazionale. Tra tradizione e futuro, tra petrolio ed energie rinnovabili, tra
guerre e mondo sostenibile, il tutto in un‟ottica comparativa con altre aziende italiane ed estere
8
Classifica 2009 stilata dall'agenzia Bowen Craggs per il Financial Times.
9
Il reputation quotient o quoziente di reputazione è uno strumento sviluppato dal Reputation Institute, azienda
americana che studia la reputazione delle aziende a livello mondiale in base a serie di parametri. I 7 parametri
attualmente utilizzati nelle analisi sono: Prodotti e Servizi, Performance finanziaria, Innovatività, Leadership, Ambiente
di lavoro, Responsabilità sociale, Eticità.
10
Dalla rivista “Il Gatto selvatico”, cit. Il Sole 24 ore, L‟impegno di Eni: abitare in un mondo sostenibile, 6 luglio 2009.
11
Renzi E., Comunità concreta Le opere e il pensiero di Adriano Olivetti, Guida editore, 2008.
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Introduzione
come Enel o Ge che, ognuna a suo modo, si pone come leader, nel senso proprio del verbo to lead,
come guida dell‟umanità nell‟attuale periodo di crisi. Siamo in una fase del tutto nuova, di grande
trasformazione. Le grandi aziende comprendono fin troppo bene la strategicità della comunicazione,
i brand che vogliono restare a galla, dopo il blocco della produzione e la fase di recessione,
investono nella comunicazione. Al nuovo quadro Eni risponde con la comunicazione d‟impresa e lo
fa, visti anche i premi ricevuti, eccellentemente. Vediamo come.
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Capitolo 1 - La comunicazione d‟impresa nell‟era di Internet
CAPITOLO 1
LA COMUNICAZIONE D‟IMPRESA NELL‟ERA DI
INTERNET
1.1 L‟IMPRESA OGGI
Il mondo economico si sta trasformando. Un intero sistema di presupposti, valori ed aspettative si
sta modificando sotto la spinta dei cambiamenti dovuti alle macchine digitali. La rivoluzione
digitale rende possibile un nuovo concetto di economia e porta con sé una vasta schiera di potenti
mezzi e tecnologie. Il rapido emergere della Digital Economy sta cambiando le definizioni di valore
e, allo stesso tempo, la questione su come creare valore non è mai stata più importante. Non solo le
compagnie devono trovare nuovi modi di fare business, il fatto è che i vecchi ruoli non si applicano
al nuovo contesto. Come i bisogni, i desideri e le aspettative del consumatore diventano intangibili
ed unici in tempo e spazio, le compagnie che non cercano continuamente nuove idee per il
miglioramento della vita del cliente/consumatore non riusciranno mai a sorprenderlo. Il futuro è
davanti a noi per essere creato. La sfida di creare valore nell‟era digitale richiede una rivoluzione
nel pensiero, nel modo di vedere e nelle pratiche. Urgono nuovi modelli in un‟economia fondata su
innovazione, pratiche sostenibili e relazioni costanti con i consumatori.
Rivoluzione digitale vuol dire anche che le compagnie hanno oggi l‟opportunità di sviluppare
relazioni di apprendimento con i consumatori. Una cosa è chiara: le compagnie che resisteranno
- 11 -
Capitolo 1 - La comunicazione d‟impresa nell‟era di Internet
sono quelle che fin da oggi si posizionano in prima linea in questo processo di creazione del futuro.
Bisogna avere l‟accortezza di rinnovare i processi economici, di creare nuove percezioni. Il
successo di ogni azienda dipende dalla sua capacità di sviluppare prospettive migliori, dalla sua
abilità di trovare nuove possibilità e dar vita a nuove soluzioni. Le aziende devono diventare veicoli
di scoperte e laboratori viventi per il futuro.
Una definizione abbastanza comune è quella che considera „impresa‟ „qualunque sistema
organizzato che, facendo uso di risorse umane, materiali, macchinari, processi, realizza la
1
produzione o lo scambio di beni e/o servizi‟. Nel corso degli ultimi anni del XX secolo sono
intervenuti mutamenti importanti non solo nella struttura delle imprese, ma anche nel loro modo di
essere e di operare. Tali cambiamenti hanno inciso profondamente sul tessuto economico e sociale
dei paesi più sviluppati. Le aziende di oggi non devono seguire più, o quanto meno non devono
seguire solo, quello che era l‟imperativo degli inizi del „900, vale a dire quello di accrescere sempre
più la propria efficienza e produttività al fine di colmare o ridurre la differenza tra domanda e
offerta. Mutamenti come la terziarizzazione del lavoro, la globalizzazione dei mercati, la
transnazionalizzazione delle imprese e la delocalizzazione delle attività produttive hanno modificato
il modo di avere successo di un‟azienda e il suo inserirsi nel tessuto sociale. A ciò vanno aggiunte
l‟emergere di istanze sociali nel settore del commercio e della finanza e la forte espansione
dell‟occupazione nei servizi che favorisce una riqualificazione della domanda di lavoro attraverso
l‟impiego di capitale umano.
Per fase di globalizzazione si intende quella „fase del capitalismo moderno iniziata negli anni ‟80 e
caratterizzata da un‟accelerata integrazione internazionale delle attività economiche, sia nelle
forme tradizionali- commercio e investimenti diretti all‟estero- sia in forme nuove, come
investimenti finanziari a breve termine, speculazioni sui cambi, commercio nei servizi, variegati
2
accordi tra imprese, complessi flussi di conoscenze e tecnologie‟.
La seconda metà dello scorso secolo ha visto sorgere e svilupparsi le imprese multinazionali,
mentre gli anni ‟90 hanno portato alla ribalta un nuovo tipo di impresa: la cosiddetta impresa
transnazionale. Si tratta di imprese che localizzano la propria struttura in una molteplicità di Paesi
diversi e non soltanto le attività commerciali e produttive come avveniva per le imprese
multinazionali. Le aziende transnazionali hanno una struttura meno centralizzata, con una
parcellizzazione delle attività produttive esasperata per far coincidere, in pratica, il luogo della
produzione di parti e di semilavorati con i Paesi nei quali il costo delle materie prime e della
manodopera è particolarmente basso, pratica che in alcuni casi ha assunto l‟aspetto di un vero e
proprio sfruttamento degli operai, spesso minorenni e sulla soglia della povertà. Al contrario, tra le
1
Morelli M., L‟immagine dell‟impresa, FrancoAngeli, 2002.
2
Pianta M., Globalizzazione dal basso, Manifestolibri, 2001.
- 12 -
Capitolo 1 - La comunicazione d‟impresa nell‟era di Internet
istanze emerse nel campo del commercio e della finanza negli ultimi anni una sembra essere assai
rilevante: la necessità del rispetto del lavoro, dell‟economia, delle realtà sociali e culturali dei paesi
in via di sviluppo, affinché questi ultimi non siano sfruttati dalle industrie e dalle organizzazioni
produttive dei paesi più sviluppati (ad esempio con l‟utilizzo di manodopera a basso costo).
Con la transnazionalizzazione delle imprese si ha il convergere e il sovrapporsi di concetti come
globale e locale e, simultaneamente, le aziende diventano virtuali. Dalla loro quotazione in borsa
alla loro immagine veicolata tramite il sito internet, le aziende si delocalizzano e si smaterializzano,
sono sempre meno un fatto fisico, tangibile. Il risultato paradossale è che le nuove tecnologie
digitali stanno trasformando il vecchio paradigma industriale machine-oriented nel nuovo
paradigma human-intensive, vale a dire che come le tecnologie digitali crescono per potere,
disponibilità e facilità d‟uso, esse ci conducono in un‟era di crescita umana. Ciò perché torna ad
essere al centro dell‟attenzione l‟uomo con la sua creatività, la sua immaginazione e la sua capacità
di innovazione come risorse critiche. Il mezzo non può essere eliminato, come ci ricorda McLuhan
„il mezzo è il messaggio‟, e le compagnie possono usare le tecnologie digitali e il web per creare
ambienti interessanti, coinvolgenti ed eccitanti. Ma dietro questi mezzi c‟è bisogno di un uomo e
delle sue capacità e competenze. Le tecnologie possono fornire gli strumenti per costruire una
relazione con i consumatori e permettere loro di trovare cosa vogliono e cosa necessitano di
conoscere.
Nell‟era di internet differenze si sono imposte nei processi decisionali e manageriali. La nuova
economia dell‟informazione è tenuta insieme dalle nuove tecnologie che sono al tempo stesso
fattore di disgregazione dell‟economia precedente. Le nuove forme di uso e diffusione delle
informazioni possono trasformare radicalmente le definizioni di business e di settore e le situazioni
di vantaggio competitivo. Per ottenere il nuovo vantaggio competitivo, centrato sempre più spesso
su elementi immateriali ed intangibili, bisogna a volte accettare di cannibalizzare, se non addirittura
distruggere, attività e strutture “storiche”. Tuttavia il marchio e i valori che attraverso di esso sono
veicolati continuano a garantire, come nessun altro, la serietà e l‟affidabilità di un‟azienda.
Il progresso tecnologico ed informatico ha creato tassi eccezionali di innovazione e, in particolare
negli ultimi tempi, la capacità di comunicazione sta esplodendo ad un tasso che fa impallidire la
3
famosa legge di Moore. Si è definitivamente spezzato il legame tradizionale tra il mezzo e il
messaggio, tra il flusso d‟informazioni legate al prodotto e il prodotto stesso, tra la catena
informativa del valore e la catena del valore fisico, tra economia delle informazioni ed economia
delle cose. Tutto ciò non può non avere ripercussioni nella realtà aziendale, soprattutto se si parla di
3
Nel 1965 Gordon Moore, cofondatore della Intel, affermò che all‟interno dei circuiti integrati, l‟unità di base dei
computer, il numero dei transistor - e di conseguenza la velocità del computer - raddoppia all‟incirca ogni due anni. A
distanza di oltre 40 anni dal 1965 la profezia di Moore continua a realizzarsi.
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Capitolo 1 - La comunicazione d‟impresa nell‟era di Internet
aziende a livello internazionale, che hanno attività dislocate nei diversi continenti e che necessitano
di una struttura di comunicazione ed informazione consolidata e duratura per il regolare
svolgimento delle proprie attività. Si può sostenere che le informazioni e il meccanismo con cui
esse si diffondono siano sempre più il collante della struttura aziendale. Informazioni non significa
esclusivamente dati, ma anche valutazioni qualitative, senso di affiliazione ed emozioni che sono
parte integrante delle informazioni che ci scambiamo e sono inestricabilmente connessi con la
condivisione di numeri e fatti.
Partendo dal presupposto che ogni business è un business d‟informazioni, il mercato di queste
ultime è diventato (e diventerà) l‟arena in cui si forma il vantaggio competitivo rispetto alle aziende
rivali, da cui derivano i profitti ed il valore degli azionisti e, andando ancora oltre, le informazioni e
i meccanismi per trasmetterle stanno segnando profondamente la definizione dei confini di
business, la stabilizzazione delle strutture a livello di azienda e di settore e la determinazione dei
modelli organizzativi. Ciò è ancor più vero se si considera il depauperamento del concetto
tradizionale d‟impresa per cui non è più sufficiente produrre e vendere, ma l‟esistenza e il successo
dell‟impresa sono determinate sempre più spesso dall‟ambiente in cui l‟azienda opera, dal suo
capitale culturale, dall‟intelligenza politica dei suoi membri e rappresentanti presso la società civile.
Il confronto non è più soltanto tra azienda e mercato, ma tra azienda e società in tutta la sua
interezza. L‟impresa non è un blocco di pietra, né un organismo in sé concluso, se vuole
sopravvivere in una situazione di concorrenza globale non può pensare di continuare ad avere un
atteggiamento autoreferenziale, impermeabile agli input esterni. Gli elementi chiave per un‟azienda
del ventunesimo secolo sono divenuti la capacità di comunicazione, il grado di personalizzazione
delle informazioni per la clientela, l‟interattività, la trasparenza, l‟affidabilità, la sicurezza, la
tempestività. Le aziende consolidate devono riuscire a trasformarsi, devono abbandonare la vecchia
realtà competitiva, decidere molto più in fretta e puntare su regole concorrenziali completamente
nuove.
I confini che delimitavano l‟azienda sono caduti e diventa difficile dire dove l‟azienda finisce e
dove comincia l‟ambiente. È cambiato il contesto sociale in cui l‟azienda opera per cui essa deve
sapersi destreggiare tra i diversi stakeholder e, prima di ogni altra cosa, deve comunicare. Con
estrema tempestività deve rispondere alle crisi, alle accuse di comportamenti scorretti che possono
provenire da un gruppo molto più ampio di stakeholder, da consumatori più scaltri e consapevoli
rispetto al passato. L‟impresa deve riuscire ad arrivare al successo costruendo consenso e tenendo
presente che oggi conta più l‟impresa che ciò che produce, conta la rilevanza culturale dei consumi
e le merci sono più che altro simboli, espressioni di uno status. Con la crisi dei tradizionali centri e
simboli di aggregazione e riferimento, nel vuoto attuale e in periodo di recessione ancor di più, le
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Capitolo 1 - La comunicazione d‟impresa nell‟era di Internet
marche si pongono come nuovi simboli culturali. Nella merce prevalgono i valori espressivi su
quelli sostanziali, materiali.
Per vincere sul mercato l‟impresa ha l‟obbligo di trasformarsi in soggetto attivo in un processo che
coinvolge e lega l‟impresa e la sua gente, i suoi prodotti, i suoi servizi, i consumatori o gli utenti,
l‟opinione pubblica in generale o espressa da gruppi e organizzazioni, la concorrenza e così via, in
un gioco di scambio ricco di interazioni e senza confini.
1.2 COMUNICAZIONE ED IMMAGINE COME FATTORI STRATEGICI
Perché comunicare? La comunicazione non solo diffonde il valore del capitale economico,
rendendo esplicito ai mercati il valore effettivo del soggetto comunicato, ma essa stessa crea valore,
incrementando il patrimonio intangibile dell‟impresa, vale a dire la sua credibilità strategica e
reddituale, nonché la sua immagine. Capacità di comunicare significa anche capacità di porsi in
relazione in termini globali con tutti i possibili pubblici. La cultura d‟impresa, i suoi valori, la sua
vision, la sua mission, le sue strategie sono l‟espressione e il risultato di una capacità di attivare
processi di comunicazione globale. La comunicazione è globale perché l‟impresa interagisce come
parte attiva in un processo di scambio con tutti i pubblici, diretti ed indiretti, ed è consapevole che
la sua immagine, la sua percezione, la sua reputazione nascono ed esprimono un intreccio di
opinioni e giudizi propri di una pluralità di soggetti. La funzione di comunicazione ha assunto negli
ultimi decenni un ruolo attivo e centrale anche all‟interno del mondo economico sia pubblico che
privato perché permette di alimentare e di veicolare presso il cliente-consumatore la cultura e i
valori dell‟impresa, assieme al management e alle altre funzioni. L‟impresa che comunica lo fa per
essere ascoltata, compresa da altri soggetti, per rafforzare la propria identità e mission, per illustrare
risultati o anche per rispondere a situazioni sfavorevoli soprattutto oggi che, indipendentemente dal
fatto che l‟azienda comunichi o meno, ci saranno centinaia di altre fonti che informeranno e si
esprimeranno su di essa.
L‟impresa è consapevole dello scenario sociale in cui si colloca e, volontariamente, sceglie di
comunicare perché sa di operare in una società che cambia, si rende conto che le modifiche delle
condizioni culturali e dei modelli di comportamento influenzano direttamente il suo mercato e,
quindi, anche le sue scelte di comunicazione. Essa prende atto che cambiano le modalità attraverso
cui l‟opinione pubblica si aggrega, manifesta giudizi, prende posizioni. L‟impresa, giorno dopo
giorno, si esprime nell‟ambiente esterno, in un mercato libero in cui è attiva una concorrenza e in
cui gli „altri‟, tutti gli altri, sono soggetti attivi, protagonisti di una comunicazione diffusa e
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Capitolo 1 - La comunicazione d‟impresa nell‟era di Internet
partecipata. La comunicazione opera per modificare un atteggiamento o un giudizio, muove e si
muove per cambiare qualcosa o qualcuno. L‟obiettivo sia immediato che di lungo termine è quello
di far maturare nell‟opinione pubblica convincimenti, di creare le condizioni per un‟adesione
consapevole e matura a ciò che l‟azienda è, perché non basta più cercare attenzione e notorietà.
Immagine, percezione e reputazione possono essere considerati come tre livelli a cui fanno
riferimento altrettanti obiettivi di comunicazione graduali e differenti.
La comunicazione è risorsa strategica perché agisce all‟interno, integra l‟organizzazione, ne fa
crescere le capacità di agire come struttura coordinata ed efficace, tesa al raggiungimento degli
obiettivi di sviluppo dell‟impresa nel suo insieme, e coinvolge tutti coloro che, più o meno
prossimi, direttamente e indirettamente, sono chiamati a divenirne partner, alleati perché un
risultato non può essere raggiunto senza la loro collaborazione e partecipazione attiva. Se
comunicare è un elemento importantissimo per il successo di un‟impresa, non ne vanno neppure
sopravvalutate le potenzialità. Non basta comunicare perché un‟impresa abbia successo, cioè
ottenga il consenso dei propri interlocutori: occorre, infatti, agire anche sui comportamenti
dell‟impresa, ad esempio, migliorandone i prodotti, le politiche, le pratiche commerciali.
Ad ogni modo la comunicazione crea e diffonde valore. Essa contribuisce sia alla crescita, alla
diffusione e alla sedimentazione delle conoscenze, sia allo sviluppo di elementi quali stima,
reputazione, fiducia, cioè di quegli elementi che definiscono un‟immagine aziendale positiva.
Numerose sono le definizioni date di immagine: „l‟immagine è l‟insieme delle rappresentazioni
4
affettive e razionali, riferite ad ogni individuo, di una marca, un prodotto, un‟azienda, un‟idea‟
oppure „l‟immagine è la rappresentazione che l‟impresa riesce a costruire di sé presso i pubblici
5
con cui entra in contatto‟, o ancora „L‟immagine è legata alla capacità dell‟impresa di gestire nel
breve termine le impressioni dei suoi interlocutori, mentre la reputazione è qualcosa di radicato nel
6
modo di agire dell‟impresa e fa parte integrante della sua identità.‟
Si possono avere di due tipi di immagine: immagine riflessa, riferendoci all‟immagine che ciascuna
impresa ha di se stessa, ed immagine reale, quando si ha a che fare con l‟immagine che i pubblici di
riferimento percepiscono di un‟impresa. A questi due tipi di immagine c‟è da aggiungere l‟identità
di impresa, cioè come l‟impresa stessa è realmente. L‟identità coincide con il sistema di valori, di
principi, di scelte che l‟azienda compie nell‟ambito della realizzazione delle proprie attività
istituzionali e che, naturalmente, sarà influenzata dal suo porsi in relazione con il contesto nel quale
l‟impresa vive ed opera, attraverso una vera e propria attività di negoziazione con i propri pubblici
sulla base delle aspettative di questi ultimi e delle potenzialità intrinseche dell‟impresa.
4
Morelli M., L‟immagine dell‟impresa, FrancoAngeli, 2002.
5
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