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La scienza forense viene definita come l’applicazione della scienza al diritto
civile e penale e principalmente viene utilizzata durante le indagini penali,
per regolare gli standard legali delle prove ammissibili in un procedimento
penale. Nel complesso, è l’uso di metodi e processi scientifici per la
risoluzione dei crimini.
Per definizione, la scienza forense racchiude un insieme di diverse discipline,
scientifiche e giuridiche, ognuna delle quali è di supporto all’altra con la
propria specifica competenza, tra queste troviamo la criminalistica, ovvero la
scienza che studia e analizza le prove riscontrate durante le investigazioni e
le indagini. Quindi, le cosiddette scienze criminali, in cui hanno un ruolo
fondamentale la criminologia e la criminalistica, raccolgono una serie di
discipline attigue e operanti in ambiti paralleli: troviamo, oltre a queste due,
il diritto penale, la penologia
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, il diritto penitenziario, la psichiatria forense,
la medicina legale, la psicologia giudiziaria e giuridica e la politica
criminale/penale.
La criminologia, però, è diversa dalla criminalistica: la prima si occupa della
fenomenologia criminale che può provenire da differenti ambiti di studio e di
ricerca, è quella scienza che ha per oggetto lo studio del delitto nella sua realtà
oggettiva e nelle sue cause. Si occupa quindi di studiare le cause e i suoi autori,
senza dimenticare le vittime e la condotta sociale. La criminalistica, invece, è
l’insieme di tutti i metodi e le tecniche scientifiche che accompagnano e
supportano l’attività investigativa che segue l’atto criminoso. Tra esse sono
incluse balistica, chimica tossicologica, biologia, dattiloscopia, fisica,
esplosivistica, informatica, fonica e molte altre ancora. È essenziale
sottolineare che, però, una netta separazione tra i due campi è possibile solo
teoricamente, poiché tuttavia, una netta separazione sul piano pratico è
realisticamente improponibile per l’osmosi che spesso si viene a creare tra gli
operatori di entrambi i casi.
3
Ramo della criminologia che studia la pena e delle sue applicazioni; Centini M, Storia
della criminologia e dei metodi investigativi, Diarkos editore (settembre 2022).
1.2. La criminalistica come scienza forense e gli strumenti applicati alle
indagini e alle investigazioni
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I criminalisti, quindi, analizzano le prove scientifiche raccolte sulla scena del
crimine, conservandole successivamente: alcuni si recano direttamente sul
posto per raccogliere le prove da soli, altri occupano un ruolo di laboratorio,
eseguendo analisi su oggetti portati loro da altri esperti. Altri ancora sono
coinvolti su altre tipologie di analisi: anche le analisi di dati finanziari, bancari
o altri dati sono importanti da portare alla luce nelle indagini sui crimini
finanziari e questi esperti possono essere impiegati come consulenti di
aziende private, università o dipendenti del governo. Tuttavia, anche
testimoniare in cause sia civili che penali e possono lavorare sia per l’accusa
che per la difesa.
Quando si parla di criminalistica, quindi, come già sopra menzionato, ci si
riferisce a quella scienza che si occupa dei metodi, dell’accertamento del reato
e della scoperta del suo autore. Tale attività è effettuata con l’aiuto di un
apparato tecnico-scientifico multidisciplinare, di una squadra che analizza i
reperti, informazioni ed ogni genere di indizio proveniente dal luogo del
crimine. La criminalistica, dunque, ha l’obiettivo di definire cosa è accaduto,
quando, come e possibilmente stabilire chi ha commesso quel crimine. Per
fare tutto ciò, però, si avvale delle indagini sulla scena del crimine e delle
analisi di laboratorio.
La criminalistica è anche conosciuta come “criminologia investigativa”,
perché il suo compito ufficiale è diretto all’identificazione del colpevole e
delle modalità adottate per compiere il crimine. Per lavorare con grande
efficacia è necessario saper classificare i reati, poiché in questo modo è
possibile effettuare statistiche, comparazioni e ricerche utili per l’analisi,
poggiando su informazioni e reperti raccolti sulla scena del delitto, come per
esempio nel caso in cui ci si rivolga al modus operandi
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di un serial killer.
La criminalistica può contare su una serie di strumenti e metodi che la scienza
ha via via elaborato al fine di consentire indagini sempre più precise e
4
Il termine indica l’insieme di tracce, modalità di esecuzione del crimine, comportamento
attuato prima e dopo l’uccisione che l’assassino o il serial killer attua al fine di realizzare il
suo intendo omicidiario.
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affidabili. Infatti, vista la notevole quantità di competenze richieste, la
criminalistica si avvale di specialisti operanti in numerose branche della
scienza e ciò determina la necessità di una multidisciplinarietà che va via via
aumentando in relazione alle sempre più raffinate tecniche di studio e di
indagine, al fine di sviluppare delle tecniche di investigazione sempre più
efficaci.
1.3. L’analisi investigativa nella criminalistica
Il termine investigazione è una parola il cui spazio semantico è molto ampio,
il che determina una visione non sempre aderente alla realtà. Tuttavia, è da
sottolineare anche come c’è stata una distorsione dello stesso termine prodotta
dalla letteratura e dal cinema, che hanno fatto dell’investigatore una figura
connotata con peculiarità spesso poco realistiche.
L’investigazione è una pratica che può essere distribuita su diversi piani: in
primo luogo è di fondamentale importanza la figura dell’investigatore
criminale, svolta dai professionisti delle forze dell’ordine, poi è utile però
conoscere l’esistenza anche di altre tipologie di investigazione, come quella
giornalistica, che si compie parallelamente alle indagini di polizia. Inoltre, è
importante conoscere anche un tipo di investigazione condotta sul piano
storico, ovvero l’analisi dei crimini e delle morti misteriose del passato, che
può essere effettuata studiando e organizzando le fonti e i materiali di archivio:
oggi, questa tipologia di ricerca può essere effettuata grazie a delle indagini
tecnico-scientifiche, soprattutto quando sono disponibili i resti biologici del
soggetto di indagine, o altri materiali utili ai fini di ricerca.
L’investigazione è un’attività radicata nella storia dell’uomo e, lo stesso, nel
corso della sua evoluzione, ha avuto modo di rendere sempre più precisi i suoi
strumenti di indagine, anche in relazione alle opportunità offerte dalla
tecnologia. Tecnicamente,
l’investigazione è un processo conoscitivo particolare, distinto dalla ricerca e
dall’indagine. Diversamente dalla ricerca, l’investigazione è caratterizzata
dalla presenza di una verità nascosta, dunque da un nemico che vuole tenere
nascosta quella verità.
(F. Sidoti, Criminologia e investigazione, Giuffrè, Milano 2006, p.18.)
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Nell’ambito giudiziario si distingue tra investigazione preventiva e inquirente:
la prima è condotta al fine di segnalare alla Procura fatti criminosi da
perseguire, la seconda, invece, viene condotta dall’autorità giudiziaria in
relazione ad un’istruttoria già formalizzata dalla Procura. In sostanza,
l’analisi investigativa è l’insieme di attività di esame, di studio, di sintesi, di
intervento e di controllo messe in essere sulla base di conoscenza e
padronanza delle scienze criminalistiche e di intelligence. Inoltre:
[…] sulla conoscenza del fenomeno omicidio e dei suoi elementi costitutivi,
sull’azione organizzata, dettagliata e scientifica del sopralluogo e della
refertazione; sullo studio mirato della scena del crimine, della vittima e delle
azioni dell’ignoto autore del reato. L’analisi investigativa si basa sulla
combinazione armonica dei principi dei sei metodi analitici e di ricerca
investigativa: l’induttivo, l’abduttivo, il deduttivo, l’integrato, il verticale e il
laterale.
(C. Lavorino, Analisi integrativa sull’omicidio, Emmekappa Edizioni,
Roma 2000, p.13.)
L’investigatore, oggigiorno, quindi, è ben lontano dallo stereotipo creato
dalla cinematografia e dalla letteratura, ovvero di colui esperto di crimini e
criminali che ha anche contatti con informatori provenienti dalla malavita. I
metodi scientifici da lui utilizzati lasciano poco spazio all’improvvisazione.
L’investigazione, dunque, accanto alla criminalistica, è per questo importante:
è importante tenere presente che i metodi e gli strumenti investigativi
utilizzati vanno sempre calibrati sulle caratteristiche dei vari contesti e scenari
in cui si applicano.
È necessario quindi anche analizzare fenomenologicamente la criminalità, in
quanto in questo modo si permette di accrescere il sapere, gettando così le
fondamenta sulle quali elaborare i metodi che possono accelerare
l’identificazione del criminale, riducendone la pericolosità sciale.
Ovviamente, la questione non è così semplice come sembra: entrano in gioco
fattori strettamente connessi alla personalità criminale, che non consentono
valutazioni globali, ma che necessitano di puntualizzazioni ad personam.
Inoltre, la criminalistica prende anche in considerazione, nel rispetto della sua
specificità nell’approccio alla fenomenologia criminale, che il passaggio
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all’atto, quello detto “action out” nella letteratura scientifica, possa essere
determinato da cause diverse, non prevedibili, ma da ritenere effetto di fattori
di ordine fisiologico, patologico e sociale, non inquadrabili in una visione
aprioristica, ma determinati da situazioni di volta in volta diverse. Infatti, i
fattori biologici possono interagire con quelli sociali il cui peso è rilevante. A
ciò, si possono aggiungere numerose altre cause, dalla tossicodipendenza alle
malattie mentali, dall’emarginazione sociale alla devianza espressa su piani
diversi.
Il crimine è imprevedibile e le motivazioni alla base di esso possono essere
diverse, schematizzate in un numero ristretto ed essenziale: finalizzate
all’appropriazione e al controllo di beni materiali; sfera dei sentimenti
(gelosia, vendetta, odio); per cause ritenute futili (litigio degenerato); per
meccanismi incomprensibili a chi osserva (come nel caso dei serial killer). In
genere, però, la criminologia e la criminalistica non sono delle scienze esatte:
o meglio, mentre alcune delle scienze che ne attivano la multidisciplinarietà,
ad esempio la biologia e la balistica, si sorreggono su riferimenti certi e
verificati, il comportamento umano sfugge ad una schematizzazione globale,
perché ogni essere umano è diverso ed avere uno schema di comportamento
perfetto risulta essere matematicamente impossibile.
1.4. Le regole del delitto perfetto: dalla perfezione alla semplice fortuna
Uno dei temi che, per sua impostazione e per le sue peculiarità, sembrerebbe
la dimostrazione del fallimento delle più sofisticate tecniche investigative
messe a punto dalla criminologia e applicate alla criminalistica, è il delitto
perfetto. Un delitto irrisolto, tuttavia, non è un delitto perfetto: possono essere
numerosi i fattori condizionanti la mancata soluzione di un caso, che non
consentono di parlare quindi di un delitto perfetto, ma di un crimine fortunato.
Sono, dunque, le circostanze a rendere apparentemente “perfetti” alcuni
crimini e ciò non è dovuto al merito dei loro autori, ma da altri fattori.
Assenza di movente, di relazioni tra vittima e aggressore, di testimoni e di
tracce, mancanza di cadavere e arma del delitto costituirebbero una base
ideale per il delitto perfetto. In realtà, le tracce sono sempre lasciate dai
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colpevoli, nonostante siano soddisfatte tutte le condizioni precedenti. I delitti
perfetti esistono allora sono nei romanzi gialli, dove si possono trovare
stratagemmi e situazioni difficilmente riscontrabili nella realtà, dove però
mancano errori investigativi, che possono completamente sviare le indagini
in direzioni opposte a quelle da seguire per avvicinarsi al vero colpevole. Quel
crimine in cui l’autore è individuato in una persona del tutto estranea agli
eventi viene definito “casualmente perfetto”. È emblematico per questo
ricordare il caso di Gino Girolimoni (1889-1961), accusato di essere il mostro
di Roma, il pedofilo assassino che tra il 1924 e il 1927 uccise cinque volte:
quando venne riconosciuto estraneo ai fatti, la sua nomea non l’abbandonò
del tutto, rendendo difficile la sua vita, poiché oltretutto il vero colpevole non
venne mai più ritrovato.
Per concludere, il delitto perfetto è ritrovabile solo in letteratura, dove
esistono molteplici opportunità per giungere a tanto. Così come diceva
Sherlock Holmes: “Non vi sono delitti perfetti, ma solo investigatori distratti”.
Basti pensare al topos narrativo della camera chiusa, che prevede un omicidio
in cui la vittima si trova in una stanza chiusa dall’interno e senza altre vie di
uscita. Tuttavia, anche nella narrativa poliziesca alla fine si cerca sempre di
trovare un modo per riportare l’evento criminale nella realtà, come fece anche
Edgar Allan Poe (1809-1849) in I delitti della Rue Morgue.
In definitiva, è sempre importante tenere presente che non tutto è perfetto,
anche il criminale più attento ha sempre qualcosa da lasciarsi alle spalle.
1.5. La ricerca della verità: in campo con la scienza e la tecnologia
La tecnologia e la scienza hanno da sempre avuto un ruolo molto importante
nello studio del fenomeno criminale e nell’indagine poliziesca e questo lo ha
sempre ricordato uno degli allievi di Lombroso: Salvatore Ottolenghi (1861-
1934), fondatore del metodo scientifico applicato nell’identificazione
personale e delle tracce.
Un altro grande innovatore, un criminale che abbandonò la malavita per
passare dall’altra parte della barricata, è Eugène François Vidocq (1775-1857)
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che fu un altro dei più grandi innovatori delle tecniche criminalistiche, una
delle figure più importanti in cui la storia e la leggenda si amalgamano,
rendendo poco chiara l’autentica fisionomia di questo personaggio. Egli
stesso, dopo essere stato accusato varie volte, nel 1806 divenne informatore
della polizia parigina, dimostrando molta abilità, complice la sua profonda
conoscenza degli ambienti malavitosi e criminali, guadagnandosi il ruolo di
responsabile della Sûreté, costituita da una squadra di poliziotti che si
infiltravano tra ladri e assassini. Dopo la sua carriera, però, decise di dedicarsi
alla raccolta di stesure prettamente attinenti al suo ruolo di responsabile: le
sue memorie divennero famose non solo tra i contemporanei ma anche tra gli
sceneggiatori che ne effettueranno una serie di trasposizioni cinematografiche
e televisive. Convinto, infatti, che il “crimine potesse essere combattuto solo
per mezzo dei criminali”, creò un gruppo speciale di investigatori chiamato
squadra mobile
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, definizione che, com’è noto, è ancora in uso in Italia. Fu un
grande raccoglitore di materiale attinente ai crimini, organizzando un archivio
cartaceo e pittografico che costituisce un corpus di rilevanza fondamentale
per la storia della criminologia e della criminalistica.
Per ciò che riguarda, invece, l’approccio effettuato con metodi scientifici,
bisogna prendere atto che la realtà è un’altra cosa rispetto a quanto proposto
dalla letteratura e dal cinema: sembrerebbe che gli strumenti scientifici siano
in grado di risolvere ogni problema e condurre ogni volta a delle certezze: in
realtà non è così, perché pur essendo sempre precise ed affidabili, anche le
scienze possono presentare un margine di incertezza e di errore. Questo
aspetto è presente non solo nella criminologia e nella criminalistica, ma anche
in tutti i campi in cui sono applicati gli strumenti della scienza e della
tecnologia. L’obiettivo è quello di ripercorrere e prendere in considerazione
alcuni di questi mezzi scientifici applicati alla criminologia e alla
criminalistica, proponendo un excursus strutturato in due blocchi: il primo
inerente alla criminalistica, il quale ha come focus la scienza e la tecnica, con
5
Ufficio della Polizia di Stato italiana, incardinato in ogni questura, cui sono demandati i
compiti di polizia giudiziaria, con la conduzione, dunque, delle attività investigative
finalizzate all’individuazione dei responsabili dei reati ed alla raccolta delle relative fonti di
prova.
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un’analisi approfondita sugli strumenti e i metodi applicati alle indagini, o
quantomeno a come dovrebbero essere svolte, importante per la
comprensione dei capitoli successivi. Il secondo si orienterà sui mezzi
introdotti per cercare di ricostruire la personalità criminale, quindi un’attività
specialistica della criminologia e che ha il suo strumento più evoluto nella
profilazione criminale.
È importante prendere atto dell’importante evoluzione delle metodologie
scientifiche, le quali hanno cambiato radicalmente la possibilità di
un’indagine, ma si deve comunque auspicare che quelle sofisticate tecniche,
oltre a far scoprire un colpevole, possono essere utilizzate anche per liberare
dal carcere un innocente. La scienza investigativa non è una scienza esatta: se
non c’è l’intuizione da cui può scaturire uno stimolo per la ricerca, o una tesi
che potrà essere verificata direttamente sul campo, non sarà sufficiente
seguire un semplice protocollo.
In semplici parole, metodo scientifico e intuizione formano quindi il binomio
perfetto per consentire agli esperti di condurre indagini sempre più precise.
1.6. La scena del delitto
La scena del delitto, anche conosciuta come scena del crimine o dell’evento
delittuoso, è il luogo principale da cui prendono avvio le indagini, sorrette
dalla raccolta di prove e indizi
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necessarie per la ricerca di elementi utili alla
risoluzione del caso. Gli indizi sono degli elementi essenziali per la
risoluzione del caso: qualora tutta l’accusa contro l’imputato venga costituita
solo sulla base degli indizi, si parla di processo indiziario, ovvero una
procedura nella quale l’indizio che si acquisisce e si utilizza non sia provvisto
di tutti gli elementi di certezza che richiederebbe la valutazione del thema
decidendum, cioè l’oggetto della decisione da parte del giudice e pertanto
l’indizio risulterebbe una probatio minor, quindi non sufficiente per il
pronunciamento di una condanna.
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Termine che deriva da indícerie, che significa manifestare; nella giurisprudenza è un
termine che viene concepito come un fatto accertato che può risultare utile al giudice per
risalire alla ricostruzione del caso e all’eventuale risoluzione dello stesso.
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I fatti che si riferiscono all’imputazione, alla punibilità, alla determinazione
della pena o della misura di sicurezza, e in più i fatti dai quali dipende
l’applicazione di norme processuali sono tutti oggetto di prova. È possibile,
inoltre, che vi sia la costituzione della parte civile, di cui i fatti inerenti alla
responsabilità civile derivante dal reato sono oggetto di prova. Le prove
possono essere di tutti i tipi, come ad esempio le prove materiali ed oggettive
che vengono prelevate direttamente sulla scena del crimine dalle forze
dell’ordine e custodite dall’autorità giudiziaria, i rilievi della polizia
scientifica su determinati oggetti o le prove legali come la confessione o il
giuramento. Tuttavia, la prova indiziaria ha per oggetto un fatto diverso dalla
fattispecie costituente il reato, che però rappresenta un mezzo che potrebbe
consentire direttamente di risalire al reato vero e proprio. La stessa, infatti, si
contrappone alla prova storica, cioè quella che vede nel fatto rappresentato il
fatto stesso da provare.
La scena del delitto, così come definito poc’anzi, è il luogo in cui si è
verificato un reato e nel quale possono essere reperite tracce, indizi, reperti o
altre fonti d’informazione che consentono la ricostruzione delle dinamiche
dei fatti accaduti.
Uno dei primi pionieri delle scienze forensi, Edmond Locard (1877-1966), fu
il primo a gettare le basi per l’indagine criminale applicata alla scena del
crimine, costituendo il principio di interscambio, basato sull’assioma “ogni
contatto lascia una traccia” (Elanor Dymott, 2013).
In effetti, in uno dei suoi trattati sulla criminalistica, viene chiarito proprio
questo concetto: un soggetto, attivo all’interno della scena del crimine e
quindi fautore del reato, entra in contatto con un oggetto o un’altra persona e
determina sempre uno “scambio” di prove fisiche. Le tracce lasciate da questo
intercambio, infatti, sono essenziali per risalire ai comportamenti
dell’assassino e della vittima avvenuti sul luogo dell’evento.
Questo, dunque, è uno degli assiomi e dei concetti principali della
criminalistica, scienza che si basa propriamente sulla raccolta degli indizi e
delle prove fisiche.
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Nonostante ciò, oggi la scienza offre una serie di tecnologie che consentono
rilievi precisi attraverso i quali in seguito sarà possibile effettuare analisi
ancora più approfondite. In ragione di ciò, è stato necessario analizzare la
scena del crimine, ma altrettanto importante sarà evidenziare l’importanza
delle varie fasi analitiche condotte sia sul cadavere che sugli oggetti
repertoriati nel luogo dell’evento criminale, fino allo studio del profilo
criminale e quindi fino all’analisi criminologica del caso.
La prima analisi riguarda le condizioni della vittima:
- Il medico legale constata il decesso della vittima;
- Valutazione delle cause della morte;
- Datazione dell’ora e/o dell’epoca
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della morte, in cui i parametri di
valutazione sono il raffreddamento del corpo in relazione alla
temperatura dell’ambiente (frigor), la presenza di macchie ipostatiche,
ovvero i ristagni di sangue (livor) e l’irrigidimento dei muscoli in
seguito alla loro contrazione per modificazioni chimico-biologiche
postmortem (rigor), fase che inizia dopo un periodo compreso tra una
e le tre ore dopo la morte dell’individuo.
Tutta questa serie di constatazioni sulla scena del crimine, e sul cadavere
stesso, sono essenziali al fine di capire l’atteggiamento del colpevole, così da
poter ricostruire l’accaduto. Infatti, ad esempio, nel caso del livor mortis,
determinato dal ristagno del sangue nelle aree declivi del corpo, consente di
capire se il corpo è stato o meno spostato dopo la morte, perché le macchie
ipostatiche risulteranno in un’area diversa rispetto alla posizione del cadavere.
La stessa colorazione del sangue e delle macchie può fornire informazioni
utili: il rosso vivo del sangue potrebbe suggerire che la causa della morte
potrebbe essere l’avvelenamento.
Gli stessi occhi del cadavere dopo poco tempo dalla morte iniziano a cambiare.
In effetti, inizia a formarsi una sottile patina e nell’arco di tre ore si
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La datazione dell’epoca della morte, o Post Mortem Interval, è il parametro principale che
gli esperti devono saper identificare per determinare l’intervallo esatto tra la morte e il
rinvenimento del cadavere stesso.