2
Annibale Ruccello: autore, regista, attore.
Annibale Ruccello nasce a Castellammare di Stabia nel 1956 e si laurea
con il massimo dei voti in filosofia a Napoli nel 1977 con una tesi in
antropologia culturale sulla Cantata dei pastori di Andrea Perrucci. Nel
1978 fonda la cooperativa “Il carro” e in collaborazione con Lello Guida
comincia a muovere i primi passi come autore. Debutta nella
drammaturgia con Le cinque rose di Jennifer che insieme a Notturno di
donna con ospiti e Week-end formano la trilogia che Ruccello chiama
“teatro da camera”. Nel 1985 arriva la consacrazione di Annibale come
autore con l‟opera Ferdinando, con la quale vince due premi IDI: uno
nel 1985 come testo teatrale, e un secondo nel 1986, come miglior
messinscena, allestita personalmente da Ruccello con la splendida
scenografia di Franco Autiero e interpretata da Isa Danieli, musa
ispiratrice e destinataria di questo testo. I suoi ultimi lavori sono
Mamma, piccole tragedie minimali e Anna Cappelli. Morì in un
incidente d‟auto nel 1986.
3
La scelta linguistica di Annibale Ruccello.
Il linguaggio è il vero protagonista delle scene ruccelliane, nella sua
degradazione, nella sua insignificanza, nella sua afasia
1
e, come dichiara
lo stesso autore, è l‟autentica chiave di lettura della sua drammaturgia.
Nelle sue opere Annibale Ruccello opera una scelta linguistica precisa
quella della verosimiglianza ovvero la lingua dei suoi personaggi, per lo
più monologanti, non è un‟invenzione linguistica, ma si disvela come la
lingua che nella realtà parlerebbero persone simili ai personaggi messi in
scena. Per il De Blasi, come in Viviani e in Eduardo, la lingua dei
personaggi ruccelliani non ha i connotati dell‟invenzione linguistica, ma
è quella che nella realtà sarebbe usata da uomini e donne simili ai
personaggi messi in scena; è un linguaggio pieno di risonanze di tonalità
musicali che non può essere ricondotto alla lingua letteraria
tradizionale
2
. Sulla stessa linea anche Patricia Bianchi nota come la
ripresa dell‟ambiente linguistico reale è alla base della scrittura teatrale
di Ruccello; dal suo rapporto con l‟ambiente linguistico del suo tempo
egli trae un linguaggio plurimo mimetico rispetto alla realtà linguistica
1
D. di Bernardo, Dopo Eduardo: la lingua e la "nuova drammaturgia" di Annibale Ruccello,
in Eduardo De Filippo scrittore, a cura di Nicola De Blasi e Tonia Fiorino, Atti della
Giornata di Studio 20 marzo 2001, Università degli Studi di Napoli "Federico II", Napoli,
Dante & Descartes, 2004, p. 294.
2
N. De Blasi, Da Eduardo De Filippo ad Annibale Ruccello in una prospettiva strettamente
filologica, in P. Sabbatino (a cura di) Annibale Ruccello e il teatro del secondo novecento.
Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2009, p. 33.
4
capace di rintracciare la filigrana delle tradizioni popolari tuttavia si
impegna nella sfida di rappresentare la novità che spesso si accompagna
allo smarrimento e al degrado dell‟essere umano
3
. In effetti, ricostruire la
storia linguistica del ventre della metropoli, espressione di cultura e
patrimonio di civiltà, capace di resistere alla pressione della
massificazione, come sottolinea la Di Bernardo, significa denunciare il
vuoto di valori determinato dall‟economia consumistica, nonché
l‟espropriazione violenta della cultura di Napoli.
4
La sfida pertanto è
rappresentare la crisi delle coscienze e delle relazioni umane con uno
stile che deve veicolare emozioni e sentimenti. Il drammaturgo stabiese,
infatti, come sottolinea il De Blasi pur mantenendo la linea di
verosimiglianza della tradizione partenopea, di cui avvertiva la forza e il
peso e nello stesso tempo il fascino della forza rivitalizzante, e pur
collocandosi a ridosso di una tradizione comica, scrive tragedie
5
.
Sebbene Ruccello senta il peso della tradizione dei suoi predecessori,
come Eduardo De Filippo, tuttavia se ne distacca e la sua indipendenza
si manifesta soprattutto nella scelta del genere, quello tragico,
3
P.Bianchi, Il linguaggio della passione nel teatro di Annibale Ruccello: Ferdinando, in P.
Sabbatino (a cura di) Annibale Ruccello e il teatro del secondo novecento. Napoli, Edizioni
Scientifiche Italiane, 2009, pp 78-79.
4
D. Di Bernardo, Il plurilinguismo dei drammi di Annibale Ruccello tra espressivismo e
mimesi, Linguistica e Letteratura, XXXI, 2006, 1-2, pp. 111-48.
5
N. De Blasi, Da Eduardo De Filippo ad Annibale Ruccello in una prospettiva strettamente
filologica, cit. p. 30.
5
collocandosi in quello che è stato chiamato “teatro della malattia”
6
. È
una scelta che lo spinge a mettere in scena l‟androgino, le dinamiche
psicologiche del travestimento in una realtà claustrofobica che, nei
personaggi, ad esempio, di Jennifer e Adriana, sta a significare
attaccamento al proprio ambiente e alle proprie abitudini, uniche
sicurezze che proteggono da tutto ciò che sta fuori. A riguardo è
interessante la prospettiva della Di Bernardo che vede il teatro di
Ruccello basarsi, come quello di de Filippo, sulla poetica della
contrapposizione tra chiuso e aperto e sulla poetica del quotidiano; si
tratta però di una realtà fratturata, scissa, annientata dalla cultura di
massa e dal suo potere di omologazione che ha plasmato gli animi e i
rapporti interpersonali, per cui la lingua è stata degradata unicamente alla
funzione comunicativa, con la perdita totale della forza espressiva
7
.
L‟esterno è avvertito, pertanto, come minaccia e pericolo: le persone
“sono protagonisti in ostaggio di forze che li dominano”
8
e responsabile
di questa aggressione è la società di massa “con il suo linguaggio
miserabile e caricaturale, con la prepotenza dei miti televisivi, con il
falso prestigio dei suoi oggetti di consumo, con la simulazione della
6
C. Giovanardi, Plurilinguismo e antirealismo nel teatro napoletano dopo Eduardo, in
Lingua e dialetto a teatro. Sondaggi otto-novecenteschi, Roma, Editori Riuniti, 2007.
7
D. di Bernardo, Dopo Eduardo: la lingua e la "nuova drammaturgia" di Annibale Ruccello,
cit. p. 289.
8
M. Palumbo, Le “piccole tragedie minimali” di Annibale Ruccello, in “Nord e Sud” n.5
XLVII, settembre-ottobre 2000, pp.112-22.
6
felicità”
9
. Da qui l‟esigenza di rappresentarla mimesi della parola
degradata del popolo di “deportati” che sia baluardo contro ogni
relativistica “reductio ad unum”.
10
L‟opzione fondamentale della verosimiglianza linguistica conduce
inevitabilmente il nostro autore all‟esercizio di un plurilinguismo,
essenzialmente mimetico, fortemente espressionistico
11
attraverso l‟uso
di un linguaggio materico proprio della realtà urbana in cui sovrastano i
toni eccessivi, tipici del parlante napoletano, secondo cui, come già
sottolineava Carlo Mele, “un placido ragionamento di amici prende tutte
le sembianze di una rissa”
12
. Questi toni, dunque, esprimono un
atteggiamento, quello della lingua materica presente, ad esempio, anche
nel personaggio di donna Clotilde, nel Ferdinando, che contrappone la
sua lingua, il dialetto, all‟italiano sentita come una lingua straniera,
barbara, senza storia. Ovviamente è un linguaggio che si oppone alla
letterarietà della lingua tradizionale, imposta con la conclusione del
processo risorgimentale di unificazione linguistica della penisola, ciò ha
fatto pensare che le scelte linguistiche dello scrittore stabiese potessero
essere dettate da uno sperimentalismo, ma come avverte il De Blasi, il
9
Ibidem.
10
D. Di Bernardo, Il plurilinguismo dei drammi di Annibale Ruccello tra espressivismo e
mimesi cit., pp. 111-114.
11
C.Giovanardi, Plurilinguismo e antirealismo cit., pp. 92-93.
12
Carlo Mele, Cenno sulla diritta pronuncia italiana. testo didattico del 1835, Napoli, Dante
& Descartes, 2008.
7
mimetismo linguistico di Viviani, di Pirandello, di Ruccello non deve
essere tacciato di naturalismo piuttosto deve essere visto come la risorsa
di un grande autore
13
e pertanto come afferma Alberto Varvaro, “siamo
davanti ad una mimesi reale che merita elogio e non critica”
14
. Ciò che
qualcuno vede come un indifferenziato compromesso linguistico tra
italiano e napoletano, prende, invece, le forme di un sperimentalismo
polifonico che presenta soluzioni degli usi linguistici differenziate:
momenti dialettali puri; momenti di lingua mescidata al vernacolo;
momenti in cui l‟italiano é riprodotto come lingua degli incolti che
hanno la pretesa di parlare italiano; momenti in cui il dialetto scandisce il
ritmo del parlato scenico; momenti di lingua italiana. Questa
differenziazione degli usi linguistici è funzionale a scandire le varie
situazioni comunicative e ciò accumuna De Filippo a Ruccello: essendo
la gamma linguistica di fatto non uniforme, ma variegata la scelta
linguistica di Ruccello non può essere quello di un dialetto robusto,
uniforme e “chiantuto”, perché essa non sarebbe il riflesso di una realtà
acutamente osservata. In realtà Ruccello affianca al dialetto l‟italiano
proprio perché la realtà linguistica è multiforme, e la differenzazione
delle varietà linguistiche, a seconda delle diverse situazioni
13
N. De Blasi, Da Eduardo De Filippo ad Annibale Ruccello in una prospettiva strettamente
filologica, cit. pp. 48-51.
14
A. Varvaro (a cura di), Opere teatrali in dialetto, in Maschere nude, IV, Milano,
Mondadori, 2007, pp. 1306-07.
8
comunicative, appare come il riflesso di una realtà studiata attentamente.
In tale prospettiva, nota la Di Bernardo, le ambientazioni dei drammi
ruccelliani non son fondali neutri ma cariche di forte pregnanza
simbolica, esse sono funzionali a rappresentare con immediatezza la
sinossi del mondo rappresentato e della realtà urbana contemporanea
15
. Il
drammaturgo stabiese non si abbandona mai ad un codice linguistico che
non sia reale e anche lo stesso spettatore non ha mai l‟impressione di
entrare in un universo comunicativo diverso dalla realtà. Fondamentale,
a questo riguardo, nella sua opera appare l‟insistenza sulla materialità
sonora dei corpi. Per la Di Bernardo, la contrapposizione tra dialetto e
italiano, cultura popolare e cultura dei media è espressione di due
opposte visioni del mondo, assolutamente impossibilitate a comunicare
tra loro e dal loro contrasto nasce la loro cacofonia, tratto linguistico
distintivo di Napoli secondo Ruccello
16
. In un‟intervista
17
da lui
rilasciata, apparsa sulla rivista “Sipario”, egli si considera post-
desimoniano, considerazione da cui emerge l‟attenzione alla corporeità
così pressante che giunge ad una sovversione linguistica, tese a svelare
l‟inquietudine che nasconde la società contemporanea. Nel suo teatro si
15
D. Di Bernardo, Il plurilinguismo dei drammi di Annibale Ruccello tra espressivismo e
mimesi, cit., pp. 111-148.
16
D. di Bernardo, Lingua degradata e grottesco nella drammaturgia di Annibale Ruccello,
in P.Sabbatino (a cura di) Annibale Ruccello e il teatro del secondo novecento. Napoli,
Edizioni scientifiche Italiane, 2009, p.162
17
G.G. e L.G., Una drammaturgia sui corpi, “Sipario”, marzo-aprile 1987, 466, pp.70-74.
9
mostra con evidenza quello straniamento sociale e linguistico che prima
l‟unificazione d‟ Italia e poi il selvaggio modello capitalistico e lo
spersonalizzante processo di urbanizzazione ha provocato nei
personaggi
18
. La Di Bernardo
19
sottolinea che il teatro di De Simone
mette in scena un archivio del repertorio antropologico fiabesco e mitico
napoletano, mentre Ruccello immette al contrario quello stesso mondo
sommerso nel tessuto sociale contemporaneo, svelando in questo modo
l‟inquietudine ontologica e nascosta di quest‟ultimo. Egli non rifiuta
l‟esistenza di un rapporto con i suoi predecessori partenopei, ma sostiene
che questo rapporto si basa sulla riscoperta e riconsiderazione di quella
che può essere stata una scrittura scenica. La scelta, pertanto, riguarda la
tipologia di cosa potrebbe funzionare ancora come l‟adesione al reale, se
essa debba orientarsi al quotidiano, come nel teatro di Eduardo, oppure
alla rappresentazione vivianesca dell‟emarginazione
20
. Il contesto sociale
e culturale in cui vive e opera, un periodo storico in cui la televisione è
entrata nelle case degli italiani e propone modelli di comportamento e un
linguaggio omologato che riduce fortemente l‟espressività, un tempo in
cui la cultura popolare è annientata dalla cultura di massa che ha ridotto
tutta la lingua a lingua comunicativa, con un enorme impoverimento
18
D. Di Bernardo, Il plurilinguismo dei drammi di Annibale Ruccello tra espressivismo e
mimesi, cit. pp. 111-114.
19
D. di Bernardo, Lingua degradata e grottesco nella drammaturgia di Annibale Ruccello,
cit. p. 159.