5
della responsabilità. Il peso e l’onere di respondere al Dio che a
ciascuno di noi rivolge la parola e da ciascuno di noi esige una risposta
sono portati con grazia se intesi nel loro senso liberante e umanante. Qui
si evoca per certi versi il concetto del divenire liberi e soddisfatti
abitatori di questa terra, per usare le parole di Friedrich Nietzsche.
Chi si occupa di educazione - dove sempre più spesso si affronta il
problema della devianza, dove la speranza è diventata una chimera, dove
la sofferenza raggiunge livelli così elevati che lo sconforto coinvolge
anche chi è preposto al delicato compito di umanare l’uomo
1
-
comprenderà il motivo della scelta di Dostoevskij, oggetto principe di
codesto elaborato nonché accompagnatore del percorso attraverso le
inquietudini dell’uomo.
Quale miglior guida di lui che ha sperimentato gli stessi disagi e le
stesse inquietudini dei suoi compagni di prigionia nel bagno penale? Egli
che per formazione proveniva da studi tecnici
2
si troverà a confrontarsi
con l’uomo, che non può essere ridotto a puro termine scientifico.
L’arresto
3
, la condanna a morte, la commutazione della pena in
lavori forzati a vita, segneranno profondamente Dostoevskij e il suo
pensiero. Fermamente convinto che le pene giudiziarie non spaventano
1
Tale espressione la mutuiamo da Ducci. Essa è una espressione di forte impatto. Umanare ha il
significato di aiutare l’uomo stesso a diventare quello che è in potenza.
2
Nell’estate del 1843 termina i suoi studi di ingegneria militare nella Scuola Superiore del genio militare
di Pietroburgo e ottiene un modesto impiego come cartografo in un distaccamento di Pietroburgo. Lo
stipendio è miserabile ed inoltre comincia in questo periodo la sua passione per il gioco; nelle situazioni
più disperate è capace di giocare e perdere migliaia di rubli, dannandosi l'esistenza per far fronte ai debiti,
alle cambiali e agli usurai.
3
Il 25 aprile 1849 viene arrestato per partecipazione a società segreta con scopi sovversivi. Insieme ad
altri venti imputati viene condannato a morte ma lo zar commuta la condanna in lavori forzati senza
termine. La revoca della pena capitale viene comunicata allo scrittore solo sul patibolo (metodo utilizzato
frequentemente a quei tempi); l'avvenimento lo segnerà molto, come ci testimoniano le riflessioni sulla
pena di morte (alla quale Dostoevskij si dichiarerà fermamente contrario) in Delitto e castigo e ne
L'idiota. Graziato della vita, viene spedito in Siberia nella fortezza di Omsk. Dalla drammatica esperienza
della reclusione matura una delle sue opere più crude e sconvolgenti, Memorie dalla Casa dei Morti, in
cui varie umanità degradate vengono descritte come personificazioni delle più turpi abiezioni morali,
sebbene non manchi nell'autore una vena di speranza. I due capitoli dell'Epilogo di Delitto e castigo si
svolgono in una fortezza sul fiume Irtiš, identificabile con Omsk. Dostoevskij viene liberato dalla galera
prima del termine della pena per buona condotta, condannato a scontare il resto della stessa servendo
nell'esercito in alcune città della Siberia, Barnaul e Kuznetsk. In questo periodo gli sono di grande
supporto morale i libri inviatigli clandestinamente dal fratello Michail, tra cui i romanzi di Alexandre
Dumas padre e la Critica della ragion pura di Immanuel Kant. Il 23 gennaio del 1854 termina il periodo di
reclusione e viene assegnato come soldato di prima linea al 7° battaglione siberiano di stanza a
Semipalatinsk, vicino al confine cinese.
6
l’uomo più di quanto lo spaventi la sua coscienza, farà di questo il tema
principale del romanzo Delitto e castigo.
Dostoevskij, scrittore di storie di umiliati e offesi, attingerà a
piene mani dalla sua esistenza, da tutti i ricordi che racconta al fratello
Michaìl nella sua prima lettera dopo la scarcerazione. Ogni personaggio,
ogni luogo rispecchia le sue pulsioni e ambiguità; le speranze e le
sofferenze del popolo raccontano le sue. Paci dirà: “In tutta l’opera
letteraria di Dostoevskij l’uomo appare come un’erma bifronte: male e
bene insieme; con la differenza però, che l’erma è una realtà definitiva,
mentre l’uomo deve continuamente scegliere per l’una o l’altra faccia”
4
.
In questo percorso, cuore del nostro elaborato, scopriremo che
cosa significhi educare alla libertà, intesa come condizione che porta
l’essere umano a rispondere alla chiamata a essere uomo. Sarà appunto
nel sesto paragrafo del primo capitolo che, attraverso Dostoevskij,
scopriremo che ogni scelta, per essere veramente libera, deve compiersi
alla presenza del bene e della sua possibile negazione. Un bene compiuto
senza consapevolezza, dice Platone ne La Repubblica, non ci porterà
necessariamente a vivere una vita buona. Attraverso il mito di Er,
vedremo la conciliazione del binomio libertà/necessità. La vita
dell’uomo è un tentativo continuo di armonizzazione tra dato di fatto e
libertà. Ogni azione, infatti, per essere morale, deve compiersi nella
libertà.
Il male è, come vedremo, il disconoscimento di quel seme divino
che è nell’uomo; è l’annientamento di chi, eliminando Dio dal proprio
orizzonte, perde i contorni e cade nelle braccia della disperazione che
porta molti dei personaggi di Dostoevskij al suicidio. Rimanendo
nell’orizzonte di Dio, l’uomo accetta la sofferenza, la trasforma in
occasione di rigenerazione. La sofferenza in Dostoevskij è mezzo per
arrivare a una vita rigenerata, non, come per la filosofia idealista, un
elemento negativo necessario alla dialettica per una sintesi superiore. La
sofferenza, se accolta, come Cristo ci insegna a fare, può diventare
4
Paci. L’opera di Dostoevskij. Radio Italiana. Torino 1956. 18
7
evento di vita nuova.
Attraverso l’opera di Dostoevskij cercheremo di dimostrare la
sacralità di ogni persona. Una volta riconosciuto tale statuto di sacralità
ontologica, emergerà il dovere di impegnarsi per umanare qualsiasi
uomo, anche il più intriso di ambiguità.
Sarà infine, nel terzo capitolo, analizzato l’uomo come essenza
dialogica a partire dal concetto di creatura umana come Parola di Dio:
Parola parlata parlante
5
che scaturisce nella sua pienezza dal dialogo
vero, espresso attraverso un linguaggio ruvido, esigente, che non scivoli
via facilmente. Deve essere un linguaggio carico di speranza, di apertura
all’infinito. Vedremo come Sonja
6
e tutti i personaggi di fede abbiano,
proprio per il loro orizzonte legato al trascendente, una forte
autorevolezza e incisività.
Nel capitolo conclusivo affermeremo che la piena felicità – già
individuata come finalità dell’educativo nei precedenti capitoli – è
quella legata al concetto di armonia. L’uomo libero è armonico.
Analizzeremo il concetto di armonia in Dostoevskij: un’armonia cosmica
di ampio respiro che richiama le parole di Paolo di Tarso:
“Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad
oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che
possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente
aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.
Poiché nella speranza noi siamo stati salvati”
7
.
Al concetto di armonia si lega quello della bellezza e del
sentimento e dell’influsso che ha questo aspetto dell’essere umano
estraneo alla razionalità. Vedremo come Dostoevskij sia lontano dalla
logica euclidea e come ricerchi per l’uomo uno spazio non dicibile e non
giudicante per entrare in relazione con l’uomo e quindi con Dio.
5
cf. Molinaro. Parola e risposta. La creazione come espressione personale di un significato ontologico
da parte di Dio. in Aquinas XL (1997). 202
6
Sonja è colei che in Delitto e castigo impersona l’auctor che accompagnerà Raskòl’nikov nel suo
cammino di rigenerazione.
7
Paolo (San). Lettera ai Romani, 8,22-25
8
CAPITOLO I
FILOSOFIA DELL’EDUCAZIONE: UNA PROSPETTIVA
I.1 Per un approccio “olistico” della filosofia
“Si può dire che la filosofia è “teoria dell’uomo” in senso proprio
e intensivo: essa è teoria dell’uomo fatta dall’uomo per l’uomo: è
pensiero che non ha altro oggetto che l’uomo, altro punto di vista
che quello umano, altro interlocutore che l’uomo.”
8
Poiché attraverso i tempi è mutata la classificazione dei diversi
campi della conoscenza, il termine “filosofia” ha subito molteplici
slittamenti di significato. Ricorrono tuttavia due costanti nelle
definizioni che, di volta in volta, sono state date della filosofia: la
tensione all’universalità, ovvero il tentativo di strutturare una
conoscenza sistematica che sia la più valida e la più estesa possibile,
capace di indagare tutti gli aspetti dell’essere; la prescrizione di una
saggezza intesa come pratica di vita, ovvero l’indicazione di una
condotta conforme ai risultati di tale indagine. Sorgono, quindi, le
domande: da dove viene l’uomo? Che cosa fa? dove va? Domande
inquietanti che da sempre ci si è posti. Ci si chiederà se queste domande
abbiano ancora oggi un senso così vitale. A tale proposito, e alla luce di
una innegabile modificazione del modo di pensare l’uomo nel novecento,
osserva con rammarico Molinaro:
“Le scienze dell’uomo si sostituiscono alla filosofia dell’uomo
[...] Vi è una vittoria della scienza sulla filosofia, vittoria che ha
in sé la sua giustificazione e che come tale porta alla luce del sole
il carattere di non-verità della filosofia, cioè il suo carattere
8
Pareyson. L’iniziativa morale. Corso di filosofia morale dell’anno accademico 1969-69. Giappichelli.
Torino 1967. 15
9
ideologico, non informativo e ultimamente non conoscitivo. Ormai
le informazioni e le conoscenze dell’uomo sono affidate di diritto
e in linea di principio all’indagine scientifica: non solo in generale
le conoscenze dell’uomo sulla realtà, ma in particolare le
conoscenze sull’uomo: quello che l’uomo ha di sé è prodotto della
conoscenza scientifica. Questa conoscenza è in assoluto l’unica
conoscenza. Al di fuori di essa ci può essere, sì, la filosofia, ma
questa equivale a dire che ci può sempre essere ideologia,
speculazione astratta, credulità, fede, misticismo, religione.
”9
Si assiste alla sostituzione dell’homo sapiens con l’homo faber,
spazzando via la visione di un uomo ricco di anthropine sofia di
socratica memoria.
“la domanda sull’uomo non è più una domanda assoluta e unitaria,
non è la domanda sull’uomo in quanto uomo; ma è una domanda
relativa e molteplice, cioè è un agglomerato di domande le cui
risposte sono relative ai singoli campi o dimensioni o attività
dell’uomo e quindi sono un insieme disparato di risposte”
10
I saperi sull’uomo si sono parcellizzati, sbriciolati: ognuno ci dà
una visione tutta sua e pretenziosa di universalità inerente al proprio
statuto. Abbiamo l’esperto dell’occhio, del cuore, dell’encefalo, del
linguaggio, del pensiero: chi si occupa dell’uomo integrale? Chi è
rimasto esperto di questo?
“L’uomo è dunque tutto ciò che risulta dalla sociologia,
psicologia, economia, politica, ingegneria, cibernetica, ecc. Lo
spazio della filosofia, è così ridotto quasi al nulla. Al massimo
essa può essere filosofia della scienza o delle scienze, cioè
9
Molinaro. Scienze umane, filosofia, etica. in Corso di Morale, Vita nuova in Cristo, I . a cura di T. Goffi
e G. Piana. Queriniana. Brescia 1983. 39-40 (il corsivo è nostro)
10
Molinaro. Scienze umane, filosofia, etica 42
10
giustificazione, organizzazione, unificazione, classificazione delle
varie scienze. [...] Ma quello che in queste considerazioni importa
di più ed essenzialmente è che non si tratta tanto di una
prevaricazione o di un predominio della scienza, finalmente
vittoriosa , sulla filosofia [...]; bensì di una dimissione interna alla
filosofia, una volta che questa ha cessato di essere filosofia in
assoluto o metafisica o ontologia fondamentale, in una parola
filosofia della verità dell’essere. Cessando di essere questo,
necessariamente diventa filosofia delle verità [...] diventa filosofia
regionale, filosofia del genitivo: diventa una scienza accanto ad
altre scienze”
11
Forse il nuovo compito sarà quello di riassegnare alla filosofia il
suo ruolo. La ragione ha vinto sul lato estetico della vita. In nome della
ragione sì è relegato tutto ciò che con queste categorie non si può
spiegare nel campo dell’irrazionale e quindi nel campo del misticismo e
della religione. A questa prospettiva si oppose proprio Dostoevskij, del
cui pensiero questo elaborato vuole trarre le linee portanti. Ne
riportiamo un passo in tal senso emblematico:
“[…] se mi si dimostrasse che Cristo è fuori della verità ed
effettivamente risultasse che la verità è fuori di Cristo, io
preferirei restare con Cristo anziché con la verità.”
12
In una fase epocale, in cui la filosofia ha perso il suo carattere
forte e si abbandona al “pensiero debole”
13
e al relativismo, dove può
fondarsi un pensiero forte sull’umano? È un pensiero che lavora molto
sull'intuizione ma, in osservanza al suo paradigma, si rifiuta di
argomentare e di dimostrare, è un pensiero che non giudica e non prende
11
Molinaro. Scienze umane, filosofia, etica 42
12
Dostoevskij. Epistolario I-II. a cura di E. Lo Gatto Edizioni Scientifiche Italiane. Napoli. 1950. Lettera
a Natàl’ja Dmìtrievna (n.29 Osmk, 20 febbraio 1859) in Epistolario I, 169
13
cf. Vattimo. Credere di credere. Garzanti. Milano 1996
11
partito. Un tale pensiero non dà sicurezza e, pur offrendo notevoli
spunti, ci lascia nello sconcerto. Ci poniamo allora la domanda: ma se
tutto è vero e quindi nulla è vero, che bisogno avremmo di cercare la
verità? Perché, allora, l'uomo folle di Nietzsche
14
si dispera per la morte
di Dio?
Come può una tale filosofia essere capace di sostenere e dare
coraggio all’esistenza dell’uomo, sospeso come un funambolo fra due
insondabili abissi: finito e infinito?
I.2 Filosofia dell'educazione come sguardo sinottico sull’uomo
Quello che abbiamo detto a riguardo della filosofia, vale a maggior
ragione per la riflessione pedagogica; nel tecnicismo pedagogico
perdiamo l’essenza dell’uomo. Ad esso si oppone la prospettiva della
Ducci che rivendica la dimensione esistenziale e l’ampiezza di orizzonti
che è propria della filosofia dell’educazione.
“Si può dire che pedagogia é un sapere qualificato che ha per
oggetto l'educabilità dell'uomo, ossia quella specificità dicibile
anche come attuazione delle potenzialità del suo essere,
perfettibilità indefinibile, avanzamento qualitativo del suo
divenire (verso la libertà, l'alta qualificazione del suo vivere in
ogni vocazione, la felicità), in un contesto primario di rapporto
interpersonale, a cui il termine stesso allude”.
15
Questo passo evidenzia gli elementi costitutivi della pedagogia: è
un sapere qualificato, che si occupa dell’educabilità umana (intesa nella
poliedricità del termine), e che si realizza principalmente in un contesto
interpersonale. Perciò non si può prescindere da una chiarificazione
propositiva sul senso dell'uomo, da una sua Weltanschauung e
14
cf. Nietszhe. Gaia scienza. Adelphi. Milano 1977. 162-164 (aforisma n° 125)
15
Ducci. Voce di “Pedagogia”. in Dizionario di pastorale vocazionale. Rogate. Roma 2002. 864-865
12
Lebensanschauung.
Utilizzando una metafora, potremmo affermare che la pedagogia
tecnica e “impersonale” sarebbe come un musicista che eseguisse
perfettamente dal punto di vista tecnico il suo brano, mancando però del
pathos che dà colore e unicità all'esecuzione.
È in questa direzione olistica ed esistenziale dell’educazione che
si muove lo stesso Dostoevskij
16
. Egli - che per altro non scrisse nessun
trattato sull’educazione, ma affidò le sue riflessioni al concreto muoversi
dei suoi personaggi – ci offre un dialogare mai impersonale, ma intriso
di pathos e di rapporto intersoggettivo. I personaggi vivono di vita
propria, portando il lettore ad immedesimarsi e a vivere il loro dramma.
Egli scalza le comuni credenze: mette i credenti nella condizione di non
credere e i non credenti in quella di credere.
Quella che egli prospetta è una educazione ad ampio respiro, che
sfiora addirittura la “teologia dell'educazione".
L'educativo in Dostoevskij è inserito in un solido quadro di
riferimento antropologico, che a sua volta trova il proprio significato
nella riflessione sul trascendente inteso secondo la rivelazione cristiana.
Svilupperemo la nostra analisi sulla filosofia dell’educazione
inderogabilmente legata ad una apertura al trascendente. L’angolatura
prospettica in cui ci poniamo viene efficacemente espressa da una
affermazione di Braido:
“La prospettiva del rapporto creaturale del finito con l’Infinito
getta una luce di fiducia e di speranza su tutta la realtà umana in
genere e in specie sulla realtà educativa: Questo bambino che è da
educare non è un dio o un semi dio. È un piccolo dono di essere,
fragile e precario, come lo è ogni creatura finita. Ente partecipato
e limitato, il suo non è l’Essere, la sua essenza non è l’esistere. È,
però, fortemente e saldamente piantato con un suo essere
inalienabile sulla roccia incrollabile dell’Essere divino, che l’ha
16
L’autore incarna in modo eccellente quello che Ducci intende quando parla di educazione attraverso un
rapporto intersoggettivo.
13
pensato e amato creandolo.”
17
La cifra è quindi l’amore; l’amore di Dio, l’amore degli uomini:
quello incarnato da Sonja verso i suoi fratellastri, suo padre,
Raskòl’nikov (un assassino). Ama, non giudica e giustifica, anche la
matrigna che la spinge a prostituirsi:
“Mi batteva! Che avete mai detto? O Dio! Mi batteva! E anche se
mi avesse battuta, che ci sarebbe! Via, …che ci sarebbe? Voi non
sapete nulla, nulla…”
18
.
Senza dubbio si può affermare che Dostoevskij si trova in linea
con questa visione educativa aperta al divino. Una tensione che emerge
sovente nel romanzo; per esempio nella preoccupazione della madre di
Raskòl’nikov sul quale teme l’influsso delle idee positivistiche:
“Preghi Dio come un tempo, Rodja, e credi nella misericordia del
nostro Creatore e Redentore? Temo in cuor mio che anche tu possa
essere toccato dall'incredulità oggi di moda”
19
Dostoevskij è fortemente preoccupato della nascita dell’uomo-dio;
il pericolo che la creatura, con tutto il suo carico di misteriosità, voglia
sostituirsi al Creatore sfalsando l’idea della libertà. Perciò ci mostra le
conseguenze che scaturiscono dall’eliminazione di Dio dall’orizzonte
umano. Una volta eliminato Dio tutto è permesso.
“E' sufficiente che sia distrutta, nell'umanità, l'idea di Dio: ecco il
punto su cui far leva! Di qui bisogna partire: ah, ciechi
senz’ombra d’intendimento! Una volta che l'umanità si sarà
distaccata, nella totalità dei suoi membri, da Dio, allora di per sé,
17
Braido.Filosofia dell’educazione. in Enciclopedia delle scienze dell’educazione 5. Pas. Zurich 1967. 18
18
Dostoevskij. Delitto e castigo. Einaudi. Torino 1993. 450
19
Dostoevskij. Delitto e castigo 49
14
senza bisogno di antropofagia, cadrà tutta la precedente
concezione del mondo, e soprattutto la precedente morale, e a
questa succederà qualcosa di assolutamente nuovo. Gli uomini si
consocieranno per prendere dalla vita tutto ciò che essa può dare,
senza avere altra mira che la felicità e la gioia di questo mondo
presente. L'animo dell'uomo s'innalzerà in un divino, titanico
orgoglio, e farà la sua comparsa l'uomo-Dio. Di continuo
trionfando, senza più limiti, sulla natura, grazie alla sua volontà e
alla sua scienza, l'uomo sperimenterà di continuo, in quest'atto
stesso, un piacere così elevato, da potergli tenere il posto di tutte
le sue vecchie speranze nei piaceri celesti”
20
.
Dopo aver affrontato lo statuto della filosofia dell’educazione e
averne riconosciuto un campo d’azione non meramente tecnico, ma
esistenziale, antropologico – grazie anche ad alcune anticipazioni
suggestive della prospettiva dostoevskijana – passiamo ad analizzare le
relative problematiche che da esso scaturiscono.
I.3 Sul diritto di educare
Nel paragrafo precedente abbiamo analizzato quale sia l’oggetto
della filosofia dell’educazione; da tale disamina emerge che l’oggetto è
l’uomo nella sua globalità (non va dimenticata la definizione riportata da
Pareyson, cioè che il soggetto dell’educazione è ancora l’uomo e che tale
filosofia è fatta per l’uomo). Diventa così imprescindibile interrogarsi
sul diritto che abbiamo di intervenire sul nostro oggetto e sulle modalità
per esercitarlo. Il compito principale della filosofia dell'educazione è,
appunto, quello di interrogarsi ed indagare sul se dell'educazione: se
l'uomo possa e debba essere educato.
20
Dostoevskij. I fratelli Karamazov. Einaudi. Torino 1993. 850-851