2
interazioni tra i minori e la navigazione in rete, attraverso un’indagine
statistico-conoscitiva campionaria.
La scelta di tale argomento è motivata dal turbamento generato nell’opinione
pubblica dai recenti fatti di cronaca, che hanno visto protagonisti i minori in
qualità di “vittime” della rete.
Ricerche attuali hanno dimostrato che Internet è in grado di attrarre a sé le
persone e di creare o alimentare comportamenti di dipendenza (sindrome
IAD) con estrema velocità, riuscendo persino a deviare il senso della realtà e
del sé; si evidenzia la tendenza progressiva a passare più tempo con la
tecnologia che con le persone, tanto che alcuni soggetti non riescono, se non
con molta difficoltà, a percepire il limite che separa la virtualità fittizia dalla
realtà, o a passare velocemente dall'una all'altra dimensione.
Lo sviluppo così rapido della tecnologia, ha forzatamente costretto l’uomo ad
una ristrutturazione cognitiva molto veloce per potersi adattare alle nuove
richieste dell'ambiente.
L’uomo analogico si è trovato ad un tratto scaraventato dentro un nuovo
mondo, un mondo così ingannevole che nei suoi meandri e intrecci di reti
interminabili cela anche pericolosi lati oscuri.
Tra questi, forse quello a destare maggiore attenzione è rappresentato dalla
cyber-pedofilia: sembra che solo ora, con l'avvento di Internet, l’opinione
pubblica si fosse improvvisamente resa conto dell'esistenza di questo
3
fenomeno che invece ha radici molto antiche.
L’abuso sessuale nei confronti dei minori è, infatti, sempre esistito, ma quasi
sempre taciuto tra le mura domestiche; erano, e lo sono ancora, i familiari in
primis, amici e conoscenti ad abusare dell’innocenza, ma la rete ha portato
alla luce tutto questo.
Non vogliamo affermare che Internet crea pedofili, che sono tali prima di
navigare on-line, ma che ha dato loro la forza a volte di uscire allo scoperto,
questo sì.
L’ipotesi di partenza è che anche Internet, così come accade nella realtà, può
riservare delle brutte sorprese: il rischio e le trappole per i navigatori più
piccoli e adolescenti sono reali.
Nel primo capitolo, dopo un’analisi delle origini, dell’evoluzione della rete, e
dei diversi servizi da essa offerti, un ampio spazio è dedicato alla
comunicazione mediata dal computer (CMC); sono stati analizzati gli
elementi basilari che caratterizzano questo tipo di comunicazione rispetto alle
forme “tradizionali” (telefonica, scritta, faccia a faccia, epistolare) e
identificate all’interno della stessa due modalità comunicative distinte, quella
asincrona (in differita) e quella sincrona (in simultanea).
Si potrà constatare come la rete si stia sviluppando da molto tempo,
espandendosi con un ritmo davvero impressionante, soprattutto nell’ultimo
decennio, influenzando sempre più aspetti della vita economica, sociale e
4
culturale di ogni paese, che trovano il loro posto all’interno di questo mondo
virtuale.
Il secondo capitolo analizza il mondo virtuale, delineando concetti quali realtà
virtuale, cyberspazio, comunità virtuale; l’analisi si è ulteriormente diretta
all’illustrazione delle recenti teorizzazioni delle modalità di comunicazione in
questo ambito, mettendo in evidenza le varie possibilità di far parte di una
comunità virtuale, presenti all’interno della rete (newsgroup, forum, chat,
MUD), oltre che ad aspetti di notevole interesse (identità in rete, utilizzo del
linguaggio, amore on-line).
Il terzo capitolo è stato dedicato ad un esame delle trappole e dei possibili
rischi che Internet può generare.
E’ stato trattato il problema del computer crime, fornendone oltre che una
definizione, anche una classificazione tipologica (crimini informatici, sociali
ed economici); una certa attenzione sarà riservata, alla fine del capitolo, alla
sindrome IAD (Internet Addiction Disorder) e al delicato tema della pedofilia
on-line.
La ricerca a cui è dedicato il quarto e ultimo capitolo si propone di verificare
l’uso, l’abuso e l’ipotetica dipendenza da Internet, e di analizzare la
percezione dei rischi di pedofilia on-line nell’ambito delle realtà direttamente
esposte a tale rischio (i minori), e da parte di coloro che sono
istituzionalmente deputati al controllo e all’educazione dei più piccoli,
5
soprattutto genitori ed insegnanti.
Nella prima parte del capitolo viene descritto il disegno di ricerca, si
definiscono gli obiettivi, gli strumenti utilizzati, le caratteristiche del
campione e le modalità di raccolta e di codifica dei dati.
Successivamente, vengono descritte nel dettaglio le modalità con cui è stata
condotta l’analisi statistica, e vengono analizzati i risultati ottenuti verificando
se confermano o meno le ipotesi di partenza.
E’ stata rivolta a un campione di minori di età compresa fra i 10 e i 15 anni
per analizzarne i comportamenti durante la navigazione sulla rete.
Partendo dall'allarme pedo-pornografia in Internet, la ricerca è stata voluta per
comprendere tutti i reali pericoli cui sono esposti i minori quando usano PC
connessi in rete, dalla pedofilia alla disponibilità di contenuti osceni o nocivi,
dalle truffe alla violazione della privacy, alla fruizione eccessiva del mezzo.
In occasione della presentazione dei dati emersi, si parlerà degli atteggiamenti
dei minori rispetto alle dinamiche del mondo web, della loro percezione del
rischio e di sensibilizzazione a una navigazione protetta e sicura (temi che
riguardano tutti coloro che sono deputati al controllo e all’educazione dei più
piccoli, genitori ed insegnanti in primo luogo).
6
CAPITOLO 1˚:
STORIA E SVILUPPO DI INTERNET
7
1.1 Terremoto Internet
1
La rete Internet
2
si è sviluppata al momento giusto per concretizzare e rendere
di massa fenomeni che erano potenziali, ma comunque già attivi.
Già nel passato altre tecnologie ebbero un’immagine pubblica felice: ad
esempio l’energia elettrica, ma anche quella “nucleare e politica”;
3
un’intera
generazione intravede nel cambiamento tecnico grandi prospettive di
miglioramento della condizione umana e nei rapporti tra gli uomini.
Con la rete Internet gli entusiasmi sono diversi, perché la situazione sociale è
mutata.
Non c’è lo stesso ottimismo positivista sulle potenzialità innovatrici della
scienza e della tecnica, che fu peculiare del volgere del secolo scorso; c’è
un’atmosfera di sfiducia e di perplessità, perciò differenti sono i caratteri
dell’utopia tecnologica che viene disegnata.
L’individuo è considerato al centro di tutto, come cittadino ma in particolar
modo come consumatore e soggetto economico; di conseguenza l’utopia
proposta riguarda innanzi tutto il singolo e in pratica le possibilità per lui di
personalizzare al massimo le proprie scelte sociali o di consumo.
4
Queste considerazioni riguardano le rappresentazioni ideologiche e troppo
ottimistiche del fenomeno Internet.
1
F.Carlini, Lo stile del Web. Parole e immagini nella comunicazione di rete, Einaudi, Torino, 1999, p.3.
2
Il termine Internet è composto dal latino inter (fra) e dall'inglese net (rete). E’ percepita come la più grande
rete telematica mondiale, ed unisce alcune centinaia di milioni di elaboratori per suo mezzo interconnessi.
3
Ivi, p.4.
8
Ma altrettante, e forse anche più dure, se ne potrebbero rivolgere alla parte
costituita da coloro che nella grande rete ipermediale vedono soltanto
disordine, reati fraudolenti perché consumati elettronicamente, commerci di
perversione o fonti di distruzione, nonché di distruzione della cultura alta e
seria.
5
1.2 La storia di Internet
Secondo la ricostruzione ufficiale, fino ad oggi maggiormente accreditata, la
storia di Internet trova le sue radici nel contesto sociale del dopoguerra,
quando la Guerra Fredda e la competizione scientifica con l’Unione Sovietica
6
spingevano gli Stati Uniti a grossi investimenti nei progetti di ricerca più vari.
In quegli anni furono sovvenzionate moltissime ricerche su applicazioni non
direttamente belliche, ma di cui si poteva supporre una qualche utilità per
applicazioni militari future.
Questa versione dei fatti potrebbe essersi determinata, come scrive Carlini,
7
perché utile a sostenere diversi punti di vista.
Anarchici, libertari e progressisti ravviserebbero nel suo sviluppo fedifrago la
dimostrazione che è possibile sconvolgere, utilizzare con finalità sovversive
4
Ibidem.
5
Ivi, p.43.
6
Il 4 ottobre 1957 venne messo in orbita dall’URRS il primo satellite artificiale, lo Sputnik.
7
F.Carlini, Internet, pinocchio e il gendarme. Le prospettive della democrazia in rete. Manifestolibri, Roma,
1996, pp.23-24.
9
un progetto frutto del potere e delle istituzioni più conservatrici, di cui il
Pentagono può essere assunto come simbolo.
I conservatori, d’altro canto, si servirebbero di questa narrazione per asserire
che anche la Guerra Fredda e l’apparato militare hanno prodotto risultati
profittevoli per la collettività, e per legittimare, a posteriori, gli enormi
investimenti che si sono riversati nella ricerca militare per oltre un quarto di
secolo.
Per comprendere fino a che punto sia arrivato lo sviluppo della rete e per
formulare delle previsioni riguardanti il suo sviluppo futuro, dobbiamo avere
una chiara visione di quello che è stato il suo passato.
1.2.1 Il lancio dello Sputnik
Il lancio dello Sputnik, da parte dell’Unione Sovietica nel 1957, determinò
una profonda umiliazione culturale e politica perché indebolì la sicurezza
della supremazia tecnico-militare su cui era basato l’intero sistema ideologico
americano.
Per superare l’inquietudine, il governo statunitense decise di istituire
un’agenzia che avesse l’incarico di stimolare e sovvenzionare la ricerca di
base in settori che avrebbero potuto avere anche rispondenze militari.
10
1.2.2 L’ARPA
Nel 1958 nacque l’ARPA (Advanced Research Projects Agency), la cui sede
fu stabilita nell’edificio del Pentagono a Washington.
L’ARPA fu dotata di ingenti fondi che servirono a sovvenzionare numerosi
piani di lavoro, in particolare rivolse la sua attenzione a quei progetti di
ricerca di base che, perché molto arditi e dall’esito incerto, non ricevevano
alcun supporto dagli altri istituti di ricerca.
I dirigenti dell’ARPA, spesso reclutati tra i più arguti scienziati del MIT
(Massachusetts Institute of Tecnology),
8
individuarono da subito nella giovane
scienza dei calcolatori un’interessante area di sviluppo.
Un impulso decisivo in questa direzione venne da uno dei più ingegnosi
personaggi della storia dell’informatica: J.C.R. Licklider.
9
Dopo un’educazione da psicologo, Licklider, era passato ad occuparsi di
computer nei laboratori dell’autorevole MIT di Boston.
Il suo interesse si era da subito rivolto al problema delle interfacce uomo-
computer, e al ruolo che i calcolatori avrebbero potuto avere per lo sviluppo
delle facoltà cognitive umane.
Le sue idee su questo tema furono pubblicate in un articolo uscito nel 1960 ed
intitolato “La simbiosi uomo-computer”.
Licklider giunse all’ARPA nel 1962, fu messo alla guida di un gruppo di
11
lavoro chiamato IPTO (Information Processing Tecniques Office), avente lo
scopo di selezionare e sovvenzionare i progetti più interessanti nelle
università e nei centri di ricerca.
Si deve all’intuito di Licklider lo sviluppo di progetti fondamentali per
l’evoluzione dell’informatica, tra i quali ricordiamo i primi sistemi basati sul
time-sharing e sull’elaborazione interattiva.
10
In uno dei suoi memorandum, inoltre, apparve per la prima volta l’idea di una
rete mondiale di computer volta alla condivisione di risorse di calcolo tra
centri lontani.
Licklider rimase all’ARPA solo pochi anni che però bastarono per imprimere
un segno tanto profondo da influenzare tutto lo sviluppo successivo
dell’agenzia.
1.2.3 La RAND Corporation e la commutazione di pacchetto
Dopo essersi resa indipendente la RAND Corporation,
11
divenne nel
dopoguerra uno dei più importanti centri di consulenza (think tank) del
Dipartimento della Difesa.
Nel 1962, Paul Baran, un ingegnere che lavorava nella divisione informatica,
pubblicò un memorandum riservato, intitolato “On distributed
8
Il MIT è un’università statunitense, specializzata nel campo scientifico e tecnologico, situata a Cambridge
(Massachusetts), nelle vicinanze di Boston.
9
http://www.apogeonline.com.
10
Ibidem.
12
Communicationes Networks”, in cui richiamava l’attenzione del mondo
militare su una questione strategica fondamentale: come riuscire a garantire
che il sistema di controllo e comando dell’esercito rimanesse operativo in
caso di attacco nucleare.
12
I sistemi di comunicazione adoperati dall’apparato militare negli anni sessanta
erano basati su alcuni nodi fondamentali collegati da un’unica linea di
comunicazione; la distruzione, da parte del nemico, di uno solo di questi nodi
avrebbe determinato il black-out dell’intero sistema.
L’idea di Baran era quella di realizzare una rete decentrata e ridondante.
I nodi di questa rete, in pratica, avrebbero dovuto avere uguale dignità
gerarchica ed essere i più numerosi possibili per garantire una maggiore
affidabilità del sistema.
La tecnica di trasmissione dei dati proposta da Baran per la realizzazione di
un sistema poderoso, era quella della commutazione di pacchetto, allora
esistente solo a livello concettuale.
Questa tecnica prevedeva che i messaggi da inviare fossero frazionati in
pacchetti digitali di dati che potevano seguire un percorso differente
attraverso il sistema di comunicazione per giungere a destinazione, dove
sarebbero stati ricomposti.
Negli stessi anni, D.W. Davies, un fisico inglese che lavorava al National
11
E’ la principale associazione americana per progetti militari.
12
Ibidem.
13
Psycal Laboratory di Londra, era giunto alle medesime conclusioni pur
partendo da esigenze diverse.
Il suo interesse era la creazione di una rete pubblica veloce ed efficiente, in
grado di connettere con uno switching-system
13
apparecchi, terminali e
computer.
Le intuizioni elaborate da Baran e Davies in sedi diverse ed indipendenti,
confluirono pochi anni dopo nel progetto ARPANET (Advanced Research
Projects Agency Network), la progenitrice di Internet.
1.2.4 La rete ARPANET
Questa prima rete, antenata dell’odierna Internet, fu conosciuta come
ARPANET, dal nome dell’agenzia (ARPA) del Dipartimento della Difesa del
governo americano che sovvenzionò il progetto.
L’idea della rete appartiene a R. Taylor, uno studioso di psicoacustica che in
quel periodo ricopriva il ruolo di direttore del programma di ricerche
informatiche del dipartimento.
L’obiettivo principale del progetto ARPANET era di facilitare l’accesso ai
computer da parte di diversi centri di ricerca.
Si proponeva inoltre di razionalizzare le scarse risorse disponibili: alla fine
degli anni sessanta, i computer erano ancora enormi e costosi che, tra l’altro,
14
utilizzavano sistemi operativi tra loro incompatibili.
Taylor affidò a L. Roberts, un giovane informatico che aveva conosciuto al
MIT, il compito di occuparsi degli aspetti tecnici della rete.
In pochi mesi Roberts elaborò le specifiche del progetto della rete facendovi
confluire molte delle idee rimaste in sospeso per oltre un decennio.
La fase esecutiva del progetto ARPANET prese il via nel 1969.
Dopo una gara di appalto cui parteciparono diversi colossi dell’industria
informatica, l’attuazione dei processori destinati alla gestione del traffico di
rete fu assegnata alla BBN (Bolt Beranek and Newman).
La BBN era una piccola azienda con sede a Cambridge, la cittadina in cui
sorgevano il MIT e l’università di Harvard.
Nel corso degli anni questa piccola azienda si era trasformata in una sorta di
terzo polo universitario, alle cui dipendenze avevano lavorato alcuni tra i più
rinomati ricercatori di quelle grandi università.
I primi due nodi della rete ARPA furono resi operativi alla fine del 1969.
Collegavano con la tecnica della commutazione di pacchetto la UCLA
(University of California, Los Angeles) e lo Stanford Research Institute.
Sia l’ARPA, sia la RAND Corporation, pur non essendo istituzioni militari in
senso stretto, lavoravano con i fondi del Pentagono per soddisfare il bisogno
di sicurezza dei cittadini americani e quello di legittimazione del
13
Davies usa il termine “Packet switching” per battezzare questa tecnologia di trasmissione dati, mentre
Baran aveva descritto la stessa come “Distributed adaptative message block switching” (commutazione
15
Dipartimento della Difesa.
E’ importante sottolineare come, in realtà, l’obiettivo perseguito dal progetto
ARPANET fosse quello di aumentare la produttività e la qualità del lavoro
scientifico nei centri finanziati dall’ARPA, permettendo ai ricercatori di
comunicare e condividere le risorse informatiche.
La vulgata secondo cui Internet sarebbe il prodotto di ricerche per realizzare
un sistema capace di resistere ad un attacco nucleare, dunque, sembra essere il
frutto di un equivoco storiografico, oltre che di una manipolazione.
In un’intervista del 1997, V. Cerf, da tanti considerato il padre di Internet, ha
dichiarato in proposito:
«Quando fu ideata la prima rete, ARPANET, l’interesse nacque da una
necessità di condivisione delle risorse: si volevano collegare i computer di
circa trenta università in tutto il paese dove si studiava informatica e che
ricevevano fondi dall’ARPA. Ciò non aveva niente a che fare con le bombe
atomiche, come si suole fantasticare. Tuttavia, ciò che rendeva interessante la
tecnologia utilizzata - la commutazione a pacchetto - era il fatto che essa
tendesse ad essere molto forte, potente, perché non era centralizzata, ma
viceversa, molto decentralizzata. Sottolineo, dunque, che la prima rete,
“ARPANET”, servì soltanto a creare un collegamento tra i computer di un
gruppo di università. Dopo esserci resi conto che questa tecnologia era molto
distribuita adattiva a blocchi).