12
Il principio generale di non discriminazione ha un valore universale, riguarda ogni persona e,
come tale, è affermato nelle norme di diritto internazionale fin dalla Dichiarazione
Universale dei Diritti dell’Uomo adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10
dicembre 1948.
Lo stesso principio è sancito dall’art.3 della Costituzione Italiana, ove si afferma che “tutti i
cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e
sociali”. Apre con le parole che seguono un articolo che tratta dell’urgenza di un
atteggiamento più attento alle minoranze di orientamento sessuale da parte delle istituzioni e
dei produttori televisivi:
Italia, 2009: 8 omicidi e 65 violenze e aggressioni, regolarmente denunciate, ai
danni di persone omosessuali. Le cifre parlano chiaro: ancora oggi l’omofobia
è una terribile realtà che esiste e va assolutamente combattuta
2
.
Ecco perché in un periodo in cui il clima di paura e avversione irrazionale nei confronti di
gay, lesbiche, bisessuali e transessuali si fa sempre più pesante, è indispensabile portare
avanti un forte impegno attraverso un’azione educativa che promuova la cultura del rispetto
reciproco. Pregiudizi sessuali e stereotipi sono così diffusi nella nostra società che spesso
comunicatori e politici sono a loro volta disinformati e impreparati ad affrontare questi temi.
Omosessualità e transessualismo stanno diventando sempre più visibili all’interno della
nostra società. Parallelamente a una diffusione di informazioni distorte e parziali da parte dei
media cresce la curiosità ma anche l’intolleranza verso le diversità sessuali e i casi di
bullismo omofobico nei contesti scolastici, con conseguenze anche gravissime per chi ne è
fatto oggetto e per la società nel suo insieme.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, proclamata a Nizza nel dicembre del
2000, già recepita dal Parlamento italiano, riconosce il diritto a tutti di costituire una
famiglia. All’art. 9 distingue in modo chiaro il diritto di sposarsi da quello di costituire una
famiglia e all’art. 21 introduce l’orientamento sessuale fra le cause di discriminazione da
combattere. Il Parlamento Europeo ha più volte sollecitato “gli Stati membri che non vi
abbiano già provveduto ad adeguare le proprie legislazioni al fine di riconoscere legalmente
la convivenza al di fuori del matrimonio indipendentemente dal sesso”; e questo rileva la
2
Muriel Doz sul quotidiano on-line gaynews: http://www.gaynews.it/view.php?ID=83513
13
necessità di compiere rapidi progressi nell’ambito del riconoscimento reciproco delle varie
forme di convivenza legale a carattere non coniugale.
Nonostante ciò, oltre alla Grecia e all’Irlanda, l’Italia è rimasta l’unica nazione europea a
non offrire nessun riconoscimento legale alle coppie di fatto, facendo registrare a tutti gli
effetti un vuoto normativo.
Matrimoni e coppie di fatto gay in Europa (fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Unione_civile)
L’apprendimento del concetto di differenza, della sua accettazione o del suo rifiuto, avviene
tramite il linguaggio e i rapporti sociali: ossia nella vita quotidiana. Tuttavia le nostre
identità e atteggiamenti si strutturano anche attraverso le diverse forme di mediazione
simbolica dei prodotti culturali (senza distinzione tra il sublime e l’arte popolare). In pratica
noi siamo i romanzi che leggiamo, le canzoni che amiamo, le fiction che seguiamo, le teorie
scientifiche che apprendiamo e molto altro. Il significato che diamo ad un certo gruppo
sociale è influenzato anche dai media e, ahimè, anche dalle voci meno attendibili che a volte
contribuiscono alla costituzione dei nostri atteggiamenti. In alcuni ambiti, in cui virilità e
machismo sembrano essere le colonne portanti, si sono riscontrate ultimamente le
dichiarazioni che più confermano la percezione stereotipata dell’omosessualità, si leggano a
proposito le parole di Marcello Lippi c.t. della Nazionale italiana di calcio:
14
“Credo che, tra i calciatori, gay non ce ne siano. In quarant’anni di carriera non
ne ho mai conosciuti, né mai me ne hanno raccontato [...] Non escluderei mai un
gay dalla Nazionale, ma penso sarebbe difficile, per come siamo fatti noi
giocatori, che un calciatore possa vivere la sua omosessualità in maniera
naturale.”
3
Negare che l’omosessualità possa essere presente in un determinato ambiente è espressione
di un luogo comune che trova le sue radici in una cultura omofobica. Tali dichiarazioni
hanno la capacità di orientare le opinioni di migliaia di persone in due modi: suggeriscono da
una parte alla maggioranza che non ci possono essere “diversi” tra loro, dall’altra tentano di
dissuadere gli omosessuali dall’aspirare ad entrare in quel mondo, “per il loro bene”. Mi
sembrano particolarmente efficaci gli strumenti proposti da Teun A. Van Dijk nel suo saggio
suoi “nuovi razzismi”:
Sembrano “semplici” discorsi molto distanti dalla violenza aperta e dalle
segregazioni forzate del vecchio razzismo (nel nostro caso omofobia). Eppure
potrebbero essere abbastanza efficaci da marginalizzare ed escludere le
minoranze
4
.
Marcello Lippi vuole essere democratico e rispettabile, dunque, prima di tutto, nega di fare
delle discriminazioni e poi si mostra comprensivo e paterno. Attua prima quella che Van
Dijk chiama negazione apparente: “Non escluderei mai un calciatore dalla Nazionale” e poi
aggiunge con una apparente comprensione: “Penso sarebbe difficile che un calciatore possa
vivere la sua omosessualità in maniera naturale”. Con negazione apparente Van Dick
intende dire non si intende che il parlante stia intenzionalmente mentendo, ma il suo discorso
è strutturato in modo tale che il valore negativo della frase venga fuori dall’insieme del
discorso così che la sua figura non ne risulti macchiata. Non sto proponendo Marcello Lippi
come istigatore all’odio omofobico, in quanto non si esprime apertamente con odio (direi
piuttosto con ingenuità) ma dimostra quanto bassa sia le soglia in Italia che non può essere
superata senza provocare una reazione sociale. Infatti l’accettabilità sociale
dell’omosessualità nel nostro Paese è vincolata a forti caratteri esteriori: ossia non deve
3
Cannavaro e Lippi sui gay: insurrezione popolare, su Tutto Sport
http://www.tuttosport.com/calcio/mondiali_2010/2009/01/07-14251/Cannavaro+e+Lippi+sui+gay:+insurrezione+popolare
4
Van Dick T., Nuovi razzismi: un analisi fondata sull’analisi del linguaggio, in Tota A. L., Gender e media, Meltemi, Torino,
2008, p. 7.
15
essere visibile (si veda più avanti il sondaggio di Eurispes 2009 sulla percezione
dell’omosessualità).
Nel presente elaborato la mia attenzione sarà focalizzata nel cercar di capire cosa i media
possono fare per diffondere valori e pratiche educative atte a prevenire, contrastare e ridurre
il pregiudizio sociale verso le persone omosessuali, promuovendo azioni di contrasto ad
atteggiamenti di bullismo omofobico. Televisioni, radio e carta stampata nel nostro paese,
infatti, tendono spesso ad usare termini discriminatori, a descrivere in maniera stereotipata le
persone omosessuali e a promuovere in questo modo pregiudizi verso tali persone.
Sembra un piccolo passo avanti rispetto al tabù omosessuale il messaggio del 13 novembre
2009 rivolto dal ministro Mara Carfagna ai media, in cui critica l’utilizzo “strumentale e
stereotipato dei diversi in spettacoli di intrattenimento come i reality show”. Il ministro ha
affermato nel corso della conferenza stampa consultabile online
5
:
“Nella lotta al pregiudizio contro gli omosessuali e i transessuali, abbiamo
bisogno della collaborazione dei mezzi d’informazione: per noi le differenze
non contano, ma per combattere gli stereotipi serve anche l’aiuto dei mass
media, che invece li utilizzano per fare audience”.
La mancata ricerca, da parte di alcune fasce della popolazione, di fonti alternative di
informazione, non permette di mettere in discussione quella visione della società ben
rappresentata dalle dichiarazioni di Marcello Lippi, che viene data come l’unica possibile.
Diffondere, attraverso i media, messaggi non rispettosi delle diversità, da un lato favorisce
atteggiamenti di intolleranza e violenza, dall’altro fa sentire le persone appartenenti alla
minoranza come degli outsider.
In ambito scientifico, il costruttivismo e la fenomenologia ci hanno insegnato
che noi siamo anche le parole che ascoltiamo. Le parole nutrono e sostengono le
identità individuali (ma anche quelle collettive) e ci sono messaggi che fanno
ammalare: ascoltarle a lungo può portare le persone a credere di sé e di altri
cose che altrimenti non le sfiorerebbero nemmeno.
6
L’associazione A.GE.D.O., costituita da genitori, parenti e amici di omosessuali, che si
impegnano per l’affermazione del diritto all’identità personale, mette in rilievo, sul suo sito
5
http://www.governo.it/GovernoInforma/Multimedia/dettaglio.asp?d=52575
6
Tota A. L., Gender e media, Meltemi, Torino, 2008, p. 7.
16
“Educare al rispetto”, l’effetto della discriminazione che viene peggiorata da un sistema
mediatico impreparato:
Gli adolescenti omosessuali apprendono ed introiettano i significati negativi
circa l’omosessualità dal contesto sociale. L’omofobia interiorizzata, come
viene definita, è l’insieme di sentimenti e atteggiamenti negativi verso le
caratteristiche omosessuali in se stessi (e verso l’omosessualità nelle altre
persone) da parte degli stessi omosessuali. Le persone omosessuali, nel corso
dei processi socializzativi, sono continuamente esposte a frasi di denigrazione
dell’omosessualità ed essendo particolarmente ricettivi al tema apprendono, e a
volte si convincono apertamente, che “le relazioni omosessuali sono sbagliate”,
che “tra due uomini o tra due donne non può esistere l’amore”, che “la vita dei
gay è destinata alla solitudine e alla miseria”, che “dichiararsi è una cosa da
esibizionisti” e che “l’ambiente omosessuale è squallido”
7
.
Stereotipizzazione e discriminazione non possono che generare degli effetti che ricadono
indistintamente su tutte le componenti della società. I media svolgono un ruolo centrale nella
questione che abbiamo delineato e hanno un grande potenziale che può essere usato anche in
senso positivo, per promuovere inclusione sociale. I giornali e le televisioni potrebbero, ad
esempio, avere un ruolo interessante nel fornire spazi per accrescere la comprensione dei
cambiamenti di opinione che nel mondo si stanno verificando anche rispetto
all’omosessualità. Solo da poco MTV Italia trasmette Little Britain, uno show comico a
sketch prodotto nel Regno Unito, che costringe a familiarizzare con le minoranze tramite un
irriverente politically incorrect. Il programma si permette di fare dell’ironia su tutte le
categorie passibili di discriminazione: dai disabili agli obesi passando per le altre “razze”,
esaltandone i tratti stereotipati che la gente in genere vede per primi.
Tra i personaggi della serie più imitati dai ragazzini nelle scuole troviamo il paranoico ed
eccessivo Daffyd, che pensa di essere l’unico gay in Galles e mostra col suo bizzarro
comportamento tutte le difficoltà incontrate dagli omosessuali nell’accettare se stessi e la
propria comunità
8
. Il programma usa un tono ironico tipicamente inglese, in Italia
considerato troppo trasgressivo, apprezzabile solo da una ristretta fascia di pubblico.
Programmi come questo indicano però che sono diverse le vie che si possono seguire per
7
Il sito di A.ge.d.o raccoglie una esaustiva raccolta di strumenti di comprensione delle identità omosessuali in lingua italiana:
http://www.educarealrispetto.org/approfondire/accettarsi.asp
8
I fan di Duffyd hanno organizzato una sezione a lui dedicata su youtube:
http://www.youtube.com/view_play_list?p=3297B5AA0218379C&search_query=duffyd
17
sensibilizzare e spiazzare l’opinione pubblica rispetto ad una visione provinciale del mondo.
Per questo motivo si rende necessaria una varietà interna dei media che renda possibile
l’espressione di ciascuna identità e la sua visibilità. La qualità di tali rappresentazioni è in
questo momento più che mai importante, se si considera l’effetto catastrofico che una brutta
generalizzazione ha provocato sull’immaginario collettivo. Nella raccolta di testi sul genere
e i media Anna Lisa Tota si interroga su un’etica possibile:
Esiste un immaginario sostenibile, cioè un immaginario costituito da collezioni
di immagini tali da non contribuire né alla strutturazione né alla conservazione
di formazioni ideologiche discriminanti come il razzismo, il sessismo, o
l’omofobia?
9
Nel report Media diversity in Europe prodotto dall’Advisory Panel on Media Diversity
(2002), gruppo di lavoro che fa capo al Consiglio d’Europa, istituito nel giugno 2000 con
l’obiettivo di monitorare sugli sviluppi riguardanti le aree del pluralismo della diversità nei
media, emerge l’importanza del servizio pubblico televisivo nel garantire una corretta
visibilità delle minoranze. Ramón Prieto Suárez (Media Division, Directorate General of
Human Rights, Council of Europe) afferma che:
Considerato il quasi monopolio dei broadcaster televisivi nel mondo, il ruolo
giocato dal servizio pubblico è cruciale per controbilanciare le visioni e
garantire un pluralismo orientato alla coesione sociale e democratica
10
.
Nel report viene specificato che il pluralismo e la libertà di informazione implicano che tutti
i cittadini abbiano la possibilità di accedere ad una varietà di informazioni, principalmente
opinioni e idee, ma in un contesto più ampio, anche ad una vasta gamma di aspetti ed
espressioni culturali. La cultura, infatti, si spiega nel report, influenza la società in modo
sottile, intessendo le basi sulle quali poi vengono costruite le nostre opinioni e identità.
Sembra importante ostacolare l’omologazione delle fonti informative (che conducono verso
il conformismo) e mirare, invece a favorire l’espressione nei media di prospettive e opinioni
alternative in modo da bilanciare le rivendicazioni ultraconservatrici. Le rivendicazioni
difensive scaturiscono nei gruppi maggiormente privilegiati, che cercano di proteggere i loro
interessi, manifestando forte chiusura e tentando di arroccarsi all’interno della propria
tradizione in modo da difendersi dai gruppi da cui si sentono minacciati. Questo tipo di
9
Tota A. L., op. cit., p. 8.
10
Ram n Prieto Su rez in: Introduzione ad advisory panel on media diversity
http://merlin.obs.coe.int/iris/2003/3/article5.en.html