I.1 Le origini classiche e orientali
La novella, a differenza di altri generi di componimenti, che
riconoscono dalle letterature classiche le loro origini, materiali,
norme e atteggiamenti, cominciò a svolgersi ed a fiorire nelle
diverse regioni dell’Europa dal XII secolo in poi.
Anche se a prima vista potrebbe sembrare che questo nuovo
genere nasca indipendentemente dagli influssi greco-latini, gli
autori lasciarono comunque disseminate, possiamo dire
incidentalmente, tracce di antichi modelli, i quali sebbene non
ignorassero del tutto alcune forme di novella e di fiaba, sparsero i
primi semi del genere della narratio brevis.
Per quanto concerne la letteratura greca, gli esempi più
concreti si evidenziano nella cosiddetta fabula milesia risalente
ad Aristide di Mileto, scrittore greco vissuto nel II secolo a.C. Si
tratta di storie dal contenuto erotico tradotte in latino da Sisenna,
ma lo stesso Apuleio, che assieme a Petronio è il rappresentante
di maggior spicco del genere nella letteratura latina, nell’incipit
del suo capolavoro, L’asino d’oro, afferma: "Ecco! In stile
milesio voglio per te, o lettore intrecciare varie favole".
1
1
Apuleio, Le Metamorfosi, o L’asino d’oro di Apuleio, a cura di Claudio
Annaratone, Rizzoli, Milano 1998, p. 25.
3
In realtà, sia Apuleio che Petronio non organizzano le
novelle all’interno di una cornice-contenitore alla maniera del
Decameron di Boccaccio, nel quale le novelle sono le vere
protagoniste, ma le inseriscono come digressioni dal filone
principale. La storia principale nelle Metamorfosi di Apuleio, per
esempio, è quella di Lucio; all’interno di essa viene narrata da un
personaggio secondario la favola di Amore e Psiche o quella
della giovane moglie e della botte (ripresa da Boccaccio nella
VII, 2 del Decameron). Altro modello di novella lo possiamo
trarre dal Satyricon, con quella celebre della Matrona di Efeso,
dove il tema dell’incontinenza sessuale femminile la fa da
protagonista, ed è una tematica che sarà sfruttatissima nelle
novelle medievali. Sul piano dei contenuti più che su quello della
forma, si affacciano filoni che a partire da Boccaccio saranno
inquadrati in un modello più definito: il marito ingannato, la
beffa, l’infedeltà della donna, ecc.
Il genere però non ancora codificato porta ad affermare che
probabilmente l’origine della novella deve ben poco all’area
occidentale.
A quali influssi ed esempi, dunque, deve i suoi inizi la
novellistica medievale?
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Se gli scrittori classici trascurarono di “inventare” e
raccogliere quei racconti adatti al volgo, mostrarono per essi una
particolare predilezione i popoli orientali che, prima e dopo l’era
volgare, raccolsero ed in parte inventarono narrazioni di ogni
sorta, collegate il più delle volte fra loro da un racconto più
ampio.
L’enorme diffusione della letteratura orientale presso i
diversi popoli andò incontro ad ampie rielaborazioni, poiché i
racconti, il più delle volte, spogliati della loro caratteristica
moralità, venivano adattati alle idee, alla religione e ai costumi
delle regioni in cui si diffondevano.
La sua rapida propagazione avvenne facilmente grazie alla
trasmissione orale dei racconti che venivano man mano tradotti in
base alle esigenze e alla cultura del popolo, e così moltissimi
libri, scritti intorno al VI secolo nella lingua sanscrita, iniziarono
ad essere conosciuti in Europa non più tardi del XII o del XIII
secolo attraverso le molteplici versioni latine, francesi e
spagnole. In modo particolare subirono questo “mutamento” tre
opere indiane contenenti novelle, che si diffusero per l’Europa
durante il Medioevo: Vita di Barlaam e Josafat, il Libro di Calila
e Dinna e il Libro dei Sette Savi.
5
La Vita di Barlaam e Josafat venne tradotta in latino intorno
al X secolo, penetrando nelle più famose raccolte agiografiche
del Medioevo, come per esempio la Legenda aurea di Jacopo da
Varazze.
Il Libro di Calila e Dinna tradotto in greco da un certo
Simeone nel XI secolo, e nel XIII secolo da un anonimo
spagnolo, prese il titolo di Novus Esopus nella traduzione in
prosa latina dell’italiano Baldo nel 1313.
Né minore fortuna ebbe, nel suo passaggio dall’Oriente
all’Europa, il Libro dei Sette Savi, poichè venne una prima volta
tradotto dal siriano in greco da Andreupulo sulla fine del XI
secolo con il titolo poi di Syntipas, e poi nel 1253 in spagolo.
Intorno alla metà del XII secolo spiccava la figura di
Giovanni di Alta Selva, un monaco lorenese, che attingeva
proprio dal Libro sei Sette Savi la fonte del suo romanzo De rege
et septem sapientibus, scritto in prosa latina.
I diversi racconti che erano raccolti in un’opera non
rimasero sempre fissi nel quadro generale in cui erano stati
inseriti, infatti molto spesso i racconti originari furono sostituiti
con altri, arricchendo così man mano il patrimonio novellistico.
6
Le nuove narrazioni hanno origine dunque da precedenti
storie orientali, ma non sono da escludere le fonti derivanti dalle
tradizioni popolari che si erano venute a formare nel corso dei
secoli.
La divulgazione delle novelle era affidata alla tradizione
orale, che rispetto a quella scritta dava ai racconti la possibilità
di diffondersi molto più velocemente e di conservarsi a distanza
nei secoli. Attraverso la trasmissione orale, che comportava una
veloce propagazione delle narrazioni, la tradizione popolare e la
corrente letteraria orientale s’intrecciarono e si alimentarono
reciprocamente, con uno scambio di produzioni passando man
mano dalla tradizione orale all’affermazione nella scrittura con la
nascita di qualche raccolta di novelle, come per esempio la
novella indiana Panciatantra, che venne unita alle avventure del
greco Ulisse nella caverna di Polifemo.
Il passaggio delle narrazioni dall’Oriente in Europa fu
facilitato dai frequenti e molteplici contatti e gli scambi fra le
popolazioni d’Oriente e quelle d’Occidente, che avvenivano sia
per ragioni politiche e commerciali, sia per opera delle Crociate e
dei numerosi pellegrinaggi che avevano luogo in Terra Santa.
7
Tutto ciò dimostra come dalle redazioni greche o arabe di
libri originariamente indiani trassero origine altre traduzioni in
lingue note ai popoli europei, ma è importante spiegare che
anteriormente al XII secolo alcuni scrittori occidentali trassero
ispirazioni e materiali per le loro opere, ricorrendo direttamente a
fonti arabe non ancora tradotte, oppure attingendo alle tradizioni
orali.
Ricca di novelle ed importante nella storia della novellistica
medievale è la Disciplina clericalis di Pietro Alfonso, un ebreo
spagnolo nato intorno al 1062 e convertito al cattolicesimo nel
1106. L’opera si può considerare come uno dei più solidi anelli di
congiunzione fra le letterature orientali e occidentali, e ha lo
scopo di ammaestrare gli scolari e di avviarli alla conoscenza
della buona morale. Secondo diversi studiosi, Alfonso derivò le
sue narrazioni, fra le quali ventotto sono delle novelle, in parte da
fonti orali e il maggior numero dal Calila, dal Barlaam e da
favole arabe, ma nonostante la sua scarsa originalità questa
compilazione apparve nuova e istruttiva alle popolazioni
medievali, tanto che godette di una immensa fortuna. Divulgata
per tutta l’Europa nella sua veste latina, in numerosi manoscritti,
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fu anche ridotta in prosa e in versi francesi; i singoli racconti
furono così riprodotti e imitati in opere di ogni lingua e nazione.
Queste erano le principali raccolte di novelle conosciute in
Europa tra l’XI e il XIII secolo, quando di esse si impadronirono
predicatori, letterati e giullari. Per opera di costoro l’antico
patrimonio novellistico, mentre da un lato fu diligentemente
esplorato e sfruttato, dall’altro fu notevolmente accresciuto con
nuove invenzioni e narrazioni di vita reale ricca di episodi
singolari e piacevoli, che si prestavano ad assumere forma di
novella, con un grande uso delle opere dell’antichità classica e
della letteratura cristiana, intese a ricercarvi racconti di ogni sorta
che potessero ammaestrare e dilettare.
I.2 La novellistica medievale
L’antichità classica non aveva elaborato grandi modelli di
racconto breve, a differenza del Medioevo, che aveva elaborato
alcune sue proprie e diversificate forme di narratio brevis, di tipo
esclusivamente agiografico, religioso e morale, nei primi secoli e
naturalmente in latino.
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La narratio brevis trasmessa dalla cultura classica assume
nella cultura medievale nuove forme e va incontro a nuovi
percorsi che hanno in comune, sul piano formale, proprio la
brevitas che la distingue da altri tipi di narrativa.
Alle origini della novella non si ha una forma specifica di
narrazione breve, ma una molteplicità di forme e soprattutto di
fonti.
Per riuscire a capire come si è sviluppata la novella italiana e
quali sono stati gli elementi che hanno portato alla nascita e alla
configurazione di questo genere letterario, bisogna partire dal
racconto mediolatino e dal romanzo, poiché la novella stessa si
pone alla confluenza di una tradizione molto vasta e molto ricca.
Richiamando la definizione latina dei genera narrationum, i
trattati di retorica medievali, eredi della retorica di Cicerone
2
,
distinguono all’interno del racconto letterario centrato sulle cose
e sul mondo, la fabula, l’historia e l’argumentum.
3
L’historia riferisce eventi storicamente reali, racconta
ovvero un evento reale con la massima verità e ha come finalità
quella di docere.
2
In modo particolare il riferimento è al De Inventione e alla Rethorica ad
Herennium a lui attribuita.
3
Enrico Malato, La nascita della novella italiana: un’alternativa borghese alla
tradizione cortese in La Novella italiana Atti del Convegno di Caprarola, 19-24
settembre 1988, Salerno Editrice, Roma 1989, p.10.
10
L’argumentum riferisce eventi inventati ma verisimili, aspira
a interessare il pubblico alla verità ricavabile dal racconto e ha
come fine quello di movere, cioè di persuadere il pubblico in
ascolto sul fatto narrato.
La fabula ha come programma quello di riferire eventi
inverosimili e di intrattenere il pubblico.
Da questa incursione nella trattatistica dei genera
narrationum possiamo ricavare gli elementi caratteristici del
racconto medievale: la brevitas che indica la durata del racconto
che deve essere visto come un unità; la delectatio, cioè
l’intrattenimento del pubblico facendolo divertire; la linearità che
prevede un’azione narrativa che si svolge in progressione lineare,
comprendente un inizio, un mezzo e una fine, senza interruzioni;
la veritas, che è il senso espresso dalla narrazione, che in questo
caso sarà semplicemente mondano e non storico, morale o
religioso.
Queste caratteristiche tipiche della narratio brevis si
riscontrano in un genere molto diffuso e importante, soprattutto
dal punto della predicazione cristiana, in questi primi secoli del
Medioevo: l’exemplum.
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L’exemplum è un racconto breve, che può essere un
aneddoto, una parabola o una sentenza sviluppata narrativamente,
inserito in un discorso più ampio che ha la funzione di
convalidare, attraverso il fatto narrato, la verità affermata dal
predicatore. È la forma narrativa che forse più di ogni altra, dal
XII al XIV secolo, domina il panorama culturale romanzo.
La sua diffusione è collegata ai modi stessi della sua
produzione e della sua fruizione, molto importante è il suo fine
didascalico e morale, infatti pur essendo praticato spesso dai
primi padri della Chiesa e raccomandato da s. Gregorio Magno
(che per primo volle, coi suoi Dialoghi, arricchire la Chiesa di
una raccolta di esempi morali), venne abbandonato per vari
secoli, nel periodo di decadenza dell’eloquenza sacra, ma risorse
poi nel XIII secolo più vigoroso che mai, con la fondazione dei
grandi ordini religiosi di san Domenico e san Francesco.
4
Come narrazione breve l’exemplum deve sottostare a delle
regole di composizione: innanzitutto la brevitas; l’auctoritas,
ovvero l’autorevolezza della fonte dalla quale si dichiara attinta
l’informazione del fatto che viene narrato; la veritas, l’autenticità
4
Lucia Battaglia Ricci, Novelle italiane il Duecento e il Trecento, Garzanti, Milano
1993.
12
del fatto come realmente accaduto e storicamente provato; e
infine la delectatio.
Nella stesura di un exemplum era molto importante
osservare queste regole, perché in questo modo il predicatore si
assicurava la fluidità del testo, che poteva essere inserito in
qualsiasi contesto narrativo.
Lo scopo dell’exemplum era quello di giungere velocemente
al sensus morale del racconto, e in questo modo la narrazione
risultava essere priva di ogni dettaglio, dall’ambientazione storica
o geografica, al profilo fisico e psicologico dei personaggi, e
questo comportava una minor cura del registro stilistico e
linguistico, anche perché gli exempla erano “dedicati” non a
persone «altae sapientiae» ma piuttosto a uditori «minoris
intelligentiae».
5
La narrazione, per la necessità di adattarsi alla scarsa cultura
e intelligenza dell’uditorio, sembrò il mezzo più efficace per
spiegare alle rozze menti degli ascoltatori i precetti esposti e
mantenere viva la loro l’attenzione.
Grande scrittore di esempi fu Jacopo da Vitry, nato in
Francia nel 1180 e morto in Italia nel 1240, che scrisse vari
5
Enrico Malato, La nascita della novella italiana: un’alternativa borghese alla
tradizione cortese, cit. p.17.
13
racconti e vere e proprie novelle: Sermones de tempore e
Sermones vulgares. Conoscitore del greco e dell’arabo, dotato di
ampie conoscenze letterarie e dell’esperienza acquistata nei suoi
numerosi viaggi in Europa, Egitto e in Palestina, poté
memorizzare un gran numero di racconti appresi da svariate
fonti, sia orali che scritte.
Dopo Vitry, l’uso dei racconti nelle prediche divenne
sempre più largo e comune in Europa, fino a che, diminuendo
sempre più l’ardore della fede e l’ispirazione oratoria, si giunse
all’abuso dei motti e delle situazioni oscene, che furono subito
condannate e proibite dal mondo ecclesiastico.
L’oscenità in una novella era però l’elemento che più
attirava l’attenzione del volgo, arrivando al punto di crearne delle
vere e proprie forme allegoriche.
In questi primi anni del Duecento si dà inizio alla creazione
di racconti che non si divulgavano singolarmente, ma erano
protagonisti di intere collezioni in lingua latina, la lingua usata
dagli uomini di Chiesa e molto diffusa in Europa. Il più delle
volte però si raccoglievano numerosi esempi da fonti diverse che
venivano esposti diffusamente allegando loro un commento
allegorico, oppure venivano compendiati brevemente e ordinati
14
alfabeticamente sotto speciali titoli e argomenti, in modo da
facilitare la ricerca a chiunque volesse servirsene.
Le fonti erano quasi sempre le stesse e si possono
classificare in tre categorie:
• I
a
exempla attinti dalla storia e dalla leggenda,
specialmente dagli storici antichi, dagli aneddotisti, come Valerio
Massimo
6
, dalle cronache di Francia, dalle Vite dei Santi Padri e
dalla Bibbia;
• II
a
exempla dedotti da avvenimenti contemporanei, da
ricorsi personali dello scrittore, da tradizioni di pubblico
dominio, ovvero da opere di novellistica di autori laici e religiosi
e da raccolte di favole esopiche;
• III
a
exempla ricavati da libri medievali di storia naturale.
7
Tutte, o comunque la maggior parte d queste categorie di
esempi, si trovano rappresentate in numerose alphabeta, summa e
specula: un esempio è l’Alphabetum narrationum, con circa 800
esempi, compilato sullo scorcio del XIII secolo da un
domenicano francese; il Tractatus exemplorum anonimo della
6
Autore della più celebre raccolta di exempla dell’antichità, Factorum et dictorum
memorabilium libri, del I sec. d.C.
7
Achille Tartaro, La prosa narrativa antica in Letteratura Italiana- Le forme del
testo, a cura di Alberto Asor Rosa, vol.II, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1984,
p.625.
15
stessa epoca; la Summa praedicantium ricchissima di novelle,
del domenicano inglese Giovanni da Bromyard del XIV secolo.
Narrazioni molto importanti, molto più rigorose dal punto di
vista ascetico e morale, sono il Dialogus miraculorum di Cesario
di Heisternbach, ampia collezione di aneddoti monacali; la
Legenda aurea di Jacopo da Varazze, importante raccolta di
biografie di Santi; i Flores di Elinando, racconti di apparizioni
fantastiche dell’altro mondo.
Di particolare rilievo, soprattutto per la novellistica
medievale, sono i Gesta Romanorum, opera di un monaco ignoto
apparsa per la prima volta in Inghilterra sulla fine del XIII secolo,
trascritta in un grandissimo numero di manoscritti e diffusasi così
in tutte le regioni d’Europa.
Altri repertori di esempi ad uso dei predicatori furono
inseriti nei trattati e nei manuali di predicazione o nelle speciali
enciclopedie che raccoglievano tutte le nozioni ritenute
necessarie. Tali sono nel XIII secolo il Tractatus de diversiis
materiis praedicabilibus del domenicano Etienne de Bourbon,
ricco di racconti storici e tradizionali, diviso in sette parti, delle
quali solo le prime cinque furono compiute; lo Speculum
Historiale di Vincent de Beauvais, che insieme con lo Speculum
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