6
E’ difficile una definizione delle sue opere, spesso si è chiamato il
poeta del lavoro per la sua grande abilità nel mostrare ne Il posto e in
Un certo giorno delle istantanee della società italiana nel pieno boom
economico, definito elegiaco e crepuscolare nell’Albero degli zoccoli,
bigotto a causa della spiritualità in Camminacammina e in E venne un
uomo. E’ depistante ed ingiusto voler semplificare le sue opere,
catalogare il suo operato, Olmi ha avuto il coraggio di raccontare il
quotidiano fatto di fatica, di rinunce, di vinti, di responsabilità, ha
raccontato la realtà di ogni giorno; il suo scopo è narrare, è un autentico
poeta, capace di rendere visibili e concreti i pensieri.
L’interesse principale di Olmi è lo spettatore, a “lui” vuole dare una
prospettiva nuova per vedere, interrogarsi, e nella nostra società è
segno di profondo anticonformismo.
Ecco dove collocare Il mestiere delle armi, che non è: «..la fuga da
un presente giudicato brutto e spiacevole»
3
, ma piuttosto un evento
collocabile in qualsiasi epoca: è la vita di un uomo che si trova a fare i
conti con la guerra ed inevitabilmente con la morte; in un tempo
lontano dal nostro, ma carico di tradimenti e contraddizioni che mi
appaiono, nella sostanza, come lo specchio sfocato del nostro secolo.
In momenti come il nostro in cui non si sa che strada intraprendere è gioco-
forza guardarsi indietro, alla ricerca non del tempo perduto ma delle realtà,
dei valori smarriti. Chissà che proprio tra certi valori del passato messi
frettolosamente da parte non si trovi la chiave per capire il presente e per
scegliere la strada giusta per l’ avvenire
.
3
Franco Montini, L’eroismo è essere se stessi, in «Vivilcinema-Bimestrale di
informazione cinematografica» marzo-aprile 2001, n. 2, p. 12
Adriano Aprà (a cura di), Il cinema di Ermanno Olmi, incontri cinematografici
Monticelli Terme-Parma 1979 II edizione, p. 15
7
È con questo spirito che inizio questo lavoro, accanto a Joanni delle
bande nere mi accosto alla morte, ontologica e fisica, scorgendo una
verità nella sconfitta.
La poesia rivela sempre un po’ di verità: e la scoperta delle verità significa
sempre il riconoscimento di certe responsabilità, soprattutto delle proprie, le
più scomode.
5
.
5
ibidem p. 24
8
1.1 INQUADRAMENTO STORICO
Entro le coordinate della corte del 1500 con la volontà di
adeguazione ai codici d’onore, alla tecnica di governo, alla ragion di
stato, alle leggi di cavalleria nel Mestiere delle Armi possiamo
riconoscere una struttura dualistica: una conflittualità fatta di spinte e
contro-spinte, riflesso di una intera epoca, e della crisi di identità che
attraversò il passaggio dal Medioevo al Rinascimento.
- La corte è la sede del potere regale, è il solo modo che consenta il
raggiungimento del Potere, ma allo stesso tempo viene mostrata
un’insofferenza per tutto quanto vi è di rigido e artificioso: gerarchia,
etichetta, intrighi, invidie, rancori e tradimenti.
- L’attrazione per il voluttuoso: amore svincolato da ogni legge morale,
perso nel piacere dei sensi (relazione Joanni de’Medici e la nobildonna
di Mantova) e l’ amore matrimoniale.
- Alla Guerra come manifestazione di eroismo e forza si contrappone
una considerazione più grave e dolorosa che vede nella lotta e nella
strage una necessità inevitabile e anche qualcosa di atroce e disumano
che genera sofferenza e lutto(armi da guerra e Macchiavelli).
- Alla Religione come celebrazione di grandezza del potere temporale
si contrappone una religiosità più intima, autentica e sofferta; nella
precarietà dell’ esistenza e della vanità delle belle apparenze emerge il
bisogno di purificazione interiore, la necessità di entrare nella morte
con consapevolezza. Non è una figura nuova quella del vecchio
profeta-sacerdote che grida, invano, contro la sua gente.
9
La società del 500 sta vivendo un tormentato processo di transizione
in cui si può intravedere non semplicemente lo scontro tra cattolici-
protestanti, papato-Lanzichenecchi di Carlo V, ma il conflitto di due
codici all’interno della stessa cultura: quella occidentale e quella
cristiana.
In entrambi gli schieramenti possiamo riconoscere una visione laica
che si rifa ai valori rinascimentali: esaltazione dell’individualismo
energetico, dove l’uomo è artefice del proprio destino, esclusione di
un’ottica trascendente dall’orizzonte umano.
L’antagonista non è semplicemente Carlo V; non sono, solo, i nobili
traditori, o le armi da guerra; il nemico dell’uomo è l’uomo stesso,
alieno dalla consapevolezza del suo essere finito, non eterno, ma
sempre alla ricerca di potere e gloria. I sei giorni di agonia di Joanni lo
porteranno alla consapevolezza della morte, all’inevitabile precarietà
dell’esistere, Joanni è ben consapevole del paradosso della condizione
umana; in questa sofferenza Olmi ci spinge insieme a Joanni a fare i
conti con il senso che la nostra società conferisce alla vita e alla morte;
così come fecero i Nobili traditori che armarono la mano degli
assassini, siamo costretti a interrogarci e cercare delle risposte.
10
1.2 TRASCRIZIONE DELLA PRIMA SEQUENZA
Titoli di testa
Durata della sequenza: 4’46“
Numero inquadrature: 32
1) Primo Piano dell’elmo di un cavaliere dal volto coperto che si volta verso
la sua sinistra
2) Campo medio di un insieme di lance ritte che improvvisamente si
abbassano, una voce over scandisce un passo di Tibullo
3) Primo piano del cavaliere che si muove sfoderando la spada
4) Dissolvenza incrociata in nero dal volto del cavaliere, mentre la voce
over scandisce il passo di Tibullo la cui scritta occupa lo schermo
“Chi fu il primo che inventò le spaventose armi?
da quel momento furono stragi, guerre;
si aprì la via più breve alla crudele morte.
Tuttavia il misero non ha colpa!
Siamo noi che usiamo malamente
Quel che egli ci diede per difenderci dalle feroci belve”
Tibullo I sec. A.C
5) Dissolvenza dal nero primo piano del profilo di un personaggio (solo più
avanti ne scopriremo l’identità) lento movimento di macchina, primo piano
di Pietro l’Aretino, sguardo in macchina (ecco di chi era la voce over!) si
rivolge direttamente allo spettatore: «Nell’appressarsi l’ora che i fati…» alla
sinistra del personaggio compare una didascalia con il nome “PIETRO
L’ARETINO”, la data di nascita e di morte “1492-1556”
11
6) Stacco netto, campo medio, punto di vista lato destro di un baldacchino
si vede l’angolo destro della stanza, in piedi un personaggio di spalle che
guarda fuori dalla finestra. La voce dell’ Aretino prosegue «…con il
consenso di Dio avevano prescritto il termine…»
7) Sempre in campo medio si ha la stessa angolazione della 6, ma dal lato
opposto, alla porta è affacciato un personaggio che guarda in direzione del
baldacchino, alle cui spalle si vede il volto dell’Aretino; la sua voce lega
tutte le immagini e gli stacchi «…ultimo del Signore nostro,… »
8) Primo Piano del personaggio affacciato all’ingresso della porta, a lato
dell’immagine didascalia “FEDERICO GONZAGA MARCHESE DI
MANTOVA 1500-1540” alle sue spalle l’ Aretino, la voce off prosegue
«ognun di noi, scordandosi di sé medesimo..» il Gonzaga guarda in fuori
campo in direzione del personaggio alla finestra, e poi in direzione del letto.
9) Inquadratura 7 Federico Gonzaga esce in fuori campo allontanandosi
dalla porta «…piangeva rammaricandosi che la sorte avesse senza
ragione..»
10) Mezza figura del personaggio dell’inquadratura 6, didascalia “LOYSO
GONZAGA , CUGINO DI FEDERICO GONZAGA” «..portato a morire nel
maggior bisogno della guerra,..» si gira e guarda nel fuori campo nella
direzione del baldacchino.
11) Stacco netto spazio all’aperto. Piano ravvicinato di cavalli che trainano
un carro, movimento di macchina, ci vengono mostrate delle armature
vuote appese nel carro, voce off dell’Aretino: «..di un così nobile e valoroso
capitano..»
12) Campo lungo sul carro che si allontana, un uomo a piedi affianca il
carro, un cavallo bianco è legato sul retro; cambia la voce off: «Non
avvenne così spesso, in questa guerra.. »
13) Interno di una tenda da campo scossa dal vento, sul cui fondo sul lato
sinistro un personaggio in piedi parla guardando in macchina «..che si
facessero fatti d’arme come già si costumava di fare»
12
14) Primo piano, didascalia “PALAFRENIERE DE CAPITANO DE MEDICI”
sguardo in macchina prosegue: «..perché di questi tempi è di usanza di
procedere più di tutto, con intrighi ed inganni della politica.»
15) Primo piano di un cavaliere che cavalca verso la direzione della
macchina, fino ad oscurare quasi completamente lo schermo, movimento di
macchina che sottolinea l’andatura della cavalcata. Riprende la voce off
dell’Aretino: «Dispaccio di Federico Gonzaga..»
16) Dissolvenza dal nero, campo d’ambientazione di una stanza con un
soldato in armatura da battaglia di spalle, ed un altro personaggio
anch’esso di spalle che guarda fuori dalla finestra e lentamente si volta,
voce off: «..marchese di Mantova, all’illustrissimo Alfonso d’Este duca di
Ferrara»
17) Campo ravvicinato, sul margine destro rimane in primo piano la spalla
del soldato, al centro il personaggio alla finestra, didascalia “ALFONSO
D’ESTE, DUCA DI FERRARA”; voce off: «Il signor Joannino, si fece
condurre ieri in Mantua per farsi curare la ferita che ebbe nella gamba..»
18) Mezzo busto del Duca di Ferrara, fugace sguardo in macchina,
abbassa lo sguardo «..scaramuzzando con gli alemanni del Frundsberg..» il
duca si rigira verso la finestra, la voce continua: «..ma i medici fanno il caso
pericoloso di morte.» tocco di campane.
19) Stacco netto, mezza figura dell’Aretino ed in ombra sulla destra dello
schermo, di schiena, un personaggio coperto da una mantella nera che si
dirige sul ciglio di una porta, altri rintocchi di campane.
20) Primo piano del volto della donna e il cui volto è semicoperto da un
cappuccio del mantello, la sua identità non viene svelata.
21) Stacco netto, altro interno, primo piano di un personaggio che parla
verso un fuori campo più basso del suo orizzonte: «Non basta l’esser leali e
gloriosi nel mestiere delle armi,..»
13
22) Al centro dell’inquadratura 2 uomini in piano americano che parlano
verso il fuori campo ad un personaggio nel letto baldacchino, di cui si
vedono le gambe sotto le lenzuola; didascalia “GEN.LE FRANCESCO
MARIA DELLA ROVERE DUCA D’URBINO” che continua lentamente a
scandire il suo discorso:«..quanto voi lo siete stato, se non confermate
questo vostro buon nome, con la religione della nostra fede.».
23) Primo piano 21 :«..sotto le cui sembianze siamo nati e vissuti.»
24) Piano ravvicinato dell’Aretino coricato su una panca, si alza e nel
frattempo la sua voce off incalza: «Prossimi al giorno, ritornò in lui, con tutte
le specie di tormenti,», l’Aretino esce di campo sul lato destro
dell’inquadratura, la voce continua: «ed egli appena mi vide..»
25) «..mi comandò che io facessi che Maria, sua consorte..» totale
dell’Aretino e Palafreniere che guardano verso il basso, il letto.
26) Primo piano di una donna che guarda fuori dalla finestra, voce off: «..gli
mandasse il figlio Cosimo..», appare la didascalia “MARIA SALVIATI
MOGLIE DI JOANNI DE MEDICI”, voce off: «..in questo, la morte che lo
chiamava sotterra..» la donna lentamente si volta e guarda in macchina
«..gli raddoppiò la tristezza.»
27) Inquadratura dall’alto, sei soldati, tre per lato che sistemano una branda
campo, voce off: «Mi comandò che gli venisse portato il suo lettuccio da
campo, per morire da soldato,..» finito di sistemare la branda i soldati
escono di scena. Campo vuoto della stanza con una panca e il lettuccio,
voce off: «..ciò fatto, il lume, intrigandogli la vista..»
28) «..cedeva alle tenebre perpetue.» due soldati sui lati dello schermo, al
centro l’ Aretino, con una candela e il Palafreniere guardano verso il basso.
Voce off del Gonzaga: «Ho saputo..».
29) Stacco, campo lungo di un salone una serie di personaggi, ed al centro
il Gonzaga che sta indossando l’armatura «..che anche Sua Santità si è
commossa,..» gli viene messo l’elmo «..e pur non potendo non sentire
14
dispiacere, per la cattiva sorte dei Joanni, suo nipote, il Santo Pare ha
riconosciuto le male parti…»
30) Mezza figura di un cancelliere ad uno scrittoio, didascalia “MATTEO
CUSASTRO, CANCELLIERE DEL GONZAGA” la voce off del Gonzaga
intanto procede: «..che sapeva essere in lui, che superavano di assai le
buone..» il Cusastro si avvicina gli occhiali e scrive.
31) Primo piano del Gonzaga con l’elmo, parla direttamente in macchina:
«ma non c’è da dire altro perché Iddio ce lo ha rimediato».
32) Stacco, Campo lungo, inquadratura dall’alto dell’ interno di una chiesa:
al centro un soldato su una branda, ai suoi lati due soldati con stendardi. Ai
lati della chiesa due file di soldati in armatura, forte effetto di profondità. Il
portone centrale si spalanca, accompagnato dal cigolio della porta, la luce
dell’esterno illumina tutta la chiesa, entrano due file di soldati, in armatura,
che marciano ai lati della navata, scritta al centro dell’ inquadratura IL
MESTIERE DELLE ARMI.
Voce intradiegetica di un araldo: «L’illustrissimo Signor Joanni de Medici,
Capitani dell’esercito di Sua Santità, Papa Clemente VII, fuit infirmo per die
quatro et mortus est in contrada Grifone..», didascalia “LI….. FATTI
D’ARME DELL’ ILL. MO SIG.R JOANNI DA LE BANDE NERE”. Continua il
proclama dell’ araldo: « ex febre, per essere stato ferì ad una gamba, da un
colpo de artilljeria in Mantua, ultimo de novembre
Millecinquecentoventisei».
Didascalia “MANTOVA 30 NOVEMBRE 1526.” I soldati si fermano.
(33) Dissolvenza incrociata con dei soldati a cavallo,didascalia
“BOCCADICARDO PO SEI GIORNI PRIMA” inizio del flashback sugli ultimi
giorni di vita del protagonista.)
15
1.3 ANALISI DELLA RAPPRESENTAZIONE
1.3.1 L’ INTERPELLAZIONE
Uno dei principali problemi artistici che si pone Olmi è quello di
“vedere”: in tutti i suoi lavori emerge la necessità di richiamare ad uno
sguardo nuovo, lontano dai cliché e dai fasti di tanto cinema, un invito
a riscoprire la quotidianità della vita con uno sguardo altro.
Per fare questo in diversi film Olmi instaura con lo spettatore un
rapporto nuovo, definisce il tipo di sguardo che su quel mondo getta e
la maniera in cui esso è colto.
In questo primo capitolo analizzeremo l’incipit de Il Mestiere delle
Armi, servendoci della proposta teorica di Francesco Casetti nel libro
Dentro lo sguardo: nell’analisi sul rapporto film spettatore, si evidenzia
come lo spettatore sia diventato un interlocutore, un complice e non
semplicemente un decodificatore delle immagini.
Olmi si rivolge direttamente allo spettatore attraverso lo sguardo e le
parole in macchina, invita in maniera diretta a prendere parte alla
vicenda, Casetti definisce questa modalità d’espressione una
INTERPELLAZIONE: l’autore chiama in causa lo spettatore come
interlocutore immediato. Il Maestro cattura l’attenzione dello spettatore
attraverso l’ esibizione della natura “artificiale” del mezzo, trasporta il
destinatario in un mondo lontano fornendo gli strumenti per il
“viaggio” cioè il senso critico nei confronti della realtà.
16
Gli sguardi in macchina dei personaggi ci interpellano, entrano nel nostro
tempo come noi entriamo nel loro. In questo sta forse il segreto della loro
straniante familiarità
6
.
La scelta è radicale e rischiosa, si adotta un procedimento
considerato un punto di incandescenza e un punto di interdetto, infatti
una irruzione improvvisa sembra compromettere la stabilità
dell’insieme.
Gli sguardi e le parole in macchina hanno il potere di accendere le strutture
portanti di un film: sia perché arrivano ad indicare ciò che viene solitamente
nascosto, la cinepresa e il lavoro che essa compie; sia perché arrivano a
imporre l’apertura al solo spazio irrimediabilmente altro, all’unico
fuoricampo che non può essere trasformato in campo, alla sala di fronte allo
schermo, sia infine perché arrivano a operare uno strappo nel tessuto della
finzione..
7
.
Sia la presenza dell’ enunciatore (colui che costruisce il film) che
dell’ enunciatario (colui al quale il film è destinato) emergono in
maniera prepotente.
Olmi adotta questi strumenti espressivi, tra i più adeguati e diretti,
per tratteggiare, ombre e smarrimenti che affondano nel nucleo
doloroso dell’esistenza cinquecentesca.
Tutte le inquadrature di questa prima sequenza sono delle oggettive o
dei piani anonimi: la presenza dell’ autore è molto forte, situa lo
spettatore in veste di Testimone; così lo spettatore diviene un
interlocutore chiamato ad annodare i fili del discorso. Il suo metodo di
indagine è inconsueto, il film ci porta a fare un tragitto avanti e
6
Antonio Costa, il mestiere delle armi, in Adriano Aprà (a cura di), Ermanno
Olmi, Il cinema, i film, la televisione, la scuola, Nuovocinema saggio Marsilio,
Venezia, 2003, p. 224
7
Francesco Casetti, Dentro lo sguardo, Milano, Bompiani, Milano,1989 p. 26