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Abstract
Non essendo presenti nell’attuale panorama infermieristico modelli capaci di spiegare
l’azione sociale, e quindi, la complessità della sala operatoria, mi propongo di creare un
parallelismo tra il modello sociale ideato da Parsons, il quale traduce i fenomeni sociali
e la legittimazione delle società, e le sfere di interazione tecnico, etiche e sociali
caratterizzanti il campo d’azione dell’infermiere strumentista. Talcott Parsons, definisce
il sistema sociale come un insieme di soggetti singoli, o per meglio dire individuali, che
interagiscono perennemente tra di loro finendo per influenzarsi vicendevolmente così
proprio come avviene nel contesto della sala operatoria. È evidente infatti, come
quest’ultima costituisca in realtà un sistema vigente su una fitta rete di rapporti sociali;
l’insieme di strutture, o per meglio dire istituzioni, in perpetua interazione fra loro quali
l’infermiere strumentista, il chirurgo, l’anestesista, l’infermiere di sala operatoria, si
collocano pertanto come pianeti in un grande universo che, rispondendo a funzioni
diverse in un continuo processo di adattamento, cercano di assicurare l’equilibrio e
l’ordine necessario intorno ad un centro di gravità comune costituito dal paziente. Da
qui la nascita di una norma universale, che si riconosce nell’obbiettivo dell’azione di
ogni professionista facente parte dell’équipe chirurgica e che permette non solo la
sopravvivenza del sistema, ma gli conferisce anche senso, compattezza, costanza e
stabilità in ogni istante: il bene del paziente. In quest’ottica l’infermiere strumentista di
sala operatoria grazie alle sue competenze può aiutare la persona ad affrontare la
malattia, la salute e le varie fasi della vita. L’infermieristica acquisisce dunque, gli
attributi ritenuti più importanti per assurgere definitivamente al ruolo di professione: il
possesso di una base di conoscenze scientifiche e tecniche e il perseguimento di un
interesse di natura collettiva (grundnorm). È così che a partire dal modello sociologico
dello struttural-funzionalismo si passa ad un modello struttural-care-funzionalista, cioè
un modello che pone la cura dell’altro al centro tra struttura e funzione e che, così
facendo, ci permetterà di proiettarci in una nuova visione della sala operatoria.
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Obiettivo
Lo scopo di questo elaborato è quello di considerare la funzione dell’infermiere
strumentista nella sua interezza, in modo da metterne in luce il ruolo sempre più
determinante assunto nel contesto del cosmo della sala operatoria e soprattutto non
scevro da alte cariche di responsabilità. Pertanto, si pone sempre più l’accento sulla
necessità di un adeguato riconoscimento economico e sociale che accompagnato ad una
profonda riforma della figura in esame, ne permetta una seria ed importante
riconsiderazione.
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Introduzione
“In sala operatoria il tempo perde ogni significato, mentre si sutura e si salvano vite,
l'orologio non ha importanza, quindici ore diventano come quindici minuti. In sala
operatoria si fa volare il tempo. Fuori invece, il tempo si diverte. Gioca brutti scherzi,
rallenta, indugia, fino a fermarsi, lasciandoci intrappolati in un attimo, incapaci di
muoverci in una direzione o nell'altra.”
L’agire professionale di uno strumentista è orientato in ogni sua forma e concezione, da
un presupposto fondamentale: l’etica. Nell’ambito sanitario, per etica, si intende
essenzialmente tutto ciò che può essere ritenuto degno e proprio per l’uomo. Essa è il
faro che guida i professionisti della salute secondo i principi applicabili in tutte le
situazioni poiché collocati al di sopra di ogni convenienza terrena, al di sopra di ogni
guadagno, di ogni interesse e di ogni differenza. L’infermiere strumentista, figura
professionale fondamentale nell'ambito di un'équipe operatoria, riconosce la propria
etica come completamente espressa nel codice deontologico, “una vera e propria guida,
per gli infermieri e degli infermieri, che li rappresenta e li tutela permettendo loro di
garantire la dignità professionale” (B. Mangiacavalli). L’agire professionale però, non
può tener conto soltanto della deontologia della professione, in quanto risulta essere
profondamente influenzato dall’istruzione. La formazione universitaria costituisce
infatti, un elemento imprescindibile affinché l’azione infermieristica sia orientata al
giusto e al razionale, poiché permette l’apprendimento non solo di conoscenze teoriche
(come è tradizionale oggi), ma anche di competenze pratiche e di abilità/capacità, così
come indicato dai Descrittori di Dublino, ovvero lo schema europeo dei titoli di studio,
in cui al primo ciclo rientra appieno il titolo abilitante la professione infermieristica
stessa. La deontologia e l’istruzione appaiono quindi, come due elementi basilari o
meglio imprescindibili nell’ambito professionale dello strumentista, in quanto,
costituiscono il fulcro intorno alla quale ruotano tutti quei valori, tutte quelle
motivazioni, che permettono a tale figura di proiettarsi nel “cosmo” della sala
operatoria. Ebbene sì, la sala operatoria è un vero e proprio cosmo, un intero “universo
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sociale” dove si configurano, secondo il modello parsonsiano, più sistemi, ovvero le
diverse professioni che, come se fossero dei veri e propri pianeti riconoscono un centro
di gravità comune, ruotano intorno ad unico sole e cioè il bene del paziente. Ognuna di
esse, condividendo i propri valori, si interseca e si integra con le altre, con lo scopo di
ottemperare alla logica del Total Quality Management dove, con approccio sistematico,
si riconosce una mission comune: esprimere la qualità dell’assistenza nel paziente e per
il paziente. La sala operatoria o la si ama o la si odia, in essa il tempo diviene effimero,
al confine tra il nulla e l’infinito, in essa si respira un turbinio di emozioni contrastanti,
momenti di esaltazione professionale alternati a momenti di sconforto dovuto alle tante
dinamiche che l’influenzano. Ed è proprio in tale contesto che la figura dello
strumentista assume sempre più maggior rilievo. Egli è il responsabile della
preparazione, della corretta gestione e della verifica inziale e finale di tutti i dispositivi e
materiali utili ad un intervento chirurgico, così più che semplice esecutore egli svolge
un ruolo di primo piano nel controllo delle varie fasi operatorie. In tale contesto
l’imperativo assoluto è il mantenimento della sterilità della sua persona ed il rilievo di
eventuali manovre o movimenti non sterili che possono pregiudicare l’asepsi. Ma il
ruolo dello strumentista non può e non deve essere ridotto a solo tecnicismo. Calandoci
nella logica del paradigma parsonsiano, si finisce infatti col porre l’accento sull’essere
“infermiere” dello strumentista. Egli rappresenta, secondo tale visione, l’anello di
congiunzione tra tutte le figure professionali presenti ed il paziente. La sua figura si
concretizza, nell’ambito del cosmo operatorio, nell’incarnazione della professione, che
guarda attraverso i suoi occhi, tocca attraverso le sue mani, e gestisce secondo le sue
competenze e conoscenze tutte le sofferenze, i rischi e le preoccupazioni del paziente
stesso, fornendo aiuto psicologico ad una persona spoglia significativamente e
metaforicamente di tutti quelli che sono i suoi supporti; uno strumentista ben formato è
quindi, una preziosa risorsa umana nel contesto operatorio per la società. Tutto ciò pone,
di conseguenza, nuovi interrogativi in tema di responsabilità: l’infermiere da semplice
esecutore diviene soggetto attivo nello svolgimento del proprio lavoro, facendosi
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promotore di progetti ed obiettivi, con conseguenti responsabilità nell’ipotesi di errori
nel proprio operato o nelle proprie decisioni, in sede civile, penale e disciplinare.
Eppure, nonostante ciò, ad oggi, la legislazione italiana non riconosce ancora
ufficialmente lo strumentista come un professionista distinto dalle altre figure
infermieristiche. Esso è inserito in un unico calderone, quello degli infermieri, dove di
base non vi è alcuna differenza giuridica o remunerativa da contratto di lavoro, se non
per alcune indennità di rischio. Ed è proprio da questa disparità, che sussiste tra il ruolo
con le annesse responsabilità dello strumentista e il riconoscimento economico e sociale
conferitogli, che nasce la profonda domanda che rappresenta la necessità di affrontare
questa tesi:
“L’infermiere strumentista è mito o realtà?”
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CAPITOLO I
L’etica dell’infermiere strumentista
Figura 1
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1.1 La deontologia professionale
Capo I, principi e valori professionali, Articolo 4:
“Nell'agire professionale l’Infermiere stabilisce una relazione di cura, utilizzando
anche l'ascolto e il dialogo. Si fa garante che la persona assistita non sia mai
lasciata in abbandono coinvolgendo, con il consenso dell’interessato, le sue figure
di riferimento, nonché le altre figure professionali ed istituzionali.
Il tempo di relazione è tempo di cura.”
Il significato della deontologia professionale, si esprime nella sua interezza, in relazione
al concetto di etica. Essa è la scienza normativa degli atti umani, cioè quella branca
della filosofia che si occupa della ricerca di ciò che è bene per l’uomo, di ciò che è
giusto e di ciò che non è giusto e del modo di comportarsi in base a tali principi
(dimensione intrasoggettiva dell’atto). Secondo Kant, l’etica, è il presupposto
fondamentale alla base della deontologia, che ne rappresenta la più pura espressione
nella pratica professionale. Sotto questo punto di vista la deontologia si delinea come la
scienza del dovere, ovvero quella scienza che rifacendosi alle norme etiche, ed
applicando le stesse alla realtà lavorativa, definisce ciò che è giusto e ciò che è meno
giusto fare (dimensione intersoggettiva dell’atto). Tale costituisce quindi, l’insieme
delle regole che definiscono il comportamento da assumere in un determinato contesto
professionale ed alla quale devono conformarsi obbligatoriamente tutti i soggetti
appartenenti alla stessa professione con lo scopo di mantenerne il decoro, di garantire il
rispetto verso gli altri professionisti e, da un punto di vista prettamente infermieristico,
di orientare l’agire professionale verso il raggiungimento del miglior stato di salute
possibile per il paziente.
La professione infermieristica, in quanto professione intellettuale, avverte la necessità di
rapportarsi ad una deontologia che non si riduce ad una serie di norme la cui
applicazione è soggetta al libero arbitrio, o, che rappresentino un lasciapassare per