INTRODUZIONE L’intera esistenza di Franz Kafka si svolge all’insegna di una “dislocazione” incorreggibile che lo
condanna ad essere perennemente “fuori di”, “lontano da”, ma mai “nel posto giusto”. Questo
“essere dislocato” risponde da un lato ad una precisa volontà dello scrittore, che spontaneamente
decide di porsi fuori dalla comunità sociale e religiosa, lontano dalla famiglia e dagli affetti per
dedicarsi in maniera esclusiva e totalizzante alla scrittura. Dall’altro lato, invece, tale “dislocazione”
rappresenta la logica conseguenza di un mondo che scambia la natura “eccezionale” dello scrittore
per “anormalità” e che, quindi, tende ad escluderlo dalla vita sociale.
Ma a ben vedere, è proprio grazie a questa posizione dislocata che Kafka riesce a guardare la realtà
da un osservatorio privilegiato, che gli consente di “spostare continuamente l’aspetto
apparentemente normale del nostro mondo spostato per renderne visibile la follia” 1
. Questa
dislocazione incorreggibile, alla quale Kafka soggiace, viene sperimentata ineluttabilmente anche
dai suoi personaggi, soprattutto quando questi devono fare i conti con questioni di legge e di
giustizia.
Ich bin nicht am richtigen Ort 2
, dice, infatti, l’anonimo protagonista del racconto Fürsprecher , il
quale afferma che se nel tribunale la difesa dell’innocente fosse realmente affidata alla maestà della
legge, allora non si dovrebbe andare alla ricerca di difensori proprio nel palazzo di giustizia. Se egli,
invece, continua a farlo è perché ha solo l’impressione, ma non la certezza, di trovarsi in un
tribunale, il che tradisce la sua profonda sfiducia nei confronti della legge storica e dell’istituzione
che la rappresenta. Di conseguenza, pur essendo innocente, il protagonista è continuamente alla
ricerca di difensori, convinto che paradossalmente sia necessario difendersi anche quando non vi è
alcuna accusa, in quanto gli accusatori (queste volpi astute, queste donnole leste, questi topolini
invisibili 3
), sono sempre pronti a correre verso un ipotetico tribunale e a provocare una nuova
condanna, mentre i difensori sono sempre più rari ed introvabili.
Di non essere nel posto giusto ne è assolutamente consapevole anche l’uomo di campagna della
parabola Vor dem Gesetz , il quale trascorre tutta la vita dinanzi alla porta aperta della Legge, senza
avere mai il coraggio di infrangere il divieto di un guardiano che sembra precludergli quell’ingresso
e di varcare, quindi, quella soglia che in realtà è destinata solo a lui.
1
Cfr. Anders, Günther, Kafka. Pro e contro , Quodlibet, Macerata, 2006, p. 29.
2
Kafka, Franz, Gesammelte Schriften , a cura di Max Brod, Fischer, Frankfurt am Main, 1950: «Non sono nel posto
giusto». Per la traduzione cfr. Kafka, Franz, Tutti i romanzi e i racconti, Newton Compton, Roma, 2006. L’aggettivo
richtig , giusto, ha in sé la radice della parola Recht , diritto, che è presente anche nelle parole Gerechtigkeit , giustizia,
Rechtfertigung , difesa, e Richter , giudice. Tutti questi termini e i loro rispettivi contrari, Unrecht , Ungerechtigkeit,
unrichtig , ritornano quasi ossessivamente nell’opera kafkiana, testimoniando l’assoluta importanza e il ruolo di primo
piano che Kafka riserva alla sfera della Legge e del diritto non solo nei suoi scritti, ma anche nella sua vita privata.
3
Kafka, Franz, Tutti i romanzi e i racconti, Newton Compton, Roma, 2006, p. 733.
Alla stessa irriducibile dislocazione nei confronti della legge è soggetto anche Karl Rossmann,
protagonista di Amerika , che è costretto addirittura a lasciare la casa paterna in Germania e a
trasferirsi oltreoceano per potersi finalmente confrontare con questioni di disciplina e di giustizia;
oppure si pensi all’agrimensore K. di Das Schloss , l’outsider, lo straniero che scambia gli usi e le
consuetudini del villaggio per leggi decretate burocraticamente e che, nel suo anelito di
appartenenza, si affanna a rispettare quasi religiosamente. Tuttavia, malgrado gli sforzi di K. siano
protesi al raggiungimento del Castello, di quel centro che è rappresentato dalla Legge, questi viene
puntualmente ricacciato ai margini di quella totalità da cui non riuscirà mai ad essere investito.
Anche il suddito ne Il messaggio dell’imperatore sperimenta questa insopportabile distanza dal
centro della Legge; dislocato come è nelle più remote lontananze di un impero infinito, non potrà
mai essere raggiunto dal messaggio che l’imperatore, poco prima di morire, ha indirizzato proprio a
lui e così, come l’uomo di campagna, consuma tutta la sua vita nell’attesa e nella vuota speranza.
In Zur Frage der Gesetze , invece, ci viene presentata la storia di un popolo che è costantemente
impegnato a decriptare la Legge, deducendola dai comportamenti dei nobili che, di fatto, ne
detengono la conoscenza assoluta ed esclusiva. Non solo, quindi, il popolo è escluso dalla
comprensione della Legge, ma non può neppure giurare che questa esista realmente, poiché se la
legge non è conosciuta, non è comunicabile, ciò non vuol dire necessariamente che abbia una natura
segreta, ma potrebbe anche significare che non esiste affatto.
Anche il protagonista di Der Prozess Josef K., infine, può dirsi dislocato rispetto alla Legge, nel
senso che questi si ostina ad interpretarla secondo un’ottica razionale, non comprendendo che è
proprio questa ricerca logica ad escluderlo irrimediabilmente dalla comprensione di un Gesetz
insondabile, che sfugge completamente al raziocinio umano.
Quale sia poi il contenuto di questa Legge che i personaggi kafkiani si affannano a conoscere, se
cioè questa legge vada intesa in senso teologico o psicologico, in senso ebraico o cristiano, se
appartenga alla giurisdizione mondana o al tribunale interiore della coscienza kantiana 4
, non è
possibile stabilirlo, anche perché proprio in questo consiste gran parte del fascino dell’opera di
Kafka. Pertanto, l’ipotesi più accreditata è che la legge kafkiana rappresenti “un grande sincretismo
che sovrappone tutti i possibili discorsi per fare intravedere una pura forma della legge” 5
. Questa
legge, infatti, fondata sul vuoto che si distende tra il suddito e il sovrano, sulla non comunicabilità e
la segretezza dei suoi contenuti, sull’attesa che non sa rimandare né a leggi naturali, né ad un ordito
cosmico, né alla decisione sovrana che la istituisce, proprio questa legge, dunque, non può essere
che inesorabile, irrevocabile nella sua unicità. È una legge, insomma, che “vige senza
4
Cfr. Schiffermüller, Isolde, La fine prescritta. Procedere nel “Processo” di Franz Kafka in “Cultura tedesca”, n. 35,
2008, p. 50.
5
Ibidem .
significazione” 6
ed è tanto più persuasiva in quanto manca di qualunque sostanza. Ma allora, ci si
chiede, se la legge kafkiana è una forma vuota, priva di qualunque contenuto, perché alle streben
doch nach dem Gesetz 7
? Se ciò accade, se cioè l’uomo tende ostinatamente verso una legge
inconsistente, è perché il suo “vuoto” è comunque preferibile al “nulla”, così come la speranza che
il suddito un giorno potrà ricevere il messaggio che l’imperatore gli ha indirizzato è di gran lunga
più forte della certezza che da questo messaggio egli non verrà mai raggiunto.
È proprio questa, dunque, la stringente ma paradossale conclusione alla quale si giunge alla fine del
presente lavoro, nel quale ciò nonostante si tenta di dare alla stessa ineffabile Legge dell’opera
kafkiana un riferimento storico - giuridico, aspetto che forse è quello maggiormente trascurato dalla
critica, avvertendo però il lettore che, per una comprensione tout court di Kafka, non ci si può in
alcun modo fermare qui. Tale realtà storico – giuridica, infatti, costituisce sicuramente un
interessante strumento interpretativo degli scritti kafkiani, a patto che questo venga supportato ed
affiancato da altre chiavi di lettura, che vanno da quella psicologica a quella onirico – fantastica, da
quella filosofica a quella religiosa.
A partire dall’analisi dello stretto rapporto che da sempre intercorre tra letteratura e diritto, si è
passati poi a considerare il caso di un Dichterjurist alquanto “sui generis”, per l’appunto Franz
Kafka, il quale, forse più di ogni altro scrittore, ha colto il nodo problematico del diritto (inteso
come legge scritta, parola) proprio nel conflitto tra ricerca e bisogno di univocità e di chiarezza da
un lato e necessità di interpretazione dall’altra. In questa necessità, il diritto si tocca con la
letteratura ed è proprio qui che si colloca l’opera di Kafka, che da sempre impegna i critici nelle più
svariate ipotesi interpretative.
Prendendo spunto dalle prose kafkiane più emblematiche e controverse, si è cercato poi di fornire al
lettore una visione complessiva, ma non certo esaustiva, della stratificata e polisemica concezione
della Legge in Kafka, distinguendo in essa almeno tre livelli differenti: un livello storico - giuridico,
sul quale hanno influito almeno due esperienze ugualmente significative della vita dello scrittore, è
cioè gli studi di giurisprudenza presso la Karl Ferdinands Universität di Praga e l’impiego alle
Assicurazioni Generali e all’Istituto di assicurazioni contro gli infortuni dei lavoratori; un livello
metafisico, inerente alla dimensione religiosa e, quindi, al controverso rapporto di Kafka con la
legge ebraica, e, infine, un livello interiore, che si riferisce ad una serie di convincimenti psicologici
che lo scrittore si costruisce per ottemperare al suo pressante bisogno di legalità e che, in realtà,
derivano da una sistematica esasperazione sia della legge storica che di quella metafisica.
Successivamente, avendo riconosciuto nella storia della giustizia in Austria una concreta base
d’ispirazione per Kafka, si è ripercorso a grandi linee il difficile cammino della codificazione penale
6
Ibidem .
7
Kafka, Franz, Der Prozess, Suhrkamp, Frankfurt am Main, 2007, p. 249: «Tutti tendono alla legge».
austriaca che va dall’assolutismo illuminato fino alle soglie del ventesimo secolo. Si è sottolineato,
inoltre, che nei numerosi riferimenti al diritto penale presenti nell’opera kafkiana, e in particolar
modo in Der Prozess a cui è dedicata ampia parte di questo lavoro, si intravede sempre un resto di
“significato” che induce il lettore a cercare, dietro il “normale” rapporto letterario tra significante e
significato, “un di più”, il quale, dato il suo carattere libero e sfuggente, si presta ad un numero
indefinito, se non infinito, di valenze, senza il quale la lettura di Kafka non avrebbe senso né
interesse, o comunque risulterebbe fortemente banalizzata.
Accanto al Processo , l’altra prosa kafkiana in cui più di tutte è possibile rintracciare un referente
reale nella storia del diritto penale austriaco del ventesimo secolo è sicuramente Nella Colonia
penale , come ci viene suggerito dal titolo stesso dell’opera. Per questo racconto, infine, come per il
Processo , vale il discorso che la legge, nella sua forma storica, umana o metafisica, esige chiarezza,
certezza ed univocità. Essendo parola, tuttavia, la legge necessita anche dell’interpretazione ed è
proprio questo bisogno di andare “oltre”, di non fermarsi alla superficie letterale, ma di ricercare
quel senso nascosto nella profondità della scrittura, ciò che maggiormente accomuna l’opera
kafkiana alla sfera del diritto, al di là dei riferimenti storico – giuridici allo Strafprozessordnung
dell’Austria del fine secolo che pure si possono riscontrare qua e là nelle prose di Kafka e che
costituiscono per lui un’innegabile fonte di ispirazione.
CAPITOLO PRIMO LETTERATURA E DIRITTO: STORIA DI UN’AFFINITÀ 1. Se la letteratura parla di diritto Che la letteratura costituisca l’unica forma di sapere capace di parlare con cognizione ed
autorevolezza di qualunque altra espressione dello scibile umano è da tempo sotto gli occhi di tutti e
i numerosi studi in questa direzione ne sono la conferma, ma che questa possa avere anche una
peculiare Verwandtschaft , un’affinità significante, con la sfera della giurisprudenza, il cui rigore e la
cui scientificità sembrano correre su binari nettamente “paralleli” rispetto alla creatività e alla
finzione su cui l’altra riposa, non è, viceversa, un’intuizione così scontata. A riprova dello stretto
legame che intercorre tra la letteratura e il diritto, Gustavo Zagrebelsky, nel suo affascinante e
recentissimo libro dal titolo Intorno alla legge , rileva quanto sia paradossale che spesso:
questioni capitali, sia sul piano teorico che su quello pratico della giurisprudenza vengano sollevate dalla letteratura,
ma siano sostanzialmente ignorate nelle scuole del diritto 8
.
Se ciò accade, se cioè la letteratura ha la facoltà di farsi portavoce di questioni giuridiche essenziali,
è dovuto al fatto che esistono:
Impulse, die von der Literatur ausgehen und nicht nur die Rechtslehre und Rechtsprechung bestimmend beeinflussen,
sondern das gesamte öffentliche Leben und Bewusstsein 9
.
Il carattere pervasivo della letteratura, che agisce tanto nella vita pubblica e sociale, quanto nella
formazione delle singole coscienze, è del resto un tratto pertinente anche della scienza giuridica,
soprattutto in un’epoca come la nostra, in cui “la legislazione ha invaso tutti gli ambiti
dell’esistenza umana, perfino i più refrattari a norme esteriori, come quelli delle relazioni affettive
tra le persone o la lotta contro le malattie, il contrasto delle forze dell’invecchiamento oppure la
morte; la stessa madre terra, un tempo creatura autosufficiente, base sicura della vita umana,
necessita oggi di reti giuridiche di protezione dei suoi equilibri, seriamente minacciati dai suoi figli.
Di conseguenza, si può dire che non c’è dimensione dell’esistenza che non sia oggetto di cura da
parte del diritto” 10
. Ad una conclusione simile, ma da una prospettiva puramente letteraria, era già
giunto Thomas Bernhard nella seconda metà del secolo scorso, allorché nell’opera Ist es eine
Kömodie? Ist es eine Tragödie? (1979) aveva giustamente affermato: Die ganze Welt ist eine
8
Zagrebelsky, Gustavo, Intorno alla legge , Einaudi, Torino, 2009, p. 318.
9
Kastner, Klaus, Literatur und Recht: eine unendliche Geschichte , in “Neue
Juristische Wochenschrift”, 56, 2003, 9, p. 609: «Impulsi che si sprigionano dalla letteratura e che influenzano in modo
determinante non solo la dottrina giuridica e l’espressione del diritto, ma anche l’intera vita pubblica e la coscienza
[degli uomini]».
10
Cfr. Zagrebelsky, Gustavo, op. cit. (2009), p. 8.
einzige Jurisprudenz 11
. A ben vedere, l’affermazione bernhardiana circa la centralità della legge
nell’esistenza umana si rifà a Franz Kafka, il quale nel romanzo Der Prozess (1914) fa dire al
pittore Titorelli, halb im Scherz, halb zur Erklärung , che es gehört ja alles zum Gericht 12
. La
letteratura, dunque, non di rado ama nutrirsi di ciò che costituisce das tägliche Brot des Juristen , “il
pane quotidiano dei giuristi 13
”, ma è anche vero che spesso questioni prettamente giuridiche, come
l’Urkonflikt tra diritto e morale o la riflessione su cosa sia la legge, trovano un terreno di
discussione particolarmente fertile in opere squisitamente letterarie, si pensi all’ Antigone di Sofocle
o ai Memorabili di Senofonte. Zagrebelsky, infatti, individua nell’una “il testo fondativo della
nostra civiltà giuridica” 14
, in cui trova spazio il tragico conflitto tra “norma morale e legge del
potere” 15
, mentre l’altra contiene l’interessantissimo periplo argomentativo intorno a temi ancora
oggi estremamente attuali, quali il significato profondo della democrazia o l’incerto confine tra uso
persuasivo ed uso coercitivo del Nomos . Nella tragedia sofoclea, il conflitto mortale tra Antigone e
Creonte pone i cittadini di Atene di fronte al non risolto contrasto politico tra “il diritto non scritto e
immutabile, che non è né di ieri, né di oggi, ma da sempre e che è radicato nei legami vitali e le
leggi proclamate vittoriosamente alla luce del sole per valere universalmente, le quali esigono
ubbidienza uniforme ed incondizionata ed ignorano i vincoli di sangue” 16
. Alla fine dell’opera,
malgrado gli ateniesi, schierandosi dalla parte di Antigone, diano prova del loro profondo
attaccamento alle proprie radici, essi devono tuttavia riconoscere che l’antico ius è oramai al
tramonto e che questo deve cedere il passo all’ineluttabilità storica della lex, imposta loro in modo
assolutamente razionale. Nei Memorabili di Senofonte, invece, il giovane Alcibiade chiede a Pericle
che cosa sia la legge. Ma la risposta di Pericle, data con troppa sicurezza, che “sono leggi tutte
quelle che il popolo, riunito in assemblea, dopo aver deliberato, fa mettere per iscritto”, si sgretola
di fronte alla richiesta dell’altro di sapere se anche la sopraffazione in forma legislativa possa dirsi
legge. Alla risposta affermativa di Pericle, Alcibiade deve concludere che anche il popolo, quindi, al
pari del tiranno o del despota, non può dirsi avulso dall’abuso di potere nei confronti di quella
fazione cittadina, vale a dire gli aristocratici, che di fatto è esclusa dall’amministrazione della res
pubblica 17
.
Va da sé che il reciproco condizionamento tra letteratura e diritto non si limita certo all’età classica,
11
Ziolkowski, Theodore, Kafkas “Der Prozess und die Krise des modernen Rechts, ˮ in Literatur und Recht.
Literarische Rechtsfälle von der Antike bis in die Gegenwart , hrsg. von Ulrick Mölk, Wallstein, Göttingen, 1996, p.
328: «Il mondo intero è un’unica giurisprudenza».
12
Kafka, Franz, Der Prozess, Suhrkamp, Frankfurt am Main, 2007, p. 186: «Metà per scherzo, metà come spiegazione
[…] tutto appartiene al tribunale». Tale espressone si riferisce al carattere omnipervasivo del processo che invade il
mondo, insinuandosi sempre più inesorabilmente tra l’imputato e la realtà che lo circonda.
13
Kastner, Klaus, op. cit. (2003), p. 609.
14
Zagrebelsky, Gustavo, op. cit. (2009), p. 5.
15
Ibidem.
16
Cfr. Ibidem .
17
Ivi , pp. 23- 27.
ma attraversa costantemente i secoli successivi, ricevendo un ulteriore e significativo impulso da
quello che Kastner ha recentemente definito come das Phänomen des Dichterjuristen , il fenomeno
del poeta - giurista 18
, per il quale vale il motto coniato dal poeta franco – prussiano August von
Platen in riferimento appunto alla Doppelnatur di giurista e di letterato di E. T. A Hoffmann, e cioè:
Morgens zur Kanzlei, abends auf den Helikon 19
. Se la storia della letteratura in generale, non solo di
quella tedesca, è così ricca di esempi di letterati con alle spalle una formazione giuridica e quindi,
quotidianamente impegnati in professioni giuridiche, legali o comunque impiegatizie 20
, ciò è dovuto
anche al fatto che letteratura e diritto si cibano sostanzialmente alla medesima fonte: la scrittura.
Non è un caso, che il confronto della letteratura con le problematiche abbia prodotto, almeno in area
tedesca a partire dal diciottesimo secolo, generi letterari inediti, come la Kriminalerzählung , (si
pensi all’opera Verbrecher aus Infamie di Schiller del 1786), il Kriminalroman (per alcuni versi Der
Prozess di Franz Kafka del 1914), vale a dire il racconto o romanzo “criminale”, o ancora i
Fallsammlungen , raccolte di casi giuridici celebri, che hanno non solo un valore di documento
giuridico, ma si contraddistinguono anche per il loro carattere di “esemplarità” (come, per esempio,
Aktenmässige Darstellung merkündiger Verbrechen di Anselm Feuerbach del 1811), oppure le
cosiddette “confessioni”, che si collocano, appunto, a metà strada tra la dimensione giuridica e
quella letteraria 21
.
Inoltre, vale la pena ricordare che, proprio nell’ottica di uno studio comparato tra letteratura ed altri
saperi, si colloca l’ultima frontiera del rapporto tra Literatur und Recht , che prende il nome di “Law
and Literature Movement”, nato a partire dagli anni Settanta del secolo scorso negli Stati Uniti e di
cui James Boyd White è considerato l’iniziatore. A proposito di tale movimento, Klaus Kastner
afferma:
Begriffe wie Dichtung im Recht – Recht in der Dichtung kennzeichnen es ebenso wie das Phänomen des “Law and
Literatur Movement , das in den USA zu Hause ist. Diese Bewegung versucht, die beiden Elemente “Recht und ˮ ˮ
“Literatur - jeweils im weitesten Sinn des Wortes zu verstehen – in Gleichklang zu bringen. Das geht sogar soweit, ˮ
dass es an einigen Universitäten in den USA Lehrstühle gibt, auf denen gleichzeitig Recht und Literatur Gegenstände
der Lehre sind 22
.
Questo orientamento culturale “interdisciplinare” prevede, tra i suoi postulati, la lettura comparata
18
Kastner, Klaus, op. cit. (2003), p. 609.
19
Ibidem : «Di giorno in cancelleria, di sera sull’Elicona (il monte Olimpo dell’antica Grecia)».
20
Tra i Dichterjuristen più noti nel panorama letterario tedesco, si citano: Heinrich Heine, Theodor Storm, Josef
Freiherr von Eichendorff, E. T. A. Hoffmann, e ancora Franz Grillparzer, Heinrich von Kleist, Max Brod, Albert
Drach, Ludwig Thoma, ovviamente Franz Kafka e, tra i contemporanei, Bernhard Schlink.
21
Weitin, Thomas, Vom zeugen und überzeugen. Überlegungen zum Recht und zur Literatur , in “Weimarer Beiträge , ˮ
49, 2003, p. 194.
22
Kastner, Klaus, op. cit. (2003), p. 612: «Concetti quali “poesia nel diritto e “diritto in poesia costituiscono il ˮ ˮ
fenomeno del “Law and Literature Movement”, nato negli Stati Uniti d’America. Questo movimento cerca di
analizzare entrambi gli elementi del diritto e della letteratura nel senso più ampio possibile e di farli convergere in
un rapporto armonico. Addirittura, presso alcune cattedre universitarie degli Usa, esistono insegnamenti congiunti di
letteratura e diritto».
di testi letterari e testi giuridici, nel senso che si possono utilizzare punti di vista giuridici per
approfondire lo studio della letteratura e, viceversa, prospettive letterarie per integrare la
conoscenza della legge. Entrambi sono saperi che cercano di dare forma alla realtà attraverso lo
strumento di comunicazione per antonomasia, vale a dire il linguaggio, efficacemente improntato
sull’uso persuasivo della retorica, hanno costantemente a che fare con questioni di ambiguità, di
interpretazione e di giudizio e condividono la medesima struttura “narrativa”.
Inoltre, come Lucia Perrone Capano afferma riferendosi all’ Interdiskurs , all’intreccio di saperi che
si può realizzare nel testo letterario, “il sistema - letteratura partecipa continuamente ai diversi
discorsi e sistemi del sapere (si pensi a quello della politica, della scienza, della religione,
dell’economia o del diritto), spesso è in competizione con gli altri campi della conoscenza, altre
volte, invece, cerca di adattarsi al sapere epistemologico o fa uso di procedimenti e strutture di
organizzazione testuale importati dalle altre scienze” 23
. Nell’ottica di tale discorso interdisciplinare,
la letteratura si presenta non solo come un luogo privilegiato in cui analizzare l’interazione tra
discorsi differenti, ma, facendo intravedere “i diversi elementi di cui si compone e le sue condizioni
di produzione, mostra anche come la conoscenza non sia indipendente dalle sue forme di
espressione e comunicazione e come, anzi, la retorica operi indistintamente in tutti i linguaggi” 24
,
compreso in quello giuridico. Non avendo alcuna restrizione di contenuto, la letteratura può parlare
praticamente di tutto e può offrire alla discussione “modelli espressivi, di organizzazione e
comunicazione originali, capaci di riconsiderare e ristrutturare tutti i rapporti e i profili delle
manifestazioni intellettuali e sociali” 25
, in cui anche il diritto rientra a pieno titolo.
È proprio vero, dunque, ciò che Jakob Grimm, giurista nonché autore dei celebri Märchen , diceva a
proposito della stretta Verwandtschaft tra letteratura e diritto e cioè che “Recht und Poesie
miteinander aus einem Bette aufgestanden waren” 26
.
23
Cfr. Perrone Capano, Lucia, La letteratura nell’intreccio dei saperi. Considerazioni introduttive , in “Testi e
Linguaggi”, 3, 2009, p. 15.
24
Cfr. Ibidem .
25
Ibidem.
26
Kastner, Klaus, op. cit. (2003), p. 612: «Letteratura e diritto si sono alzati dallo stesso letto».
2. Il linguaggio del diritto e il linguaggio della letteratura L’intento delle pagine che seguono sarà quello di gettare un ponte tra il paragrafo precedente, in cui
si spiega brevemente come la letteratura sia un sapere sostanzialmente “onnivoro”, capace di
nutrirsi di qualunque altra forma di conoscenza, compresa la scienza giuridica, e il capitolo
successivo, nel quale, invece, si analizzerà approfonditamente il caso paradigmatico di un
Dichterjurist alquanto “sui generis”, vale a dire Franz Kafka, nella cui opera la già citata “affinità”
tra letteratura e diritto assurge a dimensione estremamente problematica, costituendo, nel medesimo
tempo, la cifra dominante della sua scrittura.
Il ventesimo secolo, che vede Franz Kafka nel pieno della sua attività di scrittore e di giurista, nasce
sotto il segno di quella che è stata definita come la “crisi della filosofia del diritto”, tanto che il
giurista Georg Jellinek vi ha visto in atto una vera e propria Kampf des alten mit dem neuen Recht 27
.
Il pensiero giuridico del secolo precedente, infatti, dapprima aveva sancito l’affermazione del
“diritto puro” in un’ottica chiaramente positivistica 28
, per poi invertire la rotta ed adottare un
approccio al diritto decisamente “sociologico”, “welches das Recht als Ausdruck der Gesellschaft
auffasst und den reinen Rationalismus des Positivismus zugunsten eines in der menschlichen
Erfahrung gegründeten Realismus verwirft” 29
. Anche quest’ultimo orientamento giuridico, tuttavia,
aveva finito con l’essere radicalizzato, cedendo il passo al cosiddetto Freirechtsbewegung , o
“movimento del libero diritto”, il quale postula che:
in jedem gegebenen Fall die besondere Umstände richtiger seien als die geschriebene Rechtsnormen, und dass das
Richter frei stehen solle, das jeweilige positive Recht zu ignorieren oder dessen Lücken durch sein eigenes
Rechtsgefühl zu ergänzen 30
.
Dunque, è proprio da questo contrasto tra “diritto positivo” e “sociologia del diritto”, tra
razionalismo e realismo giuridico, tra Freirechtsbewegung e reine Rechtslehre , che si origina la crisi
di cui si parlava poc’anzi e, a partire dalla quale, giuristi, legislatori e giudici si interrogano su
27
Ziolkowski, Theodore, Kafkas “Der Prozess und die Krise des modernen Rechts, ˮ in Literatur und Recht.
Literarische Rechtsfälle von der Antike bis in die Gegenwart , hrsg. von Ulrick Mölk, Wallstein, Göttingen, 1996, p.125:
«Lotta tra l’antico e il nuovo diritto».
28
Ibidem : «Das Positivismus leugnet alle absolute Normen und sich mit der rationalen Analyse der bestehenden
Rechtssystem befasst. Dieser Rechtssystem erreiche seinen Extremfall in der sogenannten Reinen Rechtslehre des
Wiener Juristen Hans Kelsen, der zufolge das Recht ein völlig autonomes, von aller politischen Ideologie bzw. allen
moralischen Normen unabhängiges System darstellt». «Il Positivismo nega tutte le norme assolute e si preoccupa di
analizzare in modo razionale il sistema giuridico vigente. Questo sistema di diritto raggiunge il suo caso - limite con il
cosiddetto “diritto puro” del giurista viennese Kelsen, che considera la scienza giuridica come una dottrina
completamente autonoma ed indipendente sia dalle ideologie politiche che dai comandamenti morali».
29
Ibidem : «Il quale concepisce il diritto come espressione della società e respinge il puro razionalismo positivistico in
favore di un’esperienza umana improntata al realismo».
30
Ivi , p. 326: «In ogni caso dato, le circostanze particolari sono più importanti delle norme vigenti, che il giudice deve
essere libero di ignorare le leggi positive o di sopperire alle “mancanze” del diritto mediante il proprio senso di
giustizia».
questioni giuridiche fondamentali riguardanti, per esempio, la pena di morte, la deportazione o il
controverso rapporto tra diritto e moralità.
Non è un caso, quindi, che già all’inizio del Novecento gli scrittori austriaci subiscano una forte
fascinazione nei confronti di queste problematiche del diritto, che altre le sollevino loro stessi e che
decidano poi di discuterne nelle proprie opere. Theodore Ziolkowski rileva, infatti, la straordinaria
proliferazione di contributi letterari in denen sich die Rechtsproblematik widergespielt 31
, come per
esempio Die Ursache di Leonhard Franz (1915), Der Fall Deruga di Ricarda Huch (1917),
Sittlichkeit und Kriminalität di Karl Kraus (1908), o ancora Der Abituriententag di Franz Werfel
(1928), Der Fall Maurizius di Jakob Wassermann (1928) e Der Mann ohne Eigenschaften di Robert
Musil (1930), tanto per citarne alcuni. Lo stesso Franz Kafka, la cui opera è contemporanea a quella
di Werfel, Kraus e Musil, manifesta un singolare interesse per la sfera del diritto, come si evince dai
titoli di molte delle sue prose più famose, quali Das Urteil , In der Strafkolonie , Der neue Advokat ,
Vor dem Gesetz , Zur Frage der Gesetze , Fürsprecher e ovviamente Der Prozess 32
.
Che i giuristi, poi, necessitino des Handwerkszeuges des Schriftstellers , “degli attrezzi da lavoro
dello scrittore” per intervenire in modo concreto ed incisivo nella realtà è abbastanza ovvio,
giacché, come Janko Ferz asserisce:
d ie Sprache ist für das Recht unabdingbar. […]Der Jurist ist während seines gesamten Berufslebens mit Wortlauten
beschäftigt. Die Sprache ist das Mittel zum Verständigung über außersprachliche Objekte, sie ist ein zentraler
Gegenstand seiner Arbeit. Recht ist notwendig an Sprache gebunden und damit an deren allgemeine Bedingungen
33
.
Per l’esperto di diritto, dunque, la lingua non è semplicemente un mezzo di comunicazione atto a
trasmettere leggi e divieti, ma è anche il collegamento necessario tra testi di natura differente con i
quali questi ha quotidianamente a che fare, e cioè quelli normativi, dogmatici ed astratti da una
parte, quelli che veicolano fatti e casi concreti dall’altra. Onde può dirsi che das Recht ist gelebtes,
praktiziertes Kommunikation und Sprache 34
. Il linguaggio, tuttavia, nella sua proverbiale polisemia,
ambiguità e vaghezza, è anche fonte di insidie per il Kanzleistil del diritto, che al contrario, in nome
della sua autorevolezza, esige chiarezza, rigore, precisione, in sostanza il cosiddetto “grado zero”
della lingua con i suoi significati non “marcati” o denotativi, tanto da essere comunemente descritto
come:
31
Ivi , p. 325: «In cui si riflettono problematiche afferenti al diritto».
32
« La Condanna, Nella Colonia penale, Il nuovo avvocato, Davanti alla Legge, La questione delle leggi, Difensori e
Il Processo ».
33
Ferz, Janko, Recht ist ein Prozess , Manz, Wien, 1999, p. 80: «La lingua è per il diritto indispensabile. […] Durante la
sua attività lavorativa, il giurista è costantemente alle prese con i testi. Il linguaggio è lo strumento per la comprensione
di realtà extra – linguistiche, ed è allo stesso tempo l’oggetto centrale di tale processo di comprensione. Il diritto è
necessariamente collegato al linguaggio e ai suoi presupposti generali».
34
Ivi , p. 81: «Il diritto è allo stesso tempo comunicazione viva, attiva e linguaggio».
kalt, sie verzichtet auf jeden Gefühlston; sie ist barsch; sie verzichtet auf jede Begründungen; sie ist knapp, sie
verzichtet auf jede Lehrabsicht 35
.
Come se non bastasse, il linguaggio giuridico nasce come un linguaggio scritto, destinato a vivere
nei codici e nei testi di legge e che, solo in un secondo momento, viene convertito in comunicazione
verbale, con il risultato che:
die Sprache des Rechtes ist ohne Intonation, ohne das Musische, Expressive und überhaupt ohne ihre lautliche Seite.
Abstrahiert wird nicht nur vom Lautlichen, sondern auch vom Partner und der Situation. Die Sprache hat keinen
Kontakt mit dem Schreibenden; es ist ein Monolog – Sprache mit einem weissen Blatt Papier 36
.
Per concludere il discorso sul rapporto tra letteratura e diritto, vale la pena riferirci ancora una volta
a Franz Kafka il quale, forse più di ogni altro scrittore, ha colto il nodo problematico del diritto
(inteso come legge scritta, parola) proprio nel conflitto tra ricerca e bisogno di univocità e di
chiarezza da un lato e necessità di interpretazione dall’altra. In questa necessità, il diritto si tocca
con la letteratura ed è proprio qui che si colloca l’opera di Kafka, che da sempre impegna i critici
nelle più svariate ipotesi interpretative, senza che essi siano ancora riusciti a pronunciare la parola
definitiva sul dibattito kafkiano.
35
Ivi , p. 82: «Freddo, poiché rinuncia ad ogni sentimentalismo; sgarbato, poiché non ammette spiegazioni; misero,
giacché non ha finalità di insegnamento».
36
Ivi , p. 85: «Si tratta di una lingua senza intonazione, musicalità, espressività e, soprattutto, senza i suoi aspetti
fonetici, lontana rispetto al suo interlocutore e alla situazione descritta, tanto da non avere nessun contatto con colui
che scrive. È una lingua – monologo, la conversazione con un foglio di carta bianco».