5
1. Traduzione e commento di “Die Zauberei im Herbste”, scritto da
Joseph von Eichendorff.
1.1. Elementi principali delle strategie traduttive applicate al testo.
Sebbene ci siano nella storia diversi studi e riflessioni sulla traduzione, ancora oggi,
non si è riusciti a darne una definizione rigorosa
3
. Per Friedmar Apel, ad esempio, la
traduzione può essere considerata come:
1. La resa di espressioni scritte da un livello linguistico antico ad un altro più
moderno sempre della stessa lingua (traduzione diacronica).
2. La resa di enunciati scritti in una lingua naturale verso un'altra lingua
anch’essa naturale (traduzione sincronica.)
4
.
Queste definizioni generali si avvicinano molto “all’atto del tradurre”, definito
tecnicamente dalla studiosa Paola Faini, il quale può essere assimilato ad una
“transcodificazione”, infatti:
Un testo di partenza (TP
5
) nasce in un certo codice, che sarà chiamato LP (lingua di
partenza); una volta compreso, la fase successiva è la ricodificazione del messaggio,
ovvero si giunge al testo d’arrivo (TA), riscritto in un nuovo codice, che sarà
nominato LA (lingua d’arrivo.)
A tal proposito, secondo questa ricercatrice, per comprendere appieno un TP, occorre
individuare la “tipologia testuale”, ossia le caratteristiche che differenziano un testo
dagli altri
6
.
Il brano eichendorffiano, di cui si vuole proporre la traduzione integrale, appartiene
senza dubbio alla categoria dei “testi letterari”, come dimostrano vari indicatori
narratologici – il chiaro carattere fittizio per esempio, dimostrato attraverso il
preterito epico, il narratore autoriale etc. – nonché le caratteristiche riconducibili alla
particolare espressività dell’autore
7
. Il testo è in lingua tedesca, ma il suo livello
3
Cfr. F. APEL, A. KOPETZKI, Literarische Übersetzung, Weimar, Verlag J.B. Metzler, 2003,
capitolo 4, pp. 71 – 106, e capitolo 5, pp. 107 – 124, dove si illustrano i pensieri e le riflessioni sul
concetto di traduzione in generale e di traduzione letteraria nella storia della cultura tedesca.
4
F. APEL, A. KOPETZKI, Weimar, 2003. pp. 1 – 2.
5
Queste abbreviazioni sono usate spesso, quando si parla di traduzione. Cfr. ad es. P. FAINI,
Tradurre. Dalla teoria alla pratica. Roma, Carocci, 2004, p. 19, e 29.
6
P. FAINI, 2004, p. 55.
7
Cfr. capitolo 1 § 1.3.1. e capitolo 2 § 2.6.
6
storico – linguistico differisce da quello attuale; sono presenti, infatti, particolari
vocaboli, e modi di periodare il discorso narrativo, diversi da come sono usati di
consuetudine nei testi letterari, e non solo, del tedesco quotidiano
8
. Per far conoscere
questa fiaba giovanile di Eichendorff al pubblico italiano, tuttavia, occorrerà
applicare, nello stesso istante, entrambe le rese della traduzione, “sincronica” e
“diacronica”, proposte da Friedmar
;
si parte, effettivamente, dal tedesco
“eichendorffiano” del XIX secolo (LP) e si dovrebbe arrivare all’italiano dei nostri
giorni (LA); un italiano moderno che, in ogni caso, cerca di conformarsi il più
possibile con le consuetudini culturali che propone il TP; ad esempio, si è mantenuto
l’utilizzo della forma cortese con il pronome della seconda persona plurale, Ihr,
espressa dal protagonista con il cavaliere Ubaldo
9
, che, naturalmente, può equivalere
in italiano alla forma gentile del “Voi”, anche se la forma Ihr è del tutto scomparso
dall’uso odierno del tedesco ed è chiaramente riconoscibile come una forma di
linguaggio antico, mentre la forma del “Voi” si trova ancora in uso in qualche parte
d’Italia, per cui la sua appartenenza ad un linguaggio oramai di tempi passati è meno
scontato.
Nel brano sono presenti, inoltre, due poesie che hanno un linguaggio altamente
peculiare e caratteristico sia a livello metrico e sia per i suoi particolari contenuti.
Nella resa in LA, si è preferito mettere in risalto il contenuto, lasciando di tanto in
tanto qualche rima dove era possibile
10
.
Si è cercato, in conclusione, di non rendere questa particolare fiaba con espressioni
colloquiali o troppo moderne dell’italiano, perché è sempre preferibile rimanere
“fedeli” a ciò che esprime il testo effettivamente nell’ambito della LP, come
suggerisce di fare con i testi letterari, la studiosa Paola Faini
;
in modo tale che il
lettore italiano moderno possa cogliere il più possibile il messaggio che vuole
trasmettere il TP, ovvero, ad esempio, l’atmosfera tipica che circonda la trama, ricca
di magia e romanticismo.
Fatte queste brevi premesse, si procederà ora con la traduzione integrale di “Die
Zauberei im Herbste”. In seguito, nel paragrafo successivo, si prenderà in esame, il
linguaggio utilizzato da quest’autore
11
, secondo alcuni studi di Theodor W. Adorno,
8
Cfr. capitolo 1 § 1.3.2.
9
Cfr. capitolo 1 § 1.2. in particolare i dialoghi tra l’eremita e Ubaldo.
10
Cfr. capitolo 1 § 1.2. la traduzione delle poesie e capitolo 2 § 2.6.2. per analisi di esse.
11
Per un approfondimento del genere letterario del brano tradotto si veda capitolo 2 § 2.6.
7
Richard Alewyn e Albrecht Koschorke, e le strategie traduttive applicate ad alcuni
periodi e vocaboli particolari del brano.
1.2.“I sortilegi d’autunno” - Una fiaba (1808)
12
Joseph Freiherr von Eichendorff
In una bella serata d’autunno, il cavaliere Ubaldo, seguendo la caccia, si era
allontanato di molto dai suoi compagni, e stava salendo ora tra le solitarie montagne
della foresta, quando vide scendere un uomo, vestito in modo singolare e variopinto.
Lo straniero non se ne accorse di lui, fino a quando gli fu proprio di fronte. Ubaldo
notò con stupore che questi indossava una giacca molto graziosa e decorata, che con
lo scorrere del tempo sembrava modesta. Il suo viso era bello, ma pallido e selvaggio
con barba incolta.
I due si salutarono e Ubaldo raccontò che aveva avuto la sfortuna di essersi smarrito.
Il sole era già tramontato dietro le montagne e quel luogo era lontano da tutte le
abitazioni degli uomini. Lo sconosciuto invitò il cavaliere a passare la notte da lui,
poi il giorno seguente, il più presto possibile, gli avrebbe mostrato l’unico sentiero
che conduceva fuori dalle montagne. Ubaldo accettò volentieri e seguì la sua guida
attraverso la desolata foresta.
Arrivarono ben presto vicino ad un’alta roccia dove ai suoi piedi era scavata una
spaziosa caverna. Al centro c’era una grande pietra, e su di essa, un crocifisso di
legno. Il fondo del romitaggio era riempito da un giaciglio di foglie secche. Ubaldo
legò il suo cavallo all’entrata, mentre il suo oste portava silenziosamente pane e vino.
Si sedettero insieme, e il cavaliere, pensando che l’abito dello sconosciuto non
andasse bene per un eremita, non riuscì a trattenersi nel domandargli quale era il suo
precedente destino. <<Non cercare semplicemente di indagare chi sono>>, rispose
l’eremita severo, e il suo viso divenne sinistro e poco amichevole. Ubaldo, invece,
notò che egli divenne attento e poi sprofondò in un rimuginare, quando egli stesso
cominciò ad accennare ad alcuni viaggi e a gesta gloriose, che aveva compiuto
durante la sua giovinezza. Alla fine, stanco, si distese sul fogliame, che gli era stato
12
Tradotto da: J. VON EICHENDORFF, Das Marmorbild. Die Zauberei im Herbste. Mit einem
Kommentar und Materialien zur Interpretation, hg. v. G. Behütuns, Paderborn, 1988, pp.53 – 71.
8
offerto e si addormentò presto, mentre il padrone di casa si sedette all’entrata della
caverna.
In piena notte, il cavaliere si svegliò improvvisamente dagli incubi. Alzò testa e
mezzo busto. Fuori la luna illuminava molto chiaro le montagne intorno. Davanti alla
caverna, vide il padrone camminare su e giù agitato, sotto gli alberi alti e ondeggianti.
Stava cantando con una voce cupa una canzone, della quale Ubaldo riuscì a percepire
all’incirca solo le seguenti parole tronche:
Dal crepaccio l’ansia mi caccia.
Antichi suoni cercano di catturarmi -
Dolce peccato, lasciami!
O buttami giù del tutto
Davanti al sortilegio di questi canti
Proteggendomi nel grembo della terra!
Oh Dio! Vorrei pregare ardentemente
Ma le immagini terrestri si mettono
Sempre tra te e me,
E il ronzio dei boschi intorno
Riempie la mia anima di orrore,
Oh Dio severo! Ti temo.
Ah! Rompi anche le mie catene!
Per salvare gli uomini,
Andasti contro un’amara morte.
Ah come mi sono perso
Errando alle porte dell’inferno!
Gesù, ho bisogno d’aiuto!
Il cantante rimase nuovamente in silenzio, si sedette su una pietra e sembrò che stesse
mormorando alcune impercettibili preghiere, che però suonavano più come strane
formule magiche. Lo scroscio dei ruscelli delle montagne vicine e i lenti ronzii degli
9
abeti cantavano in modo strano in quel luogo e Ubaldo, sopraffatto dal sonno, ritornò
al suo giaciglio.
Appena i primi raggi di sole splenderono attraverso le cime degli alberi, l’eremita si
mise dinanzi al cavaliere, per mostrargli la strada dai crepacci. Ubaldo salì di buon
umore sul suo cavallo, e l’insolita guida camminò silenzioso accanto a lui.
Raggiunsero presto la cima dell’ultimo monte e lì, improvvisamente, trovarono la
splendida valle con i fiumi, città e castelli ai loro piedi. Lo stesso eremita sembrava
molto colpito. <<Ah, come è bello il mondo! >> esclamò sbigottito, coprì il suo viso
con entrambe le mani e poi ritornò ad affrettarsi nei boschi. Ubaldo, scuotendo la
testa, intraprese la strada ben conosciuta verso il suo castello.
La curiosità, però, lo condusse nuovamente verso quel luogo desolato, e ritrovò
ancora, con qualche sforzo, la caverna dove l’eremita lo ricevette, stavolta meno
rabbuiato e chiuso. Ubaldo, ormai, aveva capito da quel canto notturno, che egli
stesso volesse espiare onestamente i suoi gravi peccati, ma gli sembrò di lottare
questo animo senza speranza contro il male; perché nel suo atteggiamento non c’era
niente della vera fiducia serena e rassegnata al volere di Dio. Spesso, quando si erano
seduti per parlare, irruppe un desiderio struggente, grave e soppresso, di una violenza
quasi terrificante dagli occhi follemente fiammeggianti dell’uomo, mentre il viso
sembrava, in modo strano, diventare selvaggio e trasformarsi del tutto.
Tutto ciò indusse al cavaliere devoto, di ripetere spesso le sue visite per abbracciare e
sostenere questa mente barcollante con tutta la forzo del suo animo sereno ed
innocente. Ma, l’eremita continuò a nascondere il suo nome e la sua vita passata; nel
frattempo, sembrò che il suo passato lo facesse tremare. Eppure, questo straniero
diventò, con ogni incontro, più tranquillo e mansueto. Eh già, alla fine al buon
cavaliere riuscì a convincere lo straniero a farsi seguire al suo castello.
Era già sera, quando giunsero nel borgo. Il cavaliere fece accendere un fuoco caldo
nel camino e prese il miglior vino che aveva. Là, l’eremita sembrò sentirsi per la
prima volta a suo agio. Osservò molto attentamente una spada e altre armi, che erano
appesi sulla parete, mentre luccicavano nel riflesso del fuoco del camino, e poi fissò a
lungo ed in silenzio il cavaliere. Disse: <<Voi siete fortunato e stavo osservando bene