INTRODUZIONE
Vasilij Ivanovič Čapaev è il nome di un combattente della
guerra civile che insanguinò la Russia tra il 1917 e il 1921 e che
vedeva contrapposti i Rossi, comunisti e rivoluzionari, sostenitori
dei Bolscevichi che avevano appena preso il potere, ai Bianchi,
formati da vari gruppi che si opponevano ai risultati della
Rivoluzione d'Ottobre.
Ciapaiev (Čapaev ) è il titolo del diario pubblicato nel 1923
da Dmitrij Andreevič Furmanov, che fu inviato dal comando
centrale del Partito come commissario politico nella 25esima
divisione comandata da Vasilij Ivanovič.
Ciapaiev (Čapaev ) è il titolo di un film basato sulle memorie
di Furmanov, girato nel 1934 dai Sergej e Georgij Vasil'ev, in arte
i «fratelli» Vasil'ev, e che diede la fama ai due registi, autori fino
a quel momento di opere mediocri e sconosciute ai più.
Oggetto del presente lavoro è il film, considerato una tappa
fondamentale della storia del cinema sovietico, uno spartiacque
tra due modi di intendere l'arte filmica e tra due poetiche
estremamente diverse tra loro.
Vediamo di contestualizzarlo, con un breve excursus delle
tendenze cinematografiche che dominarono la scena sovietica
negli anni '20 e '30. Questo ci aiuterà a capire non solo il
contesto culturale dell'epoca, ma anche il motivo per cui
un'opera come Ciapaiev rivestì tanta importanza nella storia del
cinema sovietico e il perché le opere che seguirono non
riuscirono a riproporne la freschezza
1
.
1 Le notizie che seguono sono tratte da varie storie del cinema sovietico, in
particolare dai seguenti testi: AA. VV., Istorija sovetskogo kino, Iskusstvo , Mosca,
1973, vol. 2; BUTTAFAVA G., Il cinema russo e sovietico , Marsilio Editori, Venezia,
2000; LEBEDEV N., Il cinema muto sovietico , Giulio Einaudi Editore, Torino, 1962;
LEYDA J., Storia del cinema russo e sovietico, Il Saggiatore, Milano, 1964
1
Sebbene il cinematografo fosse presente in Russia fin dal
1896, subito dopo quindi l'invenzione del cinématographe dei
fratelli Lumière, e sebbene avesse avuto subito una grande
attrattiva sul popolo russo, la nascita del cinema viene spesso
considerata successiva alla Rivoluzione. Questo per ragioni
propagandistiche, ma anche a causa della natura delle opere
precedenti al 1917: si trattava perlopiù di documentari e
adattamenti da opere letterarie, che non richiedevano né
proponevano una particolare rielaborazione da parte dell'autore.
Dopo la Rivoluzione lo stesso Lenin si interessò al cinema,
dichiarandolo, in quanto mezzo potentissimo di propaganda, “la
più importante di tutte le arti” e nazionalizzandolo nel 1919.
Il cinema nato dalla Rivoluzione doveva proporre contenuti
nuovi e parlare direttamente alla coscienza degli spettatori,
diventando così uno degli elementi propulsivi della costruzione di
una nuova società. Per fare questo furono necessarie nuove
forme espressive, anch'esse rivoluzionarie: il modello
hollywoodiano, con l'importanza data alla spettacolarità e al
ruolo centrale dell'attore, venne rifiutato in favore di un cinema
collettivo e capace di educare.
Un ruolo di primo piano venne attribuito ad uno degli
elementi peculiari della Settima Arte, il montaggio, utilizzato per
spiegare e aiutare ad interpretare le immagini, fossero esse
documentaristiche o di finzione. Un valore più didattico, quindi,
che narrativo.
Il montaggio assunse così una doppia funzione: di
patetizzazione, tendente ad amplificare gli eventi e i conflitti con
procedimenti quali iperframmentazione, accelerazione, utilizzo
del primo e del primissimo piano o di un'illuminazione fortemente
contrastata, e di argomentazione, che esprimeva idee e valori
attraverso l'accostamento di immagini in antitesi tra loro o
addirittura appartenenti a mondi diversi.
2
L'uso sperimentale che del montaggio fece Kulešov
2
, la
teoria del cine-occhio di Dziga Vertov
3
, quelle del cine-pugno e
del montaggio delle attrazioni di Ejzenstejn
4
, il montaggio
simbolico di Pudovkin
5
e quello lirico di Dovženko
6
segnarono la
tendenza dominante del cinema sovietico dell'epoca del muto e
lo resero famoso in tutto il mondo.
Queste teorie ebbero il merito di rendere estremamente
interessante da un punto di vista tecnico la cinematografia degli
anni '20, ma il forte simbolismo rischiava di risultare troppo
intellettuale, scarsamente comprensibile dalle masse e, quindi, di
far perdere al cinema la sua attrattiva e la sua potenziale
funzione educativa.
Il pericolo fu chiaramente avvertito all'inizio degli anni '30
da Boris Šumjackij, che, in qualità di presidente della Sojuzkino
7
prima e del GUKF
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poi, fu l'uomo che più di ogni altro influenzò il
2 Il primo cineasta sovietico a teorizzare l'importanza del montaggio. Celebre è il suo
esperimento, oggi noto come “effetto Kule š ov”: il volto inespressivo dell'attore
Mozž uchin venne unito all'immagine di un piatto di minestra, ad una bara e da una
bambina che giocava con un orsacchiotto. Quando gli spezzoni di pellicola furono
mostrati ad un pubblico non prevenuto, questo lodò la bravura dell'attore
nell'esprimere, rispettivamente, fame, dolore e tenerezza.
3 Dziga Vertov proponeva l'abbandono dei teatri di posa e della messa in scena, visti
come tipici del mondo borghese, opponendovi un'incursione nella realtà.
L'opposizione tra le riprese dal vero e il montaggio, tra la natura documentaristica
del materiale e l'artificiosità della sua organizzazione ritmica, restituiva allo
spettatore una percezione diversa del mondo. Il capolavoro in tal senso è L'uomo
con la macchina da presa (Č elovek s kinoapparatom , 1929), in cui il regista filma
un'intera giornata nella città di Mosca, montando poi le immagini in modo
imprevedibile. Non c'è narrazione, le immagini vengono accostate tra loro in modo
poetico.
4 Al cine-occhio di Vertov, Ejzenštejn, oppose il cine-pugno, un cinema recitato,
basato sulla messa in scena, nel quale gli elementi mostrati erano in grado di agire
in profondità sulla psiche dello spettatore. Il montaggio delle attrazioni è una
similitudine simbolica tra fatti narrati e fatti diversi accostati per analogia. Esempi
celebri sono l'accostamento della feroce repressione dello sciopero operaio agli
animali squartati di un mattatoio in Sciopero! (Stačka , 1925) o le tre rapide
inquadrature che rappresentano rispettivamente un leone dormiente, che si sveglia
e che ruggisce, a rappresentare il risveglio e la ribellione del popolo russo, in La
corazzata Potëmkin (Bronenosec Potëmkin , 1925).
5 Pudovkin definì il montaggio “lo specifico filmico”, ciò che distingueva
maggiormente il cinema da tutte le altre arti. La sua idea era che la narrazione di
un'azione era molto più pregnante se veniva ricostruita in fase di montaggio,
piuttosto che se veniva filmata in modo semplice e lineare.
6 Per Dovženko il montaggio era un modo per accentuare la poeticità del lavoro
umano e della terra ucraina.
7 La Sojuzkino era l'organizzazione statale creata nel 1930 che si occupava degli
aspetti economici legati al cinema, ne controllava la fase di produzione e la
distribuzione.
8 La GUFK (Gosudarstvennoe Upravlenie Kinematografii i fotografii, Direzione Statale
della Cinematografia e della Fotografia) fu una struttura amministrativo-burocratica
che dettava al cinema sovietico le direttive da seguire.
3
cinema sovietico tra il 1930 e il 1937.
Šumjackij avrebbe espresso più volte e in vari articoli le sue
perplessità sul montaggio, affermando che i cineasti sovietici gli
avevano attribuito troppa importanza, finendo per far prevalere
la forma sul contenuto e il fattore estetico su quello politico. Si
trattava dunque di restituire al cinema una forma narrativa,
considerata la base per coniugare l'espressione di un'idea al
piacere del pubblico. L'Unione Sovietica non aveva più bisogno di
film senza una trama lineare.
All'inizio degli anni '30 il cinema si trovava così alle prese
con sostanziali rivolgimenti: le sue strutture finanziarie vennero
centralizzate e le risorse economiche ridotte, il sonoro si stava
gradualmente sostituendo al muto. Il film a soggetto,
conseguenza naturale in questo contesto, si impose lentamente,
ma non lasciò opere rilevanti, a causa proprio del momento di
passaggio e della necessità di adeguarsi alle mutate condizioni.
Queste tendenze si inserirono in un quadro più generale di
riflessioni sull'arte: nel 1934 ci fu il I Congresso degli Scrittori
Sovietici, presieduto da Maksim Gorkij, da cui emerse la
necessità di far fronte alle degenerazioni del modello
capitalistico. In quest'ottica, il ruolo della letteratura era di
convogliare le energie per difendere i valori della Rivoluzione, e
lo strumento per farlo fu individuato in un'arte che avesse forma
realista e contenuto socialista, in accordo con la teoria marxista
9
.
Chiaro fu in tal senso l'intervento di Ždanov, all'epoca
segretario del PCUS, che sosteneva la necessità di rottura con le
correnti artistiche ottocentesche fatte di eroi inesistenti che
vivevano una vita inesistente. Egli vi oppose la definizione di
9 Per quanto riguarda la definizione del realismo socialista ho fatto riferimento al
volume: DOBRENKO E., GÜNTHER H. (a cura di), Socrealističeskij kanon ,
Akademičeskij proekt, San Pietroburgo, 2000, in particolare ai seguenti saggi:
BULGAKOVA O., “Sovetskoe kino v poiskach «obščej modeli»”, pp. 146-164;
CARLTON G., “Na pochoronach živych: teorija «živogo čeloveka» i formirovanie
geroja v rannem socrealizme”, pp. 339-351; DOBRENKO E., “Socrealističeskij
mimesis, ili «žizn' v eë revoljucionnoj razvitii»”, pp. 459-471; G ÜNTHER H.,
“Totalitarnoe gosudarstvo kak sintez iskusstv”, pp. 7-15; G ÜNTHER H.,
“Chudožestvennyj avangard i socialističeskij realizm”, pp. 101-108; SMIRNOV I.,
“Socrealizm: antropologičeskoe izmerenie", pp. 16-30
4
Stalin dello scrittore come “ingegnere delle anime umane”
definendolo come colui che sta con entrambi i piedi sul terreno
della vita reale, che attinge il suo materiale dalla vita di operai,
colcosiani, funzionari di partito ed eroi della Rivoluzione.
L'istituzionalizzazione del realismo socialista come linea
ufficiale del Partito non indicava un metodo formale da seguire,
ma imponeva genericamente dei contenuti. Il discorso non fu
evidentemente limitato alla letteratura, ma esteso alla totalità
delle arti. Sotto l'etichetta di “realismo socialista” furono
raggruppate quelle opere che descrivevano la realtà vista nel suo
sviluppo rivoluzionario, capace di educare i lavoratori nello spirito
del socialismo. Compito dell'arte era dunque partecipare
attivamente alla costruzione del socialismo mediante
l'educazione delle masse dei lavoratori.
In questo contesto culturale, di rottura totale con le
avanguardie degli anni '20 e di affermazione del realismo
socialista, si situa il film Ciapaiev. I registi erano stati allievi di
Ejzenštejn, ma la trama è lineare e le grandi prove di montaggio
presenti nel film sono funzionali alla narrazione, non hanno nulla
di simbolico o di intellettualistico. Il personaggio di Čapaev
risponde perfettamente all'esigenza, fortemente avvertita, della
creazione di un eroe in cui il popolo potesse identificarsi.
Per questi motivi il film piacque ai vertici del partito, che lo
proposero come un modello da seguire. Lo stesso Ejzenštejn
individuò in Ciapaiev la sintesi più alta del nuovo corso del
cinema sovietico: nel 1935, in occasione della I Assemblea dei
Lavoratori del Cinema Sovietico, il grande regista lodò i suoi ex
allievi come coloro che avevano saputo unire lo stile poetico delle
avanguardie alla semplicità della forma tipica dei primi anni '30,
inaugurando un terzo periodo nel corso del cinema sovietico.
Fu invece proprio la glorificazione di Ciapaiev a
determinare l'inizio della sclerotizzazione. Quelli che nel film dei
Vasil'ev erano stati elementi spontanei e naturali, inseriti in un
5
preciso contesto storico e culturale, furono assunti come topoi
dai cineasti che tentarono di imitare Ciapaiev . Discorsi
didascalici, toni celebrativi e cortigiani, personaggi stereotipati,
furono conseguenze inevitabili della consacrazione del realismo
socialista e divennero la caratteristica dei film sovietici a partire
dalla metà degli anni '30.
Questo il contesto culturale in cui si inserisce Ciapaiev . A
causa del successo che ebbe, sia preparato a livello istituzionale
sia spontaneo, sul film si è scritto molto in Unione Sovietica.
Dall'epoca della sua uscita sugli schermi ai giorni nostri gli sono
stati dedicati innumerevoli editoriali, articoli di giornale, libri.
Oggi è parte integrante della cultura popolare ed è diventato il
protagonista di un buon numero di aneddoti.
Pochissimo si sa invece di come fu accolto fuori dai confini
nazionali. Il presente lavoro si propone di colmare questa lacuna,
analizzando la ricezione culturale del film in alcuni paesi
occidentali. In particolare ho studiato i casi di Stati Uniti, Gran
Bretagna, Francia, Spagna e Italia.
La scelta è stata dettata dal fatto che si tratta di stati
distanti dall'URSS da un punto di vista culturale ed economico e
in cui la diffusione del cinema sovietico è stata spesso osteggiata
o favorita da motivazioni politiche. Non trascurabili sono inoltre le
motivazioni linguistiche: dei paesi in questione conosco la lingua
e mi è quindi stato possibile accedere ad un buon numero di
documenti.
Le fonti di base sono state i testi generali di teoria
cinematografica, le storie del cinema sovietico e alcuni scritti più
specifici sul realismo socialista.
Fonti più specifiche sono le voci “Ciapaiev”, “Vasil'ev” o
“URSS” nelle enciclopedie e nei dizionari del cinema e,
ovviamente, gli articoli dedicati al film, siano essi apparsi nei
6
quotidiani o nelle riviste di settore, oltre alle pubblicazioni che
hanno accompagnato le rassegne in cui è stato possibile vedere
il film.
In alcuni casi, specie per quanto riguarda la percezione di
Ciapaiev ai nostri giorni, ho utilizzato anche internet, in
particolare blog, forum e siti dedicati al cinema.
Importanti per quanto riguarda la percezione del pubblico
contemporaneo sono state poi le discussioni avute con gli amici
cui ho proposto la visione del film.
Fondamentale si è rivelato l'articolo di Jeremy Hicks “The
international reception of early Soviet sound cinema: Chapaev in
Britain and America ” , apparso nel giugno 2005 nella rivista
Historical Journal of Film, Radio and Television . Si tratta dell'unico
studio specifico sulla ricezione di Ciapaiev in Occidente, anche se
si limita al caso del mondo anglosassone.
Lo slavista e studioso di cinema analizza e confronta
l'accoglienza avuta dal film negli Stati Uniti e in Gran Bretagna,
basandosi sugli articoli apparsi nella stampa dell'epoca. Una
volta accertato che in America fu accolto favorevolmente sia
dalla critica che dal pubblico, mentre in Inghilterra dovette
scontrarsi con l'ostracismo degli intellettuali, si chiede il perché
di una tale disparità di trattamento.
Le fonti sono state, quando possibile, studiate nella loro
lingua originale, e così riportate nelle citazioni e in bibliografia. In
alcuni casi questo non è stato possibile e si è optato per una
traduzione delle stesse.
Per quanto riguarda la struttura della tesi, essa è suddivisa
in quattro capitoli.
Il primo capitolo ci presenta i diversi punti di vista che ci
hanno fatto conoscere Čapaev, a partire dal Vasilij Ivanovič
realmente esistito, per continuare poi con il protagonista del
romanzo e infine del film, sottolineando le differenze tra gli ultimi
7
due. Vedremo inoltre alcune delle principali fonti culturali che
sono alla base del film.
Nel secondo capitolo vediamo come il film è stato recepito
in Unione Sovietica dall'epoca della sua uscita ad oggi e come il
Čapaev cinematografico sia diventato parte integrante della
cultura popolare.
Il terzo capitolo ci presenta l'accoglienza critica e culturale
del film nel mondo anglosassone, in Francia e in Spagna.
Il quarto capitolo è invece dedicato alla ricezione in Italia, a
partire dal momento in cui Ciapaiev giunse nel nostro paese, in
occasione della Manifestazione Internazionale d'Arte
Cinematografica di Venezia del 1946, con dodici anni di ritardo.
Seguono le rassegne in cui è stato presentato nei decenni
successivi, lo studio del dibattito critico intorno al film e il parere
del pubblico contemporaneo.
A conclusione un'appendice che presenta la traduzione
della prima parte della sceneggiatura letteraria del film.
Una precisazione sulla grafia del nome del comandante
della 25esima divisione dell'Armata Rossa: ho utilizzato la
traslitterazione scientifica nei momenti in cui si parla del
personaggio, sia storico che letterario o cinematografico. Quando
invece ci si riferisce al titolo del film o del romanzo ho utilizzato
la grafia con cui il libro e il film sono usciti in Italia. Così Čapaev
indica il personaggio mentre Ciapaiev indica, a seconda dei casi,
l'opera di Furmanov o quella dei Vasil'ev.
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