2
dialetto è in grado di far risaltare polemicamente le differenze sociali ancora oggi
esistenti.
La volontà di mantenere le proprie radici linguistiche riflette nello scrittore il
desiderio di rievocare il passato, di mantenere viva la memoria. I riboboli, le
locuzioni, gli stessi richiami alla cucina siciliana, presenti in tutte le sue opere, sono
attinti dalle consuetudini familiari e hanno il fine di trasmettere i ricordi. Del resto
Pirandello l’aveva detto già alla fine del secolo scorso: “Di una data cosa la lingua
esprime il concetto, della medesima cosa il dialetto esprime il sentimento”
3
.
Questo aspetto sentimentale sottrae lo scrittore dalle inevitabili accuse di dipingere
una Sicilia da cartolina e di sfruttare il patrimonio comune ad uso e consumo del
lettore che si ciba di convenzioni letterarie e di luoghi comuni.
§ 1.1.3 Critiche e osservazioni
Il “caso Camilleri” è stato terreno fertile per tanta critica. La maggior parte degli
interventi su questo tema sono contenuti in articoli apparsi in quotidiani e riviste,
alcuni di essi non hanno grande rilevanza critica. Sono degni di nota in mezzo a tanto
proliferare di scritti gli interventi di alcuni eminenti studiosi, di cui si fornisce qui di
seguito una rapida ma efficace carrellata.
Bruno Porcelli, ad esempio, pur apprezzando nel complesso l’opera di Camilleri,
intravede in questa come uno stridore irrisolto fra lingua e dialetto, tipi di espressione
3
G. Grimaldi, Le avventure in giallo di un “europoliziotto”, in “ La nuova Sardegna”, 17 giugno 1998.
3
diversa
4
. Accosta Camilleri a Consolo sia perché entrambi evocano il ricordo di tanti
intellettuali conterranei sia per il rilievo che conferiscono alla lingua e alla “posizione
spirituale che la determina”; come si può evincere dallo stesso Consolo, secondo il
quale la scelta linguistica esprime una filosofia di vita, uno schieramento di ordine
politico
5
.
Anche Ermanno Peccagnini valuta positivamente i romanzi di Camilleri, tuttavia è
scettico sull’uso della lingua. Egli ha remore, soprattutto, per la scelta di far
condividere al narratore l’idioletto dei personaggi. “Meno mi convince l’impiego
come scelta stilistica totalizzante dell’opzione miscidato fra italiano e dialetto. Salvo
eccessi, funziona abbastanza bene nella trilogia ottocentesca. Nei romanzi
polizieschi, invece, ottima in bocca, mente e pensieri dei personaggi, e di Montalbano
in particolare, finisce per suonarmi disturbante, e anzi penalizzante, in quanto filo del
racconto vero e proprio”
6
.
Polemico nei confronti della distinzione auspicata da Ermanno Peccagnini fra
linguaggio del narratore e linguaggio dei personaggi è invece Stefano Salis, il quale
afferma che la lingua di Camilleri non assume una mera funzione strumentale
all’intreccio, ma fornisce uno schema interpretativo della realtà che cerca di
descrivere: “Se il dialetto fosse confinato alle parole ed ai pensieri potrebbe essere
frainteso dai lettori semplicemente come intento mimetico di realismo e
verosomiglianza; il suo sconfinamento e il dilagare nel referto dell’historicus avrà
4
B. Porcelli, Due capitoli per Andrea Camilleri, in “ Italianistica”, maggio-agosto 1999, p. 214.
5
B. Porcelli, Un filo di fumo. Romanzo siciliano di Andrea Camilleri, in “ Italianistica”, aprile 1998, p.103.
6
E. Paccagnini, La scrittura di Camilleri si intreccia con tre fili, in “ Il Sole 24-Ore”, 3 agosto 1997.
4
quindi altre valenze. Quella di fornire una precisa visione del mondo senza
mediazioni ulteriori”
7
. Quindi Salis considera le modalità espressive di Camilleri “un
prezioso strumento linguistico vissuto ancor prima che pensato o scritto”. Infatti,
poiché il panorama dei narratori dell’Italia contemporanea è piuttosto affollato, un
autore, per emergere e distinguersi dai numerosi concorrenti, necessita di una tecnica
originale. Il pregio di Camilleri consiste nel non forzare lo stile che scaturisce dalla
sua stessa esperienza di vita e proviene in misura minore da una vera e propria ricerca
programmatica, divergendo, in questo, da altri stimati scrittori, sperimentatori per
scelta
8
. Per quanto concerne il parallelismo con Gadda, il Salis afferma che questo
ultimo è una sorta di padre putativo per Camilleri, poiché funge da stimolo per
superare dubbi ed esitazioni, ma non suggerisce certamente un modello per
l’attuazione della contaminazione fra l’italiano corrente ed altre espressioni
linguistiche. “Dopo la liberatoria lezione gaddiana non aveva alcun senso per gli
scrittori delle generazioni future distinguere con meticolosità i due ambiti: dialetto o
italiano non era più un aut aut fortemente restrittivo”
9
.
Di opinione dichiaratamente negativa è Giulio Ferroni, il quale, liquidando l’autore
e le sue opere con l’aggettivo “simpatici”, non li ritiene degni di figurare nel suo
aggiornamento alla Storia della letteratura italiana edita dalla Garzanti, nella quale
compaiono altri siciliani illustri come Sciascia e Consolo. Egli spiega l’esclusione,
con toni in bilico fra il paternalismo divertito e il disprezzo snobistico, considerando
7
S. Salis, In attesa della mosca: la scrittura di Andrea Camilleri, in “ La grotta della vipera”, a. XXXIII, n. 79-80,
autunno-inverno 1997, pp. 37-51.
8
Ivi, p.44.
9
Ibidem.
5
Camilleri un buon artigiano ma non uno scrittore importante del novecento, poiché
non è in grado di andare oltre la descrizione caricaturale di luoghi e personaggi, di
oltrepassare il confine dei luoghi comuni letterari
10
.
Francesco Merlo, anch’egli scettico a proposito del successo di Camilleri, lo
liquida severamente come “l’ultimo geniale divulgatore di successo” di una “Sicilia
immaginaria delle macchiette e degli stereotipi […] gran ciambellano di un
espediente retorico, la sicilitudine […] goliardico epigono di Leonardo Sciascia”
stroncandone in toto le opere
11
.
In fine si riportano le conclusioni a cui è giunta Simona Demontis e con le quali
si concorda pienamente: “Possiamo concludere che è certamente lo stile di Camilleri
ciò che ne ha decretato la fama, la celebrità e, perché no, la moda: i plot sono sì
originali, ma mostrano talvolta l’influsso di schematismi, di situazioni ripetute se non
viete; la delineazione dei personaggi è dovuta sovente a un felice tocco creativo,
sebbene un certo numero di figure, soprattutto minori, conservi l’impronta di
prototipi, di pattern sovente reiterati, fino a scivolare nella macchietta dai tratti
caricaturali. La vera soluzione insolita soluzione, la freschezza di questo autore sta
nel modo di raccontare e soprattutto in quel suo coinvolgere anche il narratore e
renderlo partecipe, personaggio esso stesso della storia: un narratore in grado di
condividere piuttosto che descrivere le emozioni dei suoi personaggi, di trasfigurarsi
nell’ambientazione pur non facendone parte, di fornire al lettore la chiave per
10
M. Serri, Ferroni stronca l’autore più letto dagli italiani: Camilleri ? Solo marionette, in “ L’Espresso”, 18 gennaio
2001.
11
F. Merlo, Camilleri, che noia. La falsa Sicilia di uno scrittore mito, in “ Corriere della sera”, 11 dicembre 2000; cfr.
anche un precedente articolo dello stesso autore: La sicilianità ( o sicilitudine) non sia solo paccottiglia sentimentale, in
“Sette-Corriere della Sera”, 22 giugno 2000.
6
accedere a un mondo solo e apparentemente chiuso […] con l’utilizzo di
sperimentazioni espressive plurilingue, caratteristiche di una forma espositiva che
può essere definita “all’avanguardia”
12
.
§ 1.1.5 Tecniche narrative
§ 1.1.5.1 Narrazione mimetica
Dal punto di vista narrativo, nelle storie di Camilleri è possibile distinguere i
passi in cui a parlare è il narratore e quelli in cui ad esprimersi sono i personaggi. Lo
scrittore aspira a creare uno stile personale e facilmente riconoscibile, quindi, al fine
di mantenere viva l’attenzione del lettore, varia nello stesso racconto il punto di
focalizzazione. Adotta, di preferenza, il punto di vista non focalizzato o a
focalizzazione zero, tipico del racconto classico e le relative modalità narrative. Il
narratore Camilleri preferisce la narrazione mimetica, pur accostandosi spesso al tipo
di narrazione onnisciente che consente una conoscenza di livello superiore e con la
quale oltre a preannunciare circostanze future, anticipare eventi ignoti dei
protagonisti, può, nel contempo, chiarire al lettore le sensazioni e le emozioni dei
personaggi.
La narrazione mimetica impone allo scrittore l’adozione dell’idioletto dei
personaggi, cioè, quel caratteristico modo di esprimersi
13
. L’impressione che suscita
la tecnica mimetica è che a parlare sia uno spettatore presente alla vicenda, inserito
nell’ambiente.
12
S. Demontis, Op. cit., pp. 61-62.
13
Ivi, p.102.
7
§ 1.1.5.2 Metalessi o intrusione d’autore
La narrazione mimetica, però, è invalidata dalla frequenza delle metalessi o
intrusione d’autore. Questi sono interventi che inducono lo stesso narratore a
riferimenti circa la sua cultura e la sua mentalità che costituiscono un punto di vista
estraneo al mondo dei personaggi. Per la precisione sono elementi extradiegetici,
quindi superflui per l’economia informativa e narrativa. Ne rappresentano un esempio
gli ammiccanti incipit dei racconti consistenti in dissertazioni o previsioni
meteorologiche le quali contestualizzano l’umore del commissario meteoropatico e
preannunciano l’inizio di un’indagine; esse sono periferiche alla vicenda. Forme di
metalessi sono anche i ragguagli narrativi, come i fleshback, interruzioni dello
sviluppo diegetico che il narratore ritiene indispensabili per la comprensione della
vicenda. Sono un esempio di metalessi le digressioni che trattano dei gusti del
poliziotto in materia di pittura e letteratura. Numerosi, anche, gli esempi di metalessi
consistenti in giudizi di valore nei confronti dei personaggi e delle loro condizioni
psicologiche, morali e spirituali. Tali valutazioni, attribuibili indiscutibilmente al
narratore, diventano vere etichette per i personaggi sgradevoli. Un altro tipo di
intrusione è il ragguaglio extranarrativo che riguarda i personaggi solo indirettamente
e sotto forma di digressione non necessaria
14
. Ne sono un esempio i commenti
intessuti di ironia e di sarcasmo circa personaggi politici (si allude alle indagini del
14
Ivi, p. 106.
8
pool di Mani Pulite) o fatti di cronaca (lo sfruttamento della prostituzione, la
pedofilia).
§ 1.1.5.3 Discorso diretto
Un’altra delle tecniche narrative privilegiate dallo scrittore è il discorso diretto.
Lo scrittore, facendo tesoro dell’insegnamento derivatogli dalla lunga pratica del
teatro, attribuisce un ruolo fondamentale ai dialoghi, tanto da non aver bisogno di
intervenire come voce narrante tra una battuta ed un’altra per specificare il nome di
colui che parla
15
. Altre volte l’espediente viene impiegato per fini umoristici.
Particolare predilezione mostra per il dialogo serrato e per le forme libere di citazioni,
rispetto a quelle legate, rinunciando ai dichiarativi.
§ 1.1.5.4 L’idioletto
Con l’eliminazione del narratore in alcuni casi frantumato in molteplici unità ha
risalto la funzione identificativa della lingua. Infatti non è la descrizione dell’autore-
narratore a caratterizzare il personaggio o a tracciarne un identikit ma il linguaggio
utilizzato dal personaggio stesso. Considerando che ogni personaggio ha una sua
cultura, un suo carattere, un suo pensiero, una sua classe sociale di appartenenza, il
15
G. Capecchi, Op. cit., p.87.
9
linguaggio con il quale egli comunica assume, di volta in volta, un aspetto del tutto
soggettivo
16
.
Il commissario Montalbano, ad esempio, si esprime utilizzando la lingua della
piccola borghesia siciliana, con un impasto di italiano e dialetto che coincide con la
lingua del narratore, ma sa utilizzare i diversi registri linguistici, adattandoli di volta
in volta all’interlocutore e alla situazione. Infatti, Montalbano nelle conversazioni con
il questore Bonetti-Alderighi utilizza le piatte ed economiche espressioni burocratesi,
al fine di mettersi sullo stesso piano dell’interlocutore. Nel caso specifico la divisione
in due gruppi, che incarnano rispettivamente due diversi concetti di stato e di
giustizia, è resa esplicita proprio da due modi differenti di esprimersi. Il primo
gruppo, il cui rappresentante è il commissario, si esprime con un linguaggio che
mescola dialetto e italiano, un linguaggio che si lega strettamente alla personalità dei
vari individui; il secondo gruppo, a cui appartengono una schiera composita di
burocrati, il capo della scientifica, il nuovo questore e via elencando, utilizza una
lingua sterile ed omologata, senza sfumature e caratteristiche personali, anodina,
infarcita di termini burocratici, luoghi comuni, stereotipi linguistici, a cui è
conveniente far ricorso ogni qual volta si deve interagire con qualcuno del medesimo
gruppo affinché possa avvenire la comunicazione
17
. Il commissario Montalbano con
la fidanzata Livia parla in italiano, un linguaggio nazionale medio che utilizza anche
nelle missive ad essa indirizzate. Questo si spiega con il fatto che la donna è ligure
quindi poco avvezza alla parlata sicula, alla comprensione delle voci esclusivamente
16
Ibidem.
17
Ivi, pp. 75-76.
10
dialettali, che il commissario evita di introdurre nella comunicazione con la donna;
nel caso in cui inavvertitamente le utilizza ha l’accortezza di chiarirne il significato.
La percentuale delle voci dialettali del commissario tende ad aumentare quando il
dialogo si svolge con persone familiari: in presenza dell’amico giornalista Nicolò
Zito, dell’amico d’infanzia trafficante di droghe Gegè, della governante Adelina. In
questi casi lo scrittore non vuole indurre alla comicità (anche se il risultato però è in
parte comico), vuole semmai rispecchiare l’abitudine di molti suoi conterranei ad
utilizzare il dialetto nel parlato e la lingua nazionale nello scritto, in ossequio alle
consuetudini scolastiche
18
. Sono in italiano corretto, invece, le comunicazioni di
servizio, i fax ed i telegrammi. Molti dialoghi con persone non siciliane (moltissimi
dei funzionari, in servizio in Sicilia, con i quali Montalbano viene a contatto, sono
nativi di altre regioni) si svolgono in un italiano colloquiale. Costituiscono un
eccezione i discorsi in cui si trovano coinvolti isolani di livello culturale e sociale
inferiore con i quali il commissario “parla come mangia”
19
.
Merita attenzione la lingua dei personaggi minori. Agatino Catarella è l’esempio
più eclatante di ignorante inconsapevole e di come la lingua crei il personaggio,
trasformandolo in una vera e propria macchietta inserita dall’autore con il preciso
intento di divertire. Simona Demontis al riguardo afferma: “L’agente, infatti, pur non
conoscendo bene l’italiano, si incaponisce a parlarlo commettendo una sequela di
errori di pronuncia, di interpretazione, di trascrizione, dai quali si possono nutrire
18
S. Demontis, Op. cit.,p. 36.
19
Ivi, pp. 38-39.
11
anche seri dubbi sulle sue capacità mentali
20
”. Il linguaggio di questo personaggio,
creato da Camilleri in laboratorio, rappresenta l’essenza della sua personalità e del
suo carattere. Lento a capire, impacciato nei movimenti, egli è in difficoltà quando si
tratta di comunicare con gli altri e a cui riferisce messaggi incomprensibili, che scrive
su minuscoli pezzettini di carta e che provocano buffi equivoci. Lo stile di Catarella
non subisce alcuna variazione passando dal parlato allo scritto. “La sua lingua
rappresenta l’estremo opposto rispetto a quella comune, piatta, sempre identica a se
stessa, spersonalizzata”
21
.
I personaggi minori o di contorno intervengono allo svolgersi delle vicende con
poche battute nelle quali utilizzano ognuno la propria lingua. Essi, infatti, “parlano
ciascuno a suo modo”. Lo scrittore presta particolare attenzione al modo di esprimersi
di coloro che appartengono alle classi popolari. Egli fa largo uso di voci dialettali
anche quando i personaggi popolari prendono in mano la penna e scrivono lettere o
bigliettini. Tale espediente è sempre impiegato al fine di tipizzare i personaggi o
favorire il passaggio dal tragico al farsesco.
Lo scrittore propone un ventaglio linguistico con il quale egli crea situazioni di
elevata comicità e nello stesso tempo rappresenta l’Italia unita da un punto di vista
politico ma divisa per ciò che riguarda la lingua. Riferendosi proprio alla situazione
linguistica italiana, Camilleri afferma che la lingua sembra essere “Una, nessuna,
20
Ivi, p 37.
21
G. Capecchi, Op. cit., p. 90.
12
centomila”, viva perché “fluisce liberamente accogliendo nel suo alveo anche gli
affluenti di più lontana provenienza”
22
.
§ 1.1.6 Il lettore
Il pubblico di lettori del commissario Montalbano è promiscuo ed eterogeneo per
età, sesso, istruzione e provenienza; numerosi i lettori non isolani. Esso, comunque, è
in grado di decifrare un universo ed un linguaggio siciliano sapientemente ricercato.
Un linguaggio che diverte e coinvolge emotivamente il lettore: motivo per cui tanta
critica considera i romanzi dello scrittore di facile consumo. Le accuse sono sostenute
da alcuni insigni scrittori siciliani che mal celano il loro livore nei confronti del
successo del collega, il quale, intervenendo a riguardo, sottolinea: “sostengono che
sono uno scrittore facile macari se poi s’addannano a capire come scrivo”
23
.
Le molte parole siciliane inserite nei testi possono creare problemi di
comprensione al lettore non isolano. Camilleri, per ovviare alle possibili difficoltà nel
decifrare alcuni termini il cui significato non appare facilmente deducibile e intuibile
dal contesto, inserisce nei testi commenti e spiegazioni
24
. Spesso lo scrittore spiega
il significato delle parole utilizzate inserendo dei veri e propri lemmi di un ideale
dizionario siciliano italiano.
Ne La forma dell’acqua viene precisato il significato di due verbi tambasiàre
“girare per casa senza uno scopo preciso per occupare il tempo” e accuttufare
22
In G. Capecchi, Op. cit., p. 92 , in “ IL Messaggero”, 1 febbraio, 1998.
23
M. Sorgi, Op. cit.
24
S. Demontis, Op. cit.,p. 65.
13
“essere malmenato oppure isolarsi”
25
. Altre volte la spiegazione avviene in forme
meno evidenti, cioè riportando la corrispondente parola italiana dopo quella
dialettale. Agli esempi addotti si aggiungono numerosi passi in cui la delucidazione
viene data dallo stesso personaggio che ha utilizzato la parola in dialetto e che
risponde alla richiesta di spiegazione dell’interlocutore non siciliano.
Stefano Salis ha evidenziato come la lingua in Camilleri subisca uno scarto,
dapprima “sorvegliata”, attenta al rapporto con il lettore; in itinere l’autore acquista
“una sicurezza e una padronanza totale del proprio linguaggio” dovuta alla
consapevolezza che il pubblico lo capisce “anche fuori dai confini linguisticamente
propri”
26
. Lo scrittore, quindi, è divenuto più sicuro. D’altronde il successo dei serial
è affidato principalmente al meccanismo del riconoscimento che scatta nel lettore o
nello spettatore; una variazione sostanziale dello stile potrebbe influire negativamente
sulla sua fortuna.
Il linguaggio “nazionale” medio, per quanto più comprensibile non ha la stessa
seduzione della forma miscidata, la quale mette alla prova il lettore, sfidandolo con la
mancanza di univocità che rafforza il fascino. Un qualunque commissario il quale
faccia passare circa un’ora mentre girovaga per casa, accende una sigaretta non
avrebbe avuto lo stesso riscontro di critica e pubblico, la stessa popolarità del
commissario Montalbano che fa passare un’orata tambasiàndo casa casa, addruma
una sigaretta.
25
A. Camilleri, La forma dell’acqua, Palermo, Sellerio, 1994, pp. 151-152.
26
In S. Demontis, Op. cit., S.Salis, In attesa della mosca, cit., p. 45.