1
Introduzione
Cosa si nasconde dietro la figura taciturna e schiva di Franco Battiato,
dietro le risposte brevi e concise che rivolge ai giornalisti, quasi
avesse fretta di liberarsi di un interlocutore impertinente? E come può
l’artista che non si concede, che diffida dei luoghi comuni, esser
divenuto una delle figure più amate e seguite del panorama culturale
italiano ed europeo degli ultimi cinquant’anni?
Nonostante il partito degli scettici potrebbe storcere il naso di fronte
alla modernità del suo eclettismo culturale e musicale, risulta
innegabile che la ‘voce’ di Franco Battiato eserciti di fatto, con la sua
calibrata prosodia, una assorta suggestione che induce al silenzio,
all’ascolto.
La stereotipata misantropia che per lunghi anni ha accompagnato la
figura del musicista siciliano si squaderna attraverso le armonie
ipnotiche e i testi dell’interiorità, rivelando il percorso variegato di un
animo inquieto che ha saputo fare delle sue contraddizioni e della sua
ricerca inesausta il segreto del suo successo, mediatico e non.
La trama musicale del cantautore-filosofo percorre diverse esperienze
sonore: musica sperimentale, avanguardia colta, opera lirica,
musica etnica, musica classica, world-music, il rock progressivo e
naturalmente la musica leggera.
I mezzi espressivi, insomma, sono tra i più variegati, ma la
tematica fondante, la meta della ricerca è sempre unica: la
comprensione della natura dell’uomo nella relazione coi suoi simili
e con il divino.
2
La risposta di volta in volta rispecchierà le diverse tappe del
percorso spirituale di Battiato, artista recettivo verso culture
lontane nello spazio e nel tempo. Ricercatore instancabile e
mirabile scrutinatore, egli sceglie fra diverse dottrine ciò che è affine
alla sua sensibilità e lo armonizza in una sintesi nuova e poetica.
La pacatezza della sua narrazione quando attinge ad altri mondi si fa salmo
e cede talvolta alla polemica sferzante e mirata verso chi, consapevolmente,
svuota e snatura il ruolo della religione e della politica.
Per dirla con le parole di chi gli è stato vicino per molto tempo, in
tutti i sensi:
[Battiato] attraversa i territori musicali più lontani con grande
intelligenza e restando se stesso. Per essere coerenti in musica bisogna
fare proprio così: smentire sempre se stessi, non aver paura di
avventurarsi dove non si è mai stati.
1
1
Intervista a Lucio Dalla, «La Repubblica», 1 agosto 1987.
3
CAPITOLO I
Crescita e autosuperamento
1.1 Gioventù in Sicilia
Francesco Battiato trascorre a Riposto, allora chiamato “Jonia
Magenuit”, un’ infanzia che lui stesso definisce “tribale” e sana, in
mezzo alla natura, a caccia di farfalle. Spesso il musicista la
rievoca con l’allegra malinconia nei suoi brani.
Orizzonti Perduti
Le scampagnate alle cascine,
le partite all’oratorio,
marinavamo la scuola
correndo dietro alle farfalle
Nel mio paese, cinquemila anime, le porte delle case erano sempre aperte,
chiavi non se ne usavano” ricorda. “C’erano i boschi, c’era il mare. Una
natura tuttora intatta: prepotente, stravinskiana. I bagni duravano da giugno
a ottobre, poi arrivavano inverni fioriti. Il mare non era ancora moda di
massa.
2
Fin dal 1948, dall’età di tre anni, Battiato sviluppa in maniera
intuitiva una naturale inclinazione verso il soprasensibile.
2
Intervista a Battiato in Cesare Romana, Voglio tornare alle canzoni da balera, «Il
Giornale», maggio 2001.
4
In terza elementare ricorda di aver iniziato un tema con la domanda
“Io chi sono?”. Battiato è certo si tratti di una prova che siamo già
vissuti prima della nostra nascita.
La musica si rivela precocemente il mezzo più idoneo esprimere la
dimensione della spiritualità. Egli inizia le prime lezioni di
pianoforte a sei anni. A circa undici anni una tremenda pallonata gli
conferisce un fatale profilo orientale, che diverrà caratteristico del suo
aspetto: sembra un segno, uno sgambetto che gli ha inviato il destino.
3
Gli anni trascorrono, così come la cupa parentesi del servizio di leva.
Il giovane Battiato da subito avverte un’assoluta incompatibilità con la
vita militare, si rifiuta di salutare un superiore e si dà malato con
un’ostinazione radicale. Già manifesta alcune delle sue caratteristiche
peculiari come determinazione e acume; si serve della tecnica degli
svenimenti simulati attraverso l’ossigenazione eseguita
accovacciandosi e si procura così molti mesi di convalescenza.
In riferimento all’inconsueta comprensione che certi superiori gli
riservano, dirà:
Il comportamento che in una persona non tolleri, è invece permesso ad
un’altra, se ti rendi conto della sua natura.
4
A diciotto anni muore il padre, con il quale non ha mai avuto un
ottimo rapporto. Nelle interviste afferma:
3
Franco Battiato, Tecnica mista su tappeto. Conversazioni autobiografiche con Franco
Pulcini, Torino, EDT, 1992.
4
Ivi, p. 18.
5
Dopo la sua morte [il rapporto] è molto cambiato. […] Ho conosciuto molti
di questo segno zodiacale che detestano la famiglia, Però si sposano
egualmente. […] Io non credo nella morte.[…] Mio padre non è mai morto.
Assolutamente no.
5
Tramonto occidentale
L’analista sa che la famiglia è in crisi
da più generazioni per mancanza di padri
Il confronto con la figura del padre continua dopo la sua morte,
attraverso un dialogo rasserenato, negato in vita. Battiato si ritrova
con un diploma di liceo, un’iscrizione alla facoltà di lingue e tre esami
sostenuti: latino, storia dell’arte e francese. Manifesta insofferenza per
i discorsi reiterati, dal corso alla piazza con i coetanei: “Qui non c’è
niente, bisogna andarsene.”
L’abbandono della Sicilia diviene un’esigenza di salvezza dalla
“muffa”, dallo strapotere dei padri,
6
alla ricerca di nuovi valori.
Sequenze e Frequenze
E le sere d’inverno restavo chiuso in casa ad ammuffire.
Fuori il rumore dei tuoni rimpiccioliva la mia candela.
Al mattino improvviso il sereno mi portava il profumo di terra.
Battiato, come moltissimi siciliani, comincia ad entrare in un rapporto
dolceamaro con la sua terra:
Veni l’autunnu
5
Ivi, p. 50.
6
Paolo Jachia, E ti vengo a cercare. Franco Battiato sulle tracce di Dio, Milano, Àncora
Editrice, 2005, p. 21.
6
Sicilia bedda.
Chi stranu e cumplicatu sintimentu
gnonnu ti l’aia diri li mo peni
cu sapi si si in gradu di capiri
no sacciu comu mai
ti vogghiu beni.
La Sicilia assume l’aspetto cangiante di una reggia/prigione, magica
terra natale da fuggire e infine ritrovare.
Il futuro collaboratore Manlio Sgalambro scriverà tal proposito:
Per ogni isola vale la metafora della nave, vi incombe il naufragio.
Il sentimento insulare è un oscuro impulso verso l’estinzione, l’angoscia
dello stare in un’isola come modo di vivere rivela l’impossibilità di
sfuggirvi come sentimento primordiale, la volontà di svanire è l’essenza
esoterica della Sicilia. Poiché un isolano non avrebbe voluto nascere egli
vive come che non vorrebbe vivere, la storia gli passa accanto con i suoi
odiosi rumori, ma dietro il tumulto dell’apparenza si cela una quiete
profonda.
7
Una fuga da una simile isola non può che essere brutale. In seguito,
quando deve rientrare in Sicilia per motivi familiari, Battiato si
ammala come se la sua terra lo rifiutasse e gli volesse additare che il
suo percorso è altrove. Solo molti anni più tardi lo richiamerà a sé,
come lo stesso cantautore ha detto, «perché la Sicilia richiama sempre
i suoi figli. Devono riportare a casa quello che hanno imparato fuori»
8
Nel 1945, così, a diciannove anni, decide di partire per Milano, spinto
dal bisogno di prendere in mano la sua vita, dal desiderio di divenire
7
Manlio Sgalambro, Teoria della Sicilia, in Niente è come sembra, Concerto di Franco
Battiato al Teatro degli Arcimboldi, Milano per il FAI - Fondo Ambiente Italiano con la
Royal Philarmonic Orchestra, Milano, Bompiani, 2007, CD.
8
Intervista a Battiato, in Antonello Messina, Franco Battiato dalla A alla Z, «La
Repubblica», 1989.
7
musicista, sorretto dall’autodeterminazione, nel segno dell’Ariete, che
sempre lo contraddistinguerà.
Lontananze d’azzurro
Riprenditi la tua libertà, il tuo orgoglio inutile,
la tua precarietà.
Domani parto, cambio vita e altitudine.
Era tale il desiderio di restare a Milano, di vivere fuori dalla Sicilia, che
avrei fatto qualunque cosa. La mia vita allora era da considerarsi come un
fuga. […] In questi momenti viene fuori una parte importante per te:
diciamo che l’essenza domina la personalità esteriore.
9
Il mantello e la spiga
Lascia tutto e seguiti
Il verso riprende l’appello socratico Γνῶθι σεαυτόν (“Conosci te
stesso”) risalente alla tradizione religiosa di Delfi: un invito a
riconoscere il proprio potenziale anche a non cadere nella trappola
della tracotanza. “Lascia tutto e seguiti” riprende, più esplicitamente,
anche la proposta che Gesù rivolge ai discepoli di lasciare tutto e
seguirlo. Leggeremo in seguito che negli studi di Battiato, e di
conseguenza nei suoi testi, viene non di rado data un’interpretazione
psicologica alle Sacre Scritture.
1.2 Milano
Battiato parte solo con la voglia di vivere, con molte idee e pochi
soldi, neanche per prendere un cappuccino, ma ad accoglierlo trova
9
Franco Battiato, Tecnica mista su tappeto. Conversazioni autobiografiche con Franco
Pulcini cit., p. 11.
8
una Milano frenetica e piena di stimoli. Guarda giornalmente le
inserzioni sui giornali e comincia a lavorare come fattorino e
magazziniere. Distribuisce i dischi su cui egli stesso incide i successi
sanremesi per sottomarche specializzate, che escono con “La
Settimana Enigmistica” e costano molto meno degli originali.
Ci davano cinque o diecimila lire per incisione e non bastavano per vivere.
Per arrotondare Battiato lavora anche in teatro. Matura la sua unica
esperienza teatrale prendendo parte a La Tancia di Michelangelo
Buonarroti “il Giovane” e Molto rumore per nulla di Shakespeare.
Recita e canta, ma non esita cambiare le parti degli spartiti che non lo
aggradano. Inizia la dura palestra della balera, una scuola di disciplina
in cui trascorrerà dai diciotto ai ventiquattro anni, animando feste di
compleanno ed esibendosi nei primi cabaret, come il Cab64, storico
locale milanese.
Requisito imprescindibile per entrare “nel giro” era “conoscere il giro
di blues”. Battiato presenta brani di un presunto repertorio
cinquecentesco tradizionale folk siciliano; in realtà, afferma
«spacciavo come canti tradizionali canzoni scritte da me». Jachia
ipotizza che appartenga a questo primo periodo il brano Stranizza
d’amuri, o un suo abbozzo.
10
Tra il ‘65 e il ‘69 Battiato inizia
una collaborazione con Ombretta
Colli e Giorgio Gaber, il qual
diviene il suo primo produttore e
10
Paolo Jachia, E ti vengo a cercare. Franco Battiato sulle tracce di Dio cit., p. 26.
9
gli finanzia il suo primo disco nel ‘66 .
Ad esso seguiranno pochi 45 giri: semplicissime e commercialissime
canzonette d’amore o d’influenza beat (tra l’altro neanche scritte da
lui), secondo il filone seguito dalla quasi totalità della musica italiana
del periodo
10
.
Alcuni titoli sono L’amore è partito, Sembrava una serata come tante,
È l’amore, Bella ragazza, E più ti amo, Occhi d’or.
In quegli anni Battiato cambia il nome da Francesco in Franco,
sotto consiglio di Gaber, per evitare confusione col giovane
esordiente Francesco Guccini.
Iniziate le prime comparse promozionali, all’entusiasmo iniziale si
sostituisce un odio radicale per lo scontato, il ripetitivo, il banale, che
circonda lo star system italiano delle canzonette “leggerissime”.
Battiato si sente una marionetta in quel mondo falso della canzone.
Solo dopo ci si accorge che in certi periodi si fanno le stesse cose degli
altri. Senza avere un autentico interesse. Ero un arrivista che si accontentava
di poco.
11
La molla del cambiamento scatta durante l’edizione del 1968 di “Un
Disco per l’estate”, celebre manifestazione canora radiofonica
dell’epoca.
11
Domenico Ruoppolo, Franco Battiato. Alla ricerca di un oceano di silenzio,
http://www.ondarock.it/italia/francobattiato.htm.
10
Fu uno dei peggiori disagi della mia vita: la
gara, i punteggi. “Dev’essere proprio
questo, il mio mestiere?”, mi chiedevo, e
mi prendeva uno straniamento totale. Poi
m’invitarono ad una trasmissione
scientifica, si parlava di biologia e ne fui
affascinato. Decisi che la musica doveva
occuparsi di altri mondi, e mi dedicai
all’elettronica.
12
Battiato si rende conto che il contesto che lo circonda gli è del tutto
estraneo e, con gran coraggio, distrugge ogni contratto che possa
legarlo a quel falso mondo discografico.
Nel 1971 incide un unico pezzo col gruppo Osage Tribe, per poi
dedicarsi definitivamente all’attività solista. Abbandona quindi una
carriera che si annunciava promettente, per avvicinarsi repentinamente
allo sperimentalismo d’avanguardia (1971- 1978)
1.3 Il periodo sperimentale
Meccanici i miei occhi
di plastica il mio cuore
Meccanica
Scampato il pericolo di affossarsi nel vuoto di una musica
superficiale, Battiato ricerca nuove verità e valori con furore
iconoclasta.
12
Franco Battiato, Tecnica mista su tappeto. Conversazioni autobiografiche con Franco
Pulcini cit., p. 8.
11
Compie così la prima delle sue numerose trasformazioni, attraverso
l’acquisto a Londra del suo sintetizzatore VCS3. È uno dei primi in
Italia ad impiegarlo.
Il sintetizzatore è stato, nella mia esperienza, uno strumento terapeutico,
una specie di macchina del tempo, tramite la quale sondavo la mia psiche
percettiva […]. [Lo] usavo in modo maniacale […] con la batteria
elettronica, per fare pendant.
13
Da quel momento partecipa attivamente alle correnti di ricerca e
sperimentazione europee, riuscendosi ad affermare come uno dei
principali pionieri della scena underground italiana.
Fra il 1971 e 1972 incide per la piccola casa discografica alternativa
BlaBla il suo primo 33 giri: Fetus, un disco rivoluzionario, che sarà
seguito da Pollution e Sulle Corde di Ares.
È un periodo di estrema scoperta, e nei testi risuona una speranza
rinnovata, alimentata dalle nuove frontiere musicali:
Energia
Se un figlio si accorgesse che per caso
è nato fra migliaia di occasioni
capirebbe tutti i sogni che la vita dà
con gioia ne vivrebbe tutte quante le illusioni
13
Intervista a Battiato, in Cesare G. Romana, Voglio tornare alle canzoni da balera cit.