Fotogramma da It follows (2014), tratto dall’edizione DVD Midnight Factory, 2016.
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Introduzione
L’horror è sempre stato al centro di forti discussioni che hanno diviso e tuttora
continuano a dividere la critica cinematografica. I sostenitori del genere vedono in esso
uno spunto per realizzare un’opera stilisticamente innovativa e dai toni lugubri, in modo
da suggestionare il pubblico e far emergere le sue paure, toccandolo nel profondo. Ciò
che ne deriva, però, non è sempre un prodotto coerente e, soprattutto, originale, anzi,
spesso e volentieri siamo testimoni di una monotonia narrativa caratterizzante che
utilizza espedienti scontati e riciclati pensando di risultare funzionale e scatenare il
fattore spavento in chi guarda. Con l’horror si ha l’opportunità di sperimentare e
azzardare, permettendosi di toccare le soglie dell’assurdo per realizzare contenuti
inediti. Pare invece che il comune denominatore che lega tutti i film di genere ruoti
intorno a temi che ormai hanno perso la capacità di impressionare e spaventare lo
spettatore. La paura, quella vera, sprigionata dalla verosimiglianza dei racconti pare non
esser mai presa in considerazione: sempre più spesso viene data precedenza alla
violenza scenica splatter o ai racconti sul paranormale per richiamare le folle di
spettatori in sala, ma il successo al botteghino non risulta per forza essere direttamente
proporzionale alla qualità del film.
Negli ultimi anni si è fatto largo tra le major il filone del cinema indipendente, che
racchiude in sé i concetti e i rischi necessari alla buona riuscita del film. It follows di
David R. Mitchell (2014) ne è un esempio lampante.
Nel primo capitolo viene fatto un breve excursus sulla nascita e sullo sviluppo del
cinema indie, per andare a chiudere con la definizione stretta di indie horror
contemporaneo, in cui verranno analizzate le pellicole che hanno dato vita a nuovi
metodi realizzativi e ad alcuni sottogeneri di rilievo e svolta, quali ad esempio gli horror
mokumentary basati su finto found footage o i cosiddetti torture porn, e che si sono
rivelate efficaci nei loro intenti.
Il secondo capitolo è rilevante per quanto riguarda il percorso di It follows sin dal
momento della sua uscita, a partire dall’interesse di Mitchell di portare sugli schermi
determinati temi, quali l’adolescenza, la crescita e l’amore, che risultano essere una
costante nei suoi film. Dopo una piccola regressione sul suo primo lungometraggio The
Myth of the American Sleepover (2010), ci si concentrerà sull’impatto effettivo che It
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follows ha avuto sul pubblico e sulla critica internazionale, con i relativi problemi di
distribuzione, specialmente in Italia.
Il terzo e ultimo capitolo sarà dedicato all’analisi del film. Per porre maggior attenzione
a determinate sequenze, in vista di alcune considerazioni in rapporto a temi presenti
all’interno del lungometraggio e fondamentali per risaltare il tipo di ricerca stilistica e
narrativa del regista, l’opera è stata segmentata e, in alcuni casi, analizzata per
inquadrature, in modo d’aver una visione del film il più preciso possibile ed arrivare ad
una conoscenza completa sul lavoro di Mitchell.
La passione registica che abbraccia It follows è percepibile dallo spettatore sin dai primi
minuti: oltre alla cura estetica e musicale, Mitchell non abbandona il suo pubblico alla
convenzionalità tipica degli ultimi horror, bensì lo delizia con omaggi ai grandi classici
del passato e con un costante senso di angoscia e persecuzione che lo accompagnerà per
tutta la durata del film. La ricerca di adrenalina da parte dello spettatore, alla fine, non
solo viene appagata, ma viene esaltata dalla qualità del prodotto finito. La dedizione e la
fiducia che il regista ha posto nel suo film e nelle potenzialità dell’horror stesso hanno
portato ad un’opera necessaria alla rinascita di un genere considerato ancora una volta
in crisi.
That’s funny... I used to day dream about being old enough to go on dates and driving
around with my friends in their cars. I had this image of myself: holding hands with a
really cute guy, listening to the radio, driving along some pretty road, up North maybe,
and the trees start to change colors. It’s never about going anywhere really, some sort
of freedom, I guess. Never old enough, the hell do we go.
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1
Fotogramma da It follows (2014), tratto dall’edizione DVD Midnight Factory, 2016. Di seguito la
traduzione ufficiale della citazione tratta dal film: “È strano… non vedevo l’ora di essere adulta uscire
con un ragazzo, per andare in giro con gli amici in macchina. Immaginavo sempre, mentre ero mano
nella mano con un bel ragazzo, ascoltando la radio e guidando in strade solitarie, verso Nord magari,
mentre gli alberi cambiano colore, senza aver bisogno di una destinazione precisa. E’ come sentire il
brivido della libertà, credo. Ma adesso che siamo adulti dove ce ne andremo?”
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1. L'indie-horror americano contemporaneo: definizione e lineamenti di un fenomeno
1.1 Che cosa significa cinema indipendente?
Il cinema indipendente americano è sempre stato un settore difficilmente definibile,
specialmente perché il termine è stato ampiamente utilizzato sin dagli albori nelle sue
più disparate espressioni. L’area indipendente del cinema americano abbraccia un
vastissimo numero di film, che vanno dalla sperimentazione più azzardata allo stampo
quasi convenzionale. L'espressione definisce un insieme di modalità realizzative,
produttive e distributive, e un ambito creativo il cui sviluppo avviene al di fuori, e
spesso in alternativa, alla logica del mercato cinematografico ufficiale e dell'industria
oligopolistica delle grandi compagnie di produzione.
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Le questioni di autorialità sono
state l’oggetto di discussione di tutto il cinema hollywoodiano, “vecchio” e “nuovo”,
specialmente per quanto riguarda la Nuova Hollywood poiché fu all’inizio di questa era
che diventò un aspetto importante negli studi sul cinema popolare.
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Le origini del settore indipendente sono da ricondurre all’inizio del Novecento,
momento in cui tale modello andava a formarsi in contrapposizione ai nascenti
meccanismi e processi di produzione industriale e spettacolare delle immagini in
movimento. In questo periodo si cominciarono a formare delle piccole associazioni che
avevano come obiettivo primo quello di distaccare il proprio lavoro dalle industrie di
allora, creando un piano parallelo agli esercenti, ai produttori e ai distributori mediante
la produzione di film propri, senza il bisogno di dover pagare i diritti per le macchine e
le pellicole.
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Si trattava di un’intenzionale reazione al sistema degli studios alla base della quale ci
stavano due motivazioni precise: una di tipo prettamente artistico, per cui ci si poteva
servire di espedienti più ricercati e meno convenzionali per creare prodotti che più si
avvicinavano alla propria politica, e l’altra di tipo economico. Etichettiamo questa fase
come il primo coraggioso tentativo di lotta contro un potente regime di monopolio.
La diffusione e lo sviluppo di questo fenomeno si sono poi articolati e ramificati
differentemente nei diversi paesi coinvolti, ma il comune denominatore è sicuramente la
pianificazione del basso budget, accompagnata dalla ricerca di soluzioni altre rispetto al
2
Geoff King, American Independent Cinema, I. B. Tauris & Co., Londra 2006, p. 3.
3
Geoff King, The New Hollywood, I. B. Tauris & Co., Londra 2002, p. 108.
4
Cfr. Geoff King, op. cit.
5
mercato consolidato.
5
Da questa realtà ne derivano due conseguenze principali: la prima
riguarda gli spazi distributivi e gli sbocchi di mercato, da parte dei produttori
indipendenti, dalle distribuzione e dall'esercizio delle grandi sale cinematografiche, che
si premurano di imboccare scorciatoie alternative alle logiche commerciali. Dall'altro,
soprattutto nel caso in cui il regista del film sia anche produttore, l'elaborazione di un
linguaggio innovativo rispetto a quello proprio di opere concepite per il mercato
dominante.
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Negli ultimi anni questo settore ha permesso la realizzazione di importanti pellicole che
viaggiano sia in parallelo alla potente industria di produzione e distribuzione
hollywoodiana, che per mano ad essa. Infatti alcuni grandi produttori americani
accettarono di esser acquistati da aziende molto più grandi e influenti per creare sinergie
funzionanti e farsi conoscere a livello mondiale, arrivando ad avere una fama invidiata
ed invidiabile. Contemporaneamente anche i registi della medesima area si stavano
affidando all’industria cinematografica. Il settore continua a fare fortuna e a mantenere i
suoi tratti caratteristici e una propria identità, non del tutto scindibile da quella di
Hollywood. La definizione precisa di cinema indipendente, comunque, resta un attuale
oggetto di discussione.
1.2 Il genere horror
L’horror è uno dei generi che più richiama l’attenzione dei registi cinematografici in
termini di attrattiva commerciale. I più audaci e sperimentali si servono di questo genere
per creare lavori che prendono le distanze dai margini dentro i quali vengono iscritte
queste produzioni; ciò che ne deriva è qualcosa di diverso, incisivo, politicamente
scorretto, ma non per questo meno valido. È un genere che si presta particolarmente
bene al ribaltamento dei codici universalmente conosciuti, riconosciuti e riconoscibili
perché permette di osare, creando suggestioni inquietanti e spaziando tra l’assurdo e il
reale.
5
Serafino Murri, Bruno Roberti, “INDIPENDENTE, cinema”, Enciclopedia del Cinema (Treccani),
http://www.treccani.it/enciclopedia/cinema-indipendente_(Enciclopedia- del-Cinema)/, (ultima
consultazione: 20/09/2016).
6
Cfr. Geoff King, op. cit.
6
È dedito all’innovazione formale, nonché a esercizi stilistici vistosamente eccessivi.
Le innovazioni formali o la differenziazione delle qualità che si considerano
caratteristiche del genere, possono essere utilizzate per rinnovare, mettere in discussione
e indebolire le convenzioni dei generi.
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È un dato di fatto che, non appena
l’immaginazione registica lascia troppo spazio alla libertà di espressione, i prodotti
pensati dagli autori sperimentali si scontrino con i muri censori delle grandi case di
produzione.
Roy Frumkes, attore e regista di diversi film indipendenti sostiene che
molti film horror validi derivano dagli indie poiché è lì il luogo in cui si può fare qualcosa
di radicale. Le major hanno una loro censura interna. I registi hanno la possibilità di
realizzare grandi cose prima di diventare mainstream
8
e, considerando le opere prime di registi come Romero (La notte dei morti viventi,
1968), Craven (L’ultima casa a sinistra, 1972) o Carpenter (Halloween, 1978), non si
può non accostarsi al suo pensiero. La bellezza di questi film risiede nella loro
semplicità e unicità, svincolata dalle pressioni esterne esercitate dalle major che, pur di
assicurarsi successo e incassi sostanziosi, creano un’omologazione tra i prodotti dello
stesso genere a scapito delle caratteristiche e delle peculiarità di ogni singolo regista. La
dicotomia tra major e indie definisce ciò che potremmo considerare arte come libera
espressione e industria.
Il livello di interferenza creativa sembra essere direttamente proporzionale alla garanzia
finanziaria. Più alto è l’investimento, maggiori sono i compromessi che di solito ruotano
attorno a questioni di tono, soggetto e stile. Gli anni Cinquanta – Sessanta possono
essere considerati determinanti per il genere, poiché è proprio in quegl’anni in cui
vengono fondate le prime case cinematografiche esclusivamente horror, come, per
esempio, la Hammer Film Productions, compagnia britannica fondata nel 1934
9
e
diventata famosa su scala internazionale, a cui poi si aggiunge l’American International
Picture nel 1954, dedicata alla distribuzione di film indipendenti e a basso budget,
7
Ibidem.
8
Intervista a Roy Frumkes in Fangoria n. 88, p. 64. Cfr. con Donato Totaro, “Independent horror cinema.
The quick and the good.”, Off Screen. Where film matters, volume I, fascicolo II, 1997,
http://offscreen.com/view/horror_cinema, (ultima consultazione: 18/02/2017). Traduzione del testo
dell’autore, qui di seguito il testo originale: “A lot of the really strong horror films come from the indies,
because that’s where you get the chance to do something radical. Majors have their own censorship
internally. Directors do their strongest stuff before they go mainstream.”
9
Hammer Films Official Site, http://www.hammerfilms.com/about, (ultima consultazione: 31/01/2017).