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1.1 Speech community e social factors
La Sociolinguistica è definita da Aitchison (1995: 450-454) come lo studio del
linguaggio e della società. Questa scienza unisce i fondamenti della linguistica ai
fattori sociali che danno vita a variazioni e differenze comunicazionali nell‟ambito
di una stessa lingua. La prima questione da affrontare è sicuramente quella di
definizione di lingua. La spiegazione meno equivoca ed universalmente accettata è
quella che descrive la lingua come il mezzo di comunicazione di una comunità che
ne condivide le norme e l‟uso. Per comunità linguistica si intende il complesso delle
persone che hanno in comune una lingua materna e cioè un determinato sistema
linguistico nelle sue diverse varietà dialettali e che sono unite da una qualche forma
di aggregazione politico-sociale. In senso più ampio ci si riferisce ad un gruppo di
persone unite da vincoli linguistici che nelle loro interazioni fanno uso di un
medesimo repertorio linguistico.
Ciò che è interessante notare è che nell‟ambito di uno stesso linguaggio esistono dei
fattori che favoriscono delle variazioni nella maniera in cui si comunica. Questi
fattori riguardano principalmente la posizione geografica, l‟occupazione, lo stato
sociale, l‟etnia ed il sesso del parlante Si parla quindi di variazione linguistica
stratificata in maniera diastatica, diatopica, diafasica, diacronica e diamesica. La
diastratia riguarda lo strato sociale del parlante ed è valutata secondo vari
parametri: censo, istruzione, attività lavorativa intellettuale o manuale. La
diatopia considera la variazione della lingua rispetto al luogo in cui è parlata. In
questo caso si prendono in considerazione soprattutto i dialetti e le varianti
linguistiche esistenti in un territorio. La varietà diafasica si riferisce alla situazione
comunicativa: distingue registro aulico, colloquiale e dimesso che variano a
seconda della situazione o dell‟interlocutore o dell‟argomento. La diacronia
considera l‟evoluzione fonologica, morfologica e sintattica di una lingua nel tempo.
Infine la variazione diamesica si riferisce ai cambiamenti linguistici che dipendono
dal mezzo usato per l‟atto comunicativo (telefono, e-mail, parlato, scritto
etc)(Graffi, 2002: 210-215). Fattori sociali, come l‟età, il sesso, la stratificazione
sociale e il livello di istruzione sono altrettanto rilevanti per la differenziazione
linguistica e fanno si che il linguaggio vari da persona a persona (idioletto) e da
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posto a posto (dialetto). Ogni individuo nell‟atto comunicazionale adatta il suo
linguaggio a vari fattori così elencati:
1. Al contesto situazionale (formale ed informale)
2. Allo stato sociale dell‟emittente e del ricevente
3. Al rapporto che intercorre tra emittente e ricevente (amici, estranei)
4. Allo scopo della conversazione
5. All‟argomento
La capacità che i parlanti hanno di utilizzare la lingua nei modi più appropriati alle
varie situazioni si chiama competenza comunicativa. Un esempio pratico di
competenza linguistica è il code-switching. Quest‟ultimo consiste in una
commutazione di codice che il parlante effettua nell‟ambito di una stessa
conversazione. Il code switching avviene quando un interlocutore alterna in uno
stesso discorso una o più lingue, o diversi livelli, in termini di variazione diafasica
(formale/informale), diatopica (standard/dialetto) o diastatica (standard-
popolare/gergale) (Poplack: 1995, 199-232). Questa commutazione del codice può
riguardare solo poche frasi o singole parole ed è un fenomeno che si riscontra
soprattutto nelle comunità o famiglie bilingui. Alcuni studi distinguono il code-
switching, limitandolo ai casi in cui in un enunciato si ha il passaggio da un codice
all‟altro, dal code-mixing, dove si ha invece continua alternanza tra i due codici, e
che ha come risultato un enunciato multilingue. Esistono anche altre tipologie di
commutazione di codice come ad esempio la diglossia. Come spiega Janet Holmes,
docente di linguistica presso la „University of Wellington‟ della Nuova Zelanda,
questo termine indica la compresenza di due lingue o dialetti in uno stesso territorio
che si alternano in differenti situazioni sociali. In maniera più specifica si può
sostenere che nel caso della diglossia, una comunità utilizzi due distinte varietà di
linguaggio per diversi domini: una per contesti formali e l‟altra per situazioni
informali. Entrambe le varietà posseggono distinte funzioni e sono correntemente
utilizzate dai parlanti. Si parla invece di diglossia mediale quando si ha un
alternanza tra dialetto e lingua standard in funzione del canale di comunicazione,
scritto o orale.
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1.2 L‟Inglese e le sue varietà nel modo: standard nazionali
L‟ inglese conta un miliardo e cinquecento milioni di parlanti nel mondo se
consideriamo i native-speaker (NL),i non-native speaker (NNV), l‟inglese usato
come second language (ESL), e come foreign language (EFL) (Crystal: 1995,
108-109). La sua crescente diffusione a livello mondiale è probabilmente dovuta
dal suo uso, come lingua veicolare, nei commerci e negli scambi internazionali. È
anche definita lingua pluricentrica in quanto il suo uso si articola autonomamente
in diversi stati e territori come lingua nazionale ufficiale. Le sue norme, la sua
codificazione linguistica, la pronuncia e l‟ortografia quindi non sono uniformi, ma
possono variare nei diversi centri. Ciò significa che le varianti linguistiche di un
determinato centro nazionale non vengono considerate come eccezioni ma sono
varietà standard altrettanto valide. Altri paesi anglofoni importanti sono: Gli stati
Uniti, il Canada, L‟Australia, l‟Irlanda, Il sud Africa, la Nuova Zelanda, i Caraibi
e l‟India (Crystal: 1995, 285). Tuttavia l‟inglese britannico standard è la forma
primaria insegnata nell‟Unione Europea, ma in molte regioni del mondo, l‟uso
dell‟inglese americano si sta espandendo sempre di più. Stati o nazioni come
l‟America e l‟Australia posseggono quindi una varietà propria di inglese,
riconosciuta a livello mondiale. Quando si parla di standard nazionale ci si
riferisce ad una tipologia di lingua certificata legalmente che viene utilizzata nei
dizionari, insegnata nelle scuole e usata nei mezzi di comunicazione. Una lingua
standard è provvista di regole ortografie, grammaticali e di un vocabolario
proprio. Il suo uso è considerato di prestigio ed è anche la varietà più riconosciuta
su lunga scala. La creazione di uno standard nazionale rappresenta anche
l‟occasione per un paese di stabilire la propria identità. Questo è probabilmente
ciò che è avvenuto alle ex colonie Britanniche, le quali creando delle proprie
varietà statali hanno provveduto ad ufficializzare la loro autonomia ed
indipendenza sia economica che culturale dall‟Inghilterra (Crystal: 1995, 110-
111). L‟America ad esempio mosse i suoi primi passi verso il riconoscimento di
una propria varietà linguistica attraverso Noah Webster il quale, per primo,
pubblicò nel 1828 „An American Dictionary of the English Language‟ in cui
introduceva delle terminologie scientifiche, tecniche e culturali appartenenti al
Nuovo Mondo. Oggi ci si riferisce all‟inglese parlato in America col termine di
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Standard American English o General American, definito da Walt Wolfram con
queste parole:
“ A widely socially accepted variety of English that is held to be
linguistic norm and that is relatively unmarked with respect to
regional characteristics of English”
(Wolfram: 2006, 406-407)
E‟ proprio nel panorama linguistico americano, che si radica l‟argomento di
questa tesi e cioè la varietà linguistica dell‟African American Vernacular English.
1.2 Dialetti, accenti, slang e varietà linguistiche sovra regionali
All‟interno di una stessa nazione, comunità ed aria geografica possono svilupparsi
delle forme di comunicazioni alternative agli standard ufficiali, riconosciuti a
livello politico. In un area così grande, come quella che copre il territorio degli
Stati Uniti d‟America, si possono riscontrare a livello locale delle varietà di
linguaggio appartenenti a gruppi di parlanti che ne riflettono delle particolari
fattori sociali. La definizione di dialetto si sviluppa da queste premesse. Wolfram
un importante linguista americano, presenta questa tematica sostenendo che:
“the technical definition of dialect simply as a variety of a
language typical of a given group of speakers is not rigorous and
precise, but it is a sufficient starting point in discussing language
variation”.
(Wolfram: 2006, 2)
Il dialetto è quindi una varietà linguistica usata da un gruppo di parlanti all‟interno
di una particolare comunità. Ogni individuo ha la capacità di variare il proprio
linguaggio per questioni esterne a se stesso (situazioni e questioni relazionali) ed
interne a se stesso che riguardano le peculiarità idiosincratiche del parlante e che
danno vita ad idioletti. I dialetti sono infatti gruppi di idioletti che hanno in
comune somiglianze di pronuncia, grammatica e vocabolario. Essi hanno una
precisa collocazione areale e possono essere varietà linguistiche isolate oppure
possono disporsi in un continuum con le altre varietà linguistiche adiacenti.
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Quando un particolare dialetto si evolve nel tempo e aumenta il numero dei suoi
parlanti, acquisisce spesso di prestigio e questo può comportare come
conseguenza un‟evoluzione del linguaggio standard. Secondo Labov (1972, 201)
ed altri linguisti, i dialetti non sono „il tentativo fallito di alcuni parlanti di usare il
linguaggio standard‟‟ ma bensì, lo stesso studioso ha dimostrato che il linguaggio
delle inner-city parlato dalla popolazione afroamericana ha allo stesso modo una
complessa grammatica che differisce per alcune peculiarità dallo General
American e che lo rende a livello linguistico allo stesso modo interessate rispetto
agli standard linguistici riconosciuti.
Collegata alla tematica del dialetto è legata la definizione di accento. Quest‟ultimo
riguarda la modalità in cui un individuo utilizza una pronuncia particolare del suo
repertorio linguistico comunicativo ed è identificabile in delle particolari aree
geografiche (accenti regionali) e a questioni sociali e socioeconomiche del
parlante. Quando si parla di slang ci si riferisce ad un argomento un po‟ più
complesso rispetto alla definizione di accento, che quindi non si riferisce alle
peculiarità comunicative riguardanti la sola pronuncia, ma che coinvolge anche
altri aspetti linguistici. Lo slang è definito dall‟Oxford dictionary come:
“A language of highly colloquial type, considered as below the level
of standard educated speech, and consisting either of new words or of
current words employed in some special sense‟‟.
Nel libro “The American Language: A preliminary inquiry into the development
of English in The United States” Mecken sostiene lo slang è il linguaggio di un
piccolo e coeso gruppo di parlanti, che ha lo scopo di unire una comunità e
distinguerla culturalmente da altre. Sembrerebbe secondo queste parole che lo
scopo principale di questa forma di comunicazione sia quella di evidenziare
l‟appartenenza o non di un parlante ad una comunità o ad un gruppo di persone. A
volte ci si riferisce a questo termine considerando anche una varietà di linguaggio
legata a particolari contesti all‟interno di un gruppo di parlanti, basti solo pensare
allo slang usato dagli adolescenti o dai giovani. A differenza dal dialetto, lo slang
è un fenomeno linguistico che evolve in continuazione e perde di validità
velocemente. È basato su di un piccolo repertorio di parole, include alcune