I desideri sono il motore del mondo. L’essere umano ha
bisogno di essere spinto regolarmente ad avventurarsi nel
labirinto della vita. E la spinta gliela danno i sogni. La
possibilità di allontanarsi dalla realtà presente, per cercarne
un’altra, magari futura.
Quando quel giorno, alla metà di marzo, mi recai dalla
dottoressa Lievens, anche allora inseguivo un sogno: un tema
per la mia tesi di laurea.
Questo lavoro accademico nasce del tutto per caso,
qualche mese fa, quando sfogliando un libro di letteratura
spagnola il mio interesse fu catturato da un nome scritto in
piccolo, ma reso leggibile dall’uso del grassetto. Il volume era
Los nuevos nombres 1975 – 1990 della collezione a cura di
Francisco Rico. Il nome, quello di Clara Sánchez.
I più saranno forse d’accordo nel considerare questa
scrittrice una sconosciuta. Ed il presente lavoro, in effetti, si
propone di illuminare le varie sfumature della sua opera
letteraria. Partendo dunque dal racconto dell’incontro
madrileno con Clara Sánchez, si passerà all’analisi di alcuni
punti salienti del suo stile, per terminare, nella seconda parte,
con la disamina del suo ultimo capolavoro, Últimas noticias
del paraíso, il romanzo con cui vinse il III Premio Alfaguara
de Novela nel duemila.
Pochi scrittori possono vanagloriarsi di suscitare nella
totalità dei loro colleghi un elogio unanime e, soprattutto,
sincero. Questo è il caso di Clara Sánchez, prologhista di
Yukio Mishima, opinionista di diversi giornali e programmi
televisivi e narratrice in diverse antologie. Scrittrice molto
nota in Spagna e nell’America Latina, le prime nazioni
europee ad accorgersi del suo elevato valore letterario sono
state quelle di lingua tedesca, la Germania, l’Austria e la
Svizzera, per le quali è già disponibile da qualche tempo la
traduzione della sua ultima pubblicazione, con il titolo di
Letzte Notizen aus dem Paradies. Le versioni italiana e
francese faranno il debutto in libreria prossimamente.
Oltre al libro che l’ha resa celebre al grande pubblico, la
sua opera letteraria annovera altri cinque titoli: Piedras
preciosas (Debate 1989), No es distinta la noche (Debate
1990), El palacio varado (Debate 1993), Desde el mirador
(Alfaguara 1996) e El misterio de todos los días (Alfaguara
1999).
E’ raro riuscire a raccontare tanto, partendo da dettagli
così piccoli come quelli che ispirano Clara Sánchez: una
carezza, un ricordo, uno sguardo. Tuttavia, la grande notorietà
si è fatta attendere. Solo il Premio Alfaguara è riuscito a
consacrarla a quello che, dopo diversi romanzi, sembrava
essere il suo destino: diventare un’autrice di culto.
Últimas noticias de Clara Sánchez propone un percorso
critico dell’opera letteraria della prestigiosa firma delle lettere
spagnole e lancia una pietra contro la campana di anonimia
che, qui in Italia, ancora ne cela il nome.
Molte volte il caso conduce a delle scoperte inaspettate.
Questo è accaduto leggendo dapprima Últimas noticias del
paraíso e, uno dietro l’altro, i tre romanzi che lo hanno
preceduto.
L’idea di incentrare il lavoro unicamente sul libro
famoso è stata sconsigliata dall’autrice stessa, durante
l’intervista registrata nel Círculo de Bellas Artes di Madrid.
Ogni sua entrega racconta qualcosa di suo, della sua vita,
della sua quotidianità. Seguendo i suoi consigli, si è cercato
quindi un filo conduttore tra la sua ultima opera e quelle più
vecchie di qualche anno, in modo da poter evidenziare
possibili analogie e differenze, marcate dalla graduale
maturazione dello stile.
Lo stesso titolo della tesi è frutto di una creazione di Clara
Sánchez. La sua collaborazione è stata una guida
imprescindibile nella compenetrazione critica delle sue opere.
Un primo notevole apporto lo costituiscono le corpose risposte
alle domande rivoltele durante l’incontro a Madrid. In quella
stessa occasione sono emersi i suoi preziosi consigli
sull’organizzazione del materiale critico raccolto, nonché le
precisazioni circa la veridicità o meno delle altre informazioni
collezionate sul suo conto grazie alle più moderne tecniche
telematiche.
Ricalcando un po’ la sua ars “romanzante”, si è scelto di
dare il via a questo lavoro accademico riproducendo gli spazi
bianchi, di lunghezza variabile, utilizzati dalla scrittrice per
suddividere i vari paragrafi.
Così come Clara ama descrivere lo real, anche qui si è
cercato di descrivere una realtà. Quella di una scrittrice che dà
prestigio alle lettere spagnole.
Questa tesi vuole essere forse un’opera pioniera
sull’analisi del paradiso di Clara Sánchez.
Clara Sánchez
Capitolo I
Clara
mayoría
Sánchez
Escribir es
hacerme
entidad
a travØs de
lo que hago,
a travØs de
la escitura.
Me hago
forma,
me hago
persona,
porque
aprendo
escribiendo.
Mi forma de
aprendizaje
es a travØs
de la
escritura.
Clara
SÆnchez
I. 1 Alla ricerca di una scrittrice contemporanea.
Un numero, un numero sbagliato. E la possibilità di
intervistare Clara Sánchez, una delle firme più prestigiose delle
lettere spagnole contemporanee, era svanita nel nulla. Un altro dei
miei sogni si era infranto. Ma questa volta sentivo che si trattava di
qualcosa di diverso. Non dovevo arrendermi. Non lo avevo fatto
prima e non potevo permettermi di farlo allora, quando già ero
stanco, nauseato dal monitor del computer, alla ricerca di un sito, un
banale www che potesse ridarmi la speranza. Farmi credere che poi
non avevo fallito al cento per cento, scegliendo come tema della
mia tesi una scrittrice contemporanea, sulla quale non era stato
scritto niente, e tuttora non lo è, solo perché ancora vivente. Com’è
strana la vita. Gli altri si accorgono di te solo quando non ci sei più,
come se la morte, l’ultima azione, quella di lasciare questo mondo,
conferisse importanza. Ed invece no: questa volta doveva essere
differente. Oggi, pensai, voglio dare un taglio netto all’andazzo
generale delle cose. Clara Sánchez doveva essere la mia scrittrice.
Oramai avevo deciso. Il suo nome continuava a fare eco,
risuonando nella mia mente. E, come nel gioco degli scacchi,
annunciava la sua vittoria. Era già scacco matto.
La prima volta che ebbi la fortuna di incontrare Clara
Sánchez fu sfogliando un libro di letteratura spagnola, il Francisco
Rico. Pagine e pagine ingiallite dal tempo, colme di nomi illustri, se
ne stavano a guardarmi, alcune piegate, altre ormai scappate alla
morsa della rilegatura. Un volume si affacciava per un angolo dallo
scaffale in alto e subito catturò la mia attenzione. Los nuevos
nombres 1975 – 1990, un piccolo tomo che chiudeva la collezione
della storia letteraria a cura di Francisco Rico. Lo aprii a caso e
comincia a leggere qualche linea. Il mio dito scorreva veloce sui
nomi, ma provai un certo interesse per cinque nomi in particolare:
Manuel Rico, Domingo Luis Hernández, Ernesto Parra, Adolfo
García Ortega e Clara Sánchez. Una nota e via dalla dottoressa
Lievens, sperando in un titolo per il mio lavoro accademico. Non
era sola, Clara, su quel pezzo di carta, ma quel nome, il nome del
suo primo romanzo, Piedras preciosas, già mi aveva catturato. Mi
aveva imprigionato in quella gabbia dove sarei rimasto chiuso nei
mesi successivi. Ed aveva gettato via la chiave. La mia vita, di lì a
poco, sarebbe cambiata.
La dottoressa Lievens ed io decidemmo di ricercare e
raggruppare il materiale critico esistente su Clara Sánchez. Lei già
sapeva che sarebbe stata un’impresa ardua, ma mi incoraggiava ad
andare avanti, a non deludere me stesso. Ed era entusiasta come me,
quando la resi partecipe della mia idea di partire alla volta di
Madrid per ottenere un’intervista. Tutti e due sapevamo benissimo
che, senza un incontro con la scrittrice, sarebbe stato del tutto
impossibile, inimmaginabile riuscire a scrivere su di lei. Il materiale
era poco. I libri non si trovavano in Italia. Per avere il sesto
romanzo, Últimas noticias del paraíso, con cui l’autrice ha vinto il
Premio Internacional Alfaguara de Novela nel 2000, ho dovuto
aspettare quasi due mesi.
I giorni scorrevano uno dietro l’altro, incessantemente. Mi
trascinavano verso l’estate. Attendevo, con poche speranze, ormai,
una risposta da parte di Clara. Un’e-mail che mi dicesse: << Sí, he
recibido tu carta. ¡Te espero en Madrid! >>.
Le avevo scritto di getto. Era il ventinove aprile del duemiladue.
Strappai il foglio ben cinque o sei volte. La prima, perché non mi
piaceva la grafia. È segno di sicurezza, pensai. Scrissi in modo più
sicuro, più forte, più grande. Un’altra non mi piaceva un termine
utilizzato; infine, per la fretta, sbagliai un accento.
Ricordo ancora un esercizio del primo anno all’Università:
non so più quante parole fossero, ma certo non finivano mai. È
grazie a quella Favola di Isapí se adesso riesco a posizionare
correttamente l’accento spagnolo. Ritornai con il pensiero a quando
la dottoressa Capponi mi chiamò alla lavagna per correggere un
dettato. Ne facevo di errori allora! Ma fu in quel mentre che decisi
di impegnarmi. Ed ora stavo scrivendo a Clara Sánchez. Fui
orgoglioso di me, dei passi da gigante compiuti nei quattro anni di
corso. C’è chi è convinto che bisogna andare all’estero e restarci per
imparare una lingua straniera. Sono d’accordo. Ci sono andato, ci
sono rimasto. Sono del parere, però, che per impararla bene, il
banco e la lavagna di questa Università mi siano stati indispensabili.
Riflettevo su cosa avrebbe pensato Clara Sánchez, leggendo
la mia lettera. Forse l’avrebbe lasciata lì, nel cesto di vimini colmo
di giornali e di sue interviste, che non legge. O forse l’avrebbe
messa per metà sotto il telefono, ripromettendosi di telefonarmi.
Avrebbe voluto sentire la voce di quello studente italiano. Sarebbe
stata felice, lusingata?
A metà giugno ancora non avevo ricevuto una risposta. Le
due ambasciate, d’Italia a Madrid e di Spagna a Roma, non mi
erano state di grande aiuto. << Può trovare maggiori informazioni su
quel tale motore di ricerca >>, mi dicevano.
Il libro, finalmente, mi era arrivato. Lo avevo letto. Mi era
piaciuto moltissimo. Non avevo alternativa. Dovevo andare avanti o
far cadere anche Últimas noticias del paraíso lungo lo scivolo del
dimenticatoio. Un altro romanzo letto, da sfoggiare in libreria.
Avevo ancora un’altra chance, un’altra carta da giocare: l’Istituto di
Cultura Italiana a Madrid. Riuscii a mettermi in contatto con la
direttrice. La sua risposta fu:
Questo è il numero di Clara Sánchez. Buona Fortuna!
Una frase che non prometteva nulla di buono.
Ora avevo il numero. Dovevo solo trovare il coraggio per
telefonare. Rimandai e rimandai. E continuai a farlo per una buona
settimana. Poi trovai la forza dentro di me. Composi il numero.
Avevo il fiato strozzato per l’emozione. Mi parlò una fredda
segreteria telefonica. Le parlai anch’io. Lasciai un messaggio. Ma
solo dopo mi accorsi che non le avevo fatto registrare il mio
recapito telefonico. Richiamai: ancora quella voce fredda.
<< Soy siempre yo, el studiante italiano >>, dissi. Questa volta ero più
calmo.
Non mi arrivò nessuna telefonata.
Ci riprovai dopo qualche giorno; niente. La segreteria stava
diventando una mia amica. Mi dava tranquillità, non mi
impressionava.
Qualche tempo dopo, accadde l’inaspettato, il poco probabile.
Una mattina come tante, nella sala multimediale. Affondai il dito
nel tasto del computer che mi avrebbe lasciato sprofondare
nuovamente nella fitta rete dei siti web. Aprii la mia casella di posta
elettronica. Tra i mittenti, un nome spagnolo sconosciuto. Lessi in
fretta la sua e-mail:
Estimado Simone:
Si viene por Madrid estaré encantada de que tomemos
un café.
Un cordial saludo,
Fdo.: Clara Sánchez
Era la segretaria di Clara Sánchez. Mi aveva risposto.
Avevo trovato il mio paradiso. Ero già nel mio paradiso.
Domenica, trenta giugno duemiladue. Sono a Madrid. Sono
arrivato da un giorno. Clara Sánchez mi ha invitato nella capitale
spagnola. Sono ad un passo dall’intervista. Non mi resta che
comporre un numero. Questa volta è quello esatto: me lo ha dato lei
stessa nella sua e-mail.
Esco dal mio albergo, un hostal in pieno centro, vicino alla
Gran Vía. Fa caldo, ma l’atmosfera è piacevole. Poche macchine
per le strade; una fiumana di gente nel Parque del Buen Retiro.
Ecco una cabina telefonica. Tiro fuori un euro e lo lascio cadere
nella gettoniera. Mi preparo altri spiccioli: non voglio che la
telefonata si interrompa bruscamente. E poi, digito, ad una ad una,
lentamente, le nove cifre che mi separano dal mio sogno. Sta per
realizzarsi. Otto, sette, cinque: finito. Uno squillo, due squilli.
Qualcuno alza la cornetta e dice, con un accento che suona alla
stesso tempo giovanile e simpatico: << ¡Hola! >>.
Ho un attimo di titubanza. Cerco le parole nel labirinto della mia
mente. Momenti interminabili.
<< ¡Hola! ¿La señora Sánchez? >>. La prima emozione viene
sconfitta dal coraggio. Mi presento, lei mi chiede se Madrid mi
piace. Così è cominciato il nostro primo colloquio. Le rispondo di sì
e cerco di portare subito il discorso sulla questione intervista.
Voglio che la telefonata finisca presto: ho paura di fare errori. Clara
mi ritelefonerà il giorno seguente. Sono felice e soddisfatto. Riesco
addirittura ad immaginare la copertina della tesi. Ho centrato il mio
obiettivo: non ho fallito. Sono contento anche per la dottoressa
Lievens che ha creduto in me.
Lunedì, primo luglio duemiladue, quasi mezzogiorno. Clara
mi richiama come promesso. L’appuntamento sarà per martedì alle
diciassette al Círculo de Bellas Artes. Torno a leggere per
l’ennesima volta Últimas noticias del paraíso: voglio dare il meglio
di me e cerco domande sempre più interessanti da porre all’autrice.