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Immigrazione femminile e maternità: strategie di progetto

Il protagonismo delle donne e la loro capacità di individuare uno spazio di espressione di sé rappresentano il filo conduttore in questo lavoro di tesi che è stato condotto riferendomi alla letteratura e alle ricerche più specifiche, oltre che all’incontro con donne immigrate in un servizio specialistico.
La tesi è organizzata seguendo con il pensiero il percorso migratorio della donna: mi addentro nel suo viaggio pensandola qui appena arrivata, mi avvicino a lei cercando di capire le principali motivazioni del suo viaggio, la osservo ora qui con tutte le difficoltà che incontra, a volte in un processo di cambiamento, forse avvolta dalla solitudine, ma sempre tesa a mantenere una sua identità, alla ricerca di un qualcosa che ora non mette bene a fuoco, ma che con il tempo lo individuerà.
Può accadere che possa vivere l’esperienza della maternità qui in un paese a lei straniero, che ha codici culturali diversi e lontani e che ha un approccio a volte difficile da comprendere rispetto alle prassi sanitarie o di poco aiuto rispetto ai sostegni sociali rivolti alla cura dei figli.
Cosa significa per lei avere dei figli qui, quale è il suo contenuto simbolico e culturale, quali strategie mette in atto per superare le difficoltà e per individuare uno spazio sociale in cui esprimersi? Qual è il punto di forza che le permette di compiere il passaggio dalle condizioni iniziali di fragilità ad una maggiore partecipazione, attiva, dinamica e strategica?
Mi avvicino così alla sua esperienza di maternità, nelle sue varie e ricche angolazione; come è estremamente importante che la dimensione culturale si rafforzi nella sua funzione simbolica, perché solo così possono essere mantenute le tradizioni personali e familiari, i legami con la propria storia, con gli oggetti affettivi e culturali di riferimento: luogo simbolico il cui nucleo centrale è l’identità personale.
L’esperienza genitoriale, vissuta pienamente nel tempo della migrazione, permette alla donna di assumere sempre più una presenza costante e di affermare una partecipazione attiva e cosciente, che esprime mediazione, cooperazione e negoziazione.
La osservo così, con meraviglia e stima, affermarsi come una vera “attrice sociale” con la sua capacità di comprendere i principali sistemi di riferimento delle culture e di tessere le reti di sostegno per sé e per la sua famiglia.
E’ in grado di custodire la propria organizzazione simbolica ed il proprio modo di esprimere la femminilità e si pone in una posizione di ascolto, di apprendimento del diverso rafforzandosi e acquisendo nuovi strumenti per avviare processi strategici che le permettono di assumere un ruolo attivo nello spazio sociale pubblico.
Esprime la sua “sapienza mediativa” nella capacità di negoziazione e nella forza di mantenere i riferimenti simbolici accanto al sistema delle regole sociali.
La incontro in centri interculturali o in associazioni di donne migranti, a volte attivate in autonomia, finalizzate alla creazione di luoghi di socializzazione e di scambio con l’esterno attraverso attività culturali, sociali e sanitarie, che si integrano con i servizi già esistenti nel territorio oppure che ne colmano la loro mancanza istituzionale.
In queste realtà associative la donna migrante manifesta il suo ruolo di mediatrice e promuove nuove azioni sociali che hanno una significativa forza contrattuale con l’esterno.
Ho raccolto informazioni su alcune esperienze che mi sono sembrate le più innovative nelle Regioni Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna.
Elementi significativi accomunano tutte le realtà presentate, tra i quali:
- la centralità della donna - la sua partecipazione attiva - lo scambio interculturale - la strategia di rapportare le iniziative promosse con le necessità sociali ed economiche del gruppo partecipante e dell’intera cittadinanza e di agire in una prospettiva di riconoscimento pubblico.
Completo poi questo quadro con i servizi innovativi, attivati da soggetti pubblici o dal privato sociale in convenzione con enti locali o aziende sanitarie, che offrono attività, prestazioni o spazi interculturali mirati al pubblico femminile prevedendone anche la sua partecipazione diretta per un accesso più favorevole alle risorse e al sistema lavorativo.
I centri interculturali di scambio e di socializzazione tra donne e contemporaneamente i servizi istituzionali innovativi sono luoghi privilegiati dei percorsi di integrazione. Dimostrano come la costruzione di reti e di azioni integrate sia fondamentale nell’elaborazione di nuovi interventi sociali a favore della popolazione immigrata.
La società locale deve considerare la presenza delle donne migranti nella loro individualità e conoscerne la loro dimensione culturale, solo così è possibile aprire la strada verso la comunicazione interattiva e verso l’interscambio di modelli in una realtà più costruttiva che mira alla partecipazione sociale.

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2 INTRODUZIONE Nell’immaginario collettivo, la persona immigrata che arriva nella nostra società assume valenze a lei attribuite dalle percezioni generalizzate e derivanti da presupposti stereotipati: l’emarginato, il povero, l’ambulante, la donna analfabeta che lavora in famiglia, che fa la colf o che è costretta a lavori umili o alla prostituzione. Tali stereotipi trovano sicuramente conferma in una realtà marginale, provocata da numerosi fattori tra cui la presenza di organizzazioni che facilitano viaggi nella clandestinità e che creano condizioni di esclusione sociale per chi ha pochi strumenti per garantirsi un inserimento più adeguato e dignitoso o per chi è arrivato da solo, senza parenti di riferimento. Ma non è l’unica realtà; le persone di cittadinanza straniera che giungono dall’Africa, dall’America latina, dall’Est Europa o dal Sud – Est Asiatico sono frequentemente giovani e adulti che nel proprio paese vivono in condizioni sociali e culturali adeguate; sono operai qualificati, professionisti lavoratori del commercio, giovani diplomati, ed in particolare, riferendosi alle donne, sono insegnati, impiegate, neolaureate. Esprimono una buona capacità di adattamento iniziale ed una certa intraprendenza nell’incontro con il nuovo. Le ragioni che accompagnano il loro viaggio possono essere sia quelle ufficiali (la disoccupazione e la povertà nel proprio paese) che quelle reali, più latenti, ma che si manifestano con il tempo (la ricerca di prospettive sociali migliori sia per sé che per la propria famiglia, la ricerca di maggiore libertà ed in particolare per le donne di autoaffermazione e di pari dignità). Anche rispetto all’immigrazione femminile gli studi odierni e le ricerche socio demografiche mettono in risalto il suo carattere dinamico e “multidimensionale”.

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Parole chiave

cultura
identità diasporica
mediazione
metissage
multiculturalità
partecipazione sociale
progettualità
servizi innovativi
spazio migratorio
tutela sociale

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