Le concezioni di purezza nella tradizione shinto
Questo studio è incentrato sull’analisi del concetto di purezza, quale idea cardine che anima e costituisce un motivo dominante nell’ambito dello shintö.
Ho cercato di tracciare un excursus culturale e religioso della concezione di purezza, partendo dalle credenze e dal ritualismo caratterizzanti il culto primitivo shintö.
Nel primo capitolo, ho messo in luce la purezza come fattore rituale, esterno, inquadrato in un perfetto senso di equilibrio, che richiama ordine ed integrità, e ho sottolineato la reazione ed il rifiuto da parte del gruppo verso ogni oggetto o idea che, rappresentando una anomalia, possa confondere gli schemi di classificazione culturale ed organizzazione sociale. La distruzione di un modello perfetto nella sua completezza, la confusione di componenti e l’ambiguità, che ne deriva, vengono aborrite. Le regole di purezza, così fondamentali nello shintö, definendo un ordine culturale di tipo classificatorio, comportano l’allontanamento del fatto anomalo ed impongono una serie di cautele preventive, individuate nei riti di purificazione. Di tale argomento ho trattato nel secondo capitolo, in cui ho distinto i tre tipi di purificazione shintö: harae o esorcismo, misogi o lustrazione con acqua e l’astensione, imi.
Nel terzo capitolo ho cercato di dimostrare come queste tecniche comportino nell’asceta il graduale raggiungimento di uno stato di purezza, non più fisico, rituale, ma mentale. Permettono, cioè, di sviluppare nella mente del praticante una chiarezza intensa, impenetrabilità e chiusura agli stimoli esterni. È il raggiungimento del samädhi, la mente pura che, come uno specchio, riflette gli oggetti senza che i sensi si interpongano e la condizionino. Alla luce di quanto fin qui esposto, nel quarto capitolo ho analizzato la rinascita e la trasformazione dell’antico culto shintö in una nuova sistemazione teologica e morale in cui si riscontra l’incisiva influenza del buddhismo e del confucianesimo.
La mia ricerca è avanzata analizzando alcune scuole del periodo Tokugawa, in cui il concetto di purezza “interiore” si rafforza ulteriormente con l’influenza del neo-confucianesimo. Assume, cioè, forti toni etici e viene a connotare perfezione morale ed unità con l’ordine universale.
Se un uomo, quindi, agisce conformandosi alla Via, cioè rimuove l’egoismo, controlla il comportamento esterno, le tendenze, le inclinazioni e pratica le cinque costanti virtù e le cinque relazioni, diviene puro: realizza la presenza divina nella propria mente e attua il rinnovamento del proprio essere.
Al termine del percorso, attraverso le varie definizioni di purezza venutesi a delineare nel corso del tempo, ho concluso il mio lavoro ponendo l’attenzione sul concetto di makoto.
Makoto è il fulcro dell’etica shintö. Significa letteralmente sincerità e rappresenta una via di condotta presa a modello. Esso implica solidarietà, gioiosa combinazione e coesistenza, portando inevitabilmente ad uno stato mentale puro, sereno, privo di egoismo o interesse, fermo nei propri ideali. Questo termine evidenzia l’atteggiamento di dare tutta la propria individualità fisica e psicologica, è un sentimento privo di egoismo, un accostarsi alla vita con tutto il cuore, limpidezza d’animo ed autenticità, in perfetta armonia con la natura e con gli altri esseri.
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Informazioni tesi
Autore: | Federica Trioschi |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1995-96 |
Università: | Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere Moderne |
Corso: | Lingue e Civiltà Orientali |
Relatore: | Massimo Raveri |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 175 |
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