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Per un'analisi dell'arte-terapia. Riflessione e metodologie nel pensiero psicoanalitico: da Freud all'Art Therapy Italiana

Questa ricerca si pone come obbiettivo quello di affrontare lo studio della disciplina dell'arte-terapia di orientamento psicoanalitico sia dal punto di vista storico che metodologico. E' mia ferma convinzione che già nel pensiero di Freud, e nel suo controverso rapporto con l'arte e la creatività, si possano rintracciare importantissimi ed attualissimi punti di contatto con le più recenti concezioni della psicoanalisi dell'arte e dell'arte-terapia vera e propria. Dopo il primo capitolo, di carattere quasi esclusivamente storico, ho cercato di illustrare e chiarire come più di mezzo secolo di ricerche teoriche sull'arte abbiano potuto trovare una adeguata e profiqua utilizzazione nella terapia d'arte. La parte finale del lavoro è dedicata soprattutto all'attività della più importante scuola di arte-terapia di orientamento psicoanalitco in Italia, l'Art Therapy Italiana, con sede principale a Bologna

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I Introduzione Quando mi trovai sull’Acropoli e abbracciai con lo sguardo il paesaggio, mi venne improvvisamente in mente il pensiero singolare: “Dunque tutto questo esiste veramente, proprio come l’abbiamo imparato a scuola?” Sigmund Freud I Molte persone, osservando un quadro o una scultura o ascoltando un’esecuzione musicale, sentono risalire dal profondo del loro animo uno strano ed inspiegabile turbinio di sensazioni. Poche altre circostanze segnano così profondamente il fallimento della ragione, proponendo inevitabilmente il recupero di una dimensione più immediata, più arcaica forse, dove la sensazione domina incontrastata: questo è il mistero dell’arte, questa è la forza di una dimensione estetica che travolge e chiede soltanto di essere esperita, mai spiegata. La particolare condizione, invece di apparire più chiara nell’animo dell’artista, si complica ulteriormente, perché tutte le motivazioni che si possono addurre quando si è tra i fruitori dell’opera, divengono vuote e non rispondenti alla realtà: non si riesce a spiegare che cosa abbia fatto sorgere quell’istinto creativo che si è materializzato nell’opera. Le scienze e la filosofia si sono ampiamente adoperate nella ricerca di una verità che potesse avere il carattere dell’universalità, ma le loro premesse sono state sempre sconfermate a causa di un errore di fondo: l’arte è soggettività che si oggettivizza, l’arte è particolare e insieme generale, ed in quanto tale sfugge all’occhio dell’osservatore non partecipe. Tale ambiguità costitutiva è destinata ad essere scavalcata ed osservata da una scuola di pensiero che per prima è riuscita a fare tesoro di quello che solo i più geniali tra gli artisti avevano intravisto: questa è la psicoanalisi. È importante notare che raramente la psicoanalisi ha diretto i propri sforzi su questa questione e tutte le conquiste in quella direzione possono essere considerate frutto di contingenze particolari e, in un certo qual verso, del caso: il suo reale merito è stato quello di illuminare una parte dell’uomo che tutti sentivano di avere, ma che nessuno era riuscito ad isolare. Poco più recente è l’interrogarsi dell’uomo sulla vicinanza evidente dell’arte alla follia, così evidente che ha finito, in molti periodi della storia, per costituire uno stereotipo: l’artista e il folle sono simili o, spesso e volentieri, sono la stessa persona. I S. Freud (1936), Un disturbo di memoria sull’Acropoli di Atene, in Opere di Sigmund Freud (d’ora in poi OSF) (1966- 80), Boringhieri, Torino, l. XI, p. 478.

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