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The Importance Of Being Better. Lifestyle e makeover nei programmi televisivi

Come diceva Hitchcock, siamo tutti un po’ voyeur e la curiosità porta lo spettatore televisivo che guarda il programma a identificarsi, qualora ritrovasse aspetti comuni della propria vita e del proprio carattere, con le persone che appaiono sul piccolo schermo. Al contrario, osservare e riconoscere difetti e atteggiamenti che non tolleriamo ci permette di criticare e prendere le distanze dai personaggi dei reality.
Il reality, come genere televisivo, non consiste unicamente in quei mondi paralleli dove le interazioni fra i personaggi del cast “creano” e danno vita alla storia; il reality è quel genere che racconta storie vere (come suggerisce il nome stesso), che ripropone, a seconda dell’inclinazione del programma, alcuni elementi e tematiche inerenti alla vita di una o più persone.
Analizzeremo qui è il cosiddetto "makeover", ossia quell’insieme di programmi che mostrano al pubblico il cambiamento straordinario di un oggetto, di un immobile o di una persona.
Rinnovare casa, sottoporsi ad interventi di chirurgia plastica ed estetica, cambiare look, dimagrire, sono tutte tematiche appartenenti a quel flusso di programmi provenienti soprattutto dai paesi anglosassoni e che l’Italia ha deciso, nel corso degli anni, di trasmettere in lingua originale con sottotitoli oppure riadattarne il format.
Questo tipo di programmi fa parte quindi del filone del reality, in quanto le storie dei personaggi che si rivolgono alle redazioni sono assolutamente vere, le trasformazioni sono reali e vengono documentate minuziosamente dalle telecamere.
Il mistero della trasformazione, del cambiamento, del tocco di bacchetta magica che risolve ogni problema ha un fascino irresistibile; il potere di cambiare la propria vita e conquistare un nuovo destino è senza dubbio ambìto.
La conquista dunque, nelle sue molteplici significazioni, è il raggiungimento di una nuova identità, che permetterà a colui che la ottiene di stabilire un equilibrio con la società che lo circonda.
E la storia ci insegna che in tutte le epoche passate, ma in particolar modo in quella attuale, ciò che si preme maggiormente cambiare o migliorare è il proprio aspetto esteriore, in quanto indicatore di ceto sociale, appartenenza culturale o religiosa, disponibilità economiche, igiene ecc. Il kilt scozzese o il sari indiano rendono possibile l’identificazione delle persone che li vestono con il popolo cui appartengono, la spirale di ottone come ornamento del collo lega la donna che la indossa alla cultura birmana, così come un copricapo di piume d’uccello richiama alla mente gli indiani d’America. Tutto ciò che ha a che fare con l’aspetto esteriore dunque, sia esso un tratto fisico o un certo indumento, racconta molto della persona che lo possiede in quanto il corpo stesso è un messaggio.
Questo lavoro nasce con l’intento di esaminare un genere televisivo per l’analisi del quale è stato necessario ricorrere allo studio di numerosi testi stranieri.
Attraverso l’analisi di 3 programmi televisivi di makeover, si indagheranno aspetti storici, antropologici e psicologici legati alla trasformazione e al cambiamento, siano essi riferiti a oggetti, immobili o aspetto fisico.

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6 INTRODUZIONE “Vi suggerisco di diventare amici della Tv. La Tv è al tempo stesso orologio e calendario, scuola, casa, chiesa, amica e amante” Old Boy (Park Chan-Wook, 2005) Nell’intervista che Alfred Hitchcock rilasciò a François Truffaut nel 1962 e che divenne successivamente uno dei più importanti libri sul cinema mai scritti, parlando del voyeurismo nel film La finestra sul cortile (Rear Window, Alfred Hitchcock, 1954), il regista britannico si espresse così: “Scommettiamo che nove persone su dieci, se vedono dall’altra parte del cortile una donna che si spoglia prima di andare a letto o semplicemente un uomo che mette in ordine la sua stanza, non riescono a trattenersi dal guardare? Potrebbero distogliere gli occhi dicendo: «Non mi riguarda», potrebbero chiudere le loro persiane, e invece non lo fanno, staranno lì a guardare. 1 ” Questo è un modo esemplificativo per dare una spiegazione a quel fenomeno che porta una persona a spiare e guardare ossessivamente gli atti più intimi delle vite altrui. La scopofilia è da sempre collegata agli studi sul cinema, il quale, con il proprio occhio- obiettivo, “spia” le vite dei personaggi e le mostra, attraverso il grande schermo, al pubblico in sala, che diventa voyeur a sua volta. Lo schermo, la cornice, la finestra sul mondo 2 , sono metafore che possono essere applicate anche al mass medium di fattura più recente rispetto al cinematografo, ovvero la televisione. Oramai lontani dagli obiettivi di alfabetizzazione e moralizzazione della paleo televisione – come l’ha definita Umberto Eco – i palinsesti televisivi sono, dagli anni Ottanta, maggiormente indirizzati verso l’intrattenimento e lo svago. 1 Truffaut F., Il cinema secondo Hitchcock. Il più divertente libro di cinema che sia mai stato scritto, Milano, Net, 2002, p. 181. 2 Elsaesser T., Hagener M., Teoria del film. Un’introduzione, Torino, Einaudi, 2009.

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