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''in sul mio primo giovenile errore'' Riscritture del primo sonetto del Canzoniere di Petrarca, da Garcilaso a Lope de Vega

Il presente elaborato di tesi intende analizzare le riscritture del celebre sonetto proemiale del Canzoniere di Francesco Petrarca nel contesto letterario spagnolo. Questo studio si propone di considerare le differenze tematiche e formali presenti nelle rielaborazioni successive del sonetto petrarchesco ad opera di Garcilaso de la Vega, Fernando de Herrera e Lope de Vega, evidenziando le peculiarità di ciascuna lettura e il modo in cui tali adattamenti riflettono le evoluzioni culturali e poetiche nell’ambito della letteratura spagnola nei corrispettivi periodi storici (Rinascimento e Barocco).
Dopo un’introduzione al concetto di petrarchismo e al sonetto di Petrarca, la tesi offre una panoramica sulla rielaborazione di Garcilaso de la Vega, sottolineando il suo pionieristico tentativo di conferire una voce poetica spagnola al modello petrarchesco.
La tesi procede trattando delle Anotaciones sobre las obras de Garcilaso de la Vega, prima, e della riscrittura del sonetto petrarchesco, poi, realizzata da Herrera e contenuta in Algunas obras. Il poeta esprime il suo stato d’animo attraverso l’utilizzo dei termini “furor” ed “error”, attribuendo loro un significato non più esclusivamente negativo, come avveniva nel Canzoniere di Petrarca. Insiste, piuttosto, su tali concetti per stabilire un confronto tra l’errore commesso in giovinezza e il furore che avverte presente e che designa la veemenza con cui si manifesta la sua passione amorosa.
Per concludere, lo studio esplora l’analisi della riscrittura di Lope de Vega, il quale ha introdotto all’interno delle Rimas sacras, una nuova prospettiva, rielaborando in chiave religiosa il sonetto proemiale petrarchesco.

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5 1 C. Samonà, G. Mancini, F. Guazzelli, A. Martinengo , La le tte ratura spagnola, i Se c oli d’Oro, BUR, 1995, Milano, p. 49. Il P e t rarc hi smo 1.1 Il mani f e st o spagnol o de l P e t rarc hi smo. Siamo nel 1526, e la Spagna ha da poco dimostrato la sua supremazia nella delicata politica degli equilibri europei, consolidando così la sua posizione come un importante centro di produzione culturale e letteraria dell’epoca. L’importanza culturale di questo implica una notevole responsabilità, che si traduce nella pressante esigenza di sostenere un progresso artistico duraturo, invece di conformarsi a mode effimere. Questo periodo porta anche a un profondo cambiamento nel ruolo sociale del poeta all’interno della corte e, di conseguenza, nella sua relazione con il pubblico; la figura del trovatore sta gradualmente svanendo, facendo spazio a un letterato più consapevole del suo ruolo intellettuale. Questa condizione, originatasi con grande merito nella scuola poetica italianista, consentì una maggior presa di coscienza dell’artista della propria autonomia come produttore di cultura 1 . In una giornata di primavera di quell’anno, si verificò un evento che molti storici ancora oggi identificano come l’innesco del Petrarchismo in tutta Europa: un poeta spagnolo di nome Juan Boscán Almogaver e un ambasciatore veneziano di nome Andrea Navagero si incontrano a Granada e iniziano a discutere di questioni culturali comuni. Durante la conversazione, il discorso si sposta sui versi italiani, forse per esplorare un confronto tra le lingue. Improvvisamente, Navagero lancia un invito al poeta spagnolo: sperimentare l’uso dell’endecasillabo e del sonetto, seguendo l’esempio dei migliori poeti italiani, tra cui Francesco Petrarca.

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Parole chiave

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