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Famiglia e disabilità: analisi dei fattori di stress e degli aspetti di resilienza

Famiglia e disabilità: analisi dei fattori di stress e degli aspetti di promozione della resilienza
Nel presente elaborato si parla volutamente della disabilità in generale senza approfondire una specifica patologia per non focalizzare il discorso sulla malattia, ma sulle emozioni. La difficile convivenza con un familiare disabile innesca una serie di dinamiche ed emozioni complicate bisognose di essere approfondite. Nel primo capitolo si affronta il momento della comunicazione della diagnosi alla famiglia, si delinea una breve sintesi sulla normativa in favore dell’integrazione, su come è cambiata l’immagine della disabilità nella storia e si introduce l’ottica bio psico sociale. Nel secondo capitolo si affronta la relazione d’aiuto imposta dal ruolo familiare, in particolare, dal ruolo paterno e fraterno. Le difficoltà emotive dei siblings (fratelli, caregivers dei ragazzi disabili) e lo stress che questo ruolo comporta vengono sempre più considerate dalle associazioni del settore che, per prime, si sono accorte della necessità di fornire un supporto specifico. Vengono analizzati e affrontati i sentimenti contrastanti dei siblings e dei caregivers perché la disabilità è una condizione che mette a dura prova tutti gli equilibri familiari e personali. Nel terzo capitolo si delineano le risorse e le strategie che la pedagogia e la psicologia propongono a sostegno della famiglia. In particolare, si pone l’accento sull’importanza del considerare e supportare tutto il nucleo familiare in un’ottica sistemica sia per il benessere del disabile che per la maturazione sana di tutti i suoi componenti. Questo elaborato vuole far riflettere sulle dinamiche emotive e relazionali che si innescano nelle famiglie che accolgono un soggetto disabile nella speranza che gli studi sul tema si incrementino. Vuole, inoltre, porre l’accento su quegli aspetti come la sessualità e la paura della morte che spesso vengono poco considerati a causa dei retaggi culturali e dei tabù sociali. Considerare ed accettare i nostri pregiudizi riguardo la disabilità e i sentimenti negativi che essa scaturisce è importante per poterli elaborare ed aspirare ad un miglioramento sociale. La poca esistenza di ricerche su questi argomenti è un limite che si spera possa essere superato nei prossimi anni. È importante che le ricerche e gli studi sull’argomento proseguano e si arricchiscano anche per poter dare delle indicazioni chiare e costruttive a chi lavora nel settore.

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27 CAPITOLO 2 2. LA FAMIGLIA DI FRONTE ALLA DISABILITA’ 2.1. L’adattamento familiare La disabilità è una condizione che investe tutto il nucleo familiare, spostando l’equilibrio e ridefinendo le priorità in base al famigliare a cui bisogna somministrare cure e attenzioni. La famiglia con disabilità si trova ad affrontare delle problematiche aggiuntive: la mancanza di tempo libero, la cura pratica del figlio, l’attenzione particolare alla salute del figlio, uno stato di solitudine, la funzione educativa, il rapporto con i servizi, il reperimento delle informazioni e, dal punto di vista soprattutto emotivo, le paure e il desiderio di cura e di protezione dei figli. La nascita di un figlio comporta sempre un cambiamento nella vita dei genitori e un elevato livello di stress e stanchezza che sono determinati dalla necessità di fornire cure continue al neonato. La gioia e la soddisfazione nel crescere il bambino compensano però la fatica e gli sforzi dei genitori. Quando nasce un bambino disabile manca questo naturale appagamento perché, spesso, le soddisfazioni sono minori delle preoccupazioni. La percezione dello stress e le sue risposte sono molto diverse in relazione a numerosi fattori personali, ambientali e del contesto intra-familiare; ne consegue, quindi, una diversa risposta emotiva rispetto a uno stesso esito di disabilità. Alcuni considerano indispensabile per un buon adattamento che la famiglia attraversi e superi una serie di fasi, molto simili a quelle evidenziate di fronte alla perdita di una persona cara, dalla fase iniziale di shock e negazione, alla successiva segnata dall’ ambivalenza e dal senso di colpa, alla fase finale di accettazione e riorganizzazione (Zanobini, Manetti, & Usai, 2013). Questa riflessione è nata dall’idea che il trauma emotivo provocato dalla nascita del bambino disabile sia fonte di ansie, preoccupazioni e sensi di colpa che non si riscontrerebbero con un neonato normale. Di fronte a questo trauma si pensa che i genitori attivino meccanismi di difesa, come la negazione dell’evento, che porterebbero a non riconoscere la disabilità e a non accettare la diagnosi. Al contrario, spesso, il rifiuto del bambino viene invece nascosto dall’eccessivo coinvolgimento di tutta la vita famigliare, con atteggiamenti di iper-protezione che portano

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