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L'arguzia e la nascita delle parole. Per un contributo freudiano allo studio del linguaggio

La teoria freudiana mostra che il motto di spirito, così come la metafora, si producono allo stesso modo dei sogni, dei sintomi nevrotici e dei lapsus. A partire da questo assunto il lavoro si snoda nei seguenti passaggi:
1. da uno studio sui contributi della filosofia del linguaggio della seconda metà del '900 emerge la sostanziale mancanza di una considerazione dell'origine psicologica del metaforizzare;
2. il metaforizzare rientra nel più vasto ambito dell'intuizione, che abbiamo studiato nel motto di spirito e nell'arguzia;
3. da un esame filologico del Witz è emersa una chiave critica del linguaggio che si è affermato con l'avvento della modernità. In quest'ultima formula può essere racchiuso il senso dell'origine psicologica delle parole: il motto è la prima, "poetica", formazione linguistica, a partire dalla quale si svilupperà il linguaggio. Dall'inarticolato al verbum. Con Max Black, diremo che «forse ogni scienza deve cominciare con la metafora e finire con l'algebra, e, forse senza la metafora non ci sarebbe stata nessuna algebra»;
4. riesame della metapsicologia freudiana: legami del motto con il sogno con la teoria delle pulsioni. Quest'ultima ha consentito di giungere a una "concezione minimale" della teoria freudiana. Di qui si è giunti a un'ipotesi, strettamente ricavata dalla lettera freudiana, sull'evoluzione del linguaggio formulabile come ipotesi della sostituzione di un moto primario con una formazione di grado variabilmente più evoluto lungo la linea dello sviluppo individuale;
5. distinzione di una "direttrice psicopatologica", che riguarda il fenomeno di regressione che è tipico del sintomo nevrotico che si forma in relazione al fenomeno della rimozione, da una "direttrice linguistica", nella quale l'accento si sposta sullo sviluppo (vs. regressione) che è tipico del linguaggio umano (vs. sintomo) il quale tende alla sublimazione (vs. rimozione);
6. dimostrazione di come per questa via si possa dar conto della nascita di parole, concetti e schematismi concettuali, con l'importante conseguenza dell'opposizione asimmetrica che si viene a creare tra moti primari (es. metafore) e formazioni più evolute (es. algoritmi), e che rivela la condizione in cui si trova il linguaggio verbale umano, quasi autentico ma allora non comunicabile ovvero negoziabile ma, stavolta, radicalmente inautentico.

Nella psicogenesi della metafora si ricorre all'altra scena di Fechner, al processo primario di Freud e in particolare ai suoi studi dei "mezzi di raffigurazione" del sogno e delle "tecniche" del motto.
In questo studio si rileva una continuità nel pensiero freudiano sufficiente a garantire una base teorica tale da applicarsi allo studio del linguaggio. Il momento centrale è individuato nella negazione (Verneinung), cosicché l'essenziale del discorso si pone tra L'interpretazione dei sogni (1899), Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio (1905) e La negazione (1925), con elementi di contatto che coprono almeno gli studi di metapsicologia (1915), Al di là del principio di piacere (1920), L'Io e l'Es (1922), nonché il precedente volume L'interpretazione delle afasie. Uno studio critico (1891).
Lo studio del sogno si pone a fondamento della speculazione teorica freudiana, indicando un crocevia che, da un lato, attraverso il sintomo nevrotico, conduce alla psicoanalisi propriamente detta, ma, dall'altro, attraverso il motto di spirito, indica, come direttrice di sviluppo delle indagini freudiane, lo studio del linguaggio.
La relativa indipendenza dall'impianto strettamente psicoanalitico permette di scorgere una serie di collegamenti con l'opera di filosofi tradizionalmente estranei a questo ambito. Si rilevano, infatti, assonanze con alcuni esiti del pensiero di Hobbes; tale è l'idea del pensiero come differimento dell'azione. Inoltre, rileggere i mezzi di raffigurazione (Darstellungsmittels), anche attraverso i riferimenti freudiani all'opera di Hughlings Jackson, conduce alla concettualizzazione delle idee come copie, sebbene imperfette poiché modificate dalla forza della rimozione, di impressioni originarie; è quella che potremmo definire un'analisi "humiana tridimensionale" (la terza dimensione è il tempo "sospeso" dell'inconscio). Infine, ha un certo rilievo la base pressoché comportamentista della teoria della pulsione, sebbene rivisitata in chiave evoluzionista.

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5 Nota introduttiva È una considerazione elementare che in una ricerca quello che eventualmente si troverà non possa essere noto a priori. Per questo motivo, prima di dare una descrizione degli argomenti trattati capitolo per capitolo, vorrei soffermarmi su alcuni dei principali passaggi attraverso i quali si è determinata la direzione del lavoro 1 . All’inizio c’era un interesse per la metafora che, sebbene fortemente ridimensionato nel seguito, ha continuato a sussistere per tutto il lavoro. Il seguito si è articolato in quattro momenti: la possibilità di dare una spiegazione psicoanalitica del fenomeno metaforico; l’allargamento della discussione all’ambito del Witz, inteso sia come motto (configurazione linguistica) che come arguzia (facoltà mentale); la relazione che dal Witz viene a stabilirsi con lo sfondo metapsicologico freudiano, in particolare attraverso la lettura de La negazione e i rimandi agli scritti degli anni che precedettero l’autoanalisi; l’indagine etimologica - e storica - sul termine (Witz). Da tutto questo - e in particolare dal terzo momento - è derivata un’ipotesi secondo la quale una conoscenza del dinamismo inconscio psicoanalitico potrebbe offrire degli spunti attraverso i quali dare un contributo allo studio del linguaggio. In origine, come accennavo, il problema riguardava l’ambito della metafora. Il dibattito, che su tale questione si alimentava dai contributi di autori come Black, Richards, Ricoeur, Hesse, Rorty, e altri, verteva sul problema del significato di un’asserzione metaforica. Oltre a questo, tuttavia, mi era sembrato interessante approfondire la considerazione sul prodursi di una metafora nella mente di chi la 1 Un atteggiamento di questo genere denota un’impostazione metodologica in qualche modo assimilabile a quella espressa in P. Feyerabend, Contro il metodo (1975), trad. it. Feltrinelli, Milano 1991. Un tale atteggiamento è riscontrabile, ad esempio, nel fatto che una serie di considerazioni che hanno assunto una fondamentale importanza – mi riferisco all’indagine etimologica sul termine Witz – sono probabilmente il frutto di un mio errore di valutazione. In sostanza, dopo una prima ricognizione sul Witz mi è sembrato che potesse rivelarsi utile chiarire quell’aspetto che, nel secondo capitolo, chiameremo il “doppio statuto” del termine, ovvero il fatto che il vocabolo Witz è traducibile sia come “motto” (inteso come configurazione linguistica) che come “arguzia” (inteso come la facoltà mentale che tale configurazione produce). Ebbene, l’indagine etimologica che da qui muoveva mi ha permesso di fare alcune considerazioni che si sono poi rivelate determinanti allo sviluppo del discorso. Ciò sembrerebbe in qualche modo dimostrare che, nel ricercare, “tutto va bene”. In conclusione vorrei riportare un brano da un documento cinematografico che mi è sembrato “sintomatico” di un tale atteggiamento. In questa commedia sul genere “assurdo”, dal titolo The bed sitting room (Inghilterra, 1980), durante un’indagine, “il sergente”, rivolto agli astanti, afferma: “E poi - se l’Ispettore mi consente - staremmo anche cercando un baule e … quando lo avremo trovato, sapremo perché lo stavamo cercando”.

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Parole chiave

linguaggio
psicoanalisi
freud
metafora
sogno
pulsioni
negazione
motto di spirito
witz
mezzi di raffigurazione

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