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Software libero, standard aperti. Opportunità o necessità per la Pubblica Amministrazione?

Tramite questo lavoro, ho inteso evidenziare i punti di forza di un nuovo e rivoluzionario modello di produzione del software, che va sotto il nome di Open Source (community software). Le caratteristiche da me evidenziate, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche sociale, ne fanno un potente ed affidabile strumento disponibile a tutti. In particolare ho voluto sottolineare il ruolo che questo modello potrebbe (o dovrebbe) giocare all'interno della Pubblica Amministrazione italiana ed europea, prendendo in esame tutte le iniziative volte a sensibilizzare i Governi dei vari Paesi verso questo argomento. Il nodo del problema è più che mai attuale, dato che gran parte del settore pubblico utilizza, nel campo informatico, applicazioni e sistemi operativi prodotti da una sola software house: la Microsoft Corporation.

Metodologia seguita:
Data la sua novità, il fenomeno studiato non presenta ancora letteratura specifica sull'argomento. Pertanto, una volta identificato il mio oggetto di studio, mi sono avvalso prevalentemente della rete Internet (vero e proprio fulcro dell'intero movimento Open Source) e dello studio IDA, un'iniziativa strategica guidata dalla Comunità Europea che analizza l'uso del software open source nel settore pubblico, prendendo in esame i casi di sei Paesi europei: Belgio, Francia, Germania, Italia, Spagna e Svezia.

Principali risultati raggiunti:
In conclusione è emerso un profilo complesso della situazione, situata al crocevia di molteplici istanze, appartenenti a diversi campi di studio. In un contesto del genere, in cui la conoscenza e la fiducia nell'approccio open source sono ancora poco diffuse, sono emersi i punti di validità di tale modello: la trasparenza dei prodotti software, la non dipendenza da un singolo fornitore, sensibili risparmi economici, sviluppo delle economie locali e dell'occupazione, sviluppo culturale. Anche di fronte a questi validi motivi, sembra che la Pubblica Amministrazione italiana (ed europea) non abbia, finora, mostrato molto interesse verso questa possibilità. In concreto, tutto questo si traduce in maggiori costi, inefficienze e scarsa sicurezza. Sembra impossibile che lo Stato rinunci in modo così sistematico ad un ruolo attivo nell'applicazione del modello open source all'interno delle sue strutture. Il software libero non è una cosa strana e misteriosa, ma una plausibile promessa, credibile nel lungo termine. Affrontare questo tema ci costringe ad un notevole esercizio mentale, poiché sovverte l'ormai tradizionale concezione del software e apre la strada verso nuovi, appassionanti interrogativi.

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INTRODUZIONE Lo scopo del presente lavoro è quello di riuscire a portare alla luce il ruolo che il software open source potrebbe o dovrebbe, a seconda dei punti di vista, svolgere nella Pubblica Amministrazione italiana ed europea. Il nodo del problema è più che mai attuale, dato che gran parte del settore pubblico utilizza, nel campo informatico, applicazioni e sistemi operativi prodotti da una sola software house: la Microsoft Corporation. Il dibattito sviluppato attorno a questo tema prende le mosse da alcuni eventi che, recentemente, stanno mobilitando il mondo dell’informatica, in particolare riguardo la diffusione sempre più tangibile della “filosofia” e della programmazione open source. In sintesi, un programma open source è un software di cui è possibile conoscere il codice sorgente, ossia la vera e propria struttura che nei software commerciali è invisibile, poiché cancellata dalla compilazione in linguaggio macchina. Questo permette, a chiunque ne abbia le capacità, di suggerire correzioni, proporre miglioramenti e aggiunte al software open source. Altro elemento di grande importanza è la libera distribuzione di questo tipo di software (attenzione, non necessariamente la sua gratuità) ed il fatto che non deve presentare discriminazioni di utilizzo verso campi di applicazioni o specifiche persone; deve, inoltre, essere liberamente modificabile da chiunque.

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